19. Puzzo come uno scaricatore di porto

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Il lato positivo di fare allenamenti in contemporanea alla squadra maschile erano le assenze del loro coach. Quando il Mister non c'era, infatti, riuscivamo a trascorrere tre ore di esercizi necessari al miglioramento delle squadre - leggasi maltrattamenti legalizzati e sadismo da parte - in pacifica convivenza.

Il momento migliore rimaneva la partitella a fine allenamento, quando tutti eravamo stremati e avremmo voluto strapparci le fibre dei muscoli delle gambe per ficcarle sotto l'acqua gelata e rigenerarle e invece eravamo costretti a fare un ultimo sforzo per vincere l'amichevole.

Quello era l'evento decisivo e avrebbe distinto chi sarebbe crollato a bordo campo, sfinito e privo di forze, da chi ce l'avrebbe messa tutta per continuare a correre anche a costo di strisciare sull'erbetta fino alla porta avversaria.

Okay, forse descriverci come dei vermi non era esattamente rappresentativo della realtà, ma i più deboli di noi avrebbero davvero preferito strisciare piuttosto che giocare quella partita. Io ovviamente non facevo parte della categoria e la mia milza che chiedeva pietà poteva benissimo tacere e smettere di farmi piegare sul lato.

«Jakobs! Paulson!» il nostro Mister richiamò l'attenzione dei due capitani, intimando loro di fare le squadre miste per la partitella.

Siccome vi era l'obbligo di chiamare insieme un ragazzo e una ragazza, Paulson - dopo un pari e dispari - si accaparrò immediatamente Joseph e Sabrina, i due vicecapitani, così Monica scelse me e Lucas come primi compagni; Austin finì con Paulson, così come Hurt, mentre Kate e Garret nella nostra squadra.

Ovviamente fu un disastro per tutti. Monica era l'unica ad avere ancora energie dopo quell'allenamento straziante, con grande sdegno di Boot che, da bordo campo, continuava a sostenere che fosse strafatta di crack. Kate riusciva un po' a starle dietro, così come Paulson e Joseph, ma noi altri saremmo stati più utili come guardalinee.

Io sbagliai un paio di passaggi che mi valsero una serie di improperi dal mio capitano, Garret quasi fece crollare un'avversaria non riuscendo ad arrestarsi in tempo mentre Hurt, sebbene non perdesse occasione per darmi del filo da torcere quando avevo il pallone tra i piedi, aveva ormai rinunciato a correre.

Austin, al contrario, si ostinava a scivolare da una parte all'altra del campo con i capelli ormai grondanti di sudore che rimbalzavano sul capo bloccati dall'elastico e le goccioline che gli colavano dalla fronte.

Dopo soli trenta minuti il mister pose fine alle nostre sofferenze con il triplice fischio, facendo crollare metà di noi a terra per sfinimento.

Fu con orgoglio che crollai lunga stecchita sull'erba implorando mio fratello di chiamare mamma per una fiala di adrenalina altrimenti non sarei sopravvissuta. Lucas, di tutta risposta, si sdraiò accanto a me, asserendo che Amelia sarebbe diventata figlia unica.

Che non si dicesse che il melodramma non era di famiglia!

Kate, che anche se respirava a fatica pareva ancora capace di reggersi sulle sue gambe, ci punzecchiò i piedi come fossimo due animali inermi sul ciglio della strada e lei dovesse accertarsi che fossimo morti.

«Dove trovi la forza di rimanere in piedi?!» domandò Lucas, osservandola dal basso all'alto come fosse un alieno. Io tacqui anche se mi stavo chiedendo la stessa cosa.

«La Jakobs le passa il crack sottobanco» s'intromise Malcolm, arrivando da bordocampo per aiutare mio fratello a rialzarsi con l'aiuto di Kate.

Loro tre si avviarono alla volta degli spogliatoi nel momento in cui Austin, giunto ormai ai miei piedi, tese un braccio nella mia direzione per aiutarmi ad alzarmi. Grugnii di disapprovazione, ma quando si abbassò per prendermi la mano fui costretta ad accompagnare i suoi movimenti.

«Questa me la paghi, Rogers, volevo collassare ancora un po'» mi lamentai, aggrappandomi al suo braccio per mantenere una postura che fosse quanto più simile a quella di un Homo Sapiens dato che la mia milza urlava pietà e avrei preferito camminare come un primate.

«Andiamo, Miller, non ti facevo così pappamolle» mi provocò, premurandosi però di avvolgere il suo braccio intorno alla mia schiena per assicurarsi che non crollassi al suolo.

Mi accucciai contro il suo fianco incurante delle condizioni pietose in cui versavamo, entrambi completamente sudati, con i completini grondanti d'acqua e un profumo che non somigliava affatto a Chanel N°5.

La sua puzza di sudore in realtà non si avvertiva granché, quindi mi premurai di domandargli quale deodorante utilizzasse. «Incredibile, io puzzo come uno scaricatore di porto e tu a momenti profumi di rosa.»

Austin rise di gusto, rafforzando la presa sul mio fianco quando si accorse che anch'io gli avevo avvolto il braccio dietro alla schiena, improvvisamente rinvigorita.

Com'era possibile sentirsi già rigenerati solamente stando nelle sue vicinanze? Aveva l'adrenalina al posto della pelle e mi aveva appena fatto un'iniezione oppure stavo definitivamente per collassare e il mio corpo stava dissipando le ultime energie?

«Scaricatrice di porto, ce la fai ad arrivare allo spogliatoio da sola?» domandò quando le nostre strade avrebbero dovuto dividersi.

Mi strinsi ancora contro il suo fianco prima di prendere le distanze, mostrandogli che potevo farcela. In effetti la sua vicinanza mi aveva aiutato a riprendermi, anche se il mio cuore ormai era partito per tangente e nemmeno una doccia gelata avrebbe frenato i battiti.

«Ci vediamo dopo, Rogers» alzai il braccio dandogli le spalle e imboccai la via degli spogliatoi femminili, dove molte delle mie compagne erano già uscite dalla doccia a causa della caldaia che, di nuovo, funzionava a singhiozzi.

Mi affrettai a spogliarmi buttando tutti i vestiti in fondo al borsone, dove il loro tanfo sarebbe stato attenuato, e mi infilai nel primo box doccia che si liberò. Inizialmente fui costretta a rimanere sotto il getto dell'acqua ghiacciata, tremando come una foglia mentre insaponavo i capelli. Per fortuna dopo un paio di minuti la caldaia riprese a funzionare e riuscii a evitare una broncopolmonite fulminante.

Anche il cuore parve placarsi, decelerando le pulsazioni e concedendomi una tregua da quella corsa che aveva intrapreso in presenza di Austin. Ormai era usuale avvertire le palpitazioni quando lui era nelle vicinanze, tuttavia i miei battiti sembravano aumentare ogni volta, rischiando così di farmi venire davvero un infarto.

Non era possibile che un cuore pulsasse così forte, non era normale. Se mi fossi fatta auscultare il torace dalla mamma probabilmente mi avrebbe prescritto qualcosa per la tachicardia. O mi avrebbe dato dell'ipocondriaca intimandomi di smettere di googlare i miei sintomi e diagnosticarmi ogni patologia esistente.

Cercai di sciacquarmi più in fretta possibile così che anche le altre potessero godere di quel po' di acqua calda che ci era stato concesso per miracolo. Tamponai i capelli con l'asciugamano e indossai i jeans e la t-shirt puliti, che avevo accuratamente tirato fuori dal borsone per non contaminarli con gli abiti dell'allenamento.

«Sam, mi presti lo shampoo?» Kate richiamò la mia attenzione mentre allacciavo le scarpe. «L'ho dimenticato di nuovo.»

«Tu non dimentichi la testa solo perché ce l'hai attaccata al collo» risposi, passandole la boccetta che in realtà aveva utilizzato più lei che io dato che faceva due passate ogni volta per districare i suoi ricci scuri.

«Giuro che te la ricompro!» promise mentre saltellava verso la doccia con l'accappatoio tra le mani.

«Sarebbe già tanto se ricordassi di doverlo comprare per te» le urlai dietro mentre finivo di preparami.

Dopo aver asciugato i capelli con il phon, chiusi il borsone e uscii dallo spogliatoio per prendere un po' d'aria. In attesa che Kate e Lucas finissero di prepararsi avrei anche potuto inventare una nuova legge fisica e avere persino il tempo di dimostrarla tanto erano lenti, per cui preferivo aspettarli al fresco pur di evitare il tanfo degli spogliatoi.

«Allora non sei collassata nella doccia.»

Una voce fin troppo nota mi riscosse, attirando la mia attenzione. All'improvviso quel venticello fresco sembrava essere divenuto bollente, incapace di raffreddare il mio corpo e di placare la tachicardia.

«No, sto benissimo» trillai, certa di non aver mentito. In sua presenza riuscivo davvero a sentire il benessere di cui spesso mi ero riempita la bocca.

Austin mi osservò per alcuni istanti, soffermandosi sui miei occhi che lo scrutavano con attenzione, chiedendomi quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Lui sospirò, passandosi la mano tra i boccoli che gli ricadevano davanti al viso per appuntarli dietro l'orecchio, e distolse lo sguardo.

Quando tornò a voltarsi nella mia direzione io avevo ancora gli occhi su di lui e un'espressione perplessa si era dipinta sul mio viso. Sembrava tormentato, come se nel suo corpo si stesse combattendo una battaglia, e non avrei saputo indicare quale fazione stesse avendo la meglio. Di certo lui stava avendo la peggio.

«Usciamo insieme?» domandò a bruciapelo facendola passare per la richiesta del secolo.

«Sì, un attimo, vedo se Kate e Lucas hanno finito» risposi estraendo il cellulare dalla tasca per scrivere alla mia migliore amica che l'avremmo lasciata a piedi e a mio fratello che avrei preso la macchina e l'avrei abbandonato lì.

«Kate e Lucas? Perché...?» Austin sembrava non aver compreso la richiesta che lui stesso aveva avanzato pochi istanti prima e mi chiesi se si sentisse bene.

«Per avvertirli che usciamo» spiegai, ovvia.

«Intendi adesso?» sgranò gli occhi deglutendo in maniera rumorosa. Proprio non riuscivo a capire cosa gli prendesse.

«Quando vuoi andare al parcheggio, tra un'ora?» chiesi retorica, osservando le sue guance tingersi di un lieve rossore mentre io mi avviavo verso l'ingresso.

«Perché al parcheggio?» sembrava perplesso ma anche preoccupato. «Vuoi passare il pomeriggio qui?»

Oh. Quindi non intendeva uscire dai campetti. E nemmeno uscire da scuola. Si può essere così idiote da non aver capito che mi stava chiedendo un appuntamento? E si può essere così sciocche da fargli notare di non aver capito nulla e rovinarsi definitivamente la reputazione?

«Oh, intendevi uscire... con me.»

A quel punto nemmeno io sarei uscita con me stessa.

Mi vantavo di avere più neuroni di Lucas e dei suoi compagni scimmioni, ma a quanto pare i miei erano lì solo a fare numero, quando c'era bisogno non funzionavano mica!

«Già... Scusa, lascia stare, dimentica ciò che ho detto» biascicò, superandomi a passo svelto per sfuggire al mio sguardo.

«No, aspetta! Io voglio uscire con te» quasi mi ritrovai a urlare mentre gli afferravo un braccio per bloccare la sua fuga. Aveva il muscolo contratto e quasi ebbi l'impressione di percepire il suo tremore quando affondai le unghie nella carne.

«Davvero?» sembrava sorpreso sul serio, come se non si aspettasse una risposta affermativa. Come se dopo tutto il tempo trascorso assieme io avessi potuto non notarlo. Come se qualcuno avrebbe davvero potuto rifiutare un invito da una persona con l'aspetto e l'animo di un angelo.

«Sì, anche adesso! Scrivo a Lucas di non aspettarmi» gli sorrisi, inviando un breve messaggio a mio fratello in cui gli ricordavo di dare un passaggio a Kate e annunciavo che non sarei tornata subito a casa.

Austin rise del mio entusiasmo e i suoi occhi blu parvero brillare a un'intensità maggiore. «Ho pensato che potremmo andare insieme alla festa di Fred venerdì sera...» buttò lì con nonchalance, ma il tono tradì tutte le sue aspettative

«Va bene, vieni a prendermi alle otto» acconsentii, contenta. «Adesso però possiamo andare a bere un caffè!»

Sì, avrei dovuto aggiornare ieri... E dire che ben due angeli custodi (s_lotusflower_ e ReadingEllen siete le mie salvatrici 🤍) me l'hanno ricordato, ma io rimango sempre pessima 🤧

Per di più, mi sono lasciata distrarre da Sanremo! Voi l'avete guardato? Qual è per ora la canzone che vi è piaciuta di più? E perché proprio Ciao ciao 😏?

Menzione speciale per Mahmood e Blanco, io credo nella ship 💘


Btw, tornando al capitolo... Ma quanto può essere tonta questa ragazza! 😂

Vi assicuro che, anche se sono imbranata quanto lei nelle reazioni, sono più sveglia di così 🤓

A martedì ⚽

Luna Freya Nives

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