CAPITOLO 17

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Ero avvolta dal buio, e il silenzio che mi circondava mi faceva fischiare le orecchie. Riuscivo solo a percepire un aspro odore di muschio umido. Improvvisamente il silenzio venne rotto da un lontano e flebile bisbigliare, simile ad un pesante ispiro nel quale si mischiavano parole incomprensibili.

“Leith.” Bisbigliai.

“Alexa!” Sentii la sua voce rimbombarmi nella testa.

“Non mi cercare!”

Prima che potessi anche solo provare ad intervenire, mi sentii schiacciata da una forte pressione e con un violente impatto mi ritrovai seduta sul divano, mentre boccheggiavo guardando con gli occhi sgranati Damy e Kalin.

“Cosa hai visto?”

Mi spronò quest’ultimo appoggiandomi una mano sulla schiena, mentre cercavo di riprendere fiato.

Sfortunatamente non ero riuscita a distinguere il paesaggio, ma diedi una dettagliata descrizione dei suoni e degli odori che mi avevano circondata.

“Quelle voci sono inconfondibili, si trova nel Bosco di Ossa.” Esordì il mezzo demone.

Venni scossa da un fremito al pensiero di dover tornare nel Sottomondo, ma lo ignorai. Leith mi aveva salvata tante volte, e ora era il mio turno.

“Scusate, ma io non me la sento.” Damy si strinse nelle spalle, corrucciandosi.

“Non importa, questa è una cosa che devo fare io.” La rincuorai.

“Allora Tre Quarti tieni aperto il portale.” Concluse Kalin, guadagnandosi un occhiata storta da parte di Damy.

“Come raggiungeremo il Sottomondo?”

L’ultima volta ero riuscita ad entrarci passando attraverso Leith, ma in questo caso usare quel metodo era impossibile.

Senza rispondermi Kalin unì i palmi davanti a sé, pressandoli per qualche secondo, poi li rivolse alla parete amaranto. In un’istante si creò una bolla elettrostatica color indaco che, appiattendosi sul muro, si allargò emettendo delle scintille luminescenti.

“Con questo portale.” Disse Kalin rispondendo alla mia domanda, mentre mi indicava con un elegante gesto della mano la parete.

Incrociai per un momento lo sguardo preoccupato di Damy, poi tornai a concentrarmi sul portale. Avanzai un passo incerto, e poi un altro, finchè non mi bastò allungare la mano per toccare la superficie elettrostatica.

Una forte scossa elettrica attraversò tutto il mio corpo, intorpidendomi gli arti, che più volte furono sul punto di cedere, accompagnando il mio mal di testa creato dal cambio repentino di aria, mentre la pressione premeva sulle orecchie. L’impatto con l’odore acre fu forte, mentre contemporaneamente, davanti ai miei occhi, si aprì un paesaggio raccapricciante, formato da fitti alberi nodosi e spogli, i cui rami erano così intricati da impedire la vista dello scuro cielo del Sottomondo. Erano piegati in modo tanto irregolare e distorto da sembrare spezzati, mentre sembrava si stessero chiudendo intorno a me come per inghiottirmi.

Kalin comparve alle mie spalle, provocando un rumore scricchiolante di foglie e ramoscello secchi. Senza aggiungere una parola mi superò e iniziò a incamminarsi nella gola del Bosco di Ossa.

Procedeva a passo sicuro e svelto, come se gli fosse naturale camminare in quel luogo tetro, mentre io, invece, lo seguivo a passo cauto e traballante, facendo ben attenzione a dove poggiavo il piede, per non rischiare di incespicare in una di quelle radici, così grandi e tortuose, da non capire dove ne finisse una e ne iniziasse un’altra.

“Alexa!” Improvvisamente la voce di Leith mi rimbombò forte e chiara nelle orecchie, mentre i rami presero a ondeggiare, mossi da una breve e innaturale brezza.

“Leith!” Il mio cuore aveva iniziato a battere più veloce per la speranza.

“Non è lui.” Intervenne Kalin senza mai arrestare la sua marcia.

“È la voce del bosco, ti metterà alla prova con sempre più forza, ma non ascoltarla.”

Seguirono dei secondi di pausa, in cui il silenzio fu rotto solo dai nostri passi, poi continuò.

“Questo…” Bussò con le nocche su un tronco, che emanò un rumore cavo.

“…è cosa accadrà al tuo corpo una volta che il bosco ti avrà inghiottita.”

Sentii come un vento gelido scivolarmi sulla pelle, mentre rabbrividivo alla sensazione di trovarmi in una vera e propria necropoli.

Aumentai il passo, seguendo l’ampia schiena di Kalin, e sperando di non rimanere troppo indietro.

Oramai avevo perso il conto del tempo, e mi sembrava di camminare da giorni. Il mio corpo, non più forte come tempo prima, si stancava facilmente e i miasmi del Sottomondo non erano di certo d’aiuto. Avevo sentito la voce di Leith chiamarmi più volte e man mano che avanzavo, il tono era sempre più sofferente. Ogni volta era straziante sentirlo in quelle condizioni, e avevo rischiato più volte di lasciarmi abbindolare da quelle voci demoniache.

Ma, anche se stanca, continuavo imperterrita a camminare, finché non sentì qualcosa stringermi la caviglia.

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