Il Globo della Scienza e dell'Innovazione

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-Ricordami perché lo stiamo facendo? - sussultò Robert sterzando per evitare un grosso ramo che si era abbattuto sulla strada. Rachel gli fece segno che non era il momento. - Se all'ospedale è pericoloso, dovevi lasciarmi il tempo di prendere Jasmine con noi- insistette Robert.

-Attento! - urlò Federica. Robert frenò di colpo. Federica gli indicò un punto a metà della strada che stavano incrociando.

-Oh, porca... quello è ...- il respiro gli morì in gola.

-Un tornado! - urlò Rachel al posto suo.

-Jasmine starà benissimo dove sta- concluse Robert. Virò nella strada opposta. Ora il tornado puntava dritto verso di loro. Era come essere inseguiti da un toro impazzito in un rodeo.

-Merda, come si capisce che direzione prendono? - sbottò Robert.

-Semplicemente non puo, agente! - Jerome sorrise.

-Non vorrei metterti fretta, amore, ma se quel tornado ci raggiunge ci solleverà come pulviscolo da terra. - aggiunse Rachel terrorizzata. Robert inchiodò per evitare una coda di macchine ferme. Prese la strada nel senso opposto di marcia e svoltò in una laterale che portava verso il lago.

-Così ci allontaniamo dal CERN! - protestò Federica.

-Nessuno di voi tre cervelloni plurilaureati mi sa dire dove cazzo devo andare, quindi non voglio sentire nessuno fiatare se non ha indicazioni utili! - sbottò Robert coi nervi a fior di pelle.

-Correnti ascensionali fino a 300 km/h, Federica, guarda che bestia! Credo che il signore stia esaudendo il mio ultimo desiderio oggi...- fece Jerome ridendo come un matto. Rachel lo guardò stranita. Era sempre più convinta che quell'uomo fosse pazzo.

-Sarà un F3? - chiese Jerome a Federica. La risposta fu un urlò. Anche Robert aveva visto quell'albero piovergli addosso. Inchiodò di colpo. Alcuni rami più esterni sfondarono il parabrezza. Rachel urlò cercando di ripararsi. Il tornado passò loro davanti. Robert invece rimase intontito a guardare quell'enorme mole di aria roteante che aveva inglobato in sé frammenti di ogni tipo, animati o meno. Era come se si fosse congelato. Per sempre intrappolato nel morso della paura.

Federica cercò di soffocare il dolore della fitta al fianco dovuto al blocco della cintura. Si impose di respirare lentamente. Aveva gli occhi pieni di lacrime. La sua idea si scontrava contro la realtà. La natura si stava rivoltando contro di loro. Non sarebbero mai riusciti a raggiungere il CERN in tempo. La strada era lastricata di rottami di ogni tipo lasciati dalla scia del tornado.

-Non fa niente, Federica. L'auto è un eccellente gabbia di Faraday- disse Jerome mettendole una mano sul braccio. Temeva che si allontanasse da lui, invece voltò solo la faccia dall'altra parte per nascondere le lacrime di delusione.

Robert si risvegliò dal suo stato di shock. -Ok, dobbiamo arrivare al CERN il prima possibile. Dove vado? - chiese a Rachel. Rachel segnò la strada, ma poi non ebbe il coraggio di proporlo.

-Al diavolo! Quanti cavalli ha questa jeep? - chiese a Jerome.

-200 cavalli, agente- rispose Jerome orgoglioso. Rachel e Federica si voltarono verso di lui stupite. La loro domanda era la stessa. Come aveva fatto Jerome a permettersi un'auto del genere?

-Che c'è? La sto pagando a rate! Sarebbe meglio non distruggerla del tutto...se possibile... - aggiunse ridacchiando.

Robert non aspettò oltre, ingranò una marcia bassa e partì tagliando per la collina. Jerome fece un urlò di gioia: sembrava un cow boy in sella al toro meccanico. Federica invece alzò gli occhi al cielo e cercò di tenersi stretta alla maniglia della porta. Ogni sussulto dell'auto le provocava una fitta profonda nel fianco. Era quasi sicura che i punti stessero per saltare. Quando vide il cupolone del Globo della Scienza profilarsi all'orizzonte si concesse un sospiro di sollievo. Si guardò attorno in ogni direzione, ma non c'era ancora traccia dell'onda.

- Quattro minuti- disse Rachel leggendo la preoccupazione nei suoi occhi. - Ce la facciamo, tieni duro solo un attimo- aggiunse tendendo la mano a Federica che era pallida come un lenzuolo.

Quando Robert arrestò l'auto dietro alla semisfera aveva le mani che tremavano e non era del tutto sicuro di non dover vomitare. Scese per primo e con la scusa di recuperare la sedia a rotelle per Jerome dal bagagliaio prese lunghi respiri d'aria. Rachel aiutò Federica a scendere e poi aprì la portiera di Jerome.

Quando Robert si sporse per aiutarlo a scendere Jerome si congratulò con lui. - Ottimo viaggio, agente. - disse mimando il saluto militare. Rachel inspirò a fondo e lo aiutò ad issare Jerome sulla sedia a rotelle, quindi lo spinse su per le rampa del Globo della Scienza e dell'innovazione. Federica li precedeva con la stampella. Robert dopo aver parcheggiato l'auto nel livello sotterraneo, li raggiunse di corsa.

Aveva visto quella sfera da lontano anche nella sua precedente visita al CERN. Da vicino sembrava molto più enorme. Robert ad occhio stimò che fosse alta quasi 30 metri. Quando entrarono rimasero stupiti a guardare quanto quel museo fosse "affollato". Tutti i feriti che avevano visto al piano interrato erano stati trasferiti all'interno della struttura e giacevano a terra in gruppetti. Entrarono nella sfera cava, il cui tetto più esterno era stato in parte divelto dalla tempesta precedente. In alcune parti giacevano a terra delle enormi pozze d'acqua, ma la struttura centrale sembrava reggere. Robert si augurò che facesse altrettanto per questa tempesta.

L'ufficiale che già conosceva si avvicinò loro. Salutò Rachel, Jerome e Federica contento di vederli tutti sani e salvi. - Avete ricevuto il mio promemoria- sorrise Federica.

- Signora Montreux. È un vero piacere. Sono contento che stia meglio. - disse la guardia.

-Giusto in tempo per i fuochi d'artificio! - annuì Jerome contento. Poi distratto si avvicinò ad un'apertura che dava verso la montagna e bloccò la sedia a rotelle. Federica prese una sedia e lo raggiunse.

-Cosa fanno? - chiese stupito Robert.

- Guardano l'onda arrivare. Vieni, sentiamo se qualcuno ha bisogno di una mano qui- disse portando Robert altrove. Voleva lasciare a Federica un minimo di privacy.

- L'hai vista l'altra volta? - chiese Jerome a Federica quando gli altri si furono allontanati.

-No, avevo già una lamiera piantata nel fianco- aggiunse Federica respirando a fondo per calmare una fitta. Lo spostamento in auto era stato più periglioso del previsto per il suo fianco.

-Credo non ci sia posto migliore al mondo per guardare questa bellezza. Non te la devi perdere questa volta- le sorrise Jerome. - È stupenda... e detto da un fisico atomico... ha il suo perché- aggiunse.

Federica sorrise. -Sei comodo lì? - chiese poi.

Lui annuì. - Non ti preoccupare, Federica. Non ti farò perdere la scommessa- le disse lui guardandola di traverso. - Spero che i ragazzi siano al sicuro- sospirò Federica.

-Grazie a te, sono certo che è così- annuì. Poi Jerome indicò la cima del monte. Federica deglutì. Respirò a fondo. Prese la mano di Jerome. Guardò quella parete di fulmini fosforescente scendere metro dopo metro. Le si gonfiarono gli occhi di lacrime. Non le respinse. Le sembrava di essere tornata quella ragazza che scappava di notte dal dormitorio col suo migliore amico per guardare l'eclissi.

- Non stritolarmi- disse Jerome felice. Federica scoppiò a ridere. Se anche fosse stato l'ultimo attimo della loro vita insieme, non avrebbe avuto di che lamentarsi. Come scienziato non poteva che essere strabiliata dalla potenza del fenomeno che stava osservando e allo stesso tempo quell'imponenza la faceva sentire molto piccola. L'uomo viveva su una minuscola pila, se confrontato con la maestosità dell'universo. Ed ora quella pila stava invertendo i suoi poli e lanciava delle scariche elettriche per spostare l'elettricità. E loro erano lì sulla superficie di quella pila a guardare quella scarica elettrica gigante muoversi velocemente verso di loro.

L'onda si avvicinò a loro. Robert strinse Rachel a sé. Non tremava. Come faceva a non avere paura? La guardò perplesso. Lei sorrise.

- È solo fisica, amore- gli sussurrò nell'orecchio. Come fosse un bambino al suo primo esperimento e forse in un certo senso era così. L'onda colpì l'edificio. Le barre di protezione della sfera cambiarono colore. Robert guardò allibito quei fulmini scoppiettare attorno a loro. Non sapeva dove voltarsi. Molti fisici urlarono di gioia. Prima di quel giorno non sapeva nemmeno chi fosse Faraday. In quel momento pensò che meritasse un omaggio da parte sua come di tutti gli uomini del mondo. La sua gabbia comunque funzionava eccome! L'onda passò oltre verso la città. Tutti si ammutolirono. Sapevano bene che non tutti i rifugi sarebbero passati così indenni.

Rachel si asciugò una lacrima dagli occhi. Era uno spettacolo che pochi uomini potevano dire di aver visto. Raggiunse Federica e l'abbracciò. Un'intera carriera poteva culminare in un minuto? Ora sapeva che cos'era. Ora sapeva cosa sarebbe successo. Ora sapeva che ce la potevano fare. L'uomo sarebbe sopravvissuto al 23 aprile. Federica aveva ragione. Dopo sarebbe cominciata la più grande sfida dell'umanità.

Jerome sbloccò la sedia a rotelle e si portò più vicino alla struttura. Robert lo bloccò giusto in tempo. Federica gli sorrise grata poi prese Rachel sottobraccio e si incamminò verso le barre. Si persero insieme a commentare quelle cariche che scendevano a terra e venivano disperse.

-Lei non si muove da qui- ricordò Robert. Jerome sbuffò.

-Nemmeno un minimo di divertimento per un vecchietto?- aggiunse poi.

-Quello è il campo di sua moglie. A volte bisogna farsi indietro e lasciare spazio. - disse sospirando Robert.

- Cosa intende dire? - fece Jerome corrucciando la fronte.

- Sua moglie è il direttore del SIDC e dovrà salvare il mondo. La miglior cosa che può fare per lei adesso è starsene qui buono e non avere infarti- suggerì Robert.

Jerome si mise a ridere. -Penso che abbia ragione, dopo tutto...- ammise.

- Era mai entrato qui dentro? - chiese poi Jerome a Robert. Robert ammise che era la sua prima volta. - Se vuole le posso fare da guida. Ci sono una serie di interessantissimi pannelli sull'Universo di Particelle che sono sicuro troverà illuminanti! - disse eccitato Jerome.

Robert sospirò profondamente, poi guardò Federica e Rachel intente a discutere sulla struttura che stava man mano perdendo luminescenza. Indicavano la volta della sfera e poi il pavimento. Rachel si stava chinando a studiare il materiale del pavimento. Bastava tenere quell'uomo lontano dalle scariche in fondo. Lui era un poliziotto. Chi meglio di lui poteva farlo parlare!

- E va bene, mi faccia vedere questi pannelli, ma la avverto, sono davvero scarso. - ammise Robert ridendo.

-Abbiamo tutto il tempo del mondo...- fece Jerome disegnando un cerchio nell'aria. Robert alzò gli occhi al cielo e lo seguì. Cosa non si fa per amore!


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