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"Proteggila. Salvala. Uccidila."

A svegliarmi, come al solito, è Alba con le sue maniere non molto delicate.

<<Buongiorno dormigliona.>>

<<Buongiorno piccola peste.>> rispondo sbadigliando.

Ci metto un po' per rendermi conto di dove sono davvero, e quando vedo davanti a me la porta di legno marrone mi percorre un brivido freddo.

La luce del sole entra fioca dalla finestra e nell'aria c'è il profumo di erbe e fiori che non avevo mai sentito. Il bello di cambiare aria.

Almeno la schiena non mi fa male come ogni mattina dopo aver dormito sulla paglia che punge.

<<Ingrid mi ha detto ieri sera che oggi tocca a noi servire la colazione.>>

Sbuffo scocciata e levo in un solo movimento le varie coperte. <<Che noia.>>

Alba mi guarda con un'espressione confusa. <<È il nostro primo giorno qui e già dici che noia?>>

<<Lo sai che le cose di questo genere mi annoiano.>>

<<Temo che ti dovrai abituare, noi siamo qui solo ed esclusivamente per questo motivo.>>

. .. . .. .

Appena facciamo ingresso nella grande cucina un'onda di vari deliziosi profumi mi scuote completamente, e il mio stomaco prende a brontolare. I tre cuochi camminano frettolosamente da una parte all'altra della stanza indaffarati a prendere, portare, e tagliare una marea di cose, e io vorrei tanto aiutare, ma so che combinerei solo danni, in quanto inesperta.

Una donna con i capelli biondi legati tutti sulla testa è indaffarata a versare del liquido di uno strano colore su quelle che all'apparenza sembrano frittate, ma credo non sia proprio così. Il cuoco invece sembra come impazzito, gira per tutta la stanza guardando ovunque, sopra sotto dentro fuori ogni cassetto. Ha i capelli neri tagliati molto corti e piuttosto cicciottello, il più in carne di tutti quelli che ho visto fin ora. Un'altra donna con dei lunghi capelli marroni legati in una coda stranamente bassa, sta facendo roteare a destra e a sinistra una padella nera contenente chissà cosa. Noi non sappiamo che fare se non guardarli lavorare.

<<Zoe.>> sussurra mia sorella tirandomi dal vestito. <<Il cuoco sta cercando una padella nera, ha detto. Secondo te quanto ci metterà ancora per capire che sta proprio qui?>> fa un piccolo passo all'indietro e scopro accanto a lei, su un mobile, una padella nera e piccola.

<<Ancora tanto.>> affermo guardandolo in preda ad un attacco di panico. <<Ehi scusami!>> dico riferendomi a lui e alzando la voce per contrastare i vari rumori di pentole e cose che scoppiettano. <<La pentola che stai cercando è qui.>>

La prendo e gliela porgo, lui mi sorride debolmente e senza dire una parola torna a lavoro.

<<Credo sia meglio uscire, ho la sensazione che non gli stia bene la nostra presenza qui.>>

Servita la colazione, al minuto preciso, la famiglia fa il suo ingresso come ieri sera. Gli stessi dodici rintocchi dell'orologio, lo stesso comportamento delle altre ragazze, e la stessa piccola sfilata per entrare nella sala da pranzo.

Il Re sta parlando al telefono, sembra distratto mentre assaggia la sua colazione. Daiana mangia elegantemente, studiando prima a fondo ogni boccone che deve mettere in bocca. Victoria invece mangia normalmente, con lo sguardo basso e senza troppe commedie.

La Regina sembra sovra pensiero, non ha ancora sgridato nessuna di noi e mangia la sua colazione guardando un punto fisso davanti a lei. Il principe Diego è il più scomposto, con una mano porta alla bocca la forchetta, mentre l'altro gomito poggia sul tavolo, e a sua volta la testa poggia su di esso. Sembra anche lui distratto, preso da altre cose.

Non so ancora come porgli la domanda, non so se andare in camera sua subito dopo o aspettare se sia lui a chiedermelo. In ogni caso qualcosa dovrò chiedergli, e ancora non ci ho veramente pensato.

Proprio in questo momento il principe alza gli occhi su di me ed io, imbarazzata, guardo altrove.

Dannazione, lo stavo di nuovo fissando.

Con la coda dell'occhio lo vedo sorridere beffardo, sicuro di sé, e mi mordo un labbro per evitare di parlare. La sua bellezza è qualcosa di anormale, paranormale, ultraterreno, uno spettacolo adatto a pochi. Di certo non lo saprà mai, nemmeno sotto tortura gli dirò mai cosa penso davvero di lui.

<<Darçy oggi cosa hai da fare?>>

Il principe alza lo sguardo e, annoiato, guarda sua madre. <<Oggi temo che starò in camera mia tutto il giorno. Ho delle cose da fare.>> risponde distratto.

La Regina lo guarda con la sua aria da superiore, e non so perché ma lascia cadere l'argomento. Probabilmente è abituata al comportamento di suo figlio, non è una novità che passi intere giornate nella sua stanza a fare chissà cosa.

Darçy. Che nome strano. Ricordo poco i vari nomi con cui ieri si è presentato a noi, e se lui non avesse alzato lo sguardo di certo non mi sarei ricordata che "Darçy" è uno di quelli.

<<Vi ricordo che questo sabato daremo una festa, tutto dovrà...>>

<<Essere perfetto.>> concludono in coro Daiana il Re e Diego.

<<Esatto.>> dice la Regina con un mezzo sorriso soddisfatto. <<Ingrid!>> urla poi.

La donna giunge accanto alla Regina e fa un piccolo inchino. <<Mia Regina?>>

<<Dopo devo parlarti riguardo la cena di sabato.>>

<<Certo, mia signora.>> risponde.

Fa un movimento distratto con la mano e Ingrid indietreggia tornando al suo solito posto.

Mi chiedo cosa abbia fatto quella donna per essere il 'capo' di noi tutte. Non mi sembra la più anziana e nemmeno la più esperta. Che ci sia l'ennesimo patto tra di loro?

Qualcuno apre la porta di scatto e tutti noi presenti saltiamo per lo spavento. Compare l'alta figura di Hobbes, vestito come al solito elegantemente, ma c'è qualcosa oggi di diverso nel suo volto. Preoccupazione, credo.

<<Ma insomma!>> urla la Regina su tutte le furie.

<<Mia signora, è... è urgente.>> Hobbes fa un inchino frettoloso e indica con un braccio la porta. <<Di vitale importanza.>>

La signora sembra capire e senza dire una parola, elegantemente, segue l'uomo verso chissà dove. Le porte si chiudono e il silenzio cala nella stanza come un velo invisibile.

Il resto della famiglia non fa molto caso a ciò che è appena successo, continuano a mangiare come se niente fosse. Forse è normale una cosa del genere. Il principe finisce la colazione, si alza rumorosamente e si dirige verso la porta. Prima di varcarla, si gira nuovamente e mi lancia una profonda occhiataccia.

E ora che ho fatto?

. .. . .. .

Finito di sparecchiare la sala da pranzo e riordinare tutto il salotto me ne torno in camera, lasciando Alba lì a parlare con una domestica. Anche se fuori c'è il sole tutta la casa è buia, tutte le poche finestre sono chiuse per bene e non lasciano intravedere nemmeno uno spiraglio di luce. I quadri sembrano seguirmi con lo sguardo durante la mia strada verso l'ultima delle stanze di noi serve, e i loro sguardi persi mi trasmettono irrequietudine.

In mano reggo una tazza fumante di latte caldo e il suo buonissimo profumo mi rilassa. Non avevo ancora mai bevuto del latte caldo, e ora posso affermare con sicurezza di esserne innamorata.

Arrivo di fronte la mia stanza e apro la porta, chiudendola subito alle mie spalle. Con lo sguardo basso mi dirigo verso il piccolo bagno e poggio la tazza sul freddo lavandino bianco.

Chissà che mi aspetta oggi.

Levo il vestito di dosso con un solo movimento e lo lascio cadere a terra. Per la fretta stamattina mi sono messa lo stesso che avevo ieri, e non mi sembra giusto riutilizzare lo stesso quando ne ho a disposizione altri puliti e profumati. Resto allora in biancheria, con la canottiera un po' troppo corta e una mutandina che non credo si possa definire tale, per quanto sia piccola. Mi bagno la faccia per la terza volta da stamattina, credo di non essermi ancora ripresa dalla nottataccia appena passata.

Asciugo il viso velocemente e il mio sguardo si posa sullo specchio piccolo davanti a me. Butto un urlo e mi aggrappo al lavandino quando vedo riflessa un'altra figura. Mi giro velocemente e lo vedo lì, con il suo solito sguardo che mi fa venire tanta rabbia, le braccia incrociate e la schiena contro la parete accanto al mio letto.

<<Pensavo che ci avresti messo di meno per accorgerti della mia presenza. Mi sbagliavo.>>

In imbarazzo recupero il vestito da terra e lo uso per coprirmi il più possibile. <<Che ci fai qui?>>

<<Se non mi sbaglio tu devi porgermi una domanda, giusto?>>

Resta lì, senza muoversi, a guardarmi mentre spero con tutta me stessa di aver coperto bene tutte le parti del corpo che non dovrebbero essere in bella vista. Perché sono così alta?

<<Ora!?>> rispondo arrabbiata.

<<Sì, ora. Quale buon momento sarebbe più opportuno di questo?>> sorride di nuovo maliziosamente.

<<Mi dai il tempo di vestirmi santo cielo?>>

<<Fiorellino la mia pazienza ha un limite.>> dice cambiando totalmente espressione. Fa un passo avanti ma si ferma un po' prima di entrare nel fascio di luce che penetra dalla finestra. Fissa il raggio davanti a lui e sembra disgustato dalla sua presenza. <<Dannate domestiche. Quando imparerete a chiudere anche qui tutte le finestre?!>>

<<Siamo umane, a noi piace il calore che emana il sole.>> rispondo quasi rimproverandolo.

<<Beh allora? Sto aspettando.>> ringhia incrociando di nuovo le braccia al petto.

Ma poi il suo sguardo corre sul mio corpo, sulle gambe più precisamente e lì si ferma. Le cicatrici sembrano urlare: guardami!

Sebbene sia in una posizione molto sfavorevole alla luce, i suoi occhi si distinguono benissimo e fanno contrasto con l'abbigliamento scuro e il ciuffo color carbone.

Increspa gli occhi. <<Deve essere stato terribile.>>

Non rispondo, abbasso lo sguardo su di esse. Non voglio che le guardi, non voglio che mi guardi così. Loro appartengono ad una vita passata che voglio dimenticare.

Cerco di cambiare argomento, poggiandomi sul lavandino freddo e continuando a tenere il vestito come scudo. <<Quanti anni hai?>>

La sua espressione è sorpresa, e una bozza di sorriso sincero compare tra le sue labbra dritte. Sapevo bene che questa domanda lo avrebbe sorpreso.

<<Non me lo aspettavo. Mi sarei aspettato qualcosa tipo "perché i vampiri bevono il sangue?" oppure "perché non potete stare alla luce del sole?">>

Non posso fare a meno di notare che ha usato una certa ironia nel citare le varie domande che avrei potuto porgli oggi. Mi crede davvero così scontata e monotona?

<<So come sorprendere le persone. Ora rispondi, vampiro.>>

<<Ti sei già dimenticata il patto fiorellino?>> sussurra. <<Devi portarmi rispetto.>>

Si trova esattamente dall'altro lato della stanza, davanti i suoi piedi c'è il letto ancora scomposto, alle sue spalle la parete fredda e a pochi metri la porta del bagno, e quindi, me. Il freddo di queste pareti non potrà mai essere paragonato al freddo che trasmette il suo sguardo.

<<No, non l'ho dimenticato. Ora, se mi fate l'enorme favore di rispondere alla mia domanda, ve ne sarei molto grata.>>

Fa scorrere lo sguardo su tutto il mio corpo ancora una volta ed io vorrei tanto avere il dono dell'invisibilità. Mi osserva senza dire una parola, sembra quasi incantato da quelle maledette cicatrici.

<<Ciò che guardate non dovrebbe piacervi, in quanto io sia solo una delle tante schiave.>>

È strano. Ne sono tanto attratta quanto disgustata dalla sua presenza, e nonostante questo mi piace giocare in questo modo con lui, per solo qualche momento è come se fossi io quella con le redini in mano.

Ma so che non è così.

