Re (II)

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Nel deserto le mattine scorrevano lente, senza che accadesse qualcosa degno di nota.

Ma le notti... le notti mischiavano la magia più pura e antichi ricordi, definendo un mondo a parte in cui più anziani tra i carovanieri narravano con voce lenta e grave leggende tramandate di padre in figlio, cucendo storie che seguivano le forme degli astri e si caricavano di passioni incredibili. Tutti ne erano incantati e le ascoltavano in silenziosa contemplazione, mentre le fatiche della giornata scivolavano via come gocce di pioggia. Anche il Re, che a causa della sua lunga vita credeva di saper ormai quasi tutto, si era sorpreso nell'apprendere cose di cui non aveva mai sentito parlare, così come aveva sorriso per le parole di miele che talvolta Eelja gli sussurrava al culmine della narrazione.

"Avete mai sentito la leggenda della nascita del primo dragoniere?" chiese una volta Sajens al pubblico radunato attorno al fuoco nel tentativo di scaldarsi dal gelo della notte. La giornata era stata particolarmente calda, tanto che l'improvviso cambio di temperatura aveva fatto rabbrividire anche i più abituati alle follie del deserto, e il cielo limpido, dove risplendeva solo una sottile falce di luna, grondava di stelle.

"Quella in cui un coral doma un drago?" chiese Eelja, intenta a raccogliere i capelli in una lunga treccia. "Penso la conoscano fin nelle profondità del deserto."

"Ma l'hai mai sentita per intero?" insistette il cirment, sorridendo dietro la pipa.

La ragazza aggrottò le sopracciglia. "In che senso? La storia di solito finisce con l'arrivo del coral nell'estremo settentrione e la fondazione di Centrum Norr."

Alcuni tra i carovanieri risero, mentre Sajens si limitò a scuotere la testa. "Falso. La leggenda si conclude in un modo molto più sordido di quanto ti abbiano mai raccontato."

"Ovvero?"

Sajens si girò verso il Re, che aveva preso parola per la prima volta dall'inizio della giornata; contenersi sotto simili temperature era stato difficile, tanto che a un certo punto aveva rischiato di strapparsi gli abiti di dosso e fuggire via, ma il pensiero dell'orrore che avrebbe provato Eelja nel vederlo davvero era stato in grado di trattenerlo, per quanto a fatica. Si era steso vicino al fuoco credendo che il peggio fosse ormai passato, ma le parole del carovaniere avevano risvegliato le sue preoccupazioni.

"Visto che ho guadagnato l'attenzione di tutti, o quasi..." L'oratore scoccò un'occhiata a Fahad, che dopo il pasto si era raggomitolato vicino al braciere ed era crollato subito addormentato, distrutto dalla calura della giornata. "Abbiamo trovato di cosa parlare."

Tutti gli uomini si zittirono e puntarono gli occhi su Sajens, che nel frattempo si era messo a caricare la pipa. Solo quando un filo di fumo si levò dalla sua bocca, si decise a parlare. "Il primo dragoniere fu un coral delle Isole dei Draghi. Dopo averne catturato uno grazie alla manipolazione dell'acqua, comprese che la sua strada si sarebbe allontanata da quella del popolo d'origine, tanto che decise di dirigersi col nuovo compagno fino all'estremo nord; là, nascosto dietro le montagne, raccolse attorno a sé un primo nucleo di uomini e donne che, col corso delle generazioni, avrebbero portato alla nascita dei dragonieri. L'inizio non fu semplice: anche le isole del settentrione sono abitate da draghi, ma più grandi e feroci dei loro cugini meridionali. Fu a causa delle frequenti incursioni che il giovane re fece costruire una città fatta di pietra e ferro, in grado di resistere agli attacchi delle creature. Ci vollero anni, ma dalle mani degli uomini nacque una fortezza di incredibile bellezza, così imponente da poter essere scorta dalla base delle montagne e a tal punto robusta da permettere agli uomini di diventare cacciatori e non essere più prede. È così che i dragonieri domarono i loro draghi e la città prosperò. Fu poi creato un Consiglio regio, così da aiutare il monarca a governare con saggezza non solo la capitale, ma pure le terre circostanti, colonizzate con altrettanta fatica.

"Tuttavia, il re non era soddisfatto della piega che stavano prendendo gli eventi. La vecchiaia avanzava rapida su di lui, un coral troppo lontano dall'acqua per essere sopravvissuto così a lungo e a così tanto, e non aveva ancora avuto un erede; aveva sì preso una compagna, ma la donna era morta di parto anni prima col figlio. Per questo motivo il Consiglio l'aveva convinto, dopo molte preghiere e promesse, a prendere in moglie un'altra donna, giovane, sana, robusta e, soprattutto, in grado di dargli un'erede... per quanto non credo fosse bella quanto te" disse Sajens a Eelja, interrompendo la narrazione.

La ragazza rise, arrossendo appena sotto le gote scottate dal sole. "La galanteria è sempre ben accetta, ma sono curiosa" gli rispose, appoggiandosi col capo sulla spalla del Re. "Per favore, continuate."

"Certo" borbottò il narratore, per poi prendere un nuovo tiro dalla pipa. "Non potrei mai lasciare un racconto a metà, soprattutto quando sta per inoltrarsi nella parte più turpe.

"La donna diede un figlio al re, un erede forte che avrebbe guidato a lungo il popolo, ma lui non era ancora soddisfatto. Appena il neonato urlante gli era stato deposto tra le braccia, rosso il viso e pregno dell'odore del ferro, aveva stabilito che non sarebbe stato un degno sovrano: il suo erede avrebbe dovuto essere forte e potente quanto un drago stesso, e l'ammasso di carne che sorreggeva non avrebbe mai potuto esserlo. Ci vollero ancora degli anni prima che l'idea che gli grattava sulle pareti del cranio prendesse forma e gli sussurrasse quale fosse l'unica strada da prendere: rivolgersi a una lamia.

"Dovete sapere che le lamie, adesso come allora, erano considerate degli esseri infidi, partoriti dai lombi marci di mostri antichi. Eppure, il re era deciso ad avere un vero erede, anche a costo di perdere ciò che gli era più caro al mondo: il suo drago. Dopo aver cercato per mesi una lamia disposta a compiere l'incantesimo, o un incantatore che avesse il coraggio di tentare ciò che aveva in mente, riuscì a trovarne una; la donna non si scandalizzò quando udì che il re, nella sua follia, aveva deciso di fondere il corpo coi poteri del compagno, così da creare una creatura che avrebbe fatto tremare gli uomini per i secoli a venire."

Eelja rabbrividì, stringendosi a lui che, in risposta, le passò il braccio attorno alla vita. "Non credo di aver capito..." mormorò la ragazza. "State dicendo che il re diventò un mezzodrago?"

"Non esattamente, ma porta ancora un po' di pazienza" le rispose Sajens. "La maga, infatti, riuscì solo a legare l'anima del drago a una parte del corpo del re che, come le fanno le lucertole con la coda, si sviluppò fino a generare un nuovo essere. Da questa un'unione maledetta nacque il primo e unico mezzodrago che abbia mai calcato la regione di Hydrus." Il cirment si rigirò la pipa spenta tra le mani, con un sospiro fermo sulle labbra. "Alcuni raccontano che l'ibrido, appena uscito dall'uovo in cui era stato rinchiuso, abbia ucciso i due creatori, per poi vagare per mesi sotto le mura di Centrum Norr, terrorizzandone gli abitanti."

Eelja si avvicinò ancora di più al Re, mentre gli altri carovanieri si scambiarono qualche borbottio cupo, lontano dalla leggerezza precedente.

"Stupidaggini" pensò il Re, prima di scostare da sé la giovane e alzarsi. Salutò solo un gesto della mano i compagni, per poi dirigersi verso la sua tenda; non aveva considerato, però, la testardaggine di Eelja, che lo seguì all'interno come un cane fedele.

"Ti è piaciuta la storia?" le chiese, sedendosi su una stuoia. Accese una lanterna e la appoggiò sulla sabbia, per poi squadrare l'altra minaccioso, la mascella contratta per la rabbia.

"Molto..." rispose lei cauta, prima di avvicinarsi piano. Si accomodò al suo fianco a gambe incrociate e, sempre con la stessa leggerezza, gli prese una mano e se la portò alle labbra, lasciandoci sopra un bacio che lo fece rabbrividire. "Mi ha anche spaventata, però" aggiunse in un sussurro, allungando il capo verso il suo. "Se potessi, vorrei rimanere con voi per questa notte. Siete l'unico che potrebbe proteggermi e rassicurarmi."

Il Re deglutì solo, mentre Eelja prese coraggio e gli si mise a cavalcioni, per poi prendergli il volto tra le mani e lasciargli un bacio all'angolo della bocca che lo fece tremare. "Posso rimanere con voi, mio signore?" mormorò, dondolando sul bacino, prima di avventarsi sulle sue labbra.

Per un solo attimo pensò di lasciarsi andare. Sarebbe affogato dentro di lei, si sarebbe perso per tutto il tempo di cui aveva bisogno e avrebbe dimenticato ciò che era tornato a bussargli alle porte della mente. L'avrebbe fatta gemere e gridare, le avrebbe morso e ghermito il corpo morbido, le avrebbe tirato i capelli e graffiato la schiena... sarebbe tornato a essere una bestia.

Si allontanò boccheggiando. "No. Non sono un tuo cliente" disse a fatica, scostandola da sé senza alcuna cura. "Vattene."

Sapeva che non avrebbe dovuto, ma ebbe la forza di sostenere lo sguardo ferito di Eelja, velato da lacrime che gli strinsero la gola e lo fecero pentire delle parole scelte, troppo crudeli per lei che di male non gli aveva mai fatto niente.

"Avete ragione: sarebbe sconveniente" sussurrò la ragazza, inchinandosi, prima di voltarsi e correre fuori dalla tenda con un singhiozzo.

Il Re si passò una mano tra i corti capelli, un gemito strozzato sulle labbra. Non vedeva l'ora di uscire da quel maledetto deserto.

Le leggende finirono quando raggiunsero i limiti del deserto, orlati da timidi ciuffi d'erba secca e gialla. Avevano impiegato poco più del mese predetto da Sajens per raggiungerli e qualche giorno aggiuntivo per varcare le porte di un fiorente villaggio che faceva da crocevia tra Feluss e Lumien; la visione delle case in legno e mattoni, accerchiate attorno al piccolo palazzo dove abitava il borgomastro, aveva fatto sospirare di sollievo il Re, felice di poter tornare a camminare durante il giorno allo scoperto, senza più aver paura che l'eccessivo caldo producesse le fastidiose scaglie che aveva ereditato dai suoi antenati.

"Partiremo tra un paio di giorni" disse Sajens con un sorriso soddisfatto, mentre i carovanieri si affaccendavano nei pressi di una stalla. "Tempo di spostare le merci su carri e cavalli. Voi, intanto, potreste fare un giro per il villaggio, o approfittare per riposarvi."

"Di certo Fahad passerà il tempo a dormire" commentò Eelja, lanciando un'occhiata divertita al consigliere che, sceso dal dromedario, si era appoggiato all'animale con gli occhi semichiusi.

Il Re annuì. "Per una volta, credo sia da imitarsi" borbottò, per poi scrollare le spalle. "Il viaggio fino a Feluss non sarà facile."

"Siete davvero convinto di voler raggiungere Feluss?" gli chiese Sajens con finta noncuranza. Il modo in cui batteva un piede per terra e la rigidezza del corpo suggerivano, invece, quanto la domanda posta lo preoccupasse.

"È ciò che mi ha ordinato il Governatore" rispose cauto. Non voleva raggiungere la capitale, non davvero, ma aveva bisogno di penetrare più a fondo nel settentrione prima di allontanarsi dai mercanti.

Sajens gli riservò un sorriso nero tirato. "Noi non andremo a Feluss."

Il Re ed Eelja rimasero entrambi in silenzio, in attesa di ulteriori spiegazioni che non arrivarono.

"Per quale motivo?" chiese la giovane. "Non sareste dovuti andare fino alla capitale?"

"Non l'avete notato, quindi..." commentò però il carovaniere, scuotendo il capo.

"Chi?"

Il Re prese parola, catturando l'attenzione dei due. "L'uomo che ci ha seguiti negli ultimi giorni."

In realtà, si era accorto della presenza della spia già quando erano nel cuore del deserto, ma non aveva detto alcunché; visti i suoi piani, non gli importava lo seguissero e, oltretutto, non aveva alcuna certezza che stessero dando la caccia a lui. Le lunghe dita di Everett, in fondo, potevano non averlo trovato di nuovo, oppure potevano essere interessate solo a smascherare il blando tentativo di assassinio voluto dal Governatore di Lumien. Il fatto che anche i carovanieri l'avessero notato, però, cambiava ogni piano costruito.

"Esatto" Sajens sospirò, appoggiando le mani sui fianchi. "Io e i miei uomini non possiamo rischiare la cattura, non per un'impresa in cui non crede nessuno. Raggiungeremo Bergstad, oppure ci dirigeremo verso il Laeiros."

"Mi pare saggio" confermò il Re, per quanto avrebbe preferito rimanere nascosto tra i mercanti. Se chi li seguiva era davvero sulle sue tracce, sarebbe stato difficile depistarlo da solo. "Io andrò a nord."

"Verso i dragonieri?"

"Dipende." Il Re scoccò un'occhiata a Eelja, col mento sorretto da un pugno e il volto piegato da riflessioni a lui ignote. "Non so quanto i resti della loro capitale possano essere accoglienti."

"Non penso la nuova regina vi scaccerebbe" commentò Sajens, per poi portare l'attenzione sulla giovane: "E te, Eelja?"

Lei sbatté le palpebre un paio di volte, riscuotendosi. "Andrò col mio Re" rispose con voce sorpresa, quasi fosse impossibile un'altra strada, e ciò gli spaccò il cuore. Non meritava tale fedeltà, non dopo ciò che le aveva fatto.

"Sei sicura?" Il mercante si avvicinò a lei e le prese le mani con una delicatezza inaspettata. "Non vorresti seguirci?"

"Non posso" disse, e non ci fu alcuna esitazione nel suo tono.

"Come desideri, figlia dell'acqua e del fuoco."

Sajens chiuse gli occhi e, tratto un profondo un sospiro, si allontanò di un paio di passi mormorando qualcos'altro d'incomprensibile sottovoce, per poi dare a entrambi le spalle ed entrare nella stalla. Nonostante non avesse riconosciuto la lingua, non gli fu difficile immaginare che fossero insulti o maledizioni rivolte a lui; fino a un mese fa, avrebbe lavato un simile affronto col sangue, ma il deserto l'aveva levigato, togliendogli le forze così come aveva fatto ai tempi della prima traversata, e ora non gli restava altra reazione che la rassegnazione. Solo nei confronti di sé stesso, però.

"Dovresti accettare la sua proposta" disse infatti, rivolgendosi alla compagna. "Non ho intenzione di trascinarti con me verso l'ignoto."

Un improvviso soffio di vento del deserto, rovente e secco, gli solleticò la pelle del collo, che subito si premurò di coprire col velo di cui pensava di essersi liberato una volta per tutte. Aveva bisogno del gelo, del settentrione da cui era a lungo mancato.

"Sapete..." La voce di Eelja, ancora più salda di quanto fosse prima, lo riscosse dalle riflessioni in cui era scivolato senza nemmeno accorgersene. "Quand'ero una bambina, mia madre mi narrò una storia che ancora porto con me, per quanto abbia cercato di cancellare ogni ricordo della mia vita passata" gli disse, senza però guardarlo negli occhi – non l'aveva più fatto dopo quella notte. "La morale era che ogni uomo ha bisogno di una stella da seguire in mezzo al mare, e tu lo sei per me."

Il Re rimase in silenzio, l'animo in tumulto, mentre la ragazza alzò lo sguardo, congelandolo con l'azzurro delle sue iridi. "Non potrei mai abbandonarti."

Socchiuse le labbra, nonostante non sapesse cosa dirle, ma ogni possibile replica fu interrotta dal ritorno di Sajens, seguito da un paio di uomini. "Ho parlato coi miei compagni" si annunciò. "Vi lasceremo dei nostri cavalli e qualche provvista. Se partirete stanotte, dovreste coprire abbastanza miglia da seminare la spia ed evitare che il consigliere vi raggiunga."

"Oh no, ti prego, convinci Fahad a seguirti." Eelja gli si avvicinò leggera. "Non sopravviverebbe da solo e, se riuscisse a tornare a Lumien, non sarebbe mai perdonato dal Governatore. È solo un'anima sperduta."

Sajens alzò le mani al cielo e, prima che la ragazza potesse aggiungere altro per supplicarlo, annuì. "E sia: farò il possibile."

Eelja lo ricompensò con un enorme sorriso e, dopo averlo ringraziato, seguì gli altri carovanieri nelle stalle, desiderosa di vedere quali sarebbero stati i loro cavalli, lasciandolo così solo col Re. Entrambi rimasero in silenzio per un po', senza guardarsi, fino a quando il mercante non si decise a parlare.

"Vi ho sognato."

"Premonizioni?"

"Vi ho visto con Eelja, entrambi inginocchiati davanti a Everett con delle catene alle caviglie e ai polsi. Non so da cosa stiate fuggendo, ma temo che il destino vi porterà a Feluss."

"Forse lo farò io stesso" disse, e il cirment non parve sorpreso dalle sue parole. Era una possibilità a cui il Re aveva cercato di non pensare, conscio che il mettere piede nella capitale poteva risolversi solo in due modi, di cui uno per niente auspicabile; eppure, la possibilità di chiudere l'antica questione che ancora lo tormentava aveva dell'invitante e poteva rendere il viaggio forzato al settentrione un punto di svolta.

"Promettimi almeno che lei non venga catturata" replicò Sajens, ancora con lo sguardo perso a vagare nel cielo. "Non merita di diventare come te."

"Un sovrano?" chiese lui con sorriso ironico.

"Un fuggitivo."

Il tempo scorreva lento, scandito solo dalle improvvise piogge, il ticchettare delle gocce sulle foglie degli alberi e sui loro abiti che spezzava il silenzio, altrimenti denso come la cappa di nebbia che copriva le pianure. Il primo giorno, il Re l'aveva salutata come una vecchia amica e, al contempo, come una benedizione, felice dell'involontario aiuto a nascondersi che aveva dato loro, ma col passare delle giornate era montata in lui una potente nostalgia del deserto e di Lumien; mai avrebbe creduto, quando ci era arrivato anni or sono, di potersene innamorare a tal punto. Oltretutto, qualsiasi soddisfazione era svanita nel trovare delle tracce che indicavano che fossero ancora braccati dall'inseguitore.

Anche il fatto che Eelja gli rivolgesse appena la parola non l'aiutata a scacciare i ricordi. La notte, quando si accampavano davanti a un fuoco oppure l'uno al fianco dell'altra sotto qualche riparo umido, rimanevano spesso in silenzio, cosa che lo portava a rimpiangere il modo in cui l'aveva scacciata. Era stato lui ad allontanarla dal padrone che l'aveva comprata come schiava quand'era ancora una bambina e, nonostante non avesse mai compreso perché la ragazza avesse deciso di continuare a lavorare al bordello, aveva sempre cercato di proteggerla – anche insegnandole a farlo lei stessa. Non riusciva a capacitarsi di essere stato così cieco.

Forse ciò era stata l'ultima spinta che l'aveva convinto a muovere i suoi passi verso Feluss. Avrebbe solo dovuto trovare il modo di allontanarla da sé una volta per tutte, ferendola come mai aveva fatto prima, ma almeno le avrebbe dato la possibilità di iniziare davvero da capo, lontana dalle costrizioni in cui era mossa fino a quel momento. E quindi lui seguiva la strada verso la capitale diventando sempre più cupo, mentre Eelja fingeva di non vedere crescere sul volto del suo signore una preoccupazione e una lotta mal nascosta.

Tuttavia, una sera, mentre stavano preparando il campo per la notte, prese coraggio.

"Cosa vi preoccupa?"

Sentirla parlare mai gli era parso così bello, ma avrebbe dovuto zittirla di nuovo. Come punirla, però? Il silenzio sarebbe bastato, oppure si sarebbe di nuovo dovuto abbassare a insultarla?

"Mio signore." Eelja lo sorprese, avvicinandosi a lui per inginocchiarglisi davanti e stringergli le gambe in un abbraccio. "So che non avrei mai dovuto avvicinarmi a voi, ma almeno parlatemi. Non riesco a vedervi così."

Il Re la guardò sorpreso e, incapace di parlare, mugugnò qualcosa tirandola in piedi. Non si meritava una fedeltà simile, un annullamento tale, e il pensiero di ferirla di nuovo gli era insopportabile, non dopo ciò che gli aveva appena dimostrato. Avrebbe tentato di convincerla ad allontanarsi in un altro modo, allora.

"Io non..." mormorò lei, ma la zittì con un'occhiata.

"Tu non dovresti comportarti in tal modo" le disse solo, per poi lasciarle il braccio. "Non mi devi niente. Vattene finché sei tempo."

"Ma io ho bisogno di capire." Eelja gli prese il volto tra le mani, così come aveva fatto nel deserto e in tante notti addietro, quando ancora erano protetti dalle mura di Lumien, e il Re sentì dissolversi qualcosa dentro di sé. "Ditemi cosa vi tormenta, vi prego."

Lui non distolse lo sguardo, per quanto gli occhi della ragazza fossero pieni di una preoccupazione che non si meritava. "I ricordi. Sono tormentato dai ricordi che ho e da quelli che ricaverò."

Eelja strinse appena la presa, i palmi ruvidi che sapevano di carezze continue e di sangue versato. "Perché?"

"Vedi le gocce?" le chiese invece lui, prima di liberarsi. "Guarda."

Lei annuì cauta, mentre il Re chiuse gli occhi e iniziò a respirare piano, risvegliando qualcosa da lungo sepolto dentro di lui. Li riaprì solo quando sentì Eelja sospirare per la meraviglia, ritrovandosi circondato da lacrime d'acqua che brillavano sotto la pallida luce del sole calante, disegnando un intrico di gemme tra i rami degli alberi e i loro corpi.

"Che stregoneria è mai questa?" soffiò estasiata, prima di allungare una mano a sfiorarne alcune. Rise deliziata quando le gocce vicino a lei presero a vorticarle attorno, facendo tremare e brillare l'aria, e cacciò un urlo acuto quando il Re, con un gesto secco, le liberò dalla sua presa, lasciandole cadere dove preferivano.

"Non lo farò di nuovo" le disse, appoggiandosi al tronco di un albero. Era senza fiato. "Preferisco il fuoco, è meno faticoso."

Eelja si asciugò il volto colpito da qualche schizzo. "Siete come me?" gli chiese con le sopracciglia aggrottate.

"No. E se anche l'avessi compreso, non dirlo."

La ragazza gli fu accanto e, cauta, gli prese una mano. "Potreste farmi vedere cosa sapete fare col fuoco?" domandò con un fil di voce. "Ve ne prego."

"Ho bisogno ce ne sia uno già acceso, però."

Eelja non se lo fece ripetere e, mentre lui si riprendeva dallo sforzo appena compiuto respirando a grandi sorsate, corse a cercare della legna asciutta o poco umida, con la quale allestì un piccolo falò che rischiarò la sera ormai calata. Lo fece sorridere vederla così impaziente, quasi fosse tornata a essere una bambina, e gli fece ricordare la sottile agitazione che aveva provato un tempo in occasioni simili, quando ancora era libero di vagare senza il timore di essere catturato o braccato; scosse però la testa, subito raggiunto da ricordi più cupi, e poi raggiunse il suo cavallo, dove recuperò il fagotto in cui aveva raccolto i pochi averi posseduti e da cui estrasse un paio di lunghi guanti grigi di maglina. Erano anni che non li indossava.

"Ti farò vedere un trucco che facevo quando mi esibivo come ambulante" le disse, aprendo e chiudendo i palmi, la cui pelle non era più abituata al pizzicore degli indumenti. "Riscuoteva molto successo."

Senza aggiungere altro, infilò entrambe le mani nel falò, accompagnato da un gemito strozzato della ragazza che, rapida, fece per costringerlo a tirarle fuori.

"Calma." Il Re la allontanò scuotendo gli arti. "Non avvicinarti troppo: non vorrei ti scottassi."

Eelja fece un paio di passi indietro, il volto ancora preoccupato, ma lui non se ne curò. Modellò invece delle palle di fuoco non più grandi di una noce e, appena ne ebbe abbastanza, prese a lanciarle in aria e riprenderle poco prima che toccassero terra, disegnando percorsi luminosi nel buio; dopo qualche minuto, però, al posto di recuperarle le ingoiò, provocando un grido terrorizzato in Eelja che si trasformò in pura meraviglia quando lui le soffiò fuori in uno sbuffo di fuoco che squarciò la notte.

Sentì il viso tirare e, nello sfiorarlo, si rese conto che alcune squame avevano fatto capolino tra la cute. "Avrei dovuto aspettarmelo" si disse, togliendosi i guanti. Si nascondeva da talmente tanto tempo che il suo corpo approfittava di ogni più piccolo spiraglio per plasmarsi nelle sue vere forme.

Sospirò. "Ora hai capito?" chiese a Eelja, che era rimasta immobile a qualche passo di distanza. Se fosse stato per lo stupore dovuto al trucco o per l'orrore nel vederlo, non avrebbe potuto dirlo.

Eppure, lei si avvicinò piano, fino a raggiungerlo, e gli sfiorò il viso, invitandolo a guardarla negli occhi. "Ho compreso." Le dita scivolarono a prendergli le mani e se portarono alle labbra, che a loro volta lasciarono dei delicati baci sulle nocche. "Non ho paura. Non potrei mai averne di te."

Il Re lasciò che gli cingesse il collo, né si oppose quando si mise in punta dei piedi e annullò la poca distanza che ancora c'era tra loro. Non l'avrebbe più scacciata.

Quando avvistarono le bianche mura di Feluss, quasi non ci credettero. Il viaggio nelle pianure si era dilatato, diventando un lungo fuggire e nascondersi ogni volta che scoprivano nuove tracce dietro di loro; sembrava che qualsiasi strada prendessero fossero sempre inseguiti, senza avere alcuna possibilità di sfuggirgli. A un certo punto il Re aveva ordinato a Eelja di prendere il cavallo e condurlo dove voleva, ma lei si era opposta, testarda, e aveva messo a tacere ogni possibile rimostranza con poche e semplici parole.

"Ti seguirò ovunque vada, anche se sarà la capitale."

Aveva tenuto fede alla sua promessa. Non si era sorpresa quando il Re le aveva comunicato che sì, lui doveva andare a Feluss, ormai non c'erano più dubbi, né si era scomposta quando si erano ritrovati immersi in un'improvvisa massa di persone, perlopiù contadini, diretti verso la capitale come tanti piccoli insetti.

"Cain ha fatto la sua mossa" aveva commentato un giorno lui.

"Mossa?"

Aveva scrollato le spalle, riproponendole le parole che gli aveva detto il Governatore all'inizio di tutta quella storia. "Si sta preparando una guerra, e lui ha intenzione di vincerla."

Feluss ed Everett erano la salvezza per i disgraziati in mezzo ai quali camminavano, e forse lo sarebbero state anche per il Re; nel peggiore dei casi, la follia in cui si stava imbarcando avrebbe permesso a Eelja di sopravvivere – che interesse potevano avere per una puttana, in fondo?

"Cosa facciamo?" gli chiese la ragazza, ferma a lato della strada con le mani piantate sui fianchi. Osservava il formicaio di persone che entravano e uscivano dalla città con aria preoccupata, le sopracciglia aggrottate a increspare i lineamenti del viso.

"Io entro, tu rimani qui" le disse, per poi prendere le briglie del cavallo e porgergliele. "Tienilo."

Eelja le afferrò titubante, mentre lui si metteva in spalla il suo fagotto, pronto a mischiarsi al resto della fiumana. Pregò si accontentasse di quell'ordine e lo ascoltasse, ma il silenzio dell'altra non durò a lungo. "Io vorrei seguirti."

"No. Se entri in città, non c'è alcuna certezza di uscire."

"Non mi importa" sibilò lei, avvicinandosi. "Non so cosa vuoi fare, quindi almeno concedimi questo. Non ti intralcerò quando sarà il momento, te lo giuro."

Il Re la guardò sottecchi, per poi sospirare. "E sia" cedette, ma si premurò di cancellare subito l'espressione di gioiosa vittoria apparsa sul volto della ragazza. "Ma, se mi si avvicinasse una guardia o qualcuno mi catturasse, non dovrai seguirmi."

"Come desideri."

Si mischiarono quindi al resto delle persone senza più scambiarsi alcuna parola, nonostante il Re sapesse che Eelja avrebbe volentieri insistito ancora; lei, però, preferì concentrarsi su alcuni degli uomini e delle donne da cui erano attorniati.

"Da dove provenite?" chiese a una vecchia, che si teneva stretta al petto una gallina pelle e ossa e si trascinava dietro un bambino. "Volete montare a cavallo?"

Lei scosse la testa. "No" mormorò in un sibilo strozzato. "Ho camminato fin qui dal confine, ed entrerò nella capitale sulle mie gambe."

"Cosa vi è accaduto?"

"Degli uomini hanno attaccato il mio villaggio... sono solo riuscita a salvare una delle mie galline" le rispose con una smorfia stremata. "Lui l'ho trovato qualche giorno dopo che vagava lungo la strada" aggiunse, stringendo di più la mano al bimbo. "Non potevo lasciarlo lì."

Eelja si scambiò una rapida occhiata col Re, prima di tentare di offrire di nuovo il suo aiuto che, però, fu rifiutato ancora una volta, cosa che lo costrinse a richiamarla.

"Sta' con me e copriti."

Lei tentennò per un attimo, ma le bastò notare la sua espressione cupa per ascoltare l'ordine, mentre la fiumana scorreva più veloce verso l'ingresso meridionale della città presidiato da alcune guardie.

Fu allora che accade. Il Re sentì la pressione di una lama premergli sulla schiena, accompagnata da un sussurro spezzato.

"Cammina."

Eseguì senza neppure guardare un'ultima volta Eelja. Pregò ogni dio conosciuto e che per anni aveva ignorato che la compagna non lo seguisse, che rimanesse addirittura fuori dalla città e non fosse stata catturata da qualcun altro.

Seguì docile i comandi dell'uomo e non si soprese quando le guardie li lasciarono passare senza alcuna domanda; i sospetti presero ancora più la forma di una certezza quando, dopo molte svolte e occhiate preoccupate alle sue spalle – ma Eeljia non c'era, fossero ringraziati gli dèi –, sbucarono davanti alle mura che proteggevano il palazzo del sovrano, del quale si scorgevano solo le tre torri bianche. Anche le guardie a presidio dell'ingresso li fecero passare senza opporre resistenza, e il Re ebbe modo di vedere per la seconda volta nella sua vita la reggia di Feluss, trionfo della simmetria e alleggerita da ampie vetrate colorate d'azzurro, che creavano giochi di luce sul terreno tali da fargli pensare, solo per un attimo, di essere tornato tra le montagne del settentrione.

"A un certo punto ti avevo quasi perso" disse all'improvviso lo sconosciuto. "Non fosse stato per la fiammata, forse le cose sarebbero andate diversamente."

Il Re non disse nulla, mentre le porte del palazzo di chiudevano dietro di sé. Quando qualcosa lo colpì in testa, si lasciò scivolare nell'oblio pensando al volto di Eelja.

"Non pensavo ti avrei mai catturato" sussurrò una voce. "Ero convinto mi fossi sfuggito ormai anni fa."

Il Re aprì a fatica gli occhi, il freddo del pavimento sotto il suo corpo, e poi provò a tirarsi in piedi, per quanto il colpo alla testa ancora lo annebbiasse e le catene ai polsi lo rallentassero. "Mi hai trovato."

Lo accolse uno sguardo gelido, di un azzurro intenso.

"Non pensavo fossi diventato così vecchio" rise il Re, guardando in faccia Everett. L'ultima volta che l'aveva visto era ancora un ragazzino, dalla pelle morbida e i capelli biondi, mentre ora era un uomo accarezzato dai segni della senilità.

"E io non pensavo che tu fossi così brutto" commentò l'altro, con un leggero sorriso a increspargli le labbra sottili. "Guardati... cosa sei? L'orripilante incrocio tra un essere che non dovrebbe esistere e un altro che meriterebbe lo sterminio."

Il Re tossì divertito, senza ribattere, ma ogni ilarità morì quando Everett gli si avvicinò, congelando il tempo con lo sguardo. Solo il suo respiro affannoso, che aveva l'odore della morte, gli ricordava che ancora scorreva.

"Che razza d'ibrido sei?" domandò il sovrano, per poi allontanarsi da lui. Si trascinò fino al trono dei dragonieri, tre gradini e un sedile di pietra ad attenderlo. "Mi piacerebbe sentirtelo dire."

Il Re sputò a terra. "Di cosa sono fatte queste catene?" gli chiese invece, osservando le mani coperte di squame che gradavano dall'azzurro fino al rosso. Gli erano anche spuntati gli artigli, lunghi almeno mezza spanna e di un nero più lucido di quanto ricordasse. "Sono così solo quando fa troppo caldo."

"Minerali e magia di una lamia" lo liquidò Everett. "In compenso, le tue zanne sono perfette, paiono d'avorio. Se te le strappassi, potrei farmene una corona... Nessuno noterà la differenza."

Lui rimase in silenzio, lo sguardo basso sul pavimento lucido nel quale poteva scorgere il suo riflesso. Dopo anni trascorsi a confondersi con gli umani, rabbrividiva a vedere come il volto si fosse plasmato in una sorta di muso, allungandosi nella parte bassa e perdendo la mascella squadrata accarezza da Eelja e le labbra sottili con cui l'aveva baciata, sostituiti da zanne che l'avrebbero squartata.

"Sai sputare fuoco?" gli chiese Everett, osservandolo con attenzione. "Mi ricordo avessi fatto un trucchetto interessante con l'acqua, tanto che avevo pensato fossi un coral, ma immagino che anche l'altra tua natura scalpiti per uscire."

"Cosa vuoi da me?" domandò però il Re con voce cavernosa, pari solo a quella dei suoi antenati.

"Porti una domanda, qualcosa che mi tormenta da quando ho scoperto che ti eri nascosto a Lumien" gli disse, per poi sorridergli. "Un'ottima trovata, tra l'altro: non ti avrei mai immaginato così folle da nasconderti in mezzo al deserto."

Lui rimase in silenzio. Sapeva che era stata una buona idea, e forse non avrebbe mai dovuto cedere alle richieste del Governatore. Ma poteva esserci ancora una speranza, per quanto flebile.

"In tutti questi anni, ho notato che i miei nemici si possono dividere in due razze. Mi ha sempre sorpreso vedere come alcuni passino da una all'altra senza curarsi delle conseguenze." Everett si alzò, quasi dovesse recitare l'ultima e più importante scena di un dramma. "Tu a quale delle due appartieni? Quella degli sterminati o degli sterminatori?"

Il Re alzò lo sguardo.

Angolo autrice:

Un salve a tutti i coraggiosi che sono arrivati fino alla fine e che molto probabilmente desiderano strozzarmi. 

Però non è male come finale... no? Oltretutto, rispondetemi a una piccola curiosità: secondo voi, cosa risponderà il Re a Everett? Io ho la mia idea, chiaro, ma non mi farò sfuggire alcuna parola.

In ogni caso, anche questa storia si inserisce nel filone di quelle scritte per un contest del forum di Efp: Sangue di drago. Il protagonista doveva essere un mezzodrago e mi erano stati lasciati diversi spunti da utilizzare, quali la presenza di un oggetto magico e altre specifiche che non ricordo - è pur sempre una produzione del lontano 2014. Mi ero divertita a scriverla e, nel complesso, mi era piaciuta così tanto che l'ho poi proposta per altri contest del sito; rileggendola per darle una sistemata mi sarei invece presa a testate, considerando la quantità di errori e pasticci che c'erano dentro, ma mi consolo ricordando che ero ancora una ragazzina che si ritagliava a fatica delle mezzorette per scrivere al computer fisso in casa.

Fun fact: ho addirittura ritrovato il banner che avevo vinto al primo contest! Ovviamente l'immagine è sgranata a livelli estremi, ma non pensavo di averlo ancora.

Come al solito, ogni commento è il benvenuto!

Rebecca

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