.38. Gli occhi di sua madre.

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Barcellona, 
18 Marzo 1809.

~Jonathan~

<<Lei... cosa?!>> urlai stringendo i bordi della scrivania.

Katarina non si lasciò spaventare dal mio comportamento, rimase inerme in fondo al mio studio con le braccia dietro la schiena e gli occhi puntati su di me.

<<Vuole tornare dal conte, e niente e nessuno riuscirà ad impedirglielo e voi lo sapete bene.>>

Poggiai la schiena sullo schienale della sedia e, sebbene fossi ancora arrabbiato e sorpreso, lasciai i bordi della scrivania per paura di danneggiarli con le mie unghie. <<È testarda, sconsiderata e suicida! Era finalmente riuscita a scappare da quell'inferno e adesso vuole tornarci di sua spontanea volontà? Nemmeno un pazzo sognerebbe mai di fare qualcosa del genere!>>

Katarina fece un passo in avanti e si sedette sulla sedia davanti alla scrivania, così da potermi parlare guardandomi negli occhi. La sua carnagione chiara parve quasi brillare alla luce della candela nelle sue mani. Di sicuro gli occhi le brillavano, ma non era emozione, era qualcosa di più oscuro, quasi... cupo. Era terrorizzata e preoccupata.

Si sistemò i capelli da un lato. <<Ha appena scoperto che il ragazzo che ama non è morto e il conte lo tiene prigioniero. E si ritiene responsabile della sua prigionia. È normale che vuole tornare per cercare di salvarlo. Voi cosa fareste al suo posto? Se l'unica persona a cui tenete al mondo fosse in pericolo?>>

Scalerei mille monti e navigherei cento mari, pur di salvarla.

Ed è quello che avrei fatto per Geneviève. Senza nemmeno riflettere. Mi sarei gettato a capofitto in una crociata che mi avrebbe portato alla morte, ma avrei fatto tutto ciò in mio potere per salvarla.

E se quel ragazzo era così importante per lei, tanto da voler tornare nel posto da cui era fuggita, allora io non sarei riuscito a fermarla.

Avrei cercato inutilmente di trattenerla nel palmo della mia mano, e lei mi sarebbe scivolata dalle dita come acqua in piena.

Ed io ne sarei uscito distrutto.

Mi passai una mano tra i capelli, nervoso. <<Non può andare da sola. La vedrà arrivare da lontano e sarà morta ancor prima che riesca a varcare la soglia della sua proprietà.>>

Katarina capì al volo cosa mi stava entrando nella testa in quel preciso istante. <<In tanti anni che lavoro con voi non avevate mai provato questo sentimento verso una di noi. Cos'ha lei di speciale?>> chiese. <<Perché siete disposto a mettere in gioco la vostra vita per aiutarla a salvare quella di un altro uomo? La conoscete da qualche mese e sembra la cosa più importante a cui tenete.>>

Non risposi. Lei era una donna molto intelligente e qualunque cosa io avessi detto in risposta, lei avrebbe capito. Così spostai lo sguardo sulla porta e le feci capire che doveva andare.

<<Il tuo turno non inizia tra poco?>>

Si alzò e fece ondeggiare il vestito gonfio. <<So che nascondete qualcosa di grosso, per questo motivo non indagherò oltre. Ma il padrone è un uomo violento e imprevedibile, vi conviene intestare il vostro bordello a qualcun altro, in caso di vostra prematura dipartita. Così, per sicurezza.>>

In quel momento pensai che in qualche modo Katarina fosse in combutta con Alexander Castro. Se voleva a tutti i costi spingermi ad intestare il mio bordello a qualcun altro, allora c'era qualcosa sotto. O magari pensava solo che toccasse a lei averlo in caso di mia morte, e un pezzo di carta con la mia firma avrebbe aiutato ad impossessarsi della proprietà.

Ma non sapeva che io quelle carte le avevo già firmate anni prima, lasciando ogni cosa di mia proprietà a mia figlia.

Katarina mi diede le spalle e raggiunse la porta. <<Conosco il conte, Katarina. Non oserebbe torcermi un capello.>>

Le vennero gli occhi lucidi e si morse un labbro. <<Allora non lo conoscete come lo conosco io.>>

Se ne andò chiudendosi la porta alle spalle.

Non avrei permesso più a nessuno di toccarla, soprattutto al conte. E per essere sicuro di mantener fede alla mia parola, fui costretto ad assecondarla.

E andai con lei.

....................


<<Perché non mi avete venduta come prostituta, nove anni fa? Perché mi avete salvata?>>

Notai subito che la domanda le era sfuggita dalla bocca e, da quell'impazienza nel tono di voce, capii che era molto tempo che voleva chiedermelo.

Aveva poggiato la sua mano sulla mia nel tentativo di fermarmi, ed io mi ero paralizzato a quel tocco così inatteso.

Tante volte, fino a quel momento, avevo voluto stringerla a me e dimostrarle quanto mi fosse mancata in tutti quegli anni passati a cercarla e a chiedermi dove fosse e se stesse bene.

E lei era lì, così vicina e con gli occhi gonfi dovuti ad un recente pianto e con così tanto dolore da poterlo quasi toccare. Avrei voluto prendere quel dolore e gettarlo via come se non fosse mai esistito. Come se io non la avessi mai abbandonata con sua madre e poi di nuovo nelle mani di una famiglia che non le avrebbe mai dimostrato amore.

Aveva sempre avuto gli occhi di sua madre. Così grandi capaci di trattenere un mondo dentro ad essi.

In quel momento realizzai che per quanto avessi voluto stringerla e confessarle la verità, nessuna parola o abbraccio le avrebbe fatto capire quanto le volessi bene. Nessun gesto sarebbe bastato a racchiudere quel desiderio che dovevo a tutti i costi sopperire. La avrei stretta a me giorno e notte ma non sarebbe stato abbastanza.

Le posai una mano sulla guancia e la accarezzai cercando di contare tutte quelle splendide lentiggini che tante volte avevo cercato di contare su sua madre. <<Eri solo una bambina.>>

<<Ero una bambina come tante, eppure lo leggo dai vostri occhi che c'è di più.>>

Ritrassi la mano immediatamente come se le sue parole mi avessero mandato una scossa elettrica.

Dovevo tornare alla realtà.

Mi allontanai di un passo e tentai di ricompormi. <<Ho le mie motivazioni e tu non sei tenuta a conoscerle.>>

Le diedi le spalle e quasi corsi nel mio studio con l'intento di dimenticare ciò che avevo appena provato solo toccandola. Le stavo per confessare segreti che mai sarebbero dovuti uscire. E lei non era di certo pronta, non in quel momento che aveva come unico obiettivo trovare e liberare il ragazzo che amava. 

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Nuova copertina realizzata dalla bravissima Selethit - Vyra.  

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