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"Se non vivi per essere ricordato, puoi anche semplicemente morire."

Sto correndo spedita verso l'ignoto. Non so dove mi trovo, ma tutto è così bello e solare. Infatti il sole mi scalda il viso e l'erba sotto i miei piedi è fresca e umida. Mi sento così libera. Libera. Non mi ero mai nemmeno sognata di pronunciare questa parola, eppure ora è questa l'unica che mi viene in mente. Nell'aria c'è l'odore di erba mossa dal vento fresco e di fiori che non saprei definire con un nome. Perché io non conosco i loro nomi, ma so benissimo tutte le loro sfumature e il periodo in cui posso ammirarli. Io sono così, purtroppo, costretta ad una vita di sacrifici e rinunce. Sono capace di descrivere alla perfezione ogni tipo di cambiamento intorno a me, ma non ne conosco la definizione perché non sono mai andata a scuola.

E ora che ho diciassette anni mi rendo conto di quanto sia umiliante non saper scrivere nemmeno il proprio nome.

È tutto così bello, fin quando dal nulla compaiono delle sbarre e sono costretta a rallentare. Sono molto fredde al tatto e quando mi giro per cambiare direzione mi rendo conto che sono ovunque. Sbarre nere con dei rampicanti verdi intrecciate a delle rose nere mi bloccano la strada, proprio quando riesco a vedere un mondo migliore, sull'orizzonte. Pian piano questa prigione si rimpicciolisce e mi sento soffocare, infatti mi butto a terra e mi copro le orecchie con le mani. Urlo e mi dimeno in preda al panico mentre l'aria pian piano esce dai polmoni, abbandonandomi in completa apnea.

Capisco di non essere più lì solo quando apro gli occhi e trovo davanti a me un immenso prato di rose nere. È strano; non è come quelli che ho già visto, sembra una grande aiuola composta solo da rose che nascono direttamente dal prato. Credo di poterle toccare, se solo mi allungassi un po'... ansimando dal dolore, ritraggo le dita dal bellissimo fiore davanti a me, il suo contatto mi ha procurato una scossa dolorosa che mi ha attraversato completamente.

Non ho mai visto questo prato, mai visto di persona delle rose così belle e così piene di vita, e non ho mai sentito questo forte odore di... di... non so definirlo, ma è aspro. Proprio sotto i miei occhi, le rose nere prendono a sanguinare copiosamente e le gocce di densa linfa rossa scivolano via imbrattando l'erba sotto di loro, che ormai è una distesa di rosso puro. Anche le mie dita sanguinano nel punto in cui ho accarezzato quei soffici e freddi petali. Inizio a guardarmi intorno alla ricerca di una via di fuga, ma qualcuno mi afferra per un braccio e mi costringe a voltarmi contro la mia volontà. Tutto diventa sfocato, non riesco a capire cosa mi stia dicendo la persona che ho davanti, mi sta parlando, vedo le sue labbra muoversi, ma non sento assolutamente niente.

Riconosco una folta chioma nera e degli occhi chiari, poi, il nulla.

<<Va tutto bene, era solo un incubo.>>

Apro gli occhi e focalizzo la figura di mia sorella davanti a me che, come ogni mattina, mi sveglia dai miei frequenti incubi.

<<Non ne posso più di sognare rose nere.>> mi alzo dal letto e mi rendo conto di essere molto sudata. <<Ti ho svegliata?>>

<<No, ero già sveglia. In ogni caso ti saresti dovuta svegliare tra poco, è ora di andare.>> anche lei con calma si alza dal nostro letto e si sistema i vestiti. <<Oggi andiamo in piazza, Derek ieri mi ha detto che c'è una festa e che ci saranno tante persone.>>

<<Non vedo l'ora.>> rispondo sarcastica.

Non abbiamo mai avuto specchi nella nostra "stanza", per questo motivo siamo abituate a farci carine senza l'aiuto del nostro riflesso. Sono solita lasciare i capelli sciolti, spettinati e annodati, mentre la mia sorellina ama legare i capelli in elaborate trecce lunghe; infatti sta legando i suoi capelli biondi in un'unica treccia laterale, legandola con un nastro verde.

Così piccola eppure già così saggia. È la frase che mi ripeto ogni volta che la vedo compiere questi gesti di vita quotidiana. Per avere appena dodici anni lei mi ha già dato dei bellissimi e preziosi consigli sul nostro lavoro. Lei osserva, cerca di capire dagli atteggiamenti dei passanti cosa esattamente avrebbero piacere di vedere. È per questo motivo che a fine giornata lei porta a casa più soldi di me. O per questo motivo o per i suoi grandi occhi verdi e la statura minuta.

<<Ho fame...>> sbotto strofinandomi gli occhi.

<<Conosci le regole, mangeremo a pranzo e non prima.>> risponde mentre infila una gonna lunga.

Abbiamo solo due vestiti a testa, di diversi colori per non scambiarli. A me piacciono i colori scuri, a lei i chiari, per questo motivo la mia gonna è nera, mentre la sua è viola chiaro. L'unica cosa che ci può identificare come sorelle è la stessa fascia viola legata alla vita. Nostro padre ce la fa indossare perché così la gente potrebbe intenerirsi. Secondo il suo parere, se un uomo vede la fascia dello stesso colore ci dà più monete. È per queste sue idee che ci ritroviamo a dormire in una stanza di un capanno abbandonato, con un letto formato da paglia e una coperta per scaldarci in inverno. Non vediamo l'ora che arrivi la primavera per non congelare durante le notti fredde e umide.

Io e mia sorella nemmeno ci somigliamo, lei è quasi il mio esatto opposto. Lei somiglia tantissimo a mio padre, io dovrei somigliare alla mamma, per quello che dice lui. Credo che non lo saprò mai dal momento che è morta dando alla luce Alba ed io avevo cinque anni appena.

Ci vestiamo velocemente e, fianco a fianco, ci dirigiamo verso la piazza del paese. Mio padre non so dove sia, stamattina è uscito presto per andare non so dove, e tanto meno mi interessa. Io e lui non abbiamo un buon rapporto, io non lo considero nemmeno nostro padre. Un padre non picchierebbe mai sua figlia fino al suo svenimento. Un padre cercherebbe di far stare bene le proprie figlie. In questa famiglia funziona così: o porti abbastanza soldi la sera per mangiare il giorno dopo, o non mangi affatto. Ed io non ne posso più di vivere così.

Arrivate in piazza, rimaniamo estasiate dalle luci e dai colori intorno a noi. Non so che festa sia, ma a giudicare dall'atmosfera deve essere qualcosa di speciale. Forse è come la festa di dicembre, quella dove tutte le persone passeggiano per strada con degli strani cappelli rossi e bianchi. Natale, mi pare si chiami quella.

Mi ricordo di questa festa, gli anni passati dei bambini maleducati hanno spruzzato me e Alba con uno spray bianco, e ricordo bene che quell'alone che si era formato sulle gonne non andava via nemmeno con l'acqua. Oltre a questo, di questa festa ricordo i colori e le maschere. Le persone passeggiano per strada vestiti in modo buffo, e i bambini si vestono da super eroi e principesse dai grossi e graziosi costumi. Alcune maschere che portano mi sembrano troppo strane e diverse dalle altre colorate, essendo tutte bianche e di solito chi le porta veste con abiti scuri e lunghi, e dei cappucci neri coprono il capo.

Non ho mai capito il vero motivo di questa festa, ma sembra che così la gente esca più spesso e di conseguenza noi guadagniamo qualcosa in più, almeno per qualche giorno. Il naso mi pizzica quando respiro l'aria: tutti i fast food e i ristoranti vicini sono aperti, nonostante sia mattina, e il mio stomaco brontola. Non so cosa darei per mangiare un qualunque cosa che uscisse da uno di quei posti. Si sente in lontananza una musica molto forte, proveniente probabilmente da delle grosse casse.

Le persone attorno a noi sono entusiaste, corrono felici verso la direzione della musica; per la maggior parte sono bambini eccitati per ciò che stanno per vedere. Probabilmente aspettano anche loro tutto l'anno di vestirsi da super eroi e principesse, così come noi, solo che in modo diverso. Quando ci sono delle feste in paese le persone passeggiano molto per strada, quindi noi abbiamo più possibilità di essere notate. Sui vari balconi delle case noto delle ghirlande di fiori di svariati colori, e appesi ad essi ci sono delle maschere che un po' mi fanno paura: una è totalmente nera, il naso lungo e le rughe sulla fronte. Un'altra è totalmente colorata di una miriade di colori sgargianti racchiusi in dei piccoli quadratini, questa senza naso.

Al centro della piazza c'è una enorme fontana che rappresenta una donna nuda che indica con un dito il cielo: da quel dito sgorga un fiotto di acqua che si unisce a quella che esce dalle sue spalle, come a formare un velo delicato sul suo corpo formoso. Ne resto sempre ammaliata.

Il cielo è sereno e gli uccelli sembrano volare proprio in direzione della musica, come per ricordarmi che io lì non ci posso andare e loro sì.

Come al solito, cerchiamo uno spazio libero dove posare le nostre cose, e oggi lo troviamo vicino ad una bancarella di foulard e cappelli stravaganti.

<<C'è molta gente, ci conviene restare insieme oggi.>> dico a mia sorella, distendendo la coperta rossa sul pavimento della piazza.

<<Sono d'accordo.>> risponde sedendosi e incrociando le gambe.

Io mi preparo per iniziare a ballare, mentre lei si prepara per suonare. Entrambe sappiamo suonare molto bene la chitarra, infatti facciamo a turno di solito per usarla.

<<Che cosa mi suoni oggi paperella?>>

<<Scegli tu.>> posa le dita sulla chitarra e mi sorride.

È così bella quando ha in mano quel bellissimo strumento. Le dona un'aria da bambina che non merita ciò che sta vivendo. La chitarra gialla e arancione è un regalo da parte di un'anziana signora che abbiamo conosciuto anni fa in un altro paesino, diceva che solo con la nostra voce non saremmo riuscite ad attirare nessuno. Ci insegnò a suonarla, ci portò da mangiare nelle giornate lunghe fredde e calde, ci portò anche delle coperte e mi rese svariate volte più bella, tutto questo finché un giorno morì, lasciandoci sole con nostro padre. Alba pianse molto quando lo venne a sapere, mentre io... beh, io sono abituata a soffrire senza mostrare i miei sentimenti. Da sola per tutti questi anni, sola con una sorella da crescere e fare in modo di insegnarle il mestiere. E ora, lei è diventata più bella e furba di me.

<<Iniziamo con la nostra preferita.>>

<<Ai suoi ordini.>> dice sorridendomi.

Subito inizia a muovere le dita sulla chitarra e mi concentro. Ormai le parole di questa canzone le conosco più che bene, e il significato è qualcosa di profondo, per questo ci piace molto. Apro gli occhi e osservo le persone passare davanti a noi, alcune ci guardano addirittura, forse un po' curiosi. Non siamo qui da abbastanza tempo da essere state viste da tutti gli abitanti del paese.

<<Imagine there's no heaven
It's easy if you try
No hell below us
Above us only sky
Imagine all the people
Living for today!>>

Tra una strofa e l'altra, cammino in mezzo ai passanti saltellando con il sorriso più bello che riesco a fare. Mi avvicino ad un bambino e gli accarezzo una guancia, e la madre mi sorride. È vestito da cavaliere, credo. Almeno così sembra, e ho già visto diversi bambini vestiti simili a lui.

<<Imagine there's no countries
It isn't hard to do
Nothing to kill or die for
And no religion too
Imagine all the people
Living life in peace.>>

Torno da mia sorella e ci scambiamo un bel sorriso. Abbiamo già accumulato qualche moneta, ma ancora non siamo lontanamente arrivate alla somma necessaria. Mi giro di nuovo verso la folla e vedo qualche passante fermo davanti a noi, alcuni con le braccia incrociate costretti dalle loro fidanzate a restare a guardarci, altre con un bel sorriso e delle buste in mano.

<<You may say I'm a dreamer
But I'm not the only one
I hope someday you'll join us
And the world will be as one!>>

Vedo un uomo avvicinarsi per posare qualche moneta nel piccolo cestino sulla coperta a terra, quindi mi avvicino a lui e gli giro intorno continuando a cantare.

<<Imagine no possessions
I wonder if you can
No need for greed or hunger
A brotherhood of man
Imagine all the people
Sharing all the world.>>

L'uomo, visibilmente in imbarazzo, mi segue con lo sguardo e nel frattempo mi sorride. Torno da mia sorella per cantare il finale.

<<You may say I'm a dreamer
But I'm not the only one
I hope someday you'll join us
And the world will live as one.>>

E insieme a me, la chitarra cessa di suonare e Alba si alza in piedi, facendo scivolare lo strumento sul suo fianco. Un applauso generale mi rende felicissima e vedo tante persone avvicinarsi per posare monete nel cestino.

Sono più che rare le giornate così, quindi spero di riuscire a fare bene il mio lavoro e a guadagnare abbastanza per far mangiare almeno Alba.

La guardo e lei ricambia il mio sguardo complice.

Piccola mia, un giorno riuscirò a darti la vita che meriti.

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