Capitolo 35: Il grande giorno (parte 2)

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Si... Lo voglio.

Mi sentii morire dentro.

Aveva detto sì.

Non poteva essere vero, non poteva aver detto realmente "si".

Lo vidi mettere la fede al dito di Elisabetta e nella chiesa si levò un boato di festa e di gioia.

Si era sposato. Lo aveva fatto davvero.

Era la conferma che solo io avevo provato davvero qualcosa per lui.

I neo sposi attraversarono la navata mano nella mano, sorridenti e pieni di vita.
All'ultimo banco, Giulio mi teneva la mano senza parlare.

《Mary mi romperai un dito se continui a stringere così forte.》

Non mi stavo rendendo conto che la mano di Giulio era stritolata dalla mia presa.

Uscimmo dalla chiesa per dirigerci alla location destinata al pranzo.
Elisabetta aveva scelto un castello ai piedi dei colli, ci aspettava oltre un'ora di auto.

《Me ne vorrei andare.》

Era la cosa più sensata da fare. Non avevo altra scelta.

《Non puoi andartene adesso. Lo so che è dura, ma qualcuno potrebbe insospettirsi. Tieni duro. Questa giornata finirà e poi ognuno si tornerà alle proprie vite.》

Marika aveva ragione.
Se avessi voluto evitare certe cose, non sarei proprio dovuta venire sin dal principio.
Ormai ero in ballo e dovevo ballare.

Arrivammo al castello.
Il viaggio in auto mi ribaltò lo stomaco ulteriormente.

La location era di un eleganza fuori dal comune.
La piccola tenuta si ergeva proprio ai piedi del colle, difesa da mura medievali.
La sala del ricevimento era mozzafiato.
Numerosi tavolini da quattro persone erano stati disposti con ordine in tutta la sala, salotto che un tempo fu adibito a banchetti e a grandi balli nobiliari.

Io e miei amici per fortuna eravamo stati assegnati allo stesso tavolo.
I ragazzi del catering giravano con vassoi colmi di vino e stuzzichini, per omaggiare i presenti dell'aperitivo.
Avevo lo stomaco contratto, non riuscivo a buttar giù nulla di solido, ma il vino invece andava giù benissimo.

Qualche minuto dopo, gli sposi entrarono nella sala.
Elisabetta sì èra cambiata d'abito, indossava un vestito a trapezio ampio molto più scollato di quello che aveva indossato in chiesa, con uno strascico corto e la scollatura a cuore.
Era di un color panna romantico e le donava, per via della sua pelle ambrata.
Edoardo la teneva per mano e io non smisi di sentirmi trasalire ogni volta che incuriosita, mi voltavo nella loro direzione.

Iniziarono ad arrivare le prime portate.
Lasciai quasi tutto nel piatto, non perché non fosse buono, ma perché ogni morso mi procurava un conato.

Scrissi un SMS veloce a mia madre per comunicarle che alla fine si era sposato e che finito il ricevimento, con una scusa, me ne sarei andata di corsa.
Avevo la mia auto, per cui se Marika avesse voluto restare, sarebbe tornata con Mario e Giulio.

Mia madre mi rispose pochi minuti dopo.

"Mi dispiace piccola. Forse il destino voleva questo, adesso ti devi rimboccare le maniche e andare oltre... Ti aspettiamo a casa per cena."

Spostai la mia attenzione su Marika che, a differenza mia,  mangiava con gioia.
Lei mi capiva, ma non poteva comprendere a pieno come potessi sentirmi al matrimonio dell'uomo di cui mi ero innamorata negli ultimi mesi.
Dopo la seconda portata mi alzai dal tavolo, avevo bisogno di fumare.

Fuori dal castello, un gran numero di invitati si era radunata per chiacchierare con una sigaretta in mano.
La giornata era un po' ventilata ma bella, era un peccato non aver organizzato tutto all'aperto.
Mi sedetti su di una panca in mezzo al giardino.
Era rilassante starsene per un po' lontano dagli schiamazzi della gente, ma soprattutto non vedere per un po' la coppia di neo sposi.

《Potrei giurare che tu sei Marie Anne, vero?》

Mi voltai verso la voce femminile che mi aveva appena interpellata.
Era una ragazza alta e snella, castana con gli occhi verdi.
Somigliava terribilmente ad Edoardo, ma in versione femminile.

《Scusami, sono stata maleducata. Io sono Elisa. La sorella di Edo.》

Mi alzai in piedi per stringerle la mano e per fare la sua conoscenza.

《Piacere mio, scusami ero assorta nei miei pensieri e non mi ero accorta di te.》

Elisa mi chiese se potesse sedersi al mio fianco per fumare una sigaretta, così mi spostai di poco sulla panca per farle spazio.
Tirò fuori dalla pochette quella che sicuramente era una canna e se la accese al mio fianco, invadendo l'aria circostante di un aroma forte e acre.

