Capitolo 5 (parte 1): Marte...

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng


Quella stessa notte non riuscii a prendere sonno. Lo stordimento improvviso della cena scomparve non appena poggiai la testa sul cuscino cosicché mille domande, e nessuna risposta, iniziarono a vorticarmi per la mente. Indossavo ancora l'abito rosso, il corpetto leggermente allentato sul petto. Non ricordavo come fossi arrivata in stanza e, a dirla tutta, neanche mi interessava. Mi sembrò di rivedere gli occhi spenti di quei ragazzi, le loro espressioni vuote, le loro labbra sigillate: come se non respirassero.

Improvvisamente il mio flusso di pensieri mi riportò a realtà ben più scioccanti.

Mia madre era la figlia del generale dell'Alleanza.

Lei ha lavorato per la stessa per diversi anni.

I miei genitori sono fuggiti da Xandem, lo stesso uomo che ora mi teneva in pugno.

Lui ha qualcosa in serbo per me.

Io sono la nipote del generale dell'Alleanza.

Per un istanti mi vidi lì, seduta su un alto scranno dorato. Ai miei piedi Bastian e il tenente Xandem erano i miei tirapiedi. La galassia era fra le mie mani che stringevo con piacere come un frutto troppo maturo riversandone il succo scarlatto sui miei piedi calzati di bianco. Un sorriso sbilenco m'increspava le labbra mentre una malsana gioia m'illuminava gli occhi.

Rabbrividii al solo contorto pensiero. Per quale motivo ero desiderata lì: riscatto, vendetta? Non riuscivo a trovare una risposta plausibile che potesse assecondare logicamente le mie domande.

Stringevo a ritmo regolare i pugni sotto le coperte, conficcandomi le unghie nei palmi così da focalizzare la mente sul dolore pungente.

Mi rigirai nel letto osservando ora la porta della stanza che rimaneva semiaperta, un triangolo di luce, proveniente dall'andito costantemente illuminato, riusciva, debole, ad entrare, facendo risaltare i margini dei mobili in ombra e una figura umanoide.

Figura umanoide?

Prima che potessi anche solo ragionare su ciò che stesse accadendo lanciai un grido acuto che fu subito attutito da una mano sconosciuta premuta sulle labbra.

– Non urlare, o sveglierai tutti! 

Non appena smisi di fare resistenza Bastian allontanò la mano e chiuse la porta dietro di sé rimanendo dentro la stanza. Con uno scatto veloce delle dita accese la luce.

– Cosa ci fai qua dentro pazzo maniaco! – sbraitai arrabbiata.

– Calma con i termini, sono stato mandato qua. Mi dispiace ma non solo uno di quelli a cui piace vedere le ragazze dormire, o guardarti con quel corpetto largo lì. – disse indicandomi per poi alzare le braccia verso l'alto in segno di rassegnazione.

Presi una coperta e mi coprii il petto nonostante il corpetto non mettesse nulla in mostra.

– Maniaco. – ripetei.

– Sì, sì, quello che vuoi, scherzavo soltanto, permalosa. Ora vatti a vestire, dobbiamo andare. – continuò giocherellando con le dita sui bordi del copridivano viola sul quale si era seduto incrociando le gambe.

– Andare? Andare dove, e soprattutto, tu non eri in missione?

– Maledetto Xandem e maledetto il momento in cui mi ha messo in coppia con te... - borbottò – è ovvio che mi abbiano richiamato no? Il tenente mi ha affidato nuovamente alla tua compagnia per una missione in una cittadina marziana. Useremo il TP più vicino alla nostra base. – disse a voce più alta.

– Ma sono le tre del mattino! – mi lamentai io afferrando la divisa e dirigendomi verso il bagno per cambiarmi.

– Muoviti ragazzina, dobbiamo sbrigarci. Non abbiamo molto tempo, entro stasera dobbiamo essere tornati.

Sbuffai sonoramente prima di sbattere la porta del bagno alle mie spalle. Mi guardai allo specchio. Che disastro! Ma almeno questa "missione", di qualunque cosa si trattasse, mi avrebbe distratto da quei fastidiosi dubbi che mi attanagliavano lo stomaco e mi facevano venire mal di testa. In quell'istante, perfino l'incivile e impertinente Bastian mi sembrò essere una piccola benedizione.

Arrivati alla stazione per il teletrasporto più vicina, a solo mezzo chilometro dalla base, io e Bastian ci dirigemmo verso la cabina più a destra. Dato l'orario, il luogo – simile ad un aeroporto di altri tempo – non era molto popolato anche se all'esterno il sole batteva forte.

Questo perché Venere godeva una "giornata" molto più lunga di quella terrestre. Gli abitanti di questo pianeta, che in un primo periodo furono terrestri veri e propri – prima di incontrare le specie aliene con cui ormai si erano fusi da centinaia di anni – mostravano la necessità di dormire; azione collegata al cielo scuro, notturno. Per questa ragione furono creati i cosiddetti "veli di notturno": cupole ultra tecnologiche in grado di sovrastare completamente anche città enormi come Afrodite; la più importante sul pianeta, e simulare la notte.

Mi faceva pensare come l'uomo piuttosto che abituarsi a qualcosa di nuovo preferisse piegare la natura dell'Universo per i suoi scopi e gusti.

A quanto pareva, un vantaggio derivante l'essere un membro dell'Alleanza, consisteva nel poter superare spudoratamente le code per qualunque necessità mostrando solo la piastrina identificativa. Mentre Bastian proseguiva a passo spedito, fiero in mezzo a tutte le persone "normali", io lo seguivo in silenzio, imbarazzata e a disagio. L'idea che mi vedesse attribuisse il mio volto a quello dell'Alleanza mi scombussolava.

All'interno del piccolo ambiente il ragazzo iniziò a digitare una serie di lunghi codici rappresentati le coordinate del luogo in cui eravamo diretti senza neanche aspettarmi. La cabina risplendeva di un bianco pallido. Era più piccola di una cabina telefonica, candida come la neve, la luce violetta della lampada in alto faceva sembrare i capelli grigi di Bastian argento liquefatto.

– Ma i TP non dovrebbero essere utilizzati da una persona alla volta? – chiesi schiacciandomi sulla spalla del ragazzo per cercare di entrare tutta intera. – Sicuro che le forze dell'ordine non ci diranno niente? – Bastian sbuffò colpendo con più forza l'ultimo tasto. Una voce femminile e metallica annunciò l'inizio del trasporto in una decina di secondi. La cabina si chiuse con un suono smorzato e mi ci poggiai con la schiena aprendo i palmi sulle pareti lisce per trovare un minimo di equilibrio.

– Siamo noi le forze dell'ordine, Lena.

Quando il TP si azionò provai quella sensazione sgradevole che tanto lo caratterizzava; mi sentivo come se venissi risucchiata in un turbine di un nero profondo per un periodo che mi sembrava lungo e breve allo stesso tempo. Come mi era già capitato sentii la terra mancare sotto i piedi, mi pareva che le mani non si stessero più aggrappando ai lati delle pareti. Non riuscivo a capire se fossi dritta o a testa in giù, in piedi o coricata chissà dove; dimenticata in un buco nero di solitudine.

Quando spalancai gli occhi ogni cosa era tornata alla normalità e Bastian mi aveva afferrato la manica del braccio destro per impedirmi di cadere a causa dei capogiri.

– Non ti facevo così debole. – rise sorpassandomi quando la porticina del piccolo abitacolo si aprì spingendomi di lato.

Mi chiesi come fosse possibile che lui si mostrasse così disinvolto in seguito a quel mio confuso volo pindarico. Era come il diamante: difficile da scalfire. Mentre lui camminava leggero come una foglia, le mie gambe sembravano pesare tonnellate. Non si mostrava neanche un minimo preoccupato o impaurito su ciò che ci sarebbe potuto capitare. I TP erano, ormai, un mezzo piuttosto sicuro, ma non era rarissimo che alle volte si sentisse la notizia di un tale perso in chissà quale anfratto dell'universo in seguito ad un problema tecnico.

Ingoiai della bile acida e mi allungai la giacca bianca con le mani sudate.

– Non sottovalutarmi Gravestone. – replicai portandomi al suo fianco con inaudita difficoltà.

Su Marte era mattina.

Una volta usciti dalla stazione malmessa di periferia, fummo investiti da un vento caldo che portava con se della sabbia rossiccia.

– Dovremmo camminare per un po'. L'obiettivo dista qualche chilometro a sud-ovest, nella cittadina di Lind. Prima mi sono dimenticato di darti questa. – disse porgendomi una pistola al laser. – Spero ti ricorderai ancora come usarla. – disse alludendo alle istruzioni che ci venivano imposte quotidianamente all'Accademia. Saper sparare era un requisito base.

– Spero di non aver bisogno di usarla. – risposi legandola allo spesso cinturone.

Bastian mi lanciò un'occhiata di sottecchi prima di continuare a camminare. Così candido in quella distesa di rosso e nero mi sembrava un angelo della morte.

– Bastian. – lo richiamai quando lo raggiunsi costringendolo ad alleggerire l'andatura per starmi a sentire. Lui mi fece cenno di continuare. – Potresti spiegarmi, per favore, cosa diavolo ci facessi nella mia stanza?

– Te l'ho già detto. Dovevo prelevarti per la missione.

– Davvero? Allora perché non mi hai subito parlato? Cioè, sono stata io ad accorgermi di te per prima, se non fosse successo per quanto tempo ancora mi avresti spiata?

Bastian si fermò e mi guardò con rabbia. – Spiata? – rise sprezzante. – Dio l'aria di questo posto ti fa davvero male!

– Ero solo curiosa! – replicai in seguito alla sua sfuriata del tutto fuori contesto. Lui sospirò.

Ora il sole era dritto sulle nostre teste, illuminando le distese di sabbia e rocce con luci fredde e pallide. Mano a mano che avanzavamo, riuscivamo a scorgere i primi segni di civiltà. Auto volanti – particolarmente in voga su Marte – ed edifici scuri.

– Siamo quasi arrivati, tieniti pronta e non fare niente di tua iniziativa. – disse tirando fuori la sua pistola, tenendola con mano ferma.

La cittadina non sembrava essere diversa da un qualunque piccolo insediamento ancora presente sulla devastata Terra. Sulle strade asfaltate non camminava un'anima viva. Era strano ma non avevamo tempo per preoccuparcene. Tirai fuori l'arma e seguii silenziosa Bastian che a carponi si dirigeva verso la casa più grande, il nostro obiettivo.

Prima di partire il mio "partner" provvisorio, mi aveva spiegato in cosa consistesse tale missione. Il ragazzo date le mie occhiatacce oblique mi aveva dichiarato diverse volte che si trattasse di un lavoro semplice per cui non sarebbe neanche servita la mia presenza poiché un buon soldato come lui o Rian sarebbe bastato ed avanzato. La mia preoccupazione era del tutto comprensibile: d'altronde cosa caspita avrebbe dovuto fare la nuova meccanica in missione armata?

Marte era uno dei pianeti sotto l'Alleanza più irrequieti – insieme alla Terra –. Lo stato di indigenza in cui riversavano la stragrande maggioranza delle città aveva reso i suoi abitanti inclini alla violenza nei confronti delle forze dell'alleanza; portandoli ad esibirsi in manifestazioni dal dubbio scopo e supportando gruppi pronti a minare la pace del sistema Solare.

Pace, vanno tanto a parlare di pace nonostante siano loro stessi i primi a contrastarla!

Il nostro obiettivo era arrestare un certo Hein Kiyu, abitante di Lind nonché fondatore dei Bellum. Un gruppo di ribelli che aveva il compito di distruggere le basi dell'Alleanza locali così da potersi legare successivamente ad organizzazioni più vaste che agivano ormai su scala planetaria.

Cautamente riuscimmo ad arrivare fino all'entrata della piccola villa. Il tetto spiovente rossiccio era di un materiale che sapevo identificare. Le pareti sembravano scolpite rudimentalmente dalla pietra stessa.

Bastian diede una leggera spallata alla porta che si aprì con un cigolio. Mi guardò prima di spalancarla. Un pensiero mi colpì come una scossa elettrica: qualcuno l'aveva già aperta.

Ciao a tutti!

Questa settimana vi presento la prima parte del quinto capitolo. Prima parte perché comprendo come per qualcuno possa annoiare e stancare la lettura di un capitolo da 4000+ parole, ed io sono la prima a preferire capitoli corti hahaha! 
Spero non aver tagliato troppo l'azione ma penso vada più o meno bene così, fatemi sapere cosa ne pensate con un commento o una stellina! 
★★ 

Bene  a questo punto non ci resta altro che buttarci nell'azione!

Bastian come vedete non sembra essersi fatto attendere molto poiché è stato subito richiamato dalla missione su Callisto per un nuovo compito insieme a Lena su Marte. Chissà cosa avrà in mente Xandem per mandare la meccanica in missione di combattimento...

Iniziamo a scoprire anche che Lena non è l'unica a provare insoddisfazione nei confronti della politica dell'Alleanza, ma addirittura pianeti interi - come Marte - sono infelici del fatto che vengano lasciati nella totale povertà. 

Che tipo sarà Hein Kiyu, comandate dei Bellum, e quali saranno le sue intenzioni; ma soprattutto, che effetto farà su Lena sapere che là fuori esistono intere organizzazione atte a distruggere ciò che anche lei vuole annientare? 


Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro