CAPITOLO 16

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Erano già passate tre settimane dall’incidente, durante le quali Reuel era venuto spesso a controllare le mie condizioni. Tre settimane da quando avevo visto Leith l’ultima volta. Avevo provato spesso a rintracciarlo, mandandogli messaggi o chiamandolo, ma non aveva mai risposto e la segreteria si attaccava subito dopo il primo squillo. Ma ora non ne potevo più. Dovevo vederlo. Da quando mi aveva divorato l’anima si era indebolito visibilmente, tanto da sembrare a malapena in grado di stare in piedi. Afferrai al volo la giacca mentre uscivo da casa a passo sostenuto. Ultimamente ero più debole del solito e mi stancavo rapidamente, tanto da svenire più volte sia in casa che a scuola e per comodità, con l’aiuto di Reuel, ero riuscita a farmi credere anemica. Per questo il mio tragitto fino a casa di Leith durò più del solito. Arrivata aspettai qualche secondo sul ciglio della porta per riprendermi dal lieve affanno e poi presi a bussare.

Una, due, tre volte. Niente.

Mi presi la libertà di digitare il pin ed entrare: mi accolse il grande soggiorno in una silenziosa penombra, la cui fioca luce proveniva solo da una tenda leggermente scostata.

“Leith?”

Riprovai a chiamarlo un paio di volte, mentre giravo per casa, cercandolo in tutte le stanze. Arrivata nella camera da letto vidi il cassetto rovesciato con tutti i vestiti sparsi sul pavimento, esattamente come li avevo lasciati. Venni colpita da una fitta al cuore quando realizzai che Leith se ne era andato. Ignorando la mia condizione attuale uscii dalla casa sbattendo alle mie spalle la porta d’ingresso e mi diressi, quasi correndo, dall’unica persona che avrebbe potuto aiutarmi.

“Milady. A cosa devo l’onore?”

Ora che non era mascherato quasi non lo riconoscevo: ai piedi portava due anfibi, dai quali fuoriuscivano in piegoline un paio di jeans neri, che terminavano in vita retti da una cintura borchiata, dalla quale fibbia sblusava una maglia a righe rosse e nere. I capelli di quel colore singolare erano raccolti in una coda vicino la nuca.

“Leith è scomparso.”

Gli occhi grigi di Kalin divennero più cupi e mi lasciò entrare indicandomi una delle poltrone del soggiorno.

“Non lo vedo da quando mi ha divorato l’anima, tre settimane fa.”

Continuai.

“Sono preoccupata, non era neanche in ottime condizioni.”

Il demone corrugò le sopracciglia.

“Impossibile. Se ti ha divorato l’anima, anche se solo in parte, dovrebbe essere nel pieno delle sue energie.”

“L’ho pensato anche io, ma non è stata l’unica cosa che ho notato: subito dopo avermi divorato l’anima, nei suoi occhi sono comparse delle pagliuzze dorate. È normale?”

Kalin si fece ancora più dubbioso e scosse la testa.

“Una volta divorata l’anima della propria preda gli occhi diventano grigi, non dorati.”

Un silenzioso brivido mi attraverso la colonna vertebrale mentre il mio sguardo si perse in quello plumbeo di Kalin.

“Paura?” Mi disse lui con voce calma e un sorriso amaro stampato in volto, mentre notava che il mio sguardo si era fissato nel suo.

Deglutii faticosamente, ma prima che potessi rispondergli il campanello suonò, annunciando un ospite. Kalin si alzò dalla poltrona farfugliando qualche parola e andò ad aprire.

“Piccola tre quarti. Non ti aspettavo.”

A quanto pareva anche Kalin conosceva la storia di Damy. Le avevo mandato un messaggio chiedendole di venire nella speranza che potesse essermi in un qualche modo di aiuto, visto che condividevamo lo stesso passato. Si accomodò anche lei e le offrimmo un breve riassunto della questione.

“Quindi come possiamo trovarlo?” Intervenne lei una volta che ebbi finito di riassumere.

“Kalin, conosci Leith da più tempo di me, sai dove possa nascondersi?”

Lo vidi scuotere la testa con rammarico. Poi gli si illuminò il volto.

“Ma so come potremo trovarlo.”

Incrociò prima il mio sguardo poi quello perplesso di Damy.

“Cos’hai in mente?” Chiese quest’ultima.

“Il Vestigium. È un sortilegio: ti faccio cadere in una specie di trans che riconduce momentaneamente la tua anima al Possessore e diventerai tutt’uno con il suo corpo, ma non potrai comandarlo. Tuttavia i suoi occhi e le sue orecchie saranno i tuoi, quindi attenta a ciò che ti circonda, cerca di cogliere più dettagli possibili e non appena la trans sarà finita riferiscimeli.”

Poco dopo che Kalin ebbe finito di parlare annuii, acconsentendo alla sua proposta.

“Quindi come attiviamo questo…Vestigium?”

Kalin mi fece segno con la mano di aspettare e si alzò rapido, allontanandosi momentaneamente.

“Non hai paura?” Mi chiese Damy, un po’ più rilassata in assenza di Kalin.

Annuii sorridendo.

“Si, ma non mi importa. Al momento voglio solo rivedere Leith.”

“Eccola!”

Kalin tornò a passo svelto con un piccolo esagono scuro stretto tra l’indice e il pollice.

“È una squama di Salamandra.”

Al ricordo della mia ultima esperienza con un demone del genere, il cuore iniziò a pompare più velocemente il sangue. “Dovrò farti un piccolo taglio sul sigillo e non appena ti risveglierai dovrai prendere quest’antidoto.” Disse mostrandomi un piccolo contenitore ovale che aveva tenuto nascosto nell’altra mano.

“È un rimedio alquanto…miracoloso.” Disse sollevando entrambe le sopracciglia.

“Essere un mezzo demone a volte ha i suoi pregi.”

Poi senza più perdersi in chiacchiere mi stese sul divano, avvicinando sempre di più la squama al mio sigillo. Mi morsi così forte il labbro, per cercare di minimizzare i versi di sofferenza, che potei sentire un sapore ferroso espandersi in bocca. Mentre un forte bruciore si diffondeva dalla spalla a tutto del resto del corpo, le mie palpebre diventavano pesanti e la vista sfocata. L’ultima cosa che vidi prima di cadere nelle tenebre fu lo sguardo preoccupato di Damy.

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