Capitolo 12 . Dicembre 2016/Gennaio 2017

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"Beh, Capodanno tra uomini." aveva commentato Tommaso, prima di bussare alla porta di Lorenzo.

I due si erano accomodati, portando con sé vari snack per l'aperitivo, non appena Lorenzo aveva aperto la porta. In quegli ultimi tempi tutti si erano fatti prendere dalle proprie faccende personali e non si erano visti più di tanto. Da quello che Tommaso ne sapeva, Lorenzo e Rufus avevano lavorato come dei muli dietro uno dei loro spettacoli fino a metà Dicembre, mentre sia Giulio che Tommaso si erano arrotolati le maniche per guadagnare qualche meritato spicciolo.

In ogni caso, la notte di Capodanno, si erano ritrovati tutti e quattro, Tommaso, Giulio, Rufus e Lorenzo. Certo, Tommaso era consapevole che per qualche imprecisato motivo Lorenzo lo odiasse, ma c'era ben poco da fare al riguardo.

"Certo che hai una casa strana, tu." disse, spostando lo sguardo sulla quantità imbarazzante di statuette di vetro che stavano in giro, un po' ovunque. Sembrava di essere nella casa di un accumulatore compulsivo che in qualche modo riusciva a rimanere ordinato.

"Dov'è Tchaikowski?" aveva chiesto Giulio, guardandosi attorno.

"Oh, l'ho lasciato a casa. Non è un cane che si spaventa molto per i fuochi per fortuna." aveva risposto Rufus.

"E poi quella dannata palla di pelo porterebbe sporco ovunque e distruggerebbe qualcosa. Niente animali, qui. Tommaso, vale anche per te." Lorenzo aveva preso le varie cose che i due avevano portato (noccioline, patatine, nachos e quant'altro) e si stava dirigendo in sala da pranzo.

"È sempre così carino..."

Tutti quanti si diressero nella sala da pranzo. Sul lungo tavolo si trovava una quantità imbarazzante di cibo, che non solo sarebbe bastato per l'aperitivo di quella sera, ma per moltissime altre sere a venire.

E soprattutto non mancava affatto l'alcool, come Tommaso ebbe piacere di notare.

Mangiavano, parlavano, Lorenzo e Tommaso si scambiavano qualche sguardo in cagnesco, ma tutto era molto tranquillo. Ancora era presto, non si sentivano ancora i botti.

"Vi dirò - annunciò a un certo punto Tommaso, prendendo in mano una delle due bottiglie di bourbon che erano lì presenti - Ho voglia di rendere la serata più interessante. Giochiamo ad "Hai mai"."

Lorenzo incrociò le braccia "Credevo che avessimo tutti superato la quinta elementare."

"Hai delle idee migliori? Io ho voglia di fare giochi alcolici." rispose Tommaso, stappando la bottiglia e versando più o meno la stessa quantità di liquido in quattro bicchieri diversi.

"Dunque... uno dice una cosa che non ha fatto, e se gli altri l'hanno fatta devono bere, giusto?" chiese Lorenzo, prendendo in mano il bicchiere e facendo la sua solita faccia che sembrava urlare al mondo "Siete tutti dei pezzenti".

"Esattamente. Inizio io! - Tommaso si guardò attorno, anche Rufus e Giulio avevano preso i loro bicchieri e attendevano istruzioni - Allora... non ho mai... detto di essere gay."

Tommaso vide Lorenzo bere, mentre gli altri due rimasero al loro posto. Ma andava bene così.

Tommaso aveva un obbiettivo chiaro, non aveva mai visto Lorenzo da ubriaco, e nel caso la cosa fosse stata degna di prese in giro varie, lui ne sarebbe stato parecchio contento. Non vedeva l'ora di avere motivo di prendere un po' per il culo quel perfettino che lo odiava senza motivo.

Lorenzo alzò lo sguardo al soffitto, per poi proseguire con una delle suddette occhiate da snob "Non ho mai indossato una giacca di pelle."

Sia Giulio che Tommaso bevvero, anche se il primo con una certa riluttanza.

"Non ho mai - replicò Tommaso - Indossato una di quelle tue orrende sciarpine."

Giulio si rivolse subito a Rufus "Non toccava a uno di noi due, adesso?"

"Ho come l'impressione che abbiano preso il gioco sul personale." rispose l'altro, dando un'occhiata ai due.

Sia Tommaso che Lorenzo si guardavano come se dei coltelli stessero uscendo dalle proprie pupille.

"Quindi... dici che non faranno nessun caso a noi?"

"No, direi di no."

Giulio si affrettò a mettere sul tavolo il proprio bicchiere.

"Non mi è mai piaciuta - disse Lorenzo - Una sola canzone metal."

"È impossibile." replicò Tommaso, scandalizzato.

"Bevi, bastardo."

Rufus guardava quel simpatico teatrino con le braccia incrociate sul petto "Senti, Giulio... tu sai giocare a scala quaranta?"

°°°

Nel corso di più di un'ora e di una certa quantità di bicchieri, la situazione era rapidamente degenerata.

Ciò significa che Rufus e Giulio si erano resi conto che il "gioco da bambini di quinta elementare" era diventato particolarmente infuocato tra Lorenzo e Tommaso. Quindi si erano ritirati a giocare a carte, mentre gli altri due, progressivamente più ubriachi e incazzati, continuavano a giocare.

"Non ho mai trattato di merda qualcuno solo per come si vestiva - disse Tommaso, vedendo con gioia l'altro che beveva - Stronzo."

"Ora sono offeso, idiota." disse l'altro, che in qualche modo era finito sul divano con le gambe sullo schienale e i piedi puntati verso il soffitto.

"Sei tu che sei convinto di essere un dio, posso insultarti."

"Anche io posso insultarti, cafone. Non ho mai fumato una sigaretta."

"Ma stai scherzando? Che razza di sfigato." Tommaso alzò gli occhi al cielo e bevve. Iniziava a sentire un lieve bruciore di stomaco, ma non lo avrebbe mai detto.

"Sarai tu lo sfigato che morirà di cancro ai polmoni, deficiente." Lorenzo ridacchiò, come se avesse detto qualcosa di terribilmente divertente.

Il damerino era ora terribilmente scomposto e terribilmente poco elegante rispetto al solito.

"Morirai prima tu, con tutto il tuo cazzo di alcol."

"È una sfida?"

"Sì. Se muoio prima io ti pago."

"Idiota, non puoi, sei morto."

"Perché devi sempre insultarmi? Lo sai che mi odi a caso?"

"Perché esci con la mia migliore amica e sei un idiota totale - Lorenzo si tirò a sedere e poi in piedi, con la faccia di chi sta per vomitare - Un cafone senza eleganza di come ne ho visti tantissimi, uno stronzo poco serio che da un anno non studia e che farà il barbone. Sei abbastanza inutile."

Lorenzo, avvelenato dall'alcool, aveva un tono totalmente serio. Forse non era sobrio ma era ovvio che pensasse davvero quelle cose di lui.

"Oh, ma fottiti - replicò Tommaso, guardando di lato, sdraiato sul tappeto - Adesso me la fai salire triste, cazzo."

°°°

I fuochi tingevano il cielo con un'infinità di luci da quasi un'ora, e tutti e quattro erano usciti sul balcone per guardarli, anche se da lontano.

Tommaso e Lorenzo, però, ancora non avevano interrotto il loro gioco, nonostante non si tenessero perfettamente in piedi. E nonostante ormai si stessero pubblicamente umiliando.

"Io non sono mai stato sotto!" quasi gridò Tommaso, al che Lorenzo alzò il sopracciglio e cercò di puntargli un dito al petto.

"Non ci credo."

"Credici! Mai!"

"Secondo te - disse Rufus, che stava guardando tutto tranquillo lo spettacolo di luci - Dovremmo intervenire?"

"Non so, sono adulti responsabili di sé stessi, in linea teorica." rispose Giulio, rivolgendo uno sguardo ai due.

"Non avevo mai visto Lorenzo ubriaco - disse Rufus - È uno strano spettacolo."

Sì, era decisamente strano. Sia per il disordine che dominava capelli e vestiti, sia per i modi sguaiati che di solito non aveva.

"In ogni caso - annunciò Lorenzo - Posso ufficialmente dire che... ehm... Tommaso, mi fai schifo."

Tommaso in tutta risposta gli premette una mano in faccia "Giulio, Lorenzo mi insulta da tutta la sera!"

"Anche tu mi insulti, senza avere il diritto - Lorenzo si scostò dall'altro - Anche perché io, comunque, sono meglio."

"Bugia... ma io avevo delle sigarette? - Tommaso si guardò nelle tasche, alla ricerca di qualcosa. Trovò poi il pacchetto e se ne accese una rapidamente - Avevo delle sigarette."

"Che schifo. Ecco perché io sono meglio. Non fumo. Poi sono meglio anche per altre cose, certo."

"Io so suonare..."

"Io suono in uno dei teatri più importanti d'Italia, non rompere le palle."

"Certo, suoni quel coso a forma di pene, saprei farlo anche io. Anzi, forse lo so suonare anche meglio?"

Lorenzo alzò le sopracciglia con aria incredula e si mise a gesticolare "Come lo hai chiamato?"

"Quel coso. Quello a forma di pene. È fatto apposta per me."

Lorenzo prese la spalla dell'altro e la scrollò in un gesto che risultò molle e decisamente poco fermo "È un cazzo di oboe. Porta rispetto all'oboe."

"Io lo saprei suonare meglio. Dove lo tieni? Ora lo suono."

Tommaso corse dentro casa e Lorenzo, probabilmente terrorizzato all'idea che qualcuno potesse osare toccare il suo tesoro più prezioso, gli andò dietro reggendosi appena sulle proprie gambe e saltò sulla sua schiena aggrappandosi come farebbe un bradipo morente a un albero.

"Non toccherai il mio unico amore!"

"Invece sì, bastardo!"

°°°

Più o meno nel momento in cui era avvenuto quell'inseguimento, Giulio e Rufus avevano pensato che forse era il caso di concludere la serata.

Riuscirono a separare Tommaso e Lorenzo mentre il primo frugava tra i cassetti del secondo senza molto pudore e Giulio era stato in grado di farsi seguire dal suo migliore amico fuori casa.

"È stata una serata carina - disse a Rufus, sull'uscio della porta - Strana, visti quei due, ma carina."

Ed era piuttosto vero.

Giulio e Rufus erano due persone tendenzialmente tranquille, poco interessate al fare rumore, ai grandi festeggiamenti e alla baldoria. E in quello si erano decisamente trovati.

A Rufus sembrava perfetto passare l'ultimo dell'anno in maniera tranquilla, a mangiare, bere senza esagerare e parlare senza fine. Con Giulio aveva conversazioni lunghe, tranquille, piacevoli, che non lo appesantivano in alcun modo.

Dopo che Giulio si fu chiuso la porta alle spalle, Rufus iniziò a ordinare un po'. Non che ci fosse un gran disordine, ma c'erano piatti da lavare, avanzi da sistemare in frigo e qualche briciola per terra.

E se Rufus conosceva bene Lorenzo, e ormai lo conosceva abbastanza, una volta tornato sobrio non sarebbe stato affatto felice di quella poca sporcizia, che gli sarebbe immediatamente saltata all'occhio e apparsa come un disastro.

Lorenzo, da parte sua, era steso sul divano con un'espressione stanca e quanto mai stordita.

"Comunque - disse Lorenzo, quasi borbottando, mentre Rufus era occupato con le briciole - Sei proprio uno stupido."

Rufus alzò lo sguardo, vagamente confuso da quell'affermazione.

"Cosa?"

"Noi due - Lorenzo rivolse prima la mano verso di sé, poi, con un gesto svolazzante, verso Rufus - Ci siamo baciati mesi e mesi fa. E non ne abbiamo parlato. Neanche una volta. Tu non ne hai parlato."

Rufus tossicchiò, nervoso. Il fatto è che non ci aveva più pensato. Non perché non gli fosse venuto naturale pensarci, ma perché si era autoimposto di non farlo. Era stato uno sbaglio, decisamente uno sbaglio.

Non sapeva bene come rispondere.

"Cosa avrei dovuto dire?"

"Qualcosa! Non puoi lasciarmi così in sospeso! Cerco di capire se ti interesso ma tu non cogli i segnali, non cogli niente!"

Lorenzo sbuffò, borbottò un sonoro paio di bestemmie e incrociò le braccia, mettendosi a fissare il soffitto, con un lieve rossore sul viso.

Rufus decise di smettere di pulire, andando a sedersi sul bordo del divano "Cosa dovrei dirti?"

"Non lo so! Che ti piaccio? Ti piaccio almeno un po'? Non lo capisco! Perché non mi hai più detto nulla?"

Lorenzo si mise a sedere, fissandolo negli occhi da vicino, con gli occhi stralunati e i boccoli in disordine.

"Io... - Rufus giocherellava con i propri pollici - Ti piaccio?"

"Ma è ovvio che mi piaci, porca puttana - biascicò Lorenzo - Però devi dirmi qualcosa! Non possiamo baciarci e fare finta di niente! Dimmi qualcosa..."

"Adesso sei ubriaco - cercò di difendersi Rufus, guardando nelle iridi brune dell'altro, che brillavano di un desiderio frustrato - Non servirebbe."

È che non sapeva cosa dirgli. Che era etero? Poteva dirlo, lo aveva già detto.

"Io ti ho detto - Rufus sentì l'altro afferrare la spalla del suo maglione - Che potevi pensarci. E riflettere, e dirmi qualcosa. Ma non hai detto niente! Quanto devo aspettare? Io ci sto provando così tanto e tu non ci fai caso..."

"Io non ci ho riflettuto." disse secco Rufus, sentendo lo sguardo di Lorenzo su di sé ma puntando gli occhi sulle proprie scarpe. I loro visi erano vicini, Lorenzo era come tirato verso di lui, ma Rufus si chiudeva in sé stesso, spaventato non tanto da lui quanto dai propri pensieri.

"Neanche una volta?"

"Ho evitato l'argomento anche con me stesso."

Lorenzo si gettò di nuovo all'indietro, sdraiandosi con un verso di pura esasperazione.

Rufus non avrebbe dimenticato quella conversazione, ma Lorenzo, ubriaco com'era, probabilmente sì.

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