.33. Precise richieste.

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Barcellona, 
17 Dicembre 1808.

<<È orribile.>> esordì dopo qualche momento, mentre io tentavo di asciugarmi le lacrime che continuavano a scendere copiose sulle guance arrossate. <<In tanti anni non ho mai sentito una storia come questa, eppure posseggo un bordello e qui le donne sono pagate per soddisfare ogni tipo di esigenza del cliente.>>

Tirai su con il naso e lo guardai dritto negli occhi. <<Nessuna donna dovrebbe mai essere costretta a farsi scopare da un uomo.>>

Il capo sembrò sorpreso dalle mie acide parole. <<Loro non vengono costrette, vengono pagate.>>

<<Ma voi le costringete a fare questo lavoro.>>

<<Io non costringo proprio nessuno, Geneviève. Tutte le donne presenti nel mio bordello sono ragazze che non hanno una casa. Preferiscono lavorare qui e avere un letto su cui dormire invece che vivere per strada e chiedere l'elemosina.>>

Finalmente smisi di piangere. <<Credete davvero che queste donne vogliano farsi violentare brutalmente da chissà quanti uomini in un solo giorno?>>

Jonathan si posizionò meglio sulla poltrona, con le spalle dritte e gli occhi duri nei miei, pronto ad attaccare la preda. <<Non è violenza sessuale se la donna è consenziente.>>

Ma io ero più arrabbiata di lui. <<Lo è se la donna è costretta a dire di essere consenziente! Tutte quelle cose che ho visto ieri sera... Dio! Come si può voler fare quelle cose? Perché?>>

Il capo increspò gli occhi. <<Il padrone, quando eri consenziente, ti faceva provare piacere?>>

Indignata, mi alzai dalla sedia di scatto. <<Come osate chiedermi una cosa del genere? Dopo tutto quello che vi ho raccontato?>>

Anche lui si alzò, ma con un po' più grazia. <<Ho tutto il diritto di chiederti ciò che voglio, ora tu sei una mia dipendente e rispondi al mio volere.>>

<<Ancora non lavoro per voi.>>

<<Ma è la tua unica via d'uscita.>>

Tentai di restare calma coprendomi il viso con le mani. <<Sì, provavo piacere quando il padrone non mi picchiava o violentava. Siete contento?>>

Jonathan incrociò le braccia e un'ombra di disprezzo comparve sul suo viso. <<Le donne in questo bordello provano piacere nel fare ciò che gli viene chiesto. E se non lo provano devono fingere per il cliente, ma posso assicurarti che questo non è il lavoro più brutto del mondo se hai un pasto caldo, un letto e l'estremo piacere che può dare un rapporto.>>

<<Io non farò queste cose.>> mormorai a bassa voce. <<Non sono capace.>>

<<Imparerai, qualora un giorno mi chiederai di farle. Nel frattempo lavorerai nella lavanderia.>>

<<Non sono sicura di saper fare anche questa mansione.>>

Mise una mano sugli occhi e si strofinò le tempie a mo' di massaggio per calmarsi. <<Dio, Geneviève! Saprai pur fare qualcosa.>>

Sicuramente non sapevo restare fuori dai guai.

<<Le pulizie...>> sussurrai dopo qualche momento, spiegazzando la piega della gonna con le dita. <<Era l'unica cosa che facevo nella mia vecchia casa, oltre che badare alle gemelle Castro.>>

Tolse dal viso la mano e sorrise. <<Bene, abbiamo trovato un lavoro adatto a te. Ogni qual volta che un cliente andrà via sarai tu a pulire le camere del piacere.>>

Quella prospettiva di lavoro non era molto allettante, ma almeno non ero la diretta interessata alla stessa camera. Io dovevo solo cancellare i residui di vergogna che lasciavano i clienti.

Forse avrebbe funzionato.

...........................

Una donna anziana addetta alle pulizie mi spiegò tutto ciò che avrei dovuto sapere prima di iniziare, poi aspettai che il primo cliente della giornata andasse via per mettere in pratica tutto ciò che avevo appreso. Erano le undici di mattina e il bordello stava cacciando fuori gli ultimi clienti della notte prima e accogliendo calorosamente i primi di un nuovo giorno.

Entrai nella camera del piacere subito dopo.

Trovai una donna seduta sul letto rotondo e disfatto; si stava rivestendo con estrema calma. Mi chiesi subito cosa avesse dovuto sopportare appena pochi istanti prima. Pensai che quel misero momento di solitudine dopo il rapporto fosse l'unico attimo della giornata che potesse passare da sola senza essere costretta a soddisfare le esigenze di qualcuno. Ed io, entrando nella camera, forse glielo stavo rovinando.

Entrai e mi accostai alla porta senza fare rumore, perdendomi ad osservare ammaliata i movimenti della donna che non poteva avere più di trent'anni.

Quale mostro ti ha appena violata?

Sollevò delicatamente una calza sottile, stendendo la gamba con fare sensuale, quasi come se stesse ancora fingendo per qualcuno. I capelli erano sciolti da un lato, molto lunghi e scurissimi. Le guance rosee accostate a del trucco sbavato sulle labbra e sugli occhi. Il vestito le era salito sulle cosce e il corpetto era slacciato sul davanti, lasciando intravedere una strana e particolare biancheria di colore bianco che non avevo mai visto.

<<Sei quella nuova?>> disse all'improvviso, spiazzandomi. Pensavo che non mi aveva vista entrare.

Biascicai un sì cercando di distogliere lo sguardo dai suoi movimenti lenti e aggraziati. Ma era magnetica, come una calamita per chiunque. Mi chiesi in quell'istante se mai un uomo la avesse guardata senza metterle subito le mani ovunque.

<<Entra pure, ho quasi finito.>>

Persino la sua voce era profonda.

<<Posso tornare dopo, tolgo il disturbo.>> dissi indietreggiando.

<<No! Tranquilla, me ne vado subito.>>

Si alzò dal letto e traballò appena, infatti si dovette reggere al tavolino per riacquistare l'equilibrio. Si toccò la schiena e poi il sedere, accarezzandolo.

Colse una nota sorpresa e confusa nel mio sguardo, perché subito mi sorrise. <<Il cliente di questa mattina aveva gusti... particolari. Una precisa richiesta.>>

Non risposi e non sapevo cosa dire in ogni caso. Chissà quali perversi desideri aveva appena soddisfatto.

Si avvicinò quasi come se fluttuasse e non camminasse sulle sue gambe e ogni accenno al rapporto appena concluso si disperse nell'aria. <<Sono Amalia.>> allungò una mano, in attesa che gliela prendessi.

Gliela strinsi leggermente, quasi come se avessi avuto paura che in qualche modo le avrei potuto fare del male con il mio tocco. Ma non era di me che doveva avere timore.

<<Soledad.>> le dissi sorridendo. 

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