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Oggi al Lerchet ho il turno di pomeriggio, perciò ho ancora qualche attimo prima di tornare a lavoro.

Ma adesso tutto mi sembra immobile, quasi sospeso nel tempo.

La stanchezza del giorno prima, il turno al ristorante, la notte agitata... tutto mi cade addosso di colpo.

Mi dirigo in cucina, e l’unica cosa che mi viene in mente è prepararmi qualcosa di veloce da mangiare. Apro il frigorifero un po’ di prosciutto.

Non ho fame, ma mi sembra comunque di dover mangiare qualcosa. Il suono della macchina per toast che si accende riempie il silenzio della stanza, e il profumo del pane che inizia a dorarsi mi dà una sorta di conforto.

Quando il toast è pronto, lo prendo e mi siedo al tavolo della cucina. Mangio lentamente, quasi meccanicamente, senza veramente sentire il sapore, non mi interessa.

I pensieri vanno e vengono, ma cerco di non affondare troppo in nessuno di essi. Devo solo continuare a muovermi, a fare qualcosa, anche se è semplice come mangiare un toast.

Dopo aver finito, decido che una doccia potrebbe aiutare.

Accendo l’acqua e lascio che si scaldi un po' prima di entrarci sotto.

Quando finalmente mi immergo nel getto caldo, sento i muscoli rilassarsi un poco. La doccia sembra lavare via parte della tensione accumulata nelle ultime ventiquattro ore, anche se so che i pensieri non si staccheranno così facilmente.

Chiudo gli occhi, lasciando che l’acqua mi scivoli addosso. Respiro lentamente, cercando di concentrarmi solo sul suono dell'acqua che cade.

Per un attimo, la mente sembra calmarsi, e mi sento sospeso, come se quel piccolo spazio sotto la doccia fosse l'unico luogo al mondo dove posso veramente rilassarmi.

Dopo qualche minuto, esco, mi asciugo velocemente e mi infilo dei vestiti puliti.

Decido anche di mettermi una delle mie creme sul viso, ma quando inizio a massaggiarla sulle guance mi sembra di risentire il suo tocco. Il suo ultimo tocco.

Però prima di potermi deprimere di nuovo mi arriva una notifica. Per un attimo ho l'illusione che possa essere lui, ma ovviamente non lo è. Si tratta solamente del messaggio promozionale di un televisore in offerta.

D'altra parte spero ancora che si faccia vivo, ma so benissimo che non lo farà. Gliel'ho chiesto io.

Decido di uscire a fare una passeggiata prima del dovuto, ma voglio approfittarne per rilassarmi, camminare mi ha sempre aiutato. A lavoro poi ci andrò direttamente a piedi, senza tornare a casa, e per questo mi preparo di già.

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James pov:

Il dolore che ho provato nel lasciar andare William è indescrivibile.

Era una parte bella della mia vita, ma a causa mia, ora non lo è più.

L'ho trattato come nessuno dovrebbe essere trattato, mi sono comportato davvero nel modo più terribile possibile.

E ho rovinato tutto. O meglio, ha rovinato tutto.

Mi ricordo ogni dettaglio. Ogni parola, ogni tocco, ogni singolo momento in cui mi sono lasciato andare, convinto che fosse amore.

Mi ricordo la sua voce, dolce all'inizio, suadente, convincente. Era così bravo a farmi credere che fossi io quello fortunato ad averlo. Mi ripeteva spesso che nessun altro mi avrebbe mai amato come lui.

Era sempre lì a farmi notare quanto fossi "carino", come se quella fosse l'unica cosa di valore che avevo. E io ci credevo, alla fine. Credevo che il mio aspetto fosse l'unica ragione per cui qualcuno mi avrebbe mai voluto.

Tre anni della mia vita...tre anni a pensare che fosse vero, tre anni in cui gli ho dato tutto.

Il mio corpo, i miei soldi, persino i miei sogni, che pian piano sbiadivano fino a sparire. Ero intrappolato. Non me ne rendevo conto, ma ogni volta che cercavo di allontanarmi, trovava il modo di farmi sentire in colpa, di farmi credere che senza di lui non sarei stato niente. Mi diceva che ero solo, che nessuno mi avrebbe mai voluto davvero, che ero solo un bel volto senza profondità. E io ci credevo. Cazzo, ci credevo davvero.

Sono stato inevitabilmente segnato da tutto questo e l'ho capito troppo tardi che mi stava distruggendo, ormai ero vuoto.

Mi ha spezzato, pezzo dopo pezzo, finché non è rimasto più nulla di me da poter dare a qualcun altro.

E ora... ora sono diventato io quello che non si vuole affezionare. Perché la verità è che non posso più farlo, non ne ho più le capacità.

E non voglio più. Ho paura. Paura di ritrovarmi di nuovo in quella gabbia, di nuovo a sentirmi impotente, inutile, vuoto.

Ed è per questo che ho respinto William. E mi dispiace, ma non potevo, non ancora, non finché non supererò il mio trauma.

Con William era...era diverso, aveva sbloccato qualcosa che non provavo da tempo.

È buono, gentile.

E da quando ho lasciato la sua camera d'hotel, penso che forse lui mi avrebbe amato davvero, ma io non posso promettergli di riuscire a fare lo stesso e non è giusto nei suoi confronti.

Quando ho iniziato a sentire qualcosa per lui, quei ricordi sono tornati come un tornado.

Le mani di quell'uomo si sono sovrapposte a quelle di Will e mi hanno bloccato.

Le sue parole sono come incise nella mia testa. Non riesco a farle andare via.

Non riesco a fidarmi di nessuno, nemmeno di me stesso.

William merita di meglio. Merita qualcuno che non sia spezzato come me, qualcuno che possa amarlo davvero. Io non sono capace. Non più.

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Sto camminando senza pensare, cercando soltanto di concentrarmi sui miei passi. Per ora sta funzionando.

Guardo gli alberi, le foglie che cadono, e mi sento come loro, in bilico tra il lasciar andare e il trattenere. Provo a concentrarmi sul ritmo del cammino, sul respiro.

Poi infilo la mano nella tasca dei pantaloni della divisa, sentendo il tessuto ruvido sotto le dita. Il telefono è lì, pesante contro la gamba.

Lo tiro fuori, e dopo il mio tocco lo schermo si illumina.

Guardo l'ora: ancora abbastanza presto. Ho ancora venti minuti prima di dovermi avviare a lavoro.

Quando alzo lo sguardo, il cuore salta un battito. Lo vedo. Anche lui sta camminando, il passo deciso, sempre elegante, con quell'aria sicura che sembra non abbandonarlo mai, nonostante tutto.

Sta venendo nella mia direzione, ma non mi ha ancora notato. Io rimango immobile, come se il semplice fatto di vederlo mi avesse ancorato al suolo. Non so se vorrei che mi vedesse, o se preferirei scomparire prima che i suoi occhi incontrino i miei.

Alla fine però non faccio nulla e mi nota anche lui, bloccandosi.

Due statue, separate da qualche metro di distanza, ma in realtà più lontani di quanto quelle poche misure possano mai misurare.

Non parliamo. Non ci muoviamo. Ci fissiamo e basta, in un silenzio assordante che allo stesso tempo sembra gridare.

Ti voglio ancora.

Le parole mi bruciano in gola, vorrei urlarle, farle uscire con tutta la forza che ho dentro, ma rimangono lì, incastrate.

Vorrei gridarglielo. Ma non posso. Non ci riesco. Forse perché temo che ormai non possa fare alcuna differenza.

Il primo a spezzare questa posizione è come sempre lui. Continua la sua strada, avvicinandosi verso di me.

Mi passa accanto senza una parola e il mio cuore inizia a battere forte, il respiro si fa pesante, come se il solo vederlo di nuovo così vicino fosse già troppo.

Non c'è nessuno tra noi, solo il rumore del mondo che continua, indifferente, mentre noi, per un istante, ci ritroviamo di nuovo l'uno accanto all'altro.

Quando i nostri occhi si incrociano, tutto si ferma di nuovo.

C'è un intero mondo in quegli occhi, fatto di rimpianto e desiderio, di parole trattenute e paure che è mai riuscito a superare.

Sento il suo sguardo addosso, lo sento bruciare, come se mi stesse vedendo davvero per la prima volta.

Lui mi guarda con quegli occhi pieni di una tristezza che mi spezza: È quella di cadere, di farsi male, di lasciare che l’amore lo avvolga.

Eppure, in quell'istante, percepisco il filo sottile che ci lega, un qualcosa di invisibile ma potente.

Lo sento nelle sue pupille che tremano appena, nel suo respiro che si fa più lento. Sa che lo sto vedendo. Sa che sento tutto quello che prova, come lui sente quello che provo io.

Poi, in un battito di ciglia, passa oltre e tutto questo sembra essere avvenuto in un battito di ciglia.

Ma mentre ci allontaniamo l'uno dall'altro quel filo non si spezza.

Non siamo ancora pronti e forse potremmo non esserlo mai.

Ma quello sguardo…quello sguardo è stato tutto.

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