Capitolo 6 (parte 1): Un favore per una verità

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Il piano più in basso del carcere odorava di stantio e muffa.

Delle perdite gocciolavano dal soffitto in pietra grigia come fossero parte di una costante e tiepida pioggia.

Le celle, che sembravano scavate nella roccia stessa, terminavano con sbarre metalliche rivestite da elettricità pura ad altissima tensione.

Per quanto fosse direttamente legato al QG dell'alleanza,– un luogo ultra tecnologico – il piano più profondo era caratterizzato da sporco e bassa illuminazione.

Erano circa le dieci del mattino quando mi recai lì. Avevo riconsegnato un pezzo di propulsore ad un mio collega e aiutato un alunno dell'accademia ad accendere per la prima volta una nave spaziale. Dopo avevo cercato da ogni parte Rian fino a che non lo trovai ad allenarsi con la katana nella palestra del secondo piano.

Il ragazzo aveva acconsentito immediatamente ad aiutarmi nel scoprire le vere intenzioni di Hein Kiyu e mi aveva accompagnata fino alla cella dell'uomo per poi lasciarsi andare su una scrivania dietro l'angolo del corridoio, abbastanza vicino da sentire cosa ci saremmo detti ma probabilmente poco lontano per distinguere le parole, per dedicarsi alla compilazione di lunghi verbali dall'aspetto noioso.

– Mi spetta pure questo. – bofonchiò grattandosi la nuca spettinata con il tappino della penna che teneva in mano. Un anello dorato scintillò nel dito medio. – Lena per favore non metterci troppo. Hai già testimoniato in sua difesa ieri sera, non credo ci sarà molto altro da fare per lui.

– Sì, sì – risposi distrattamente osservando l'andito buio e umido dove c'era una sola cella abitata. – vorrei solo fargli alcune domande come ti ho già detto prima.

Rian scosse la zazzera di capelli blu in segno di dissenso. – Sei troppo gentile.

Spense l'alta tensione così che potei spostare di forza le sbarre metalliche ancora calde ed entrare nell'ambiente.

Le pareti di pietra rendevano la stanza fredda e tetra. Il letto sfatto era a ridosso della parete più a destra mentre Hein era seduto in terra con il gomito destro poggiato sul ginocchio sollevato; non appena entrai mi fissò come per analizzarmi, come per capire le mie intenzioni nei suoi confronti, non c'era paura nel suo sguardo, soltanto disprezzo e spossatezza.

– Buongiorno Hein Kiyu.

Nessuna risposta.

Mi sedetti sul bordo del letto, in attesa.

– Signorina, – cominciò roteando gli occhi dopo alcuni minuti di silenzio dopo aver compreso che non mi sarei spostata assolutamente da lì. – ho già detto tutto quello che sapevo al tuo amico blu. – disse indicando la direzione dove doveva trovarsi Rian di cui si riusciva a vedere soltanto il movimento della mano che scriveva frenetica sul foglio bianco. – Non ho nient'altro da confessare.

– Non sono qua in veste di soldato. Ho delle domande da farti, domande personali di cui credo tu abbia la risposta, o quasi.

– Perché mai dovrei dare delle risposte a te, bianca – sputò puntando con gli occhi la mia divisa candida.

– Lascia perdere l'Alleanza. Prometto che di quello che mi dirai non farò parola ad alcuno.

– Lena vedi di muoverti, il tenente Xandem verrà qui alle undici e mezza per fare una chiacchierata con lui, prima di quel tempo dovrai esserti volatilizzata, sparita, puf! – mi ricordò a gran voce Rian. – Non sarà molto piacevole per noi se ci troverà qua.

Decisi di non star a sentire le lamentele del mio amico, mi concentrai invece sul luogo in cui mi trovavo sforzando di trovare le parole giuste per le domande che avrei rivolto l'uomo in modo da sapere ciò che mi interessava ma allo stesso tempo non rivelare troppo di me stessa, se fosse stato possibile.

Stretto , lugubre.

Rian mi aveva spiegato prima che quello fosse il luogo provvisorio in cui disponevano i detenuti prima di trovare loro la giusta collocazione nell'enorme e tecnologico penitenziario di quasi cinquanta piani.

Una gocciolina di acqua fredda mi cadde sui capelli raccolti facendomi rabbrividire. Se non avessi accettato di lavorare per loro anche io sarei finita qui?

– Mi piacerebbe sapere – iniziai incrociando le gambe – sapere chi fossero i Bellum.

L'uomo girò la testa. – Chi fossimo? Cielo ragazzina, da quanto hai questo lavoro? Non sai neanche dell'esistenza dei ribelli? – sospirò scorgendo il mio volto confuso – quanto vorrei una sigaretta. Noi Bellum siamo, eravamo, – si corresse – . un gruppo di rivoluzionarsi, o perlomeno, questo era il nostro obiettivo. Sei mai stata su Marte oltre che per la mia cattura? No, credo di no. Beh, Marte odia l'Alleanza, in poche parole. I soprusi che subiamo ogni giorno hanno portato ad un diffuso malcontento; io ed i miei compari abbiamo deciso di farci peso di questo scontento e di dichiarare guerra a voi, causa di tutto. Il resto della storia già lo sai. Vederti mi fa stare più tranquillo: significa che sono in pericolo se non informano neanche le loro reclute dell'esistenza dei ribelli. Continua a vivere sotto la tua campana dove l'identità Alleanza – giustizia non è semplicemente utopia.

Hein si sistemò i capelli con la mano e si rannicchio vicino alle sbarre.

– Non provare ad uscire. Non ti servirebbe a niente, Rian ti prenderebbe. – replicai cercando di non far traspirare la mia confusione.

– Non avrebbe senso ormai, tranquilla non ho intenzione di andare da nessuna parte. Metterei in ulteriore pericolo la mia famiglia ed è l'ultima cosa che vorrei.

– Li amavi? – chiesi mestamente, un briciolo di insicurezza e compassione nella voce.

– Certo che li amavo, e che li amo! Sono la mia famiglia! Però ho fatto una scelta, quella di combattere per quello che mi sembrava giusto; di rischiare per una pace vera, non fittizia, di morire nel tentativo di dare a mio figlio una vita diversa dalla mia.

Rimasi alcuni istanti in silenzio, chiusa in me stessa. Mi immedesimai in quel bambino; forse sarebbe cresciuto senza un padre, come me. Avrebbe sofferto, come me. Si sarebbe sentito insignificante, come me. Ed ero stata io a condannarlo a tale esistenza.

Per un istante desiderai piangere e urlare, strapparmi i vestiti e capelli ma con tutta la mia buona volontà inspirai e ripresi a pensare lucidamente. Non ero lì per sapere della sua vita, ero lì per conoscere la verità sull'alleanza e Xandem.

– Vorrei che mi parlassi dei gruppi più grandi di ribelli, ora. – continuai a bassa voce.

– Se credi tradirei gli altri, beh, ti sbagli di grosso! – rise sprezzante.

Cacciai fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette e un accendino. Ne sfilai una dal contenitore metallico e gliela infilai fra le labbra, l'accesi; l'uomo inspirò lasciando poi andare una densa nuvoletta di fumo grigio.

– E questa dove l'hai presa? – chiese prendendola tra le dita callose.

– Sai, signor Kiyu, io sono nata sulla Terra. – L'uomo inspirò un'altra boccata ascoltandomi questa volta con attenzione. – Ho perso molto a causa dell'Alleanza, un padre, una madre. Mi piacerebbe sapere di più. – continuai a bassa voce. – Non farti sentire dal mio collega.

Hein mi sorrise. – E se questa fosse una farsa? Perché mai dovrei fidarmi di te.

– Semplicemente perché uccidere Xandem è il mio obiettivo. – lo dissi tutto d'un fiato. In quel momento mi sentii colpevole. Avevo pensato ad una "soluzione" del genere ma dirlo a voce alta l'avevo reso vero, un desiderio, un obiettivo. Ma sarei stata mai in grado di una cosa simile? Sarei stata in grado di strappare la vita dal volto di un essere umano proprio come lo sono io?

L'uomo rise, una risata cupa e amara. I miei occhi lo trafissero.

– Tu non lo conosci nemmeno Xandem, non l'hai mai visto all'opera, probabilmente. Guarda.

Con una smorfia di fatica allungò le gambe sul pavimento e si tirò su il pantalone gualcito che indossava, fino al ginocchio sinistro per rivelare un meccanismo di fili e metalli arrugginiti. Sgranai gli occhi per la sorpresa.

– E' stato il caro tenente a mozzarmela. Me la fece esplodere come una bomba in seguito ad un colpo di fucile a canne mozze, un modello antico, rozzo, poco preciso. Quello che non essere salvato mi fu mozzato in infermeria per evitare infezioni potenzialmente mortali. A quel tempo eravamo compagni all'Accademia, addirittura amici avrei detto. Fa ridere vero che uno simile abbia una tale importanza in una così grande organizzazione come l'Alleanza del Sole non trovi?
E' sempre stato lo stesso: una dannata testa calda, un pazzo senza possibilità. Se non vuoi essere fatta a pezzi, letteralmente, ti consiglio di trovarti un altro obiettivo. Se quello che hai detto corrisponde a verità non buttare la tua giovane vita così, quanti anni hai, diciotto? Non ammazzarti.

La mia mente lavorava in fretta per immagazzinare più informazioni possibile. Guardai mestamente l'orologio, disponevo ancora di venti minuti.

– Se era un compagno di Xandem allora conosceva anche Jordan Landon? – chiesi, la voce che trasudava d'eccitazione e ansia.

– Se lo conoscevo? Cazzo sì! Sul suo esempio costruii le basi per il Bellum. Fu il primo vero ribelle che conobbi, eppure lavorava proprio nel nucleo dell'Alleanza! Se solo ci fosse stato anche lui fra le nostre fila tu e il ragazzino dai capelli grigi non ve la sareste cavata così facilmente. La vostra gentilezza vi avrebbe fatti ammazzare.

– Ribelle... – ripetei piano. – Mio padre era un ribelle?

Per un attimo non finii sul pavimento. Jordan, mio padre, ribelle. Nemico dell'Alleanza. Sapevo avesse combattuto per l'indipendenza della Terra, ma essere un ribelle... questo cambiava completamente le carte in tavola. Xandem mi voleva lì perché era stato tradito dal suo amico. Io avrei dovuto fare ammenda per gli sbagli di un morto.

Jordan il grande ribelle e Lauren, la nipote del generale. Ma cosa diavolo stava succedendo?

– Tuo padre? Jordan era tuo padre?

Confusa e ammaliata allo stesso tempo l'unica cosa che riuscii a fare fu annuire.

L'uomo rise di nuovo, il tono della voce cupo e pesante come un macigno. Lo sguardo di chi aveva sopportato e che ora era stanco di continuare, pronto a salutare il mondo.

– E' morto, sedici anni fa... non capisco, il tenente Xandem aveva detto...

– Certo! – esclamò l'uomo all'improvviso. – Perché non l'ho capito subito! Lena, sei Lena. Jordan mi ha parlato di te! E Lauren, Lauren come sta? Non l'ho più vista da quando...

– Lena è il momento, andiamocene! – Rian entrò di forza nella cella e mi tirò su per il braccio.

– Rian aspetta, Hein, cosa sai di me? – implorai mentre il ragazzo mi trascinava su per le scale mentre l'alta tensione tornava a ricoprire le sbarre metalliche.

– La difesa Lena, la difesa! – urlò lui avvicinandosi alle sbarre lanciandomi occhiate di speranza e ammirazione.

– Aspettami, tornerò di sicuro! – gridai ormai fuori portata dalla sua voce. Disse qualcosa che non decifrai e poi sorrise, un altro sorriso stanco e arrendevole.

– Quando potrò tornare qua? – chiesi quando raggiungemmo l'uscita del carcere.

– Lena non ci sarà una prossima volta per quell'uomo. – sussurrò Rian al mio orecchio. – Non ci sarebbe stata dall'inizio. I ribelli non hanno nemmeno la possibilità di diventare dei Dimenticati. Vengono uccisi, sul posto. E' un'esecuzione, ora andiamo e speriamo che nessuno ci abbia visto.

Nuovo aggiornamento in anticipo di un giorno rispetto alla tabella di marcia!

Capisco che questo possa risultare un capitolo leggermente pesante e/o lento ma volevo iniziare a scrivere di questioni che mi era necessario introdurre perché l'esistenza dei ribelli è qualcosa che davvero mina la stabilità dell'Alleanza e ogni giorno che passa ci rendiamo sempre più conto che Xandem sia un vero fuori di testa, forse pure pazzo. 

Scopriamo anche un'altra cosa molto importante riguardo il padre di Lena, lui, infatti, era un ribelle che espressamente si era messo contro all'alleanza nonostante fosse sposate con la figlia stessa del generale.

Beh ditemi cosa pensate del capitolo e della storia fino a qui, fatemi notare errori e punti di forza e se volete anche un piccolo commento personale.
Se pensate che la storia meriti schiacciate anche la stellina! 

Io vi ringrazio davvero di cuore per tutte le visualizzazioni, i commenti e i voti, grazie grazie grazie! 


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