Il Colombo

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— Serpente! — gridò il Colombo. — Io non sono un serpente,— disse Alice indignata. — Vattene! — Serpente, dico! — ripeté il Colombo.

Quella notte Alice scappò di nuovo.

Questa volta, però, aveva in testa una destinazione precisa: Luca. Sentiva già la sua mancanza. In più, aveva uno strano presentimento su di lui, un nervosismo che nasceva dal fondo dello stomaco e non la lasciava dormire in pace.

Sgusciò fuori dalla finestra e si levò sempre più in alto sopra i tetti, battendo due grandi ali dalle piume argentee. 

Assaporò quella sensazione. Il vento addosso, il corpo leggero, la forza delle sue stesse ali. Libertà e potere.

Sotto di sé, tra le case, vedeva gli ultimi (o i primi?) passanti che si affaccendavano per strada.

Guardali, come corrono...Dove corrono poi? Che hanno da fare? Dove pensano di arrivare?

Alice scosse la testa per scacciare quei pensieri astiosi. Non era da lei un tale malumore.

In realtà era nervosa; anzi, aveva paura, paura di quello che avrebbe trovato a casa di Luca. E se fosse stato con un'altra ragazza?

Alice aveva pensato spesso alla possibilità che Luca la lasciasse. Alla fine, non le dava quasi più fastidio il pensiero. 

Ci aveva riflettuto a lungo e sapeva che, per quanto male avrebbe fatto a lei, quel ragazzo meritava di meglio. Aveva il diritto di stare con una persona che lo facesse sorridere, invece di subissarlo con i propri problemi.  

Alice poteva sopportare che lui la lasciasse. Gli avrebbe permesso di andarsene senza problemi. Non avrebbe versato nemmeno una lacrima. Non ne aveva più.

Avrebbe sofferto dentro, certo, e molto anche, ma del resto lo stava già facendo.

Solo una cosa non avrebbe accettato: che lui si vedesse con un'altra senza lasciare lei, magari per paura di danneggiare i suoi nervi troppo provati.

Luca era rimasto l'unico che non le nascondeva più le cose, perché si era accorto che lei capiva tutto lo stesso. Aveva smesso di mentire. Persino quel debole tentativo di finzione, il giorno prima, aveva ceduto subito. 

Se lui le avesse mentito ora, su qualcosa di talmente importante,  Alice non avrebbe più saputo distinguere la verità dalla menzogna. La realtà dall'illusione. Già ora faceva fatica e lui, pur senza saperlo, era l'ultimo pezzo di verità che le restava, quello che le impediva di impazzire davvero.

Finalmente, la casa che cercava apparve sotto di lei, bianca alla luce della luna, quasi spettrale.

Non voleva entrarvi dall'alto, perciò si infiltrò sotto la porta come uno spiffero freddo e riprese il suo aspetto normale. Camminò piano, con cautela, anche se sapeva che i suoi piedi erano come fantasmi e non potevano fare rumore né disturbare nessuno.

Cominciò a sentirsi a disagio. In ogni parte della casa vedeva volti e sguardi che la fissavano con disapprovazione. Non riusciva quasi neanche a ricordare perché era venuta lì.

Si concentrò nel movimento dei piedi, uno avanti all'altro, destro-sinistro-destro-sinistro.

Arrivò in cima alle scale. Percorse piano il lungo corridoio.

Sono ancora in tempo, posso tornare indietro, pensò.

No, voglio sapere! si disse.

Si mosse con fare deciso verso la porta che sapeva essere quella giusta. Alzò la mano verso la maniglia.

Non mi fido più di lui?

Quel pensiero la sorprese.

Sto diventando sospettosa?

Forse sì, ma credo di avere ragione, alla fine.

Infatti, attraverso la porta, riusciva a sentire la presenza di Luca. Riconosceva ogni suo respiro, ogni battito del suo cuore, però...Però c'era qualcun altro lì dentro, lo sentiva, un secondo respiro, che le era familiare, ma non quanto quello di lui. Alice aveva la stessa sensazione che si ha quando si vede per strada un volto che sembra conoscere già, ma a cui non si sa dare un nome.

Chi era? A chi apparteneva quel respiro? 

Alice non riusciva a ricordarlo. I sensi di colpa di poco prima scomparvero, sostituiti da una divorante gelosia, e la ragazza abbassò la mano sulla maniglia della porta.

Quella non si mosse. Nella foga, Alice aveva dimenticato di non avere un corpo.

Ma se non ho un corpo, sono davvero qui? O questo è tutto un sogno?

Ma certo, doveva essere un sogno, non poteva essere reale. Lei non poteva uscire dalla sua stanza, tanto meno senza il suo corpo.

E allora cosa ho fatto in queste notti? 

Si accasciò a terra, le mani che affondavano tra le ciocche di capelli. Quanto avrebbe voluto una lama, una qualsiasi, in quel momento.

Sono stati solo sogni.

Quei suoi pezzi di libertà strappati alla malattia, allora, erano solo parte della malattia stessa?

Forse sono davvero pazza...

In quello che ormai sapeva essere solo un sogno, cominciò a singhiozzare. La sua visione si offuscò e si accorse di star diventando diversa. Una piccola nuvola grigia. Si alzò nel cielo, insieme alle altre. Voleva diventare una di loro e sparire.

Finché si senti chiamare.

La voce di Lucia era lontana, lontanissima, eppure poteva udirla chiaramente.

Alice, svegliati! Svegliati!

La nuvola scese in fretta verso la stanza da cui era partita. 

Attraverso il vetro, vide l'infermiera che scuoteva il suo corpo immobile.

Non sapendo se quello fosse un sogno, un incubo, o la fantasia della sua mente malata, entrò. Di nuovo in quella prigione. E la prigione non era la clinica, capì mentre ci tornava. Non era la stanza né il letto. Era quel suo corpo, così debole e reale. Ma essere vivi e reali ha un prezzo, che Alice era disposta a pagare.

***

Alice si svegliò tirandosi a sedere, prendendo una boccata d'aria, come se stesse riemergendo dopo un'immersione subacquea.

"Dio mio, tesoro, stai bene?"

Alice guardò Lucia. Il viso preoccupato era illuminato dalla luce del sole.

Sole?

Guardò fuori dalla finestra: il sole splendeva. L'orologio, sulla parete opposta, segnava le nove.

"Cosa...Cosa è successo stanotte?" domandò, tremante.

"Nulla. Ma come stai ora? Non ti sei mai svegliata così tardi, e all'inizio pensavo anche che non mi sentissi..." 

Allora era vero. Era stato solo un sogno. 

Alice abbassò lo sguardo.

"Ho paura. Ho tanta paura perché non so cosa succede" disse in un soffio.

Lucia le si avvicinò, prendendole la mano. "Forse è meglio che mi racconti."

E Alice raccontò tutto, dall'inizio alla fine, e non le importava di quello che avrebbero pensato i medici o i suoi amici. Lei voleva solo che qualcuno la portasse via da quest'incubo. Perché di questo aveva paura. Questo non lo poteva controllare, da qui non si sarebbe svegliata.

"Alice" disse Lucia alla fine, con calma.

"Quello che hai fatto tu non è una cosa da persone matte."

Alice la guardò scettica.

"È una cosa da persone rinchiuse, prigioniere. Vuol dire che hai bisogno di un po' di libertà. I libri non ti bastavano più e sei passata ai sogni. Ma io voglio che tu non abbia più bisogno dei sogni. Voglio che la tua vita sia un sogno. E farò tutto il possibile per realizzarlo, hai capito?"

Alice annuì.

"Sei stata bravissima, piccola. A capire che era un sogno. Te l'avevo detto che stavi diventando più forte."

La paziente non sembrava altrettanto entusiasta. "Voglio vedere Luca" disse.

"Lo faccio chiamare" rispose  Lucia, ma con uno sguardo deluso.

***

E Luca arrivò.

Non era prevista una visita quel giorno, ma Alice cominciava ad essere nervosa e tesa e tutti in quel posto sapevano che lui era l'unico in grado di calmarla.

"Ehi, principessa, che c'è?" disse con dolcezza, entrando. Non era scherzoso, sembrava stanco.

Alice non parlò, ma allargò le braccia in un gesto inequivocabile. Luca si sedette sul letto e la abbracciò.

"Dimmi dov'è il fantasma, lo caccio via io" le sussurrò all'orecchio.

Forse scherzava, forse no, ma Alice fu felice di sentirglielo dire, nonostante il fantasma, in questo caso, fosse lei. Lo strinse forte. La sua ancora, il suo appiglio, il suo ultimo pezzo di verità. 

Rimase così per qualche secondo. Poi, di colpo, il suo respiro tornò regolare e il suo cuore smise di battere così forte.

"Scusami per questo. Dormivi?"

Lui si allontanò appena, lasciandole un braccio intorno alle spalle per farla sentire protetta.

"Sì, in effetti. Ieri sera ho fatto tardi, è venuto Francesco a vedere la partita a casa mia. Tra l'altro i suoi hanno perso di brutto, aveva una faccia, dovevi vederlo, faceva quasi ridere." 

Cercava di distrarla. E ci riuscì. 

Francesco. Ma certo, il loro amico, era lui quello che le era sembrato di sentire nel sogno. Le era familiare, ma non ricordava chi fosse. Ora lo sapeva. Possibile che fosse una coincidenza?

"Ma lui poi è anche rimasto a dormire?"

Luca annuì. "Sì, lui, io invece non ho dormito bene perché ho avuto un incubo. C'eri tu...Stavi nel corridoio fuori dalla mia camera e piangevi."

Alice trasalì. "E poi cosa facevo?" chiese dopo un momento, quasi timorosa di ascoltare la risposta.

"È un po' assurdo...Non ricordo bene." Luca ci pensò, esitò.

"Una nuvola" disse alla fine.
"Diventavi una nuvola."

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