Capitolo 34: Il grande giorno (parte 1)

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Agosto se ne andò e si portò via con sé definitivamente quell'estate orrenda.

Ero una giovane donna orfana di padre e ancora non riuscivo a capacitarmene.
Settembre era il mese delle grandi battaglie e dei cambiamenti in atto.

Per prima cosa, andai dal parrucchiere.
Ero stanca di vedere quei capelli biondi, non ero io.
Quando mi chiese cosa volessi fare,gli dissi semplicemente "fammi mora".

Uscii dal parrucchiere con un taglio nuovo, alle spalle, color cioccolato.
Questa ero io, non la bionda platino degli ultimi mesi.

Stavo vivendo il lutto di mio padre in modo molto profondo e riflessivo.
Una volta al giorno leggevo la sua lettera e ne capivo sempre un significato in più.
Mio padre mi mancava terribilmente, soffrivo ogni giorno della sua assenza e più volte mi sentii pervasa dall'ansia e dalla frustrazione.
Non sarebbe tornato indietro, poteva solo rivivere nel mio cuore e nella mia mente.

Settembre era anche il mese del matrimonio di Edoardo.
Un'altra pugnalata nello stomaco.
Le nozze erano previste per l'otto di settembre.
Edoardo aveva invitato molta gente che conoscevo, tra cui Marika, Mario, il Fausti e qualche altro dello staff dell'hotel.

Un giorno prima del matrimonio ancora non sapevo se sarei andata.
Una parte di me già era logorata dalla perdita di mio padre, mentre l'altra voleva capire se mai si sarebbe sposato davvero.
Volevo sfidarmi, capire quanto sarei stata forte di fronte all'ennesima delusione.

Alla fine, decisi che serviva più a me stessa capire come sarebbe andata a finire.
Per rispettare la richiesta di mio padre di non farmi intimorire da niente e nessuno, uscii per comprare un abito da ricevimento e un paio di scarpe nuove.
I capelli erano già stati trasformati, ora dovevo solo trovare un abito sensazionale per presentarmi al mio meglio.
Prima di decidere in modo definitivo, avevo bisogno di capire come stava realmente mia madre, così il giorno prima ci sedemmo a tavola per bere un caffè insieme.

《Ti ricordi... Ho ricevuto quell'invito al matrimonio del geometra dell'hotel. Il mio cuore è in bilico tra il restare a casa, o andare. Se non ti senti bene, non vado. Non voglio lasciarti sola... basta solo che tu me lo chieda e resto con te.》

Mia madre lasciò cadere il cucchiaino sul tavolo, prima di proferire parola. Mi fissò  in modo circospetto.

《Mary, io ho capito tante cose di te in questo periodo. Ti ho vista abbracciata a quel ragazzo il giorno del funerale di tuo padre. Ti posso solo dire che si vede lontano un chilometro che sei innamorata di lui.
Nemmeno con Marco ti ho vista così trasportata.
Ti direi di andare, potrebbe servirti per trovare risposta a qualche domanda.
Ad esempio, non ho capito cosa lui prova per te, però.》

In realtà, non lo sapevo nemmeno io.
La notte in hotel mi aveva confessato di essere innamorato di me, ma non vedevo da parte sua la volontà di stare insieme.
Gli interessi di famiglia restavano sempre la sua priorità, anche oltre l'amore che poteva più o meno provare per me.

《Non so cosa prova per me.
Ma io so cosa provo per lui e sono innamorata, mamma. Ma si sta per sposare con la sua donna. Anche se sono sicura che non la ama, cosa potrei fare ora? 》

Mia madre si girava i pollici e sembrava non trovare una soluzione al mio problema.

《Beh, da come ti teneva stretta forte al cimitero, qualcosa per te prova di sicuro. Mi è sembrato di rivedere me e tuo padre nei primi momenti della nostra storia, quando bastava un gioco di sguardi per innamorarci di nuovo...ogni giorno di più.》

Ogni volta che parlava di mio padre sentivo un tuffo al cuore, come una pallottola conficcata in mezzo al petto.
Parlava di qualcuno che ormai non c'era più, parlava di mio padre e la cosa mi faceva sentire persa, vuota.

《Filippo resta con me, puoi stare tranquilla...quel bambino ha il potere di farmi gioire e distrarmi. È così buffo nel suo modo di essere, mi fa credere che la vita mi possa ancora riservare qualche gioia. So che la morte di tuo padre è una cosa fresca, ma se il tuo cuore ti urla di andare, dovresti seguirlo. Finché non pronuncia il fatidico sì, sei ancora in tempo per cambiare le cose.》

Mi faceva davvero molto strano andare ad un matrimonio in quel frangente, ma in parte mi dava anche un motivo per distrarmi.

Qualche mese fa mia madre mi avrebbe dato della pazza, o della stupida.
Ora invece, mi stava incoraggiando a seguire il mio cuore.
Mia madre era inevitabilmente cambiata in quell'ultimo periodo, aveva smesso di essere fredda e cinica.
Voleva che amassi senza riserve e io non potevo che ammirarla per la sua forza d'animo.
Era una gran donna.

Così alla fine, mi convinse.

__________________________

8 settembre.

La cerimonia si sarebbe tenuta nella piccola chiesetta vicino al centro storico.
Era un luogo di culto molto antico e di una bellezza disarmante, fin troppo importante per un matrimonio di così poco conto.
Quella mattina mi svegliai alle sei in preda agli spasmi.

Avevo sognato ancora una volta mio padre che mi diceva di non sposarmi, lasciandomi sola lungo la navata della chiesa.
Ad un certo punto del sogno, mio padre spariva ed in mano mi ritrovavo la sua lettera, che poco prima di svegliarmi, prendeva fuoco tra le dita diventando cenere.
Era un incubo senza fine, ogni notte si ripeteva e ogni mattina mi svegliavo stanca e spossata, come non avessi per niente riposato.

Aprii il getto d'acqua della doccia e mi rinfrescai a lungo.
Avevo tutto il tempo per rilassarmi quella mattina, visto che il matrimonio era previsto per le undici.

Mi vestii con calma, srotolando con cura i collant per non rovinarli, poi indossai il mio vestito color celeste che scendeva liscio fino ai piedi.
Aveva leggermente la schiena nuda e un po' di scollatura, ma era comunque molto sobrio.
Indossai anche le scarpe nuove color panna e mi raccolsi i capelli in uno chignon morbido.
Non avevo bisogno di altro, un velo di trucco e via.

Passai a prendere Marika alle dieci.
La sposa era attesa un ora dopo davanti alla chiesa, una buona usanza ci imponeva di essere la un po' prima.
Davanti alla chiesa, Mario era già arrivato insieme a Giulio.
Erano elegantissimi nei loro smoking neri, sembravano appena usciti da un film alla 007.

Ci accomodammo vicino all'entrata della chiesa.
Gli invitati ridevano e si trattenevano in chiacchiere aspettando gli sposi.
Erano davvero tutti molto entusiasti, tranne noi.
Mi ritrovai a stringere forte il mio vestito quando finalmente in mezzo ai testimoni e agli amici, lo vidi.

Indossava un completo molto elegante e di classe, in stile gessato.
I suoi capelli erano perfetti, portati un po' spettinati, ma con uno scopo preciso.
Al taschino, spuntava una rosa bianca.
Sorrideva agli invitati, in attesa della sua sposa.

Mi sentii morire.
In un batter di ciglia mi pentii di aver accettato quell'invito, mi stavo solo facendo altro male.

Alle undici o poco più, una limousine parcheggiò davanti alla chiesa.
Il guidatore, un uomo di mezza età, scese dall'auto con l'intento di dirigersi verso la portiera del passeggero.

Elisabetta era di una bellezza mozzafiato.
Scese dall'auto tenendosi l'abito, era radiosa.
I capelli raccolti le illuminavano il volto, indossava un abito a sirena brillante con la schiena nuda.
Il suo viso era lievemente nascosto da un velo ricamato di pizzo, ma si poteva intravedere il suo sorriso.
Aveva un corpo da urlo e l'abito le rendeva giustizia.

Edoardo la accolse con un bacio sulla guancia, poi entrarono in chiesa.
Tutti noi ci accomodammo dietro per raggiungere i nostri posti.

Il padre di Elisabetta la tenne per mano fino all'altare, quando una volta in faccia ad Edoardo, la lasciò andare con un bacio sulla fronte.
Quella scena riempì il mio cuore di dolore, ma mi promisi di non piangere.
Marika di tanto in tanto mi chiedeva come mi sentissi.
Ero in mezzo a Mario e Giulio, che non smettevano di tenermi la mano e rincuorarmi, incoraggiandomi di essere forte.

Come si poteva essere forte?
Avevo accettato di far parte al matrimonio dell'uomo che amavo, che cosa mi era saltato in mente?
Ero forse una masochista?
Cosa altro mi serviva per convincermi che quell'amore era irreale?

Il prete iniziò a parlare, ricordando agli sposi il valore del matrimonio e dell'Unione sacra davanti a Dio.
Per la vita, aveva aggiunto.
Elisabetta guardava Edoardo con gli occhi di una donna innamorata
Mi sentii invidiosa della sua posizione.

Non avevo ottenuto nulla, non aveva scelto me.
Si stava davvero sposando con lei.

Mezz'ora dopo, era arrivato il tempo delle promesse.
Il sacerdote invitò i presenti a parlare o tacere per sempre, ma nessuno parlò.
Io avrei voluto dire tante cose, ma la voce non sarebbe mai potuta uscire dal petto. Ero senza fiato.

Il prete chiese ad Elisabetta se volesse prendere come sposo Edoardo.
Lei senza nemmeno tanto rifletterci sopra, rispose di sì e infilò la fede al dito di lui.
Poi fu il turno di Edoardo.

Persi diversi battiti.
Era giunta la prova del nove.

《Vuoi tu, Edoardo Berghi, prendere qui la presente Elisabetta Mincio come tua sposa...per amarla...Onorarla... Finché morte non vi separi?》

Nella chiesa calò in silenzio più assoluto.
Accanto a me, Mario stava trattenendo il fiato.
Giulio scuoteva la testa, Marika incrociava le dita perché Edoardo potesse riflettere.

Il mio tempo si fermò.
Mi rividi con lui, in quell'auto la notte in cui ci fermammo vicino al bosco.

Mi sembrò di sentirlo ancora dentro di me, ansimando insieme, presi dalla passione e dal primo caldo estivo sotto le stelle.
La nostra pelle intrisa di piccole gocce di sudore, stava sigillando un nuovo legame, che in me già sentivo indissolubile.

Poi lo ricordai in piscina, mentre con le mani scopriva il mio corpo, baciandomi le labbra e accarezzandomi la schiena nuda.
Me lo immaginai ancora nel fare l'amore nel letto dell'hotel, quando mi aveva confessato di provare qualcosa per me.
Lo risentii abbracciarmi forte al funerale di mio padre, ricordami che per me ci sarebbe sempre stato.

Ed ora eravamo lì, distanti.
Io in attesa di sapere se si fosse convinto, se alla fine si fosse realmente sposato con lei.

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