25. Notizie in anteprima

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Il momento in cui avevamo potuto riabbracciare Amelia sarà impresso per sempre nella mia memoria.

Era accasciata su una poltroncina scomoda della centrale di polizia con una coperta termica e lucida ad avvolgerle le spalle. Il suo aspetto impeccabile era stato intaccato dalla situazione: indossava il giubbotto della divisa sopra il suo pigiama nero e aveva i capelli spettinati a causa di ciò che era accaduto, il trucco che non aveva fatto in tempo a togliere le era colato sul viso macchiandole le guance.

Aveva un aspetto stravolto, ma rivederla fu come riprendere a respirare dopo una lunga apnea.

Fui la prima a individuarla, prima ancora che l'agente che ci stava scortando ci indicasse la saletta in cui si trovava. Mi bastò un'occhiata veloce all'ambiente e il mio sguardo fu calamitato da quella figura rannicchiata in una posa scomposta.

Si accorsero del mio scatto solo quando ormai l'avevo raggiunta. Mi chinai su di lei senza darle tempo di dire una parola, le buttai le braccia al collo e singhiozzai sulla sua spalla incurante di ciò che ci accadeva intorno.

«Scusa» biascicai, stringendola forte contro il mio corpo per avvertire il suo calore. Avevo bisogno di lei per tornare a vivere. «Scusami io... sono stata una stupida.»

Lucas ci piombò addosso l'istante successivo. Con le sue braccia grandi avvolse entrambe e fu il silenzio ad accompagnare la caduta delle sue lacrime, non parole di conforto né di gratitudine per il ritrovamento. Non era mai stato di molte parole, ma in quel caso non ci fu bisogno di parlare per condividere ciò che stavamo pensando.

Vi amo più della mia stessa vita.

«Amy!» le mani di mamma si insinuarono in quell'intreccio di corpi. Io e Lucas allentammo la presa per lasciare che anche lei potesse assicurarsi delle condizioni di nostra sorella e quando anche papà si chinò su noi ci scostammo per lasciarla nelle loro mani.

Tirai su col naso nel tentativo di ricacciare indietro le lacrime e passai la manica della felpa sotto gli occhi gonfi e scuri. In tutto quel trambusto non avevo affatto pensato a cambiarmi, avevo solo indossato una felpa per ripararmi dal freddo e infilato un paio di scarpe senza calzini per arrivare in centrale il prima possibile.

In quel momento da uno degli uffici con le tapparelle abbassate comparve Austin. Anche lui indossava ancora il vestito della sera precedente, ma la camicia era fuori dai pantaloni e la giacca ormai era sgualcita come se qualcuno l'avesse strattonato.

Rabbrividii al pensiero di ciò che potesse essergli accaduto e gli corsi incontro, avvolgendogli il busto con le braccia. Non se l'aspettava e indietreggiò di qualche passo per mantenere l'equilibrio, poi mi strinse a sua volta e potei avvertire il suo torace espandersi per fare un respiro profondo.

Alzai il capo per guardarlo negli occhi. «Mi dispiace tanto...» non riuscivo a smettere di piangere né di sentirmi in colpa per ciò che era accaduto sebbene, dal profondo della mia razionalità, ero consapevole che non avrei potuto fare nulla per evitarlo.

«È finita...» disse solamente, la voce spezzata e più roca di quanto l'avessi mai sentita, forse provata dalle urla con cui aveva provato a difendersi.

Passò le sue mani sul mio viso per asciugarmi le lacrime. Anche lui aveva gli occhi lucidi e i riccioli biondi si erano appiccicati sulla nuca e intorno al viso, ma nonostante tutto continuava ad avere un aspetto angelico per me.

«Austin!» la voce di Meredith spezzò il nostro contatto visivo. Lui trattenne il respiro nel vedere i suoi genitori e sua sorella raggiungerlo e io mi allontanai per concedere loro gli spazi di cui avrebbero avuto bisogno.

Le prime lacrime abbandonarono i suoi occhi e la madre fu lesta ad asciugargli il viso, stringendolo a sé. Io mi voltai e tornai dalla mia famiglia, a pochi metri di distanza. Amy era ancora seduta sulla poltroncina: aveva la testa poggiata sulla spalla della mamma che la stringeva a sé e papà, dall'altro lato, le teneva le mani.

Mi avvicinai a Lucas e lasciai che le sue braccia mi circondassero, stringendomi contro il suo petto e asciugandomi le lacrime che continuavano a sgorgare inarrestabili dalle mie iridi.

«Sapevo che avresti capito del rossetto... gli agenti mi hanno detto tutto» disse Amelia. Anche la sua voce era spezzata e roca come quella di Austin, ma potei comunque percepire tutta la sua gratitudine.

«Come diavolo ti è venuto in mente di lasciarlo in bella vista?» riuscii a domandare tra un singhiozzo e l'altro.

La mia gemella sollevò le spalle e scosse la testa con aria spaurita. «Non lo so, io... ho solo pensato a te» e cominciò a piangere anche lei, singhiozzando tra le braccia dei nostri genitori mentre io la imitavo stretta da Lucas.

Anche da quella distanza potevo avvertire i nostri cuori pulsare all'unisono e non avevo bisogno di un conta-battiti per averne la certezza. Mi bastava guardare le sue iridi verdi e cupe, così simili e così diverse dalle mie, per sapere che ogni cellula dei nostri corpi era ormai in sincrono.

«Ha avuto sangue freddo e astuzia, due doti che sarebbero ottime in una poliziotta» un agente ci interruppe, sorridendo ad Amelia che ricambiò a sua volta e invitando i miei genitori a seguirlo per firmare dei rapporti.

«Sei sempre la solita, non ce la fai a startene buona un attimo» la punzecchiò Lucas, prendendo il posto della mamma mentre io mi accomodavo sulla poltroncina occupata da papà.

Le presi le mani e carezzai i dorsi con delicatezza, col timore di vederla sgretolarsi sotto ai miei occhi e dovermi ritrovare a raccogliere pezzi di lei sparsi per la centrale. Sebbene volessi proteggerla dal mondo, avevo bisogno di capire. «Come hai capito che c'entravano con papà?»

Amelia tirò sul col naso e si accoccolò contro il petto di Lucas. «Li ho sentiti quando hanno narcotizzato mamma e papà, uno di loro è stato così idiota da dire che Kolman sarebbe stato orgoglioso della pulizia del loro lavoro.» Sentii la presa delle sue mani farsi ferrea intorno alle mie al ricordo di quegli istanti terribili. «A quel punto urlare era inutile e così ho fatto ciò che mi riesce sempre: una cosa da gemelle.»

Ridacchiai al pensiero che ciò che persino i nostri familiari avevano sempre trovato inquietante probabilmente le aveva salvato la vita. «Ho aperto la cassettiera e ho afferrato la prima cosa che mi ha ricordato papà sperando che tu avresti capito, poi due uomini sono entrati e mi hanno infilato una benda in bocca per non farmi urlare.» Lucas la strinse più forte, carezzandole i capelli per scacciare via il ricordo delle sensazioni terribili provate in quei momenti.

«Ci siamo calati giù dal mio balcone, per questo la casa era chiusa dall'interno, e poi... mi sono risvegliata in un seminterrato legata a un palo insieme a Austin» alzò il capo alla ricerca di lui, individuandolo al centro della stanza insieme a sua sorella mentre i genitori seguivano un agente in uno degli uffici.

Lucas si asciugò le lacrime, poi scostò Amelia verso di me dicendo: «Voi due avete tanto da chiarire, io vado a vedere come sta Austin».

Entrambe ci soffermammo sulle figure corpulente che si abbracciavano impacciate al centro della stanza, sorrisi al pensiero che entrambi fossero grandi e grossi ma non sapevano ancora come dimostrarsi il nascente affetto.

«Non sei tu che devi scusarti» la voce di Amelia mi riscosse e mi voltai di nuovo verso di lei. «Hai tutto il diritto di essere arrabbiata con me, sono io che devo scusarmi.»

Scossi la testa per farla tacere, ma evidentemente non ne aveva alcuna intenzione.

«Ti prego, Sam, devi ascoltarmi... non posso più tenermelo dentro.»

Avrei dovuto darle subito modo di spiegarsi e non imputarmi, avevo lasciato che il mio orgoglio ferito prendesse il sopravvento e oscurasse tutti i suoi tentavi di farsi perdonare. Non risposi, temevo che avrei ricominciato a piangere per l'ennesima volta, ma con un cenno del capo la invitai a continuare.

Amelia fece un profondo respiro e strinse ancora le mie mani per trasmettermi il caleidoscopio di sentimenti che stava provando in quel momento, anche se non ce n'era bisogno perché, come fossimo uno specchio, li stavo provando anch'io.

«Avrei dovuto dirti subito di Margot, so che te la sei presa perché non ne sapevi nulla e non perché si tratta di lei...» centrò subito il punto, comprendendo la mia reazione spropositata. «Devi credermi se ti dico che avrei tanto voluto, ma... sai come sono fatta, ho sempre paura di rovinare tutto nei rapporti sociali.»

Sciolsi la presa delle nostre mani solo per asciugarle le lacrime che avevano iniziato a scivolarle sulle guance. Non sopportavo vederla così indifesa e ancora meno sapere di essere colpevole di quel malessere. «Ho esagerato, potevo evitarmi quella scenata.»

«No, tu avevi perfettamente ragione» mi riprese, ammonendomi con lo sguardo. «Sono felice con lei e lo sarei ancor di più sapendo di avere il tuo appoggio, ma temevo che dicendolo a qualcuno tutto sarebbe diventato reale e avrei finito col rovinare tutto.»

Continuai ad accarezzarle il viso concentrandomi sui movimenti meccanici perché altrimenti non sarei riuscita a trattenere le lacrime. Riuscivo a comprendere come si sentisse perché anch'io avevo spesso il terrore di mandare tutto a monte con Austin e avrei dovuto immaginare che per lei fosse ancora più difficile. Amelia era sempre stata la più schiva tra noi, aprire il cuore a qualcuno che non fosse di famiglia doveva esserle costato molto più di quanto fosse disposta ad ammettere e io, anziché sostenerla e comprenderla, non avevo fatto altro che aggravare che il suo senso di inadeguatezza.

Dovevo decisamente sdrammatizzare o sarei finita in ospedale per disidratazione dopo aver pianto tutti i miei liquidi corporei. «Mi stai dicendo che io sono la prima a sapere della vostra relazione?»

Amelia ridacchiò capendo il mio intento. «Sì» annuì, asciugandosi gli occhi con la giacca, «tecnicamente tu e Austin siete i primi ad averci viste insieme

Volsi lo sguardo in direzione del biondo, che stringeva la sorellina con fare protettivo e intanto chiacchierava con Lucas di qualcosa che non riuscivamo a comprendere da quella distanza. Le sue braccia muscolose sembravano ancora più grosse intorno alla figura esile di Kimberly, che osservava di sottecchi mio fratello con aria sognante.

«Mh, potrei pensare di perdonarti giusto perché in ogni caso ho avuto la notizia in anteprima» mugugnai in risposta alla spallata complice e malandrina che mi riservò dopo avermi beccata a fissarlo.

«E tu? Hai qualche notizia da darmi in anteprima?» mi stuzzicò, puntandomi quelle sue iridi indagatorie addosso e facendomi sentire in soggezione. Aveva la stessa abilità della mamma di farti confessare qualsiasi cosa solo guardandoti negli occhi.

Sorrisi al ricordo di ciò che era accaduto solo una manciata di ore prima. «Forse...» la lasciai sulle spine prima di confessare, in fondo si meritava un po' d'attesa. «Potremmo esserci baciati alla festa.»

Amelia mi abbracciò forte avvolgendo anche me con la sua coperta termica. «Potreste? E poi?»

«Poi nulla... Mi ha convinto a chiarire con te, quindi sono venuta a cercarti ma Lucas mi ha detto che eri già a casa, così siamo tornati anche noi e Austin è andato via da solo» mi rabbuiai di nuovo al pensiero di ciò che avevano passato. «Sai, ho capito cosa volessi dirmi con il rossetto solo quando ho saputo che anche lui era sparito.»

«Immagino che dovrò ringraziare anche lui oltre al tuo cervellino.»

La colpii sulla spalla, indignandomi per il vezzeggiativo, ma non risposi poiché mi accorsi che stava per aggiungere altro. «È stato davvero bravo a mantenere i nervi saldi in quel seminterrato, senza di lui probabilmente avrei dato di matto e forse mi avrebbero stordita con qualche colpo ben assestato» lo disse ridacchiando ma non c'era divertimento nella sua voce, solo terrore puro travestito da nervosismo.

«Quando sono arrivati i poliziotti noi li abbiamo sentiti, ma eravamo legati e imbavagliati quindi non riuscivamo a fare rumore per farci sentire» continuò il suo racconto con voce tremante, ricominciando a singhiozzare. Io le strinsi le gambe e mi accoccolai su di lei, carezzandole le cosce nel tentativo di donarle un po' della mia forza. «Austin si è quasi rotto un polso per liberarsi e farci trovare.»

«Credi che vi avrebbero fatto del male?» chiesi a bruciapelo e mentre lo domandavo sentii una scarica di terrore scivolarmi lungo la spina dorsale. Era un'eventualità che non ero disposta nemmeno a contemplare.

Amelia sospirò. «Non lo so.»

Restammo abbracciate a coccolarci su quelle poltroncine scomode finché non vedemmo i nostri genitori e i Rogersi uscire dall'ufficio. Lucas, Austin e Kimberly si avvicinarono a loro e anche noi ci alzammo per raggiungerli, ma fummo precedute da Meredith.

La donna marciò a passo spedito verso di noi e mi abbracciò, cogliendomi di sorpresa. «Gli agenti ci hanno detto che sei stata tu a indirizzarli sulla via giusta, grazie». Quando si staccò riservò lo stesso trattamento alla mia gemella. «E tu sei stata grandiosa, Amelia, complimenti per il sangue freddo.»

Aveva l'aria stanca e spossata, due profonde borse sotto gli occhi e le iridi lucide a causa del pianto, ma nonostante tutto risultava bellissima. Ci rivolse un'occhiata colma di orgoglio e gratitudine, dopodiché si voltò per raggiungere il gruppo.

«Beh» sussurrò Amy prima di imitarla, «hai già conquistato la suocera».

Risi e la spinsi verso i nostri genitori, che ci osservavano interagire di nuovo dopo giorni di guerra fredda. La mia gemella era ufficialmente tornata.

Tutto si è risolto, alla fine 🌸 Ovviamente non potevo far sparire per sempre Amy (e Austin).

Che ve ne pare della riappacificazione? Le gemelle non hanno bisogno di molte parole, ma ogni tanto serve anche a loro parlare ahahahah

Questi scaltri rapitori misà che non erano poi così scaltri... Si son fatti beccare subito!

A martedì ⚽

Luna Freya Nives

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