<<No, cara Zoe. Tu non sei una schiava.>> facendo bene attenzione a non entrare nel raggio di luce, gira intorno al letto e mi raggiunge, senza distogliere lo sguardo dai miei occhi. Ora è di fronte a me, con le labbra dritte come due linee e gli occhi così misteriosi e inquieti. <<Tu sei la mia schiava.>> conclude in un sussurro.

Respiro a fatica, il principe è troppo vicino perché io possa pensare razionalmente. Perché ogni volta che si trova così vicino io mi sento soffocare? Così dannatamente vulnerabile e debole?

Mi sento come la prima volta che ci siamo incontrati e lui si è avvicinato troppo, facendomi indietreggiare e lasciandomi senza fiato.

È almeno venti centimetri più alto di me, ma in questo momento sembrano almeno sessanta. Stringe i pugni e le vene sulle braccia escono fuori, scure.

E se all'improvviso gli venisse fame e decidesse di assaporare il sapore del mio sangue? O se peggio ancora decidesse di uccidermi, proprio ora, proprio in questo piccolo bagno bianco che ha visto più lacrime di quanto io possa immaginare?

Deglutisce e noto il suo collo rilassarsi, insieme ai muscoli sotto la maglietta nera e alle braccia.

<<La mia famiglia esiste da millenni, mio padre è Re da oltre 600 anni.>>

<<Tutto molto interessante, ma non mi hai detto quanti anni hai tu.>> puntualizzo sciogliendomi con una mano i capelli legati in una coda. Non so nemmeno perché proprio in questo momento. <<Signor Principe, devo forse ricordarvi le regole dell'accordo da voi dettato?>>

Non so perché ma odio tenere i miei lunghi capelli legati in una inutile coda. È Alba quella che ama tenerli legati.

Continua a sorridere con quel sorriso tanto malizioso quanto sincero. <<Hai ragione.>>

E in un attimo scompare dalla mia vista, senza che me ne possa rendere conto. Ora è davanti la porta, con una mano sulla maniglia, pronto per aprirla e andare via. Mi dà le spalle, e il suo corpo è ben compatto contro la porta, gli basterebbe un piccolo passo all'indietro per bruciarsi al sole. <<I vampiri crescono come umani fino a 25 anni, poi invecchiano molto lentamente.>> gira lo sguardo di lato e il ciuffo cade sugli occhi. <<Ho 223 anni.>>

E sparisce, in un solo velocissimo movimento, lasciando la stanza e me. Ha 223 anni, ha vissuto e visto cose che io non mi potrò mai sognare di vedere.

Sono la schiava di un immortale.

. .. . .. .

Diego se ne tornava a grandi passi verso la sua stanza, consapevole che ciò che era appena successo aveva fatto scattare qualcosa in lui. Ma infondo, non era successo proprio niente, si erano solo scambiati qualche sguardo, e lui la aveva vista così poco vestita che era stato solo per un miracolo che era riuscito a mantenersi, sebbene la tentazione di assaggiare quel suo sangue fosse stata davvero tanta. E le sue gambe... quelle cicatrici in qualche modo le donavano, anche se, essendo umana, doveva aver sofferto davvero molto per ognuna di esse. Dal giorno in cui la vide, tutta sporca e così naturale nei suoi movimenti, qualcosa in lui era cambiato. Qualcosa che aveva scatenato qualche diverbio in famiglia, ma da cui era riuscito ad uscirne vincente. Perché se lei e sua sorella erano lì, era solo per merito suo. Ma cosa lo aveva colpito tanto di una semplice ragazza dagli occhi chiari e lo sguardo tanto innocente quanto determinato? Era stato il fatto che lei, a differenza delle altre con cui era stato, non aveva sbavato dietro il suo sorriso e tanto meno lo aveva ricoperto di complimenti. A lei non importava che lui fosse un principe, che avesse un titolo molto importante: a lei bastava assicurare del cibo e un posto in cui dormire a sua sorella. Era tremendamente altruista tanto da dimenticarsi di se stessa.

Lei non avrebbe mai e poi mai ammesso che il principe era una persona di bell'aspetto. E lui lo sapeva, il perché. Lei era diversa, lei era più orgogliosa di tutte le persone che aveva conosciuto, persino di se stesso.

E questo lo attirava a lei come una falena era attratta dalla luce.

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