Mio Giacinto

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Nel Laeiros nessuno avrebbe mai messo in discussione che Saelis fosse bello quanto un dio.

Non erano solo gli occhi violetti incastonati in un viso sottile, i capelli biondi e lucidi e la corporatura robusta e armoniosa a renderlo affascinante, ma anche l'indole buona e generosa, piena di dolcezza e amore per la vita. Era a causa di ciò se tutti lo adoravano e lo volevano per sé, quasi fosse un'opera messa all'asta per il migliore offerente.

"L'essere privo di difetti ti porterà lontano" soleva dirgli la madre quando lo vedeva entrare nelle sue stanze col viso accaldato ma raggiante di gioia, su cui gli occhi brillavano con ancora più intensità. "Arriverai fino alla corte di Saat, ne sono certa."

A quel punto, lui la abbracciava con tenerezza e la riempiva di baci. "Non è vero: non me ne andrò mai dalla nostra casa, né ti lascerò sola."

"Ma la morte, mio piccolo Saelis, colpisce tutti" gli rispondeva lei, qualche volta ridendo, qualche volta incupendosi, gli occhi azzurrini che diventavano delle pozze d'acqua stagnante.

Nonostante non desiderasse che le profezie della madre si avverassero, dopo un paio di anni il ragazzo era stato in effetti convocato a Saat e invitato a vivere tra le mura del meraviglioso palazzo di Cain; la voce della sua incredibile bellezza, infatti, era giunta fino alle orecchie del sovrano, che gli aveva permesso di unirsi alla corte senza badare del fatto che era solo il signorotto di un minuscolo lembo di terra.

"L'hai abbandonata solo quando è morta" gli sussurrò Zaeph all'orecchio, passando le lunghe dita tra i capelli dorati del ragazzo. "Nessuno potrebbe mai fartene un torto."

Saelis sospirò e accarezzò il volto ispido del mago, stanco. "Lo so... ma mi sembra di averla tradita e aver abbandonato me stesso venendo qui. Avresti fatto meglio a lasciarmi con mio padre."

Zaeph allontanò la mano del ragazzo con un gesto carico di stizza e si alzò dal letto, per poi coprirsi con le lenzuola e dirigersi verso il tavolino di legno di ciliegio su cui, giorno e notte, era sempre presente una caraffa di vino speziato accompagnata da qualche boccale. Riempì una coppa per sé, lento, per poi sorseggiarla.

Saelis sapeva bene che quel gesto non significava nulla di buono; quando il mago beveva diventava collerico, invidioso e geloso, e tutti preferivano non trovarsi nei paraggi durante le sue scenate. Lui, però, non poteva lasciarlo solo.

"Non è questo luogo che ti sta cambiando" disse Zaeph, versandosi altro vino con gli occhi scuri che brillavano sul viso pallido. "È Cain."

"Perché finiamo sempre per parlare di questa cosa?" Il ragazzo si alzò con gesti stanchi, da gatto, e si vestì. "Il sovrano non significa nulla per me. Mi corteggia, certo, ma non diversamente da altri uomini e donne presenti a palazzo."

Zaeph sbatté sul tavolino la coppa ancora piena per metà, facendone sciabordare gran parte del contenuto. "Lui ti vuole" ringhiò, mostrando i denti. "Lui ti vuole e ti avrà! Perché lui ha sempre tutto, al contrario di me."

Il mago si piegò in due, per poi buttarsi a terra e piangere e mugolare; i lunghi capelli neri e sudati gli nascondevano il viso, di certo contratto in una smorfia di dolore, e a Saelis faceva così male vederlo in tal modo che corse subito da lui, sedendosi al suo fianco per abbracciarlo.

"Non mi avrà mai. Provo un grande affetto per Cain, è vero, e adoro conversarci, ma non lo amo e mai lo amerò quanto te."

L'altro alzò lo sguardo, inchiodando gli occhi scuri in quelli violetti di Saelis. Era talmente bello da fargli desiderare di morire: non aveva mai visto nella sua breve vita niente di così meraviglioso, e nemmeno il sovrano, che era ammirato da tutti per la sua bellezza e affabilità, poteva competergli.

"Ti ho amato dal primo momento che ti ho visto" disse di slancio, per poi dargli un bacio. E quelle labbra, miei dèi... mai ne aveva baciate di più morbide. "Sembravi un dio sceso sul nostro piccolo e insulso mondo solo per salvarci con la tua bellezza" aggiunse dopo essersi allontanato. Non riuscì però a trattenersi, avventandosi di nuovo su di lui con più passione.

Cain stesso l'aveva mandato a cercare il ragazzo qualche anno prima: quando gli si era presentato, Saelis stava affacciato a una finestra che dava sul mare, i raggi dorati del sole che scivolano attorno alla sua figura. Forse era addirittura più bello di un dio.

Al giovane, invece, sorpreso dall'improvvisa passione, venne da ridere da quanto era felice. Non avrebbe mai creduto, quando ancora stava nel suo piccolo feudo, di poter provare un sentimento così intenso, né di scoprirlo rivolto a un uomo simile, dall'animo cupo e pino di demoni antichi che ancora lo tormentavano.

Zaeph lo spinse via e si alzò. "Ecco! Ridi del mio amore!"

Voleva altro vino, voleva dimenticare subito il maledetto dolore che lo attanagliava.

"Non farlo." Saelis gli bloccò senza esitazioni la mano ossuta. "Sono questi scatti che uccidono il mio amore per te, non il tuo aspetto o il tuo carattere. Solo questi."

"È Cain che lo uccide!"

Nel tentativo di liberarsi, il mago rovesciò la brocca sul tappeto dargli intarsi dorati che copriva tutto il pavimento in marmo. Guardò con disinteresse la macchia che pian piano si allargava, rovinandolo forse per sempre; non gli importava, visto che il sovrano avrebbe perdonato la sua disattenzione e avrebbe sostituito il tappeto danneggiato come aveva già fatto altre volte.

Cercando di nascondere il tremolio che gli aveva preso le mani, si girò di nuovo verso Saelis, artigliando il tavolino. "Non presenziare al ricevimento di Cain, ti prego" disse in un sussurro, cercando di trattenere le lacrime che attendevano solo di rigargli il volto. "Rimani qui con me."

Il giovane sospirò mesto, tenendo lo sguardo basso. "Ho dato la mia parola che sarei andato, e non è bene rompere una promessa fatta al sovrano."

"Ma, mio amore... mio Giacinto..." insistette Zaeph, alzando con delicatezza il viso dell'altro. "Nessuno ti biasimerà per non esserci andato."

Saelis lo guardò con compassione. Gli occhi dell'uomo erano coperti da una patina lucida di lacrime ancora immobili e sulle guance scavate, il cui pallore era diventato ancora più intenso, si vedevano i segni sottili lasciati da quelle già scese in precedenza. Si mise in punta dei piedi e gli baciò le palpebre, catturando nuove lacrime iniziate a scendere.

"Mi biasimerei io" disse con tristezza. "Intendo mantenere la mia parola. Potresti venire anche tu, però: tutti conoscono la tua grandezza e abilità nell'arte della magia, e tutti vorrebbero conoscerti."

Zaeph strinse le labbra sottili con fare disgustato. "Mi considerano un fenomeno da baraccone."

"E considerano anche me così" replicò pronto Saelis, aprendosi in un sorriso luminoso. "Due fenomeni da baraccone potrebbero camminare a testa alta davanti a tutti, sostenendosi a vicenda. Non lo pensi?"

Il mago sorrise appena, contagiato in parte dall'entusiasmo dell'altro. Forse aveva ragione, forse sarebbe andato tutto bene.

"E sia" cedette, per poi stringergli la mano. "Verrò con te."

Saelis parve illuminarsi ancor di più nel sentire tali parole, tanto che gli si buttò al collo e lo abbracciò stretto, con una dolcezza che gli riempì l'animo fino a farlo scoppiare. "Ti amo, lo sai, vero?"

Zapeh annuì e gli accarezzò i capelli biondi con delicatezza. Sì, sarebbe andato tutto bene.

Nel Laeiros, tutti sapevano quanto il sovrano amasse dare nuovi ricevimenti ogni volta che ne aveva l'occasione. Il gigantesco salone in cui accoglieva gli ospiti, dalle pareti affrescate con luminosi dipinti rappresentanti miti e leggende e il soffitto ricoperto dalla mappa del cielo stellato, era da sempre il punto d'incontro preferito per i nobili e gli alti funzionari della regione, di Hydrus e dell'Oltre, tra i quali Cain si destreggiava con maestria, elargendo sorrisi e battute argute.

"Non lo trovate meraviglioso?" chiese a un gruppo di nobildonne che l'aveva accerchiato, indicando con un gesto noncurante l'oggetto del suo interesse.

Saelis, infatti, aveva appena fatto il suo ingresso. Indossava un abito violetto, dello stesso colore degli occhi, dalla linea semplice e colmo di ricami dorati quanto i capelli, e a tutti parve di essere al cospetto di una divinità – mai avrebbero creduto che il ragazzo fosse nato e cresciuto in una piccola provincia sperduta sulle rive del mare.

Cain fece un sospiro e socchiuse gli occhi, così da rimirarlo meglio. Nonostante Zaeph continuasse a sostenere che Saelis amasse soltanto lui, sapeva che il ragazzo avrebbe ceduto al suo fascino; bastava avere la giusta pazienza, senza farsi prendere dalla foga, e sarebbe stato suo. Quella serata sarebbe stata la perfetta occasione per muovere qualche passo in avanti, tanto che aveva posto una cura ancor maggiore nel prepararsi: aveva pettinato i capelli di un biondo quasi bianco con cura, indossato il miglior abito posseduto e si era rasato alla perfezione, così da evidenziare il viso armonioso. Voleva essere perfetto.

"Se mi parlasse, sverrei" mormorò una delle dame vicino a lui, facendosi aria con un ventaglio in piume di pavone.

Cain le riservò un sorriso affabile. "Non sareste l'unica. Vi devo avvertire, però, che gli interessi del giovane non ricadono nel genere femminile."

"L'avete corrotto come fare con ogni cosa" replicò lei piccata, chiudendo di scatto il ventaglio per batterlo sulla spalla del sovrano. "La vostra lussuria lo rovinerà."

"No, vi sbagliate." Si guardò intorno per un attimo, prima di riuscire a trovare l'oggetto del suo interesse. "Vedete l'uomo nascosto vicino al portone?"

"Quello spettro?" chiese la donna con un risolino. "Miei dèi, pare essere appena uscito da una tomba da quanto è lugubre."

"Esatto. Tuttavia, è un ottimo mago, uno dei migliori che abbia mai visto, per quanto abbia qualche problema col vino: non sa contenersi e, ora che pensa di essere innamorato di quel dio della bellezza che avete tanto ammirato, è ancora più umorale del solito."

Non si risparmiò un'occhiata di disgusto a Zaeph, che si era vestito di nero: l'abito, il mantello, gli stivali e persino i guanti lo erano, e contrastavano con la carnagione pallida dell'uomo, mettendone in risalto il biancore cinereo. Sul viso, le profonde occhiaie che lo scavavano erano in tinta col resto della sua figura.

Cain scostò con delicatezza la dama, deciso a fare una mossa. "Se volete scusarmi, dovrei raggiungere il mio amato."

Si diresse con passo sicuro verso Saelis, lanciando sorrisi e saluti agli invitati, e quando fu davanti a lui lo prese per il braccio e lo attirò a sé, per poi dargli un bacio a fior di labbra. Tanto ne era inebriato che si sentiva in grado di compiere qualsiasi cosa.

"Ma... mio signore..." balbettò il ragazzo, arrossendo anche sul collo abbronzato, e Cain lo trovò ancora più adorabile del solito.

"Non parlare" gli disse, premendogli l'indice sulla bocca carnosa. "Piuttosto, seguimi. Ti mostrerò a tutti, spiegando che non sei solo dannatamente meraviglioso, ma intelligente e molto affezionato a me."

Saelis rimase a bocca aperta, incapace di rispondere. In fondo all'animo si sentiva attratto dall'uomo davanti a lui, che gli aveva mostrato le bellezze del Laeiros, gli aveva insegnato a suonare la lira e l'aveva istruito all'arte del combattimento, ma il pensiero di Zapeh era troppo importante per essere cancellato con facilità. Non poté comunque rifiutarsi di seguire il sovrano, riuscendo solo a lanciare un'ultima occhiata al mago, nascosto in un angolo con in mano un bicchiere di vino rosso e la bocca sottile piegata in una smorfia di dolore.

"Se non sarai solo mio, mio amato Giacinto, non sarai di nessun altro" pensò Zaeph, sorseggiando la bevanda senza nemmeno sentirne il gusto, troppo intento a seguire con attenzione ogni movimento della coppia.

Cain, intanto, aveva raggiunto il centro del salone, sempre tenendo con sé Saelis. Tutti i presenti li guardavano e ammiravano, visto che erano più radiosi del sole stesso.

"Sapete cosa dovreste fare?" chiese un uomo vicino a lui, mezzo ubriaco, afferrandogli il braccio e fermandolo. "Dicono che siete un esperto nel lanciare il disco, ma secondo me non sareste nemmeno in grado di raggiungere la porta."

Il sovrano lo scrollò via, troppo di buon umore per prenderlo a male parole. "Volete scommettere?"

"Certo!"

"Perderete!" esclamò Saelis con una risata cristallina. "Non conosco nessuno di più bravo del sovrano col disco."

Cain gli regalò un sorriso luminoso, lusingato dalle sue parole, e poi ordinò agli invitati di allontanarsi per lasciare libero lo spazio tra lui e la porta del salone; dopodiché, si arrotolò le mani della casacca fin sopra i gomiti, mettendo in mostra le braccia muscolose, e si fece consegnare un disco dorato. Era l'occasione perfetta: avrebbe dato al giovane un'ultima prova della sua maestria, vincendolo nel momento stesso in cui il disco avrebbe colpito la porta.

Il sovrano lanciò un'ultima occhiata a Saelis, che si era posizionato poco distante dal portone, e gli strizzò l'occhio ambrato; poi piegò la schiena, stese le braccia e cominciò a roteare, e il disco che aveva in mano avrebbe potuto essere il sole stesso, tanto era brillante e veloce.

Ma non vide Zaeph.

Nessuno lo vide.

Si era avvicinato in silenzio al sovrano, non notato a causa della confusione generale, e aveva visto le occhiate che aveva lanciato a Saelis. Al suo Giacinto.

Non poteva permettere che una stupida scommessa sancisse la fine della sua relazione: avrebbe fatto perdere Cain e l'avrebbe ridicolizzato davanti a tutti. Sussurrò solo poche parole e lasciò che si alzasse una leggera brezza, che i più scambiarono per il venticello serale proveniente dal mare; bastò per deviare la traiettoria del disco di quel poco necessario per farlo apparire come un errore del sovrano.

"Colpirà la porta!" pensò Saelis con entusiasmo, vedendolo descrivere un arco in mezzo alla sala.

Fu il suo ultimo pensiero.

Il disco lo ferì proprio sopra l'orecchio, uccidendo all'istante. Ancora prima che il corpo toccasse terra, Cain si era messo a correre verso di lui, mentre Zaeph era rimasto impietrito sul posto, collegato dall'orrore e dal peso della colpa di ciò che aveva fatto. Tutto il salone, invece, si era zittito.

"Non è possibile" pensò il mago, guardando il sovrano che raggiungeva Saelis e lo prendeva tra le braccia, per poi provare a svegliarlo. "L'ho ucciso. Sono stato io."

"Zaeph!" ruggì Cain, voltandosi all'improvviso verso di lui, pallido dalla disperazione. "Salvalo, tu che puoi."

Lui lo guardò sconsolato e lo raggiunse senza fretta, quasi avesse l'eternità intera a disposizione, per poi chinarsi sul giovane, i cui occhi violetti erano ancora spalancati dalla meraviglia; gli accarezzò il volto con delicatezza, chiedendosi quanto ancora sarebbe durato il leggero calore che emanava il corpo.

"È morto" disse laconico.

"E tu resuscitalo."

In un'altra situazione, Zapeh avrebbe riso. Invece, squadrò il sovrano con commiserazione, notando come l'inaspettato compagno di sventure fosse distrutto e piegato dal dolore; gli occhi, soprattutto, gli lanciavano uno sguardo supplichevole, quasi le ultime parole non fossero state l'ordine che era suonato, ma un'implorazione a cuore aperto.

"Non posso farlo" rispose, chiudendo gli occhi di Saelis. "Tuttavia, in nome dell'amore che entrambi proviamo per lui, posso renderlo qualcosa di altrettanto bello e caduco."

Cain lo guardò e, dopo un attimo di esitazione, gli fece cenno di procedere, per poi posare lo sguardo sul giovane; se non fosse stato per la macchia di sangue che si allargava sotto il capo, nemmeno sarebbe sembrato morto.

Zaeph, intanto, si mise a farfugliare qualcosa a bassa voce, mentre il corpo si riempiva di fitte rune nere. Era un incantesimo difficile, era un incantesimo pericoloso, ma per il suo Giacinto avrebbe fatto qualsiasi cosa fosse in suo potere, anche morirgli a fianco.

E il corpo, all'improvviso, sparì.

Senza lampi o saette, svanì in silenzio così com'era nato e morto.

Al suo posto comparve, facendo mormorare tutti i presenti al miracolo, un piccolo spiazzo erboso nel mezzo del pavimento di marmo, colmo di delicati fiori che avevano la stessa sfumatura dei suoi occhi.

Giacinti.

Angolo autrice:

Un saluto a tutt*!

Anche questa volta vi propongo una storia scritta per un concorso, anche se questa volta non è targato Efp, bensì Wattpad. In particolare, si trattava del Month-Shot di ottobre 2017 di Wattpad Advisor, il cui tema erano i miti e le leggende.

In un primo momento aveva pensato di recuperare qualcosa dalla mitologia norrena, ma quando mi sono resa conto che non sarei mai riuscita a restare nelle 3600 parole concesse ho cambiato rotta e mi sono spostata in Grecia, e la scelta è ricaduta sul mito di Giacinto. La prima volta che l'ho letto avrò avuto circa sette anni e mi ricordo distintamente di essere arrivata alla fine del racconto distrutta: la crudeltà dalla sorte e di Zefiro mi avevano sconvolta. Rileggendolo per il contest, però, mi sono accorta che forse era proprio quest'ultimo colui che ci aveva rimesso di più, da cui il taglio che ho dato al racconto. Volevo capire perché mai Zefiro fosse arrivato a uccidere il suo amato.

All'epoca ero molto soddisfatta di come mi era uscita - forse del quarto posto in classifica e del paio di ore che mi erano state necessarie per scriverla prima di iscrivermi -, a sistemarla non molto. Sarà che lo stile è tanto lontano dal mio attuale, più delle storie più antiche, o ancora il fatto che per dagli ancora più profondità avrei avuto bisogno minimo del doppio delle parole... Non che la trovi brutta, però, se avessi tempo, le darei una lucidata più potente, ecco.

Come al solito, fatemi sapere cosa ne pensate!

Rebecca

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