.41. Bastardo.

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Barcellona, 
19 Marzo 1809.

Quando Estrelle aprì la porta lentamente e l'odore di pittura e muffa mi avvolse, dovetti pizzicarmi un braccio per restare lucida. Quel luogo richiamava troppi ricordi e troppe cose brutte. Ma anche cose decisamente belle e private.

<<Padrone, gli ospiti sono qui.>> disse la governante rivolta verso la figura nell'ombra seduta comodamente su una sedia.

<<Bene.>> mugolò Alexander sventolando una mano in aria. <<Puoi andare.>>

Estrelle chinò il capo e, prima di andare via, mi guardò di sottecchi. Si chiuse le porta dietro le spalle e rimanemmo soli con quel mostro. Alexander alzò il viso per guardarci, poi posò le braccia sulla piccola scrivania nell'angolo e mise lì la testa, come per osservarci meglio.

<<Signor Castro, da quanto tempo.>> esordì Jonathan mentre io non riuscivo nemmeno a respirare.

Lui non rispose subito, piuttosto mi squadrò a fondo prima di parlare. <<Che ti sei messa?>> chiese bruscamente, come per accusarmi di avere indosso solo biancheria intima.

Non era una divisa da domestica la mia, ma nemmeno un vestito adatto ad una prostituta.

Mi morsi la lingua, poi il capo mi precedette. <<È stata con me per tutto questo tempo. E ora sono qui per chiedervi un prezzo per comprarla.>>

Alexander rise facendomi rabbrividire. Portava il pigiama sbottonato sul petto sotto alla vestaglia nera aperta, e i capelli erano ancora un po' in disordine. Dall'odore che c'era nello studio ebbi la sensazione che qualcuno fosse stato lì prima di noi e non si trattava di sua moglie.

<<Comprarla? Credi davvero che ti lascerò comprare con poco una cosa di mia proprietà?>> disse arrabbiato, poi si alzò rumorosamente dalla sedia, facendola stridire sul pavimento.

Indietreggiai di istinto, ma Jonathan mi tenne ferma con una mano dietro la schiena. Io iniziai a sudare freddo.

Quando ebbe superato la scrivania e raggiunto Jonathan, mi nascosi dietro la sua figura come una bambina impaurita. Il padrone sembrò bearsi della mia reazione. Quella situazione gli piaceva, glielo si leggeva negli occhi.

<<Me la venderai se non vorrai ricevere visite inaspettate nei sotterranei.>> disse Jonathan e finalmente Alexander perse l'espressione di arroganza.

<<Quali sotterranei?>>

<<Quelli dove tieni prigioniero un ragazzo innocente.>>

<<Bastardo.>> mi scappò dalle labbra, e subito il padrone mi guardò con gli occhi di fuoco.

<<Che cosa hai detto?>> disse rivolgendosi a me e cercando di superare la figura del capo, ma lui seguì i suoi movimenti e mi fece da scudo. <<Tieni a freno la lingua, Geneviève.>> pronunciò il mio nome come faceva quando lavoravo qui: un misto tra seduzione e desiderio. <<Sei ancora di mia proprietà.>>

<<Che ne hai fatto di Sara?>> chiesi ancora parecchio arrabbiata, ma non riuscivo più a trattenermi. Dovevo sapere.

Lui alzò un sopracciglio. <<Le notizie viaggiano velocemente tra i bordelli, vedo.>> si passò la lingua sulle labbra. <<Mia figlia aveva bisogno di un'istruzione migliore di quella che le avrei potuto offrire io. Tutto qui.>>

<<Mentite!>> urlai stringendo i pugni.

Alexander mise le braccia dietro la schiena. <<È in un posto migliore, in ogni caso.>>

Il terrore prese presto il posto della rabbia e nella testa iniziarono a susseguirsi scenari orribili di possibilità in cui il padrone avrebbe potuto farle del male.

In quel momento mi resi conto che, per quello che ne sapevo, lei sarebbe potuta essere anche sotto terra. O rinchiusa nei sotterranei con Juan. O mandata dall'altra parte del mondo a soddisfare le voglie di qualche lord Inglese. Tutto. Tutto poteva aver fatto quel mostro.

E sembrava motivo di profonda soddisfazione.

<<Ora basta.>> si intromise Jonathan, facendo cadere l'argomento. <<Vogliamo andare a dare una controllatina a questi famosi sotterranei e poi ci accordiamo per un prezzo?>>

Il padrone si sforzò di staccare gli occhi dai miei e li puntò sul capo. E, quando fui certa che si sarebbe scagliato contro di lui, lo vidi sorridere.

<<Ma certo. Venite, vi faccio strada.>>

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