Capitolo 7 Separazioni

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'Direttore, sono passata per gli auguri...' Rafflesia si era precipitata nell'ufficio del Capo al mattino seguente.

'Tyler, spara, che vuoi?' il nero aveva capito che la visita non era limitata a quello. La donna era molto avvilita, notò. E ferita, certo non in allenamento.

'Forse rimarrò a Boston e non tornerò' rispose, inquieta.

'È per Bryan?'.

'No. signore. È personale' lo disse a voce bassa e Nick lasciò correre.

'Rafflesia, non sono bravo per questo tipo di questioni. Riflettici bene, mi è parsa positiva la tua permanenza qui, ti stai affiatando coi colleghi. Comunque, decidi liberamente e tanti auguri' la frattura con qualcosa o qualcuno era peggiore che la morte del compagno di professione. Preferì farla ragionare con la propria testa.

***

'Sei venuto senza la Tyler?' Nat aveva incrociato l'arciere al garage della base. Tutti li avevano visti appiccicati sulla pista da ballo che si strusciavano, con Clint eccitato come un toro da monta, e quindi se ne era proprio meravigliata.

Lui non rispose, mesto e tristissimo.

'Che succede? Che hai fatto alla mano?' insistette, notando la fasciatura sporca di sangue alla sinistro.

Quello rimase in silenzio e la russa intuì che avevano litigato e malamente.

'Te lo avevamo detto che era meglio non starci insieme!' Romanoff fece la saputella: aveva sempre avuto ragione, la collega portava grane.

'Non stavamo insiemeeeee' il Falco lo gridò arrivandole a pochi centimetri dal viso come un folle.

'Stai calmo, però...' Bruce si mise in mezzo a loro fisicamente. 'Mi spiace se hai problemi, ma noi non c'entriamo nulla, non te la prendere con Nat!'.

Thor provò a stemperare la pesante atmosfera 'Andiamo a salutare il Capo, oggi siamo venuti per questo. Steve e Tony sono già su'.

Presero l'ascensore e, quando le porte si aprirono al piano di Fury, l'agente Tyler si mosse per entrare. Aveva occhiaie fino ai piedi, il collo livido e gonfio, ed era pallida e provata.

Si immobilizzò davanti a Barton; l'uomo mosse qualche passo verso di lei che si spostò immediatamente al lato opposto. Stava andando via, aveva due valigie enormi con sé.

'Vai a casa per le feste, allora? Quando ci vediamo?' domandò Bruce, carinamente. L'aria era assai tesa e sperò di fare conversazione.

Rafflesia aveva evitato di replicare.

Rogers comparve alle spalle. 'La collega ci farà sapere se e quando tornerà'. Lo aveva detto talmente accigliato che si zittirono tutti.

'Auguri, ragazzi'. La moretta bisbigliò e loro risposero, contraccambiando, ma, svelti, si allontanarono per lasciarla sola col Falco.

'Ti porto le borse?' si propose, sconsolato.

Lei scosse la testa, entrando nell'ascensore. 'Addio, Clint. Mi dispiace tanto, scusa se ti ho fatto del male, amico mio' sussurrò con gli occhi a terra mentre le porte si chiudevano.

Avrebbe dovuto scusarsi lui e invece era stato preso alla sprovvista: Barton si sentì morire.

***

Natasha era voluta a tutti i costi andare a casa in auto con Barton, nel tragitto dallo S.H.I.E.L.D.. Il suo collega arciere era sconvolto e sperava che le raccontasse l'accaduto. Lui aveva accondisceso per non discutere ma non aveva aperto bocca. Arrivati sulla soglia dell'appartamento, l'amica notò una bustina agganciata alla porta. Le pareva contenesse un regalo: era rossa e con una coccarda natalizia dorata.

'E' per te, sarà di Rafflesia' la prese ma quello gliela strappò letteralmente dalle mani 'Non toccare!' la redarguì.

'Che razza di modi!' si era offesa.

L'uomo spalancò la porta dell'appartamento e sedette sul divano: gli cedevano le gambe, non si aspettava una sorpresa. Gli aveva lasciato il dono ripassando per casa verso l'aeroporto, perché al mattino non c'era ed era uscita prima di lui.

Romanoff lo seguì all'interno dell'abitazione anche se era stato sgarbato perché aveva paura di lasciarlo solo. Barton era immobile col pacchetto in mano.

'Vuoi che lo apra al posto tuo?' chiese dolcemente sedendoglisi accanto sul sofà.

L'arciere sembrò destarsi dal suo torpore e lo scartò. Era una scatola cubica di velluto verde con dentro un orologio di pregio: un Rolex Submariner d'acciaio con la corona e il quadrante scuro. Lo fissava, inebetito.

'E' bellissimo, Clint, davvero, un regalo splendido' per la miseria, lo era davvero, la Tyler si era proprio superata: non solo era un cronografo incredibile, ma pure molto costoso. 'Posso vederlo?' era curiosa. Barton glielo passò lentamente e lei lo rigirò fra le mani. Mentre fece per provarlo, scorse un'incisione nella parte posteriore del quadrante 'Che meraviglia, guarda qui dietro'. Si alzò e gli si mise più vicino, mostrandogli l'effigie di un falco. Esterrefatto, lo riprese e lo indossò al polso togliendo il proprio.

'I soliti giochetti! Mi aveva detto di non avermi comperato nulla. Vedova, voglio stare per conto mia, va via, per favore' sgarbato le indicò la porta.

Natasha, uscendo, non poté fare a meno di elargire la solita massima 'Non fai un regalo di questo genere a un uomo per cui non provi niente. E nemmeno a un amico, credimi!'.

***

A Boston c'era il solito tempo inclemente e Rafflesia si era chiusa a casa col camino acceso e le tende tirate. Non aveva mai messo il naso fuori. Almeno consegnavano il cibo da asporto anche per Natale e Capodanno e si era arrangiata; non le andava di fare nulla e aveva la mente offuscata da pensieri e dolore. Era un frullatore che girava vorticoso. Aveva bivaccato nella villetta; ricordava tutte le cose che faceva insieme a Clint. Erano sempre insieme e parlavano in continuazione di ogni argomento possibile. Le mancava tutto di lui, di quel legame strettissimo che avevano consolidato, che non aveva neanche con Bryan. La solitudine le pesava nell'anima per la prima volta; di solito stare per conto proprio non era stato mai un problema, ma un diletto. Senza contare che era indecisa per la questione dell'Agenzia. Il Direttore l'aveva lasciata libera e stavolta il futuro dipendeva esclusivamente dalle sue scelte.

Era uscita pochissimo, soltanto un paio di volte; il giorno successivo all'Epifania era andata per un aperitivo nel locale che frequentava di solito coi suoi amici e vi aveva rincontrato Mark, il biondo che aveva rimorchiato quando Fury l'aveva prelevata. Sperò che glissasse a qualsiasi saluto, ma chiaramente, non fu così. Le si avvicinò per due chiacchiere. 'Mi sarebbe piaciuto rivederti. Sai, passo sempre sotto casa tua, mi fermo a vedere se ci sei e per mesi è rimasto tutto chiuso!'.

'Ero fuori' provava a dargli meno spago possibile.

'In queste ultime settimane ho capito che eri tornata e ti volevo salutare, ma ho avuto paura. C'era il tuo fidanzato, e sai, già l'ultima volta, mi voleva fare a pezzi. Ho evitato altri problemi' le confidò.

'Il mio fidanzato?' chiese curiosa.

'Sì, l'uomo coi capelli castani e gli occhi azzurri che mi ha sbattuto fuori dalla tua villetta. Pensavo volesse uccidermi. Oggi non è con te, per mia fortuna' fece l'altro, ridacchiando.

'Quando lo hai visto?' lo interpellò, pensierosa.

'La vigilia di Natale e a Capodanno; è strano, in effetti era sempre fuori casa e l'ho notato perché nevicava copiosamente. Si gelava e non mi pareva nemmeno troppo equipaggiato, si vede che è forestiero'.

Il Falco era venuto a Boston, accidenti, e si era piantonato davanti casa sua senza nemmeno farsi avanti o chiamarla. Rafflesia non lo aveva notato; certo, non aveva nemmeno aperto le tende. Chissà se era ripartito per New York e cosa voleva dirle. Tornando, esaminò l'esterno della casetta e il giardino. Ovviamente, dall'altro lato della strada, proprio di fronte l'entrata, era pieno di mozziconi di sigaretta gettati a terra, della stessa marca fumata da Clint. Quella sera si affacciò più volte alla finestra, scostando la tenda, ma di lui non vide più alcuna traccia.

***

All'alba di una mattina di metà gennaio, il cellulare di Rafflesia squillò mentre lei era sul letto, a guardare il soffitto, non riuscendo a dormire.

'Ehm, ciao, sono Natasha. Scusa per l'ora' esordì la russa.

L'altra fu meravigliata di quella chiamata 'Ciao'. Che diavolo c'era? Lo chiese, senza indugi 'Che vuoi?'.

'Veramente, niente per me. Non siamo amiche e credo non lo saremo mai; sono molto in pena per Clint e non sapevo che altro fare, ho bisogno del tuo aiuto'.

Più schietta non poteva essere. La Tyler non rispose e la russa continuò. 'Da quando sei partita, è stranissimo; prima è scomparso qualche giorno, senza dire nulla a nessuno, nemmeno a Fury. Pensavamo fosse morto o che lo avessero rapito...' Certo, era a Boston, questo lei lo sapeva già.

'Quando è tornato, peggio che mai. E' muto, sempre chiuso a casa, svogliato, trascurato, triste e depresso. Non fa altro che fissare l'orologio che gli ha regalato, inebetito. Ecco, non è più venuto allo S.H.I.E.L.D. e soprattutto non ha più toccato il suo arco, nemmeno una volta. Ho provato a parlarci, ma sai com'è fatto e si è chiuso, un disastro. Ho capito da sola che avete litigato e sono affari vostri, lui non ci ha detto mezza parola, mezza. Siamo tutti molto ma molto angosciati. Se avessi avuto delle alternative, non ti avrei cercato. Ho pensato che... magari potresti... ehm... provare tu...'. Si era lanciata: era chiaro che fosse accaduto qualcosa di molto pesante fra di loro poiché le aveva visto il collo livido, il giorno degli auguri, e non aveva idea di come avrebbe preso questa richiesta.

'Nat, no, è complicato...' mormorò la bruna.

'Ti prego, per favore, se davvero ci tieni a lui, aiutaci, aiutalo... ti scongiuro' la supplicava e Rafflesia cominciò a preoccuparsi: il suo tono di voce non le piaceva affatto.

'E' grave fino a questo punto?' domandò. Vedova Nera annuì.

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