Settembre

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Scuola nuova, classe nuova, compagni nuovi, e ad aggravare la situazione per Rebecca, il dover prendere quel treno in corsa, già in seconda.

Di nuovo tutta l'ansia di dover tessere rapporti, costruire nuove amicizie, trovare un banco che non diventasse un letto di spine.

Tipo quello di fianco al compagno che puzza di sudore, che puntualmente le era capitato perchè fino a prova contraria l'ultimo arrivato, specialmente se non è un leader nato, deve mettersi diligentemente in fila sulla scala della popolarità, subito dopo gli emarginati.

Ma avvertiva che c'era qualcosa di diverso rispetto alla sua precedente feroce esperienza: il compagno che gli era toccato era si, rimasto in banco da solo ma i suoi compagni non lo avevano propriamente emarginato. Semplicemente facevano qualche battuta quando lui non era presente e questa è una cosa che lei immaginava facessero più o meno con chiunque quando non c'era. Sembrava che in quella classe si respirasse una sorta di maggior rilassatezza.

Da dove veniva non si capiva bene, ma verosimilmente era merito di un gruppo di ragazze che buttavano tutto sul ridere, molto più di quello che avrebbe fatto una ragazza media, e soprattutto in uno stile talmente sguaiato e quasi infantile che era impossibile persino darle delle ragazzine, perchè di fatto erano più delle bambine, e non si può sparare sulle risate innocenti dei bambini.

Era un humus ideale per essere più facilmente sé stesse, e Rebecca se ne era accorta. Sapeva di non essere una di quelle che vengono emarginate per questioni fisiche o per il comportamento volutamente da pecora nera, forse il suo lato fisico meno «standard.» era l'altezza, ma nulla che potesse metterla veramente in imbarazzo. Aveva un volto molto regolare, una pelle più chiara e capelli di un castano tendente al biondo, che teneva perennemente a coda di cavallo, si vestiva in maniera sobria, ma non austera, diciamo che le felpe, se le portava, non le stavano due taglie più grandi.

L'esperienza della classe precedente non la aveva depressa al punto da perdere la fiducia in sé stessa, se c'era un lato del suo carattere che non si poteva discutere era l'autocontrollo.

Si era guardata dentro e aveva pensato che se non avesse comunque fatto qualcosa, se non ci avesse messo del suo, nessuno l'avrebbe vista per come era veramente dentro, e sarebbe stata destinata alla stessa fine della precedente scuola, quel sentirsi sempre di più da parte, nonostante un clima che sentiva più favorevole. Ma lei non sapeva fare battute, men che meno infantili, non aveva strumenti nel suo carattere che le permettessero di emergere, di mettersi almeno un po' in luce in una classe dove i maschi erano ancora dei bamboccioni semplicemente meglio vestiti e meglio pettinati, e le ragazze sperimentavano continuamente un humour degno di una puntata di Gumball.

La soluzione però ce l'aveva di fianco e ci era arrivata avendoci a che fare tutti i giorni:il compagno di banco, un anonimo Marco dai Capelli Unti, che gli stavano in testa disordinati e la faccia da ragazzo buono, fondamentalmente non era un disadattato, era solo uno entrato in un loop sbagliato. Non era un toro fisicamente, era abbastanza magro, moro con questi capelli assolutamente bradi, il viso leggermente allungato con degli occhi un po' spenti ed una bocca carnosa che davano l'impressione di essere davanti ad un cane bastonato.

Lei sapeva bene che i loop sbagliati non portavano da nessuna parte, se c'era qualcosa che aveva imparato dalla sua esperienza di cambio scuola era che i loop vanno spezzati il prima possibile. Lui, Marco dai Capelli Unti, sarebbe stato il suo biglietto da visita. Era solo questione di fargli capire che lei lo stava facendo come amica, e non come una interessata.

Più volte era stata sul punto di entrare nell'argomento, ma non aveva trovato l'aggancio giusto, non le sembrava corretto entrare a gamba tesa sulla questione, fino ad un tema di italiano che trattava il tema dell'integrazione, perfetto.

«Marco ti trovi bene in questa classe?».

«Sì, mi trovo abbastanza bene».

«Ti sei fatto degli amici all'interno della classe? Non ti vedo molto parlare».

«Non tanti. I miei amici più fidati sono fuori dalla classe».

«Ma secondo te perché non hai fatto molte amicizie in classe?».

«Non saprei dirti con precisione sono un ragazzo tutto sommato timido».

«Anche io mi posso definire timida. Ma penso che farò la mia parte per superare la timidezza e farmi qualche nuova amica».

Aveva specificato il femminile «amica» in modo che lui non si facesse strane idee, aggiungendo «Secondo me possiamo entrambi fare di più».

«Cosa intendi per entrambi?».

«Se mi prometti di prendere quello che ti dico come una critica costruttiva te lo dico».

«Forse ho capito cosa intendi dire».

«Marco. Tu non hai una buona igiene personale».

«Puzzo» aveva sospirato lui.

«Eh si».

«Non riesco a farci nulla».

«Ti serve una mano? Posso darti una mano, possiamo parlarne e possiamo migliorare, puoi darti degli obiettivi come nello studio. Ogni quanto ti fai la doccia?».

«Tre giorni. Di solito».

Rebecca era rimasta di pietra.

«Dobbiamo cercare di farlo diventare magari un 'Tutti i giorni', che dici?».

«Eh si».

Ai miei tempi gli adolescenti erano sgumbiati, erano molto più male in arnese, sciatti, disattenti all'aspetto, diciamo che di Marco dai Capelli Unti ce n'erano di più. Molto è cambiato dagli anni '90, non necessariamente tutto in meglio, ma sicuramente l'aspetto fisico è uno di quelli che ne ha beneficiato, e classi invase da tanfo di corpi lavati alla spiccia e scarsamente deodorati, ormai non se ne vedono più. Sul serio, ammiro i ragazzi che hanno enormemente migliorato la loro igiene personale.

Rebecca non era una personal stylist, una personal shopper, una fashion blogger, ma aveva un minimo di buon senso oltre ad un accettabile buongusto, e soprattutto sapeva come funzionava uno shampoo per capelli grassi, un bagnoschiuma dal profumo gradevole e un deodorante adatto ad un adolescente che non volesse profumare né come un abitacolo di un camionista macedone né come un perizoma di una spogliarellista.

Senza mezzi termini, era riuscita a fargli capire che poco più di due docce alla settimana era negativo per lui e per chi lo attorniava. Se la faccio breve non vuole dire che lo sia stato, ma che alla fine ci era riuscita: spronandolo lo aveva rimesso in sesto, in questa particolare alleanza tra ultimi, tanto che questo lavoro l'aveva accreditata agli occhi delle compagne. Anzi, era uno degli argomenti: «La rinascita igienica di Marco».

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