Capitolo 29: Birra, amore mio.

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Tenevo tra le mani l'invito al matrimonio dell'anno.

Edoardo si sposava, lo stesso uomo che qualche mese fa mi diceva di non voler far famiglia e che non si sentiva ancora pronto per un passo così importante.

Ancora ricordavo quanto si fosse incazzato quando parlammo del mio matrimonio senza sentimento e, dopo qualche mese, era pronto a sposarsi più per convenienza che per amore.

Aveva avuto persino il coraggio di invitarmi.
Il padre che aveva  molta stima per me, aveva ben pensato di girare qualche invito ai collaboratori dell'hotel, me compresa.
Perfetto.

Ero afflitta.
Dopo che Edoardo mi aveva dato la terribile notizia, mi ero ancora più chiusa in me stessa.
Lo avevo invitato ad andarsene dopo averlo ringraziato per lo spuntino cinese, inventandomi che dovevo andare dal medico per il certificato.
Sicuramente non credette alla mia scusa campata per aria, ma se ne andò scusandosi per non avermi detto prima che si sposava, come fosse una cazzata da quattro soldi.

Quel pomeriggio dopo aver raccolto tutti i cocci della mia vita perfettamente inutile, avevo chiamato Mario per uscire un po'.

Gettai l'invito nel cassetto insieme alla lista dei regali di nozze, e mi imposi di distrarmi.
Ormai in quel periodo non facevo altro che cercare svaghi.

Chiamai Marco al telefono per accertarmi che Filippo stesse bene, in effetti quei due si stavamo divertendo molto.
Avrebbero fatto rientro nel fine settimana, ma Marco sì èra informato dall'Agenzia per restare un paio di giorni in più.
Mi dispiaceva non vedere per così tanto Filippo, ma mi rendevo conto che aveva bisogno di stare con il papà e quindi accettai con diplomazia la loro richiesta.
E nel frattempo avrei potuto riassemblare la mia veste di mamma modello.

La sera ci eravamo dati appuntamento io e Mario al solito pub, ma stavolta si sarebbe unita anche Marika con noi.
Erano i miei unici due amici veri, gli unici a cui potevo confidare certe cose con la sicurezza che mi avrebbero ascoltata.

Davanti ad una birra gelata e dopo qualche sigaretta sotto le stelle, avevo deciso di tirare fuori il mostro dentro di me.

《Ragazzi... Oggi ho avuto una grande notizia. Edoardo si sposa.》

Marika per poco non si affogò con la birra, mentre Mario gettò a terra il mozzicone con aria completamente contrariata.
All'unisono mi chiesero come lo sapevo.
Gli raccontai del pomeriggio appena trascorso, del fatto che Edoardo mi avesse lasciato pure l'invito tra bocconi di cibo unto e lacrime amare ingoiate a fatica.

《Cosa farai, andrai al suo matrimonio?》

Ancora faceva strano pensarci.
Ma era la realtà.
Edoardo aveva chiesto la mano di Elisabetta prima dell'inaugurazione, la quale aveva accettato immediatamente senza pensarci su due volte.

Non sapevo sinceramente cosa fare.
Accettare quell'invito, oppure no?
Sapevo solo che si trattava di un matrimonio di convenienza, perché certamente il loro non poteva essere amore.
Non dopo che Edoardo mi aveva confessato gli interessi di famiglia e i motivi della loro unione.
Il padre voleva garanzie per tutti quei soldi prestati alla futura nuora e il matrimonio sembrava l'idea migliore per sigillare una promessa.

《Una parte di me andrebbe solo per rovinargli la giornata e dire alla sua futura sposa che se l'è fatta con me qualche tempo fa. Una parte invece non vorrebbe soffrire ancora.》

I miei due amici sembrarono compatirmi, ma alla loro maniera, vollero risollevarmi il morale.

Qualche birra dopo, eravamo ubriachi e su di giri.
Mario non finiva di raccontare di Giulio e del suo sex appeal.
Tentava di distrarmi con ogni mezzo, persino raccontando certe cose scabrose.
Ormai aveva accettato l'idea di essere bisessuale, infatti non smetteva di ripetere che se solo avessi voluto una ripassata, me l'avrebbe data con piacere.
Marika invece raccontava del suo nuovo scopamico, un certo brasiliano che faceva le pulizie all'Hotel.
Mi era capitato di vederlo più volte girare per le camere del Holiday, ma non mi aveva fatto l'effetto che invece aveva fatto su Marika.
Lei ne era totalmente rapita.
Era un bel ragazzo mulatto, ben messo, ma, come di consueto, a me i ragazzi pompati non piacevano molto.

Iniziava a fare davvero tardi e io per il resto del mondo ero ancora in malattia, per cui optammo per l'ultima birra e poi dritti a nanna per non insospettire nessuno.
Persino Mario, che in realtà era il mio superiore, mi promise che avrebbe taciuto con il padre della nostra uscita, anche se ormai i segreti tra noi erano di moda e non c'era più bisogno di farsi promesse.

Ero esausta e ubriaca. Sapevo di dover guidare fino a casa, ma ero anche consapevole di non esserne in grado.
Fuori dal pub sperai che l'aria fresca mi risollevasse un po', ma non c'era molto da fare.
Avevo davvero bevuto una birra di troppo.
Mi sedetti in auto sperando che in poco tempo mi passasse la sbornia.
Marika e Mario si erano già defilati.
Lui aveva appuntamento con Giulio che smontava tardi dal lavoro.
Marika invece era solo troppo brilla per rimanere ancora al pub.
Si stava addormentando sul tavolo e visto che stava poco distante, si avviò a piedi verso casa.

Il mio cervello era disconnesso.
Estrassi il telefono dalla tasca e dopo aver armeggiato un po', trovai il numero di Edoardo.
Non avevo alcun freno, non mi interessava affatto se fosse con Elisabetta o da solo, composi il numero e chiamai.

Dopo qualche squillo, finalmente rispose.
Era molto tardi in effetti, avrei dovuto immaginare che probabilmente si trovava già nel mondo dei sogni.

《Pronto... Pronto Mary. Ma che ore sono?》

Chiaramente stava dormendo.

《Scusa. Sono nel parcheggio del Bud's Pub e sono terribilmente ubriaca. Non so come fare.. Per.. Tornare a casa.》

Mi sentii stupida e fuori luogo e subito mi pentii di averlo chiamato. Avrei potuto aspettare qualche ora e poi sarei potuta tornare a casa senza disturbare nessuno a tarda notte.

All'altro capo un attimo di silenzio.

《Resta li per favore, arrivo.》

E poi riagganciò il telefono, mentre ancora stavo parlando.

__________________________

Pochi minuti dopo la berlina di Edoardo entrò nel parcheggio.
Scese dall'auto e venne nella mia direzione.
Indossava una tuta leggera e una t-shirt nera molto sobria, ma forse anche per colpa della birra, lo trovai tremendamente sexy.

《Che cosa ci fai qui da sola? Sei impazzita? È pericoloso!》

Non aveva torto effettivamente, ma piuttosto che mettermi alla guida,
pensai fosse meglio rimanere nel parcheggio.
A tarda notte il pub si animava di bifolchi ubriaconi e di gente poco raccomandabile che di fronte ad una donna sola non si sarebbe fatta troppi scrupoli.
Solo Dio sapeva cosa avevo rischiato nel restare lì da sola.

《Non sono in grado di tornare a casa con la mia auto. Ho bevuto troppo.》

Edoardo apri la portiera per farmi uscire dall'auto e mi aiutò a mettermi in piedi.

《Sali in macchina, ti accompagno io a casa e domani ti riporto a prendere la tua auto. Se è ancora qui...》

Mi sedetti in auto e mi raggomitolai con le braccia al petto.
La testa mi scoppiava e mi sentivo esausta, quella sera avevo davvero esagerato molto.
Edoardo si mise al posto di guida e dopo aver acceso il motore imboccò la strada di casa mia.

《Eri con Elisabetta?》

Io e i miei filtri che se ne vanno a farsi benedire.

《No. Vivo ancora con mio padre, ricordi? Sono le due del mattino... Stavo dormendo.》

Mi sentii in colpa, ma la parte di me assalita dai fumi dell'alcool, era felice di averlo chiamato e svegliato a tarda notte.
Ma sopratutto che non fosse stato con lei.

Da ubriachi si dice e si fa quello che si pensa davvero.

Durante il viaggio di ritorno tentai invano di impegnarmi per non dormire, ma qualcosa andò storto e dopo un paio di chilometri stavo già nel mondo dei sogni, accoccolata al sedile.
Edoardo mi svegliò quando fummo sotto casa mia.

《Ti accompagno in casa. Tanto ormai possiamo saltare i convenevoli, ho gia visto il casino che hai lasciato negli ultimi giorni e il tuo pigiama orribile.》

Mi sentii sprofondare dalla vergogna, ma non avevo alternative, Edoardo mi strappò le chiavi di mano e si diresse verso il portone.
Salimmo le scale a fatica, con me alle sue spalle che necessitavo di tanto in tanto di aggrapparmi alla ringhiera.
Ad ogni pianerottolo Edoardo si voltava per controllare che non cadessi giù per la rampa.

Davanti alla porta del mio appartamento, mi sentii male. Iniziavo ad avere nausea e mi sembrò che tutto il pianerottolo mi cadesse addosso.
Edoardo aprì appena in tempo la porta per permettermi di correre in bagno.

Il mio stomaco si rivoltò più e più volte.
Quando mi sembrava di essere ormai libera, avevo bisogno di vomitare ancora.

Almeno era più veritiera la scusa della gastroenterite.. No, ero solo ubriaca fradicia.

Edoardo era alle mie spalle e mi accarezzava la schiena.

Ottimo come finale di serata, l'uomo che desidero più al mondo che mi fa da balia mentre vomito la mia stessa anima.

Finalmente dopo un po' smisi di vomitare.
Lo stomaco stava molto meglio, ma mi sentivo ancora un po' brilla.
Edoardo stava seduto sul bordo della vasca aspettando che finalmente smettessi di dare di stomaco.

《Forse adesso imparerai a bere un po' meno, che dici?》

《Forse è colpa tua. 》

《Ah, tu dici?》

Il suo tono era severo, ma comprensivo. Forse aveva capito che la mia serata era finita così a causa delle novità apprese nel pomeriggio appena trascorso.
Non che bere risolvesse le cose, ma sicuramente per un po' non faceva pensare ad esse.

Era seriamente l'ultima persona che potesse venire a farmi osservazione per le mie scelte.

《E tu magari non dovresti sposare una donna che non ami solo per salvare qualche soldo.》

Le parole mi uscirono dalla bocca come un fiume che trabocca dagli argini, distruggendo anni e anni di lavoro.
Edoardo si accigliò molto in un primo momento, ma poi sembrò ragionare.

《Hai ragione. Ma ormai la scelta è fatta. Quando le ho chiesto ero convinto e non posso tornare indietro. Anche se ho conosciuto una persona che mi fa stare bene, che mi ha fatto cambiare idea.》

Una lacrima sembrò volesse uscire a tutti i costi dai miei occhi.
La birra non mi aiutò a nascondere le mie emozioni.

《Ti prego non piangere, non sopporto far soffrire le persone.》

Tenevo stretto tra le mani l'asciugamano per tamponarmi gli occhi.

《Allora non andare via stanotte.》

Era una richiesta assurda, ma la più sensata degli ultimi giorni.

Avevo bisogno di lui.
Anche se tra noi non c'era mai stato nulla a parte una focosa notte di sesso in auto, non volevo ancora rinunciare a lui.

Mi prese per mano e mi accompagnò nella mia stanza.
Mi tolse le scarpe e i jeans, mi sfilò la maglietta e mi aiutò a mettere il mio terribile pigiama.

《Sei troppo ubriaca. Non voglio approfittare di te o della situazione. Ma resto finché non ti addormenti.》

Avevo due scelte, essere delusa che non mi desiderasse o esserne grata perché ero troppo ubriaca. Optai per la seconda.

Mi infilai nel letto ed Edoardo si stese al mio fianco.
Apri le braccia per accogliermi in un abbraccio e io mi accoccolai sul suo petto.
Potevo chiaramente sentire il tocco sui miei capelli, alternato a  qualche bacio sulla fronte.
Il suo cuore martellava sotto il mio orecchio e in un attimo mi sentii davvero a casa.
Fu un momento tenero, come non mi capitava da molto.
Mi sentivo protetta, tra le sue braccia.

《Non mi lasciare sola stanotte ti prego. Non te ne andare.》

Era solo la birra?

Lo sentii abbracciarmi più forte.

《Ok, non vado via, resto qui con te. Te lo giuro.》

Lo strinsi più forte a mia volta.

《Non giurare qualcosa che non può esistere, Edo.》

E in attimo il sonno si impossessò di me.
Mi addormentai con le sue labbra sulla fronte.

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