《Ne vuoi un tiro? Rilassa sai.》

Certo che sapevo essere rilassante.
Acconsentii e accolsi una lunga boccata di fumo.
Era molto tempo che non fumavo più spinelli, per cui inizialmente tossii forte come mi sembrasse di soffocare.

《Io so un bel pò di cose di te, Mary. Alcune perché me le ha dette Edo. Altre perché le vedo da sola.》

Osservai un po' accigliata quella ragazza poco più giovane di me, intenta nel capire cosa sapesse realmente.
Ancora prima di replicare, mi parlò di nuovo.

《Elisabetta non mi è mai piaciuta.》
Riportò la canna alla bocca.

《Sono tornata dal Canada solo perché mio fratello mi ha pregata, ma a questo matrimonio non ci volevo nemmeno venire. È solo una buffonata voluta da mio padre per salvare dei soldi, Edoardo si è sentito obbligato solo per fare da garante.》

La ascoltavo, guardando dritto a me le nuvole che si infrangevano sulle colline tutto attorno.
Lo stava giustificando, o no?
Elisa continuò.

《Io so che ti sta costando molto essere qui. Io e mio fratello abbiamo sempre avuto un bel rapporto, ci raccontiamo un sacco di cose. E ieri, mi ha parlato di te. Lui ti vuole davvero bene,non ha fatto altro che chiedersi se oggi saresti venuta. Una parte di lui voleva scappare via oggi, ma mio padre fino all'ultimo davanti alla chiesa, gli ha ricordato delle sue promesse, così... Beh hai visto come è finita.》

Gettai la sigaretta nel vaso accanto alla panchina, prima di intervenire.

《Sì, hai detto tutto giusto.
Mi sta costando molto essere qui.
Non so nemmeno per quale motivo ho scelto di farmi ancora del male.
Sto solo aspettando che il ricevimento finisca per andarmene.》

Elisa mi disse che capiva benissimo.
Anche lei non voleva rimanere lì ancora a lungo, vedere suo fratello fingere qualcosa che non c'era.

《So per certo che se tu lottassi per lui le cose cambierebbero. E io sarei una sorella felice, se lo vedessi finalmente insieme ad una donna che ama. Se smettesse di fare il burattino di mio padre... Lui non voleva sposarsi affatto, non si sentiva pronto, ma questo sono sicura che lo sai.》

Io sapevo tutto di Edoardo.
Intervenni molto drasticamente.

《Io ho lottato per lui per quasi un anno. Due settimane fa gli stavo dicendo che lo amavo, ora sono qui a vederlo legato ad un altra donna.
Anche lui mi sembrava sempre meno convinto di queste nozze. Eppure alla fine, non è cambiato nulla. L'ho perso, o meglio, non lo avrò mai.》

Elisa mi prese la mano cacciando fuori un po' di fumo.
Aveva gli occhi arrossati e una lieve smorfia sul viso.

《Le cose cambieranno, Mary.
Quando mio fratello si scontrerà con i propri sentimenti realmente, allora sarà in grado di decidere lucidamente. Sono sicura che nel suo cuore lui ha già la soluzione, ma deve essere coraggioso nei confronti di nostro padre.
Vieni, torniamo al ricevimento o qualcuno potrebbe venire a cercarmi presto.
Non sanno che mi fumo le canne!》

Mi strappò un sorriso, avevo appena trovato una complice.

________________________

Ci dirigemmo verso la sala del ricevimento.
Approfittando del momento di confusione, presi un altro bicchiere dal vassoio e ne ingurgitai un gran sorso.
Le bollicine fresche mi sollevarono un po' l'umore.

Elisa rimase con me per gran parte del tempo.
Ci eravamo prese molto in simpatia e chiacchierare con lei si era rivelata una cosa piacevole.
Mi aiutava a distrarmi.
Era simpatica e solare, una ragazza con la battuta sempre pronta, in ogni circostanza.
Si era trasferita a Montreal per studiare e dopo la laurea non era più voluta tornare in Italia.
Chiacchierando tra noi, le dissi che fin da quando ero bambina sognavo di andare in Canada.
Non sapevo nemmeno io il perché, ma in realtà sognavo di girare tutta l'America, se solo avessi avuto tempo e soldi.

Elisa mi disse che si sarebbe trattenuta in Italia solo un paio di giorni, se poi volessi ripartire con lei e andarmene da qui, mi avrebbe sistemato bene.
Risi molto, ricordandole che avevo un bambino e un lavoro dignitoso in Italia, ma la ringraziai per la sua offerta allettante.

Le portate sfilarono dalla cucina molto lentamente.
Alle sedici stavamo ancora aspettando i secondi e ormai non ne potevo più.
Avevo già anche bevuto parecchio e a stomaco vuoto, per cui la testa mi girava non poco.

Io ed Elisa intanto ci eravamo accomodate al mio tavolo.
Aveva preso il suo piatto dal tavolo degli sposi e si era venuto a sedere tra me e Mario, con il quale non smetteva di ridere.
Almeno i miei amici le piacevano.

Stavamo tutti cercando di passare al meglio il resto del banchetto, quando notai Edoardo venire verso il nostro tavolo.
Si fece largo tra gli invitati in piedi e poco dopo fu di fronte a me.

《Elisa, so che la odi con il cuore e perdonami se vengo a pregarti di tornare al tuo tavolo, ma tutti se ne sono accorti che la detesti e papà si sta incazzando.》

Abbassai lo sguardo sul mio bicchiere.
Non volevo nemmeno che mi guardasse.

《Ma non ci penso proprio a tornare lì. Cos'è, sono obbligata? Sono tornata in Italia solo per non creare scompiglio, ma non mi puoi obbligare, starla a sentire è snervante. Per fortuna tra pochi giorni me ne vado. E Mary viene con me, lo sapevi?》

Ovviamente nessuno sapeva che stava scherzando.
Ne avevamo parlato giusto qualche ora prima in giardino, mi aveva promesso che non lo avrebbe usato come scherzo da fare al fratello.
E invece, quella pazza,mi aveva tirato in ballo.

《In che senso, te ne vai in Canada?》

Edoardo mi fissò con gli occhi spalancati, attendendo una mia risposta.
Marika aveva lasciato cadere le posate, Mario e Giulio avevano smesso di chiacchierare e tutti mi stavano guardando senza capirci niente.

《Non te ne vorrai andare per questo, spero.》

Edoardo indicò tutto attorno a sé, eludendo al matrimonio.

Potei tranquillamente parlare, anche perché al tavolo di me e lui lo sapevano tutti.

《Non vado da nessuna parte, o meglio, ora me ne vado a casa perché sono molto stanca e non sopporterei anche di vederti fare il primo ballo.》

Mi alzai dalla mia sedia mentre ancora gli amici mi guardavano increduli.
Ero anche abbastanza ubriaca.

《Non puoi andare già via, hai bevuto troppo!》

Si fecero eco Marika e Mario alle mie spalle, mentre toglievo la pochette dalla sedia.

《No, non resterò qui neanche un altro minuto. Ora basta.》

Mi diressi verso l'uscita del castello con Edoardo alle spalle.

《Un attimo, ti prego. Fermati!》

Non volevo stare ancora a sentire le sue scuse.
Non ne potevo più.

《Non abbiamo più nulla da dirci. Ho accettato di venire solo per vedere quanto realmente ci fosse di vero in tutto quello che mi hai detto. Ho constatato che niente è reale. Tu non sei reale.
Ti sei appena sposato e mi stai rincorrendo, per cosa? Torna da tua moglie e goditi la tua nuova vita, io ho solo fatto la figura dell'amante.
Se solo potessi tornare indietro, non lo rifarei.
Non si può amare uno come te!》

Senza attendere una risposta, lo lasciai sulla soglia. Ero già salita in auto con il motore acceso, pronta per andarmene.
Edoardo rimase impietrito sul vialetto del giardino, con le mani lungo i fianchi.
Probabilmente lo avevo ferito, ma mai abbastanza, non quanto lui aveva ferito me.

Imboccai l'uscita del castello e poco dopo mi trovai sulla strada di ritorno.
Le lacrime mi rigavano il volto, non potevo ancora credere che la giornata fosse andata così.

Svoltai per imboccare l'autostrada, quando un camion sopraggiunse a forte velocità nella mia direzione.

Quando mi resi conto che il mezzo pesante aveva sbagliato strada, tentai in ogni modo di schivarlo.
Persi immediatamente il controllo della mia auto, che sbandò per circa un centinaio di metri lungo il guard-rail.
La mia folle corsa si fermò a ridosso di un cavalcavia.
L'auto andò a sbattere violentemente, ribaltandosi più volte su se stessa.

Nell'abitacolo, per me, capitò tutto in una frazione di secondo.

Mi rividi bambina
A scuola, il primo giorno.
Indossavo un paio di calzoni rosa e le treccine.
La maestra mi aveva fatto i complimenti perché sapevo già scrivere il mio nome.

Rividi il giorno della mia laurea, con la corona d'alloro sulla testa e le lacrime di felicità che mi rigavano il volto.

Risentii il dolore del parto, quando strinsi per la prima volta Filippo tra le braccia.

Ripensai a mio padre, alla sua mancanza.

Infine, il viso di Edoardo che basito mi lasciava andare via di corsa dal castello.

Ci fu un botto sordo, poi silenzio.
Tutto attorno a me pezzi di lamiera e un forte dolore al petto.
Tentai di muovermi, ma ero come incollata al sedile.
Poi il sangue, rosso e caldo da una ferita sicuramente profonda.

Solo infine, tutto attorno a me divenne nero.

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