CAPITOLO 15

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Sentivo il bisogno di vomitare.

Non era possibile, non