Capitolo 6 (parte 2): Un favore per una verità

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Quando rientrammo alla base mi diressi velocemente nel chiuso della mia stanza personale per pensare.

Nel punto in cui leggevo le parole di quello strano motto: "Martiri per l'universo, marinai di un mondo sommerso", mi sembrava di veder luccicare bugie e tradimenti.

Mi gettai sul letto ancora sfatto, lasciando che le lenzuola candide lambissero il mio corpo stanco come l'abbraccio di un amante. Riposavo poco in quei giorni e le grigie occhiaie che mi solcavano il viso suggerivano le diverse notti in bianco passate a progettare qualche strambo piano di cui neanche io comprendevo le capacità o utilità.

Mia madre, Lauren, che per me era sempre stata Lauren Jordan, era la figlia del generale dell'Alleanza. La consapevolezza di questa notizia mi aveva lasciata perplessa e stranita. Mi aveva fatto rendere conto che io non conoscessi nulla dei miei genitori; nemmeno il vero cognome di mia madre e la sua famiglia.

Credevo di essere stata cresciuta sulla Terra perché loro l'amavano, perché era bella... non perché dovesse essere il rifugio introvabile dalle grinfie del loro amico tradito. Se fossero rimasti con lui, tutto questo sarebbe mai accaduto?

Pensai a mia madre, riversa su un letto d'ospedale, consolata da una famiglia di cui non mi era mai importato niente e alla qualche nemmeno io interessavo. Del resto non immaginavo che disonore potesse essere per lei aver dato alla luce una figlia con un ribelle. Ma lo sapevano che mio padre fosse un ribelle?

Presi un bel respiro ed aprii la vecchia copia del ritratto di Dorian Gray riposta sul comodino in legno. Con una penna nera iniziai a scarabocchiare a bordo pagina le informazioni che piano piano riuscivo ad ottenere giorno dopo giorno. Funzionava da anti-stress perché forse non ero messa così male, forse sarei riuscita a ricomporre il puzzle.

Lui vuole usarti, ma sarai tu a farlo. Quella, la prima frase, era riferita al tenente. Temevo scrivere il suo nome perché avrebbe significato inimicarmelo per davvero e, magari, non ero ancora pronta per quel passo decisivo.

Jordan: ribelle. Lauren: figlia dell'Alleanza.

Bastian, Rian: ininfluenti.

Mi sentii un poco in colpa a scrivere quelle parole in riferimento a quelli che potevo considerare i miei unici amici, perlomeno Rian era mio amico. Eppure era meglio così, non avrei voluto coinvolgerli direttamente, d'altronde quella era la mia storia, un mio problema.

Riposi con cura il libro in un cassetto sperando che nessuno l'avrebbe mai trovato.

Se, come aveva detto Hein Kiyu, Marte era così in subbuglio, allora non avrei dovuto fare altro che recarmi lì e unirmi ad un qualunque gruppo contro l'Alleanza. No, non era una scelta furba. Mia madre, lei era ancora lì e non potevo – non volevo – abbandonarla al suo misero destino. Sbuffai e mi slacciai gli scarponcini bianchi ancora sporchi di polvere marziana color ocra. Quando li sfilai la cavigliera meccanica cadde come un frutto troppo in terra maturo tintinnando sul pavimento. Sgranai un attimo gli occhi non troppo sicura di quello che potesse significare. Raccolsi l'oggetto da terra dove notai nella parte intera vi era inciso il mio cognome. Si chiudeva attraverso un aggancio telecomandato a distanza. Pensai che forse ora il tenente avesse fiducia nei confronti; mi sembrò stupido e avventato ma non mi rimaneva altra scelta che crederci e comportarmi di conseguenza.

Dei leggeri colpi alla porta mi destarono dai miei pensieri. Quando la aprii, dall'altra parte, Rian mi osservava con i suoi soliti occhi vispi color cobalto. Indossava la maglia dell'Alleanza e i pantaloni di una tuta mimetica, la parte inferiore, leggermente sollevata, mostrava un piccolo disegno colorato sulla pelle chiara.

– E' un tatuaggio? – chiesi curiosa indicandolo con l'indice destro ancora appoggiata allo stipite della porta. Lui saltellò su una gamba sola preso alla sprovvista per poi fermarsi a mezzo metro di distanza.

– Questo? – replicò sollevando l'indumento e mostrando un dragone di rubino e ametista con le fauci spalancate, all'interno delle quali splendeva una stella a otto punte. – Diciamo che, come lo studio della katana e delle arti marziali, anche questo è di famiglia.

– Oh... - sussurrai sorpresa. – E' davvero molto bello.

– Davvero ti piace? Quella è la stella del mattino, la conosci?

La stella del mattino scrive sorridente l'arrivo della luce nell'ultima pagina della notte. – recitai distrattamente.

– Niente male! – rise lui posandomi una mano sulla testa e scuotendomi i capelli. – Conosci Rebindranath!

– Sì ecco, lessi qualcosa di suo, tempo fa... - ammisi imbarazzata per le improvvise adulazioni.

– Che carina! Ma ora bando alle ciance. Ero in mensa e mi chiedevo perché non fossi venuta... non hai fame?

Solo in quell'istante mi resi conto di quanto avessi bisogno di un bel pasto caldo; mi ero così persa nei meandri della mia stessa mente tanto da trascurare i bisogni primari del mio corpo.

Mens sana in corpore sano, ricordatelo Lena!

Senza dare una risposta, mi avvinghiai al braccio del mio collega e mi feci trasportare fino alla sala comune.

Le file lunghissime di banchi bianchi in legno erano quasi completamente occupate, ed il vociare delle persone sovrastava il solito trambusto meccanico che caratterizzava la base. Solo pochi indossavano la tenuta dell'alleanza, la maggiorparte vestiva con abiti semplici e comodi. I visi di tutti erano meno contratti, più sereni e vivaci. Erano quasi tutti adulti dall'età avanzata, molti di meno erano i miei coetanei.

– Vedi Bastian? – mi chiese Rian. – Eravamo d'accordo per pranzare insieme ma non lo vedo da nessuna parte. E' scappato via quando gli ho detto che andavo a prenderti. Avete litigato per caso su Marte?

Bastian. Non lo vedevo da quando eravamo tornati, con un silenzio tombale, dalla missione. Mi tornò in mente il tocco della sua mano sulla mia, la sua spalla sulla quale mi ero poggiata per riposare e la giacca che mi copriva quando mi svegliai.

Arrossii imbarazzata maledicendomi anche solo per aver pensato che quelle azioni potessero significare qualcosa che non fosse la sopravvivenza della squadra... anche se di certo non sarei morta per così poco...

– Ehi! Venere chiama Lena, ci sei?! – Rian mi stava sventolando davanti al viso un vassoio giallo in plastica che aveva preso da un'alta pila a destra. Barcollai e ne afferrai uno un po' confusa. – Allora? Stai dormendo in piedi per caso, hai fatto nottata con lui l'ultima volta?

– Idiota! – sbottai colpendogli la spalla. Lui si finse offeso prima di mettersi a ridere di gusto.

– Scherzo, scherzo, non ti agitare. So che Bastian non è proprio il tipo adatto con cui passare una serata.

– Certo che no, è vile e arrogante e... e... In più credo che mi odi. - sussurrai a bassa voce.

Rian mi superò avvicinandosi ad un bancone interattivo. Le pietanze sul menù della giornata erano indicate sul display luminoso; bastava premere sull'opzione desiderata e appoggiare il vassoio su una tavola di vetro. Un robot dalle sembianze antropomorfe si muoveva dietro di esso tenendo diversi piatti con le sue otto braccia artificiali. Inutile dire che mai avessi visto una cosa del genere e il fatto che "la creatura" non possedesse né occhi né naso né bocca, mi incuteva un leggero spavento.

Una volta avanzato di qualche passo ordinai lo stesso di Rian: purè con verdure grigliate – non mi chiesi che tipo di verdure cucinassero su Venere –.

Ci sedemmo vicino a una coppia di alieni, uno di fronte all'altro, dei quali non riuscivo a riconoscere la razza, che parlavano fra di loro nel proprio dialetto stretto e incomprensibile. Erano molto simili, esteticamente, forse fratelli. Entrambi avevano grandi occhi color smeraldo e pelle di un arancione caldo.

Rian conficcò qualcosa che somigliava ad una melanzana terrestre con la forchetta e la fece oscillare di fronte al suo viso ora pensieroso.

– Bastian non ti odia. – riprese all'improvviso guardandomi negli occhi.

– Non lo pensavo davvero. – ammisi sentendomi quasi una criminale di fronte al suo volto così accusatorio; non gli si addiceva una smorfia qualunque che non fosse un allegro sorriso.

– Volevo solo puntualizzarlo: Bastian non odia, è una sua caratteristica. – sorrise benevolo. – Vorrei che tu lo trattassi di conseguenza.

– Ma io, io non gli ho fatto niente! – replicai confusa.

– Oh eccoti Bas! – Rian agitò la mano salutando qualcuno che si trovava alle mie spalle. – Ti stavamo cercando, sai? Dove te ne sei fuggito?

Il ragazzo, senza degnarmi di un cenno, si sedette accanto all'amico poggiando il suo vassoio semivuoto con i resti di un polpettone di carne.

– Ero con Sally. – iniziò a spiegare lui. Mentre parlava guardava di fronte a sé, forse per non incrociare il mio sguardo confuso e curioso.

– Uh, Sally! – biascicò Rian dandomi una gomitata al braccio. – Pezzo grosso, una delle favorite di Xandem, ottima candidata a ruolo di luogotenente. Nonché ragazza molto carina.

– Mh – annuì Bastian distrattamente senza dare troppo ascolto all'amico. – Dobbiamo andare su Io per una missione, in tenente stesso sarà con noi.

Rian sgranò gli occhi, ma sembrò ricomporsi subito dopo. – Ottimo! Sarà la tua opportunità per farti notare! – disse dandogli una pacca sulla spalla.

– Ti piacerebbe diventare tenente? – chiesi sporgendomi nella sua direzione, sentendomi esclusa dalla conversazione

Bastian sembrò accorgersi della mia presenza solo in quell'istante.

– Lena potrei parlarti un attimo? In privato. – rispose invece.

– Emh... certo. – asserii alzandomi confusa, cercando supporto nello sguardo di Rian che mi sorrideva accennando con lo sguardo a Bastian che aveva già iniziato a camminare. – Siete la mia OTP. – sillabò quando l'altro era abbastanza lontano per non sentirlo.

Durante la pausa pranzo, la base era pressoché deserta. Seguii Bastian in silenzio, lungo gli illuminati corridoi per fermarci infine di fronte ad una porta nera al secondo piano.

– E' la mia stanza. – puntualizzò aprendola ed entrandoci; io lo seguii dopo qualche istante.

Si poggiò sul letto, perfettamente ordinato, e mi fece cenno di sedermi su una poltrona rossa vicino all'uscita.

L'ambiente era quasi completamente vuoto. Oltre all'armadio e al letto non c'era alcun tipo di mobilio e i motti dell'Alleanza erano scomparsi.

– Non hai più il bracciale della prova. – esclamò all'improvviso.

– Oh, la cavigliera? E' venuta via da sola... - replicai sistemandomi meglio, poggiando le mani sui grossi braccioli scarlatti.

– Strano... – sussurrò sfiorandosi il mento su cui stava crescendo un filo di barba color fumo. – Non importa. – sembrò poi dire più a sé stesso che a me. – Ti ho fatta venire qui per dirti una cosa e chiedertene un'altra, per la quale hai la possibilità di non rispondere, è una mia curiosità. – prima che potessi anche solo aprire la bocca per dire qualcosa riprese a parlare. – Uno. Non chiedermene i motivi perché nemmeno io li conosco, ma il tenente Xandem in persona, da qualche giorno generale in sostituzione del capo che attualmente non è reperibile su Venere, ha deciso che non svolgerai più le mansioni di meccanica per entrare a par parte di una nuova squadra, o meglio, una coppia. – disse storcendo il naso. – Puoi facilmente immaginare la tua nuova controparte, sono io. Xandem ha espressamente voluto che diventassi il tuo partner per missioni in prima linea atte alla distruzione dei ribelli. Ha apprezzato come ti sei comportata l'ultima volta.

– Come ha fatto a sapere tutto? – chiesi.

– Beh. – ribatté seccato, alzandosi in piedi, avvicinandosi e sovrastandomi in altezza. – I soldati fanno rapporto al proprio comandante, non sai nemmeno questo?

Ruotai gli occhi ripensando alle parole di Rian: Bastian non prova odio. Sì, come no!

– Ma cosa ti ho fatto di male per ottenere un trattamento simile?

Bastian mi fulminò non lo sguardo. – Non parlarmi così, sono pur sempre un tuo superiore, tu devi semplicemente stare ai miei ordini.

– Essere mio superiore non ti scusa dall'essere uno stronzo patentato sai? – replicai incrociando le gambe e fissando un punto indefinito dietro di lui. Non avevo intenzione di fissare il suo volto contorcersi per la rabbia e la sua mano tremare prima di colpirmi per l'affronto velenoso. No, non ero in grado di tenere a freno la lingua a volte. Però il colpo non arrivò mai. Lo osservai distrattamente notando una serie di sentimenti che si susseguirono repentinamente sul suo volto: rabbia, confusione, divertimento.

Tornò a sedersi sul bordo del letto dove spostò di poco le lenzuola pulite.

– Due. – sentenziò mimando il numero con le dita. – Chi sei?

– Cosa?

– Esatto, chi sei. Mi spiego, so come ti chiami, che vita facevi, i tuoi studi et cetera, ma chi è davvero Lena Landon, chi è Lena per il tenente, come sia possibile che lei sia stata in grado di raggiungere una mansione per la quale io ho faticato per due anni?

– Si tratta di questo, gelosia? – chiesi alzandomi e incrociando le braccia al petto. – In questo caso posso anche andarmene, non ho intenzione di stare un secondo di più ad ascoltare.

Eh no caro il mio Bastian, non pensare minimamente che io qui sia una privilegiata. Sono solo una dannata vittima!

Il ragazzo, molto più veloce di me, svettò verso la porta bloccandola.

– Non avevi detto che avrei potuto non rispondere? – lo stuzzicai con un cipiglio nervoso.

– Sì , ma ho cambiato idea.

– Cosa ottengo in cambio, allora? – Bastian sembrò scomporsi, di sicuro non si aspettava la richiesta di un compenso, non ero pur sempre io quella che stava ricattando.

– Un favore da parte mia, ci stai?

– E cosa me ne dovrei fare?

– Andiamo Lena, accontentati! – supplicò unendo i palmi delle mani a mo' di preghiera. Qualcosa di quell'azione mi fece sorridere e quindi pensai "perché no" e cedetti alla sua richiesta. – Inoltre potrebbe tornarci utile conoscerci un po' meglio, per le missioni! – come darti torto!

Presi un lungo respiro. – Sinceramente non saprei nemmeno da dove iniziare. – sentenziai cercando le parole giuste. In realtà come caspita posso dirti che il mio obiettivo sia quello di eliminare la tua così tanto amata Alleanza? Mentire non era esattamente una delle mie cose preferite ma, come si dice, a mali estremi, estremi rimedi. – Mio padre era Jordan Landon, un abile soldato, morto quando avevo solo due anni mentre mia madre, quella a cui avete inavvertitamente sparato!, ho scoperto solo qualche giorno fa essere la figlia del generale dell'Alleanza. E' stato lo stesso Xandem a dirlo, se non mi credi parlane con lui.

Non ero proprio sicura che raccontargli di mia madre Lauren fosse intelligente ma la goduria nel vedere la preoccupazione e lo sconvolgimento nel volto di Bastian fu qualcosa di veramente impagabile. Si premette una mano sulla fronte e si lasciò andare sul letto come se fosse stato un pupazzo, producendo un sordo tonfo. Mi dovetti sforzare per non ridere e risultare il più seria possibile.

 Sto per vomitare. – disse. – Le responsabilità per quel demente di Brian sono mie, oh santo dio, se esisti fulminami in questo preciso istante. Finito! Sono finito! La gloria ricercata da Bastian Gravestone può ufficialmente andare a farsi fottere! – Si stringeva le dita sul viso arrivando ad arrossarlo sulle guance mentre muoveva i piedi con così tanta veemenza da far cadere le coperte dal letto. – Tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra infamia. – continuò con fare teatrale.

 Le ultime lettere di Jacopo Ortis, eh? – chiesi avvicinandomi al suo giaciglio. Bastian spostò le dita guardandomi dalla fessura fra le stesse.

–Quindi tu saresti la nipote del grande capo? Raccomandata. – sentenziò di punto in bianco dandomi le spalle.

 L'ho appena saputo anche io, e se proprio lo vuoi sapere nessuno mi sta trattando meglio solo per chi sono! – sbottai arrabbiata.

 Cosa ne vuoi sapere tu dell'essere trattati male. – sussurrò il ragazzo rivoltandosi dalla mia parte. Si alzò all'improvviso e mi spinse sul letto rimanendo di fronte a me.

 Nonostante non immaginassi che Lena Stronza Landon potesse essere tanto famosa, - iniziò – un Gravestone mantiene sempre le proprie promesse.

 Grazie per il nomignolo! – annuii malefica. Lui sembrò non farci caso.

Allungò la mano destra sulla spalla sinistra e iniziò a sollevarsi sulla testa la maglia bordeaux a maniche lunghe che indossava in quel momento.

– Un attimo, un attimo! – esclamai bloccandogli le mani fra le mie. – Non ho idea di che tipo di favore intendessi ma sappi che la tua non mi sembra una buona idea...

Lui si allontanò con uno scatto dalla presa. – Ma cosa hai capito! – sentenziò brusco. – Guarda e stai zitta per una volta.

In un battito di ciglia si sfilò la maglietta. Cercai di evitare strabismo nel tentativo di prestare attenzione a ciò che volesse farmi vedere e allo stesso tempo guardare ciò che mi si era parato di fronte, perché ehi!, quando mi sarebbe potuto ricapitare? Bastian era un deficiente, questo era innegabile, ma era proprio un bel ragazzo ed essermelo ritrovato in quelle condizioni mi aveva un poco fatto andare il sangue al cervello. Quando spostai lo sguardo alla mia destra sospirai e tutta quell'eccitazione sembrò svanire in un soffio.

Dalla spalla fino al gomito del braccio sinistro Bastian non aveva pelle, ossa e muscoli, ma freddo ferro, fili e olio scuro. L'avambraccio meccanico era attaccato attraverso grosse suture alla parte inferiore, mi stupii di come un lavoro dall'aspetto così disordinato e grossolano potesse fare in modo alla sua mano di muoversi in maniera così precisa e letale.

– Ok ora basta fissare. – disse infilandosi nuovamente l'indumento e destandomi dalla trance.

– Come è successo? – chiesi curiosa. Lui sembrò rifletterci su.

– Te lo racconterò per un prossimo favore. – sentenziò.

– Oh, quindi il mio premio è stato solo il mezzo spogliarello? – chiesi fingendomi delusa mentre uscivamo dalla stanza.

– Diverse ragazze si sarebbero accontentate per molto meno, sei molto fortunata. La prossima volta potresti farlo tu, lo spogliarello, ti racconterei subito la storia del braccio.

– Deficiente! – esclamai dandogli un leggero colpo sulla testa.

E mentre camminavamo una a fianco all'altro come due amici di vecchia data per raggiungere Rian, mi sembrò di comprenderlo un po' meglio. Perché io avevo vissuto sulla Terra, perché io avevo sperimentato con mano la povertà e la disperazione e soprattutto perché io conoscevo la natura di quella mutilazione. 

Buonasera a tutti amici!

Eccoci con la seconda parte del sesto capitolo, vi auguro una buona lettura e mi piacerebbe tantissimo leggere i vostri riscontri della storia finora. Grazie a tutti per le 1000+ visualizzazioni, non me le aspettavo proprio e di certo non in un tempo così breve. Grazie grazie e ancora grazie! Al prossimo capitolo! ❤

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro