Capitolo 5 (parte 2): ...e cuore di pietra

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Schiena contro schiena, armi all'altezza del petto, ci facemmo strada nell'ambiente. Era buio. In penombra, su un tavolo in legno chiaro, c'erano i resti di una colazione mai finita. Li sfiorai con le dita, non sembravano essere lì da molto. Bastian aveva invece trovato il mozzicone di una candela dalla fiamma consumata e debole; con il suo ausilio analizzava meticolosamente gli oggetti nella stanza. Sembrava essere disabitata. 

Il ragazzo illuminò delle vecchie scale in legno ma prima che potessimo percorrerle l'attenzione di entrambi fu catturata da un luccichio tra dei libri su uno scaffale. Tutto in quel luogo sapeva di trappola.

Lasciai stare quei resti per vedere cosa fosse quello scintillio avvicinandomi.

L'aria intorno a noi puzzava di stantio e polvere da sparo.

Polvere da sparo.

– Bastian! – urlai – È una trappola!

Lo vidi girarsi e guardarmi con gli occhi sgranati. Un istante dopo, la bomba esplose.

Merda.

Una densa coltre di fumo riempì la stanza. La porta si era chiusa alle mie spalle e non ne voleva proprio sapere di aprirsi. Non si era propagata alcuna fiamma nonostante la grande quantità di legno là dentro. Si doveva trattare di un fumogeno molto probabilmente. Portai la mano libera al volto cercando di premere su naso e bocca mentre con la destra puntavo dritta verso di me con la pistola.

– Bastian! – urlai – Dove sei andato a finire!

Mi feci spazio a bracciate cercando il ragazzo.

Quando lo urtai scorsi il suo volto in mezzo al fumo bianco.

Aveva un sorriso maligno e una vena sul collo guizzava ad ogni battito del cuore. Eravamo tanto vicini da riuscire a percepire il suo respiro furioso sulla mia fronte.

– Dobbiamo trovarlo, il bastardo che ha fatto questo. – urlò più a se stesso che a me fissando qualcosa che non riuscivo a vedere.

Mi scartò di lato con una tale veemenza da farmi barcollare per poi lanciarsi sulle scale che scricchiolavano ad ogni suo movimento veloce quasi come se stessero per andare in frantumi.

Al diavolo la professionalità.

Lo seguii lasciandomi il fumo alle spalle.

Quando raggiunsi il piano superiore tossii battendomi la mano all'altezza del petto. Bastian era sparito. Di nuovo.

Mi trovavo in un corridoio dal soffitto a cassettoni. Il legno delle pareti odorava di muffa e di umido. Nelle stanze che si allungavano come rami di un albero riuscivo a scorgere dei tappetti persiani. Erano completamente vuote tranne che per qualche sacco a pelo in terra ancora caldo. Non eravamo soli, questo era poco ma sicuro. 

Durante la mia piccola perlustrazione l'attenzione fu attirata da un sordo colpo seguito da un tonfo. Mi precipitai nuovamente nel corridoio, la vista offuscata dall'ansia e la paura. Da fuori la porta di una delle stanze scorsi un braccio e... sangue.

Bastian!

Entrata nella stanza mi trovai di fronte ad una scena raccapricciante e incredibile allo stesso tempo.

Una decina di corpi, appartenenti a donne e uomini, più giovani e più anziani, era in terra privi di sensi.

– Non sono morti. – sorrise Bastian, tenendo per il collo un uomo dalla scura carnagione ed i capelli ricci. Erano vicini alla parete adiacente a dove mi trovavo e la schiena dell'uomo premeva contro una finestra chiusa. Il più giovane fra i due mi dava le spalle; la sua divisa era sporca di scarlatto così come le sue nocche macchiando il tessuto candido dei guanti. – Sono solo svenuti. Alcuni sono stati un po' cocciuti e ho dovuto quindi far loro capire con le cattive maniere chi comanda. – sorrise diabolico. – Tu devi essere il signor Kiyu, mi sbaglio?

Come era possibile che in una manciata di secondi Bastian fosse riuscito ad atterrare dieci persone? Ai lati della stanza vidi una bomba S3, arma inventata circa quaranta anni prima dall'Alleanza. Dall'aspetto la bomba S3 poteva sembrare una comunissima granata ma quando si azionava era capace di emettere un suono capace di far perdere i sensi a tutte le persone nel raggio di tre metri. Era possibile che essa facesse cilecca a seconda del gruppo sanguigno della "vittima", ciò spiegava perché, oltre a Bastian che aveva preso le dovute precauzioni, un ragazzo giaceva in terra con naso rotto e l'altro se la stava vedendo con il mio collega.

Hein sputò sul volto di Bastian. Questi strinse ancora più forte il collo dell'uomo di mezz'età sollevandolo di pochi centimetri da terra. Sgranai gli occhi assistendo ad una forza fisica che non gli avrei mai attribuito.

– A morte quelli come te. – sussurrò l'uomo fissando i suoi occhi scuri come la pece a quelli del giovane solitamente imperturbabile ma che ora sembrava un pazzo percorso da indole omicida.

– Bastian smettila! – gli intimai colpendolo con il manico della pistola sulla spalla. Si scosse un attimo e lasciò andare l'uomo che cadde in terra con un tonfo tossendo per riprendere fiato.

– Che ti prende Lena, ha cercato di ucciderci! – sibilò a denti stretti animato da una sorda rabbia

– Lo dobbiamo arrestare, non uccidere.

– Che differenza fa?

Bastian era fuori di sé, preda di una furia animale, quasi bestiale e disumana. L'uomo in terra cercò di allontanarsi ma fu rispinto al muro con un calcio del giovane. – Dove credi di andare. – gli intimò ad un palmo di naso.

Il pianto di un neonato ci interruppe tutti e tre.

– No, merda! – urlò l'uomo alzandosi in piedi e sorpassando Bastian che si era distratto. Lui lo inseguì immediatamente.

Entrati nella stanza, davanti ad una finestra chiusa con gli occhi cerchiati dalla stanchezza e sgranati per la sorpresa, mi restituiva lo sguardo una donna dalle lunghe trecce scure che teneva tra le braccia un bimbo in fasce.

– Amore... - bofonchiò lei colpevole. Hein le aveva scongiurato di nascondersi. In qualche modo sapevano che noi saremmo arrivati, c'era una spia, questo era indubbio, ma non era questo il momento per pensarci.

Con sorpresa di tutti, il giovane, con le suole appiccicose di sangue, puntò la pistola alla fronte della donna che spaventata indietreggiò fino a toccare la parete con la schiena.

– Ti prego... - sussurrò cercando di proteggere il corpo del bimbo con il suo.

– Bastian sei impazzito? – urlai afferrandogli la mano e abbassando la pistola.

Questo sembrò riprendersi all'improvviso da uno stato di trance. Lasciò cadere l'arma e chiaramente sconvolto mi fissò con gli occhi chiari lucidi di lacrime.

Mare d'inverno.

Sospirai, il peggio era passato.

Misi delle manette all'uomo che non si ribellò né parlò più. Quando Bastian aveva abbassato la pistola si era lasciato cadere a terra, poggiando la testa alla parete e chiudendo gli occhi. In quell'esatto momento aveva capito cosa sarebbe accaduto se avesse mostrato ulteriore resistenza.

La moglie aveva iniziato a piangere, il bimbo invece, in religioso silenzio osservava con occhietti indagatori senza capire cosa stesse accadendo. Mi sentii in colpa, incredibilmente in colpa... eppure portarlo via in manette sembrava essere quasi un regalo in confronto ad un'esecuzione a sangue freddo di fronte alla donna e loro figlio.

Se fossero stati clementi all'alleanza, l'uomo non avrebbe passato troppo tempo lontano dalla sua famiglia.

Una volta usciti dalla casa, Bastian compose un numero al telefono e una decina di minuti dopo delle piccole navi da combattimento atterrarono ai nostri piedi. Ne uscì fuori Rian che prese Hein per un braccio per portarlo sulla nave diretta al carcere venusiano fuori dalla base sotto richiesta del tenente Xandem in persona.

– Volete un passaggio? – chiese incerto lui vedendo gli occhi spenti dell'amico che non gli aveva nemmeno rivolto un saluto.

Quest'ultimo lo liquidò con un cenno della mano, si girò e si incamminò. Rian mi volse lo sguardo interrogativo.

– Vado a vedere che gli prende, non mi fido a lasciarlo da solo con un simile stato d'animo. – sorrisi. 

  – Che ragazza preziosa! – replicò Rian battendosi il petto con fare commosso. 

– Più tardi vorrei testimoniare a favore di quest'uomo. –  ripresi cercando di non ridere alle sue parole. Mi restituì il sorriso più sincero che gli avessi mai visto increspare le labbra. 

Mi salutò con la mano, dopodiché mi misi a correre per raggiungere Bastian che camminava a passo lento e con la testa china nella direzione del TP.

– Non c'era bisogno che venissi. – disse senza guardarmi non appena fui al suo fianco.

– Mi chiedevo soltanto se stessi bene... tutto qua.

– Oh sì, sto benissimo non vedi? – replicò gesticolando animatamente. – Non hai visto che stavo per fare fuori a sangue freddo un uomo stupido e la sua stupida famiglia? Chi fa una cosa del genere sta di sicuro bene! – concluse acidamente.

Sarcasmo? Mi chiedo io stessa perché abbia deciso di seguire una tal partita persa.

Rimasi un attimo zitta.

– Avresti voglia di raccontarmi cos'è successo? – chiesi incerta posandogli una mano sulla spalla. Lui si scostò.

Stronzo e anaffettivo, proprio il mio tipo!

– Non ora, Lena. Credo di stare per vomitare.

– Non ti facevo così debole. – scherzai facendogli il verso, anche se in quel momento non c'era nulla su cui fosse lecito scherzare. Mi sentivo come se avessi intrapreso l'idea di consolare una ragazzina alle prese con la prima rottura di un fidanzamento con film e gelato, solo che lui era Bastian, io ero solo un membro del suo team e poi... poi avevo un pizzico di paura per me stessa. Si era comportato brutalmente, con violenza, contro degli innocenti e quel che è peggio è che sembrava esserne fiero, felice.

– Sei sempre una stupida. – replicò qualche istante dopo fissando gli occhi sul sole.

La stella, lontana e dalla luce flebile, stava addormentandosi dietro l'orizzonte punteggiato da piccole luci. Il cielo notturno era così diverso da quello a cui ero abituata nonostante sapessi fossero esattamente le stesse stelle, le stesse luci fioche.

Camminavamo da un'oretta circa e ancora non eravamo arrivati alla stazione. Attorno a noi si estendeva a perdita d'occhio una pianura rocciosa.

Con la sera la temperatura aveva iniziato a precipitare vertiginosamente.

– Ci siamo persi? – chiesi stringendomi nella divisa bianca alla ricerca di calore.

– No.

– Allora perché non siamo ancora arrivati?

– Io non ho mai detto dove mi stessi dirigendo. Sei tu che hai semplicemente deciso di seguirmi.

– Stai scherzando vero? – dissi battendo i denti per il freddo.

– No.

– Mi spieghi allora cosa diavolo dovremmo fare tutta la notte?

Lui si girò per fissarmi. Sgranò gli occhi per poi abbandonarsi ad una fragorosa risata. In quel luogo freddo e vuoto il suono da lui emesso sembrava quello di cocci di vetro che finissero in frantumi.

– Tu? – continuò dopo essersi asciugato una lacrima con un dito. – Tu puoi fare quello che più preferisci cara. Io... vagherò.

– Quindi non hai intenzione di fermarti da qualche parte a dormire?

– Esattamente.

– Qui al freddo, da solo, come un idiota?

– Non pensi che mi si addica?

– Per niente. – dissi scuotendo la mano davanti al viso in segno di dissenso.

– Peccato. – sospirò l'altro. – Ero convinto di sì.

– Allora dovrò venire con te!

– No! – esclamò lui. – No – ripeté più piano. – è una cosa personale questa.

– Se pensi che rimarrò qua al buio, da sola te lo puoi anche scordare. Sarò la tua ombra.


Dopo quelle che mi sembrarono ore infinite Bastian finalmente si fermò e si sedette sulla riva sabbiosa di un laghetto naturale. La luce fioca delle stelle si rifletteva sulla cresta dell'acqua liscia e nerissima. Il ragazzo si tolse uno scarponcino per avvicinare il piede all'acqua.

Il solo pensiero di un bagno con quel freddo mi fece raddrizzare i capelli sulla nuca.

– Non è fredda come credi. – disse Bastian probabilmente accortosi della mia reazione quando mi sedetti al suo fianco. – Guarda.

Mi prese una mano con la sua e la infilò sotto la superficie scura. Mi stupii di dovergli dare ragione. Il lago era non era gelido come mi aspettavo, anzi, tiepido, piacevole. O forse era semplicemente caldo il sangue che mi era affluito al cervello in seguito a quel tocco che in quel determinato luogo, in quel determinato momento, mi sembrò così intimo da farmi provare imbarazzo. Probabilmente Bastian pensò la stessa cosa perché, appena superata la superficie dell'acqua, mi lasciò.

– Qua sotto c'è un vulcano addormentato da qualche tempo, sono venuto spesso qui in vacanza con la mia famiglia.

– Quindi conoscevi questo posto?

– Certo, credevi davvero che volessi solo muovermi nell'oscurità di un pianeta sconosciuto come un poeta maledetto del milleottocento?

– E tu come fai a sapere cose simili? – gli chiesi stupita.

– Mi piace la letteratura terrestre. Ti sembra così strano? – rispose facendo il broncio. Che bambino.

– Certo che mi sembra strano signor Gravestone il venusiano! – lo ripresi io. – Posso capire me stessa: sono terrestre e sulla Terra vivevo attorno alle tombe di poeti, letteralmente. Ma tu... tu cosa ne potresti sapere?

Rise alla mia provocazione lasciandosi andare ad una risata pura e tranquilla. – L'arte non è solo roba tua. – continuò disegnando qualcosa con la punta del dito sulla sabbia. – Pensi che non abbia riconosciuto Van Gogh sulla Starlena?


Una stella cadente percorse il cielo andando ad infrangersi in un punto in cui non riuscivo a distinguere il lago dall'orizzonte.

Mi strinsi le gambe al petto lasciandomi cullare dalle onde che si abbattevano sulla riva. La nostra conversazione si era spenta a metà ed io ero troppo stanca e con un impellente bisogno di dormire per riprendere.

– Come fai ad essere così sveglio? – chiesi al ragazzo che non distoglieva lo sguardo dallo specchio d'acqua.

– Ci sono abituato. – disse semplicemente. – Se vuoi ti puoi poggiare. – continuò sporgendo la spalla nella mia direzione. Ero troppo assonnata per rifiutare e per chiedermi come facesse un ammasso di orgoglio come Bastian a chiedere una cosa simile e un ammasso di testardaggine come me ad accettare.

– Pensi che io sia un mostro? – chiese ancora, dopo un tempo che mi parve incredibilmente lungo.

Socchiusi gli occhi, succube di uno stato di dormiveglia.

– Per quale motivo dovrei pensare una cosa simile? – replicai sbadigliando. Il cielo è veramente bellissimo visto da qui.

– Beh, mi hai visto. Stavo per ucciderli, tutti quanti.

– Ti prego non dire idiozie. – risposi. – Non l'avresti fatto. Ora fai silenzio, vorrei dormire.

Lo sentii ridere un poco. – Buonanotte Lena. – mi sussurrò e per la prima volta da diversi giorni non sognai mia madre, non sognai mio padre, non sognai niente. 


Quando mi svegliai, alla luce del sole, il lago era ancora più bello di quanto mi fossi immaginata la notte prima. Mi stiracchiai mettendomi seduta accorgendomi di essere coperta dalla giacca del ragazzo a mo' di coperta.

– Finalmente! – biascicò lui alle mie spalle mentre si legava gli scarponi bianchi sporchi di sabbia rossiccia. – Dobbiamo tornare in fretta, prima che Rian si inventi qualche scemenza sulla nostra assenza.

– Scemenza? – ripetei ancora stordita e mezzo addormentata.

– Lena usa la dannata fantasia! – replicò sfilandomi via la sua giacca e indossandola in tutta fretta.

Il Bastian gentile e fragile che avevo conosciuto la notte prima era scomparso alla stessa velocità con cui era arrivato.

Sorrisi perché forse era meglio così.

– Arrivo idiota. – risposi mettendomi al suo fianco.

Ebbene sì, anche io mi sono data a un minimo di fluff!
Ma non temete, non ci saranno spessissimo parti simili. E piano piano tutti i tasselli della trama e degli intrighi stanno andando a prendere il loro posto. Vi sto lasciando piccoli indizi qui e là che saranno importantissimi ad un certo punto. 

Beh ditemi allora cosa ne pensate di questo primo incontro con dei veri ribelli, perché a quanto pare non è solo Lena ad odiare l'alleanza, ma organizzazioni intere sono pronte a minare la pseudo stabilità del sistema solare. Cosa ne pensate di Hein Kiyu?

Cosa ne pensate invece di Bastian? Lo odiate, lo apprezzate, o semplicemente non ve ne frega niente? Hahahah
Ci siamo abituati così tanto al tipico ragazzino viziato per poi dimostrarsi una macchina capace di uccidere a sangue freddo ma allo stesso tempo un ragazzo di non più di diciotto anni in preda ai dubbi e alla paura delle sue stesse azioni...

Beh il mio inutile monologo settimanale è anche questa volta terminato, spero che la parte possa essere di vostro gradimento e ci vediamo con il capitolo 6! (probabilmente anche quello sarà diviso in due parti, non ho ancora finito di revisionarlo per bene!)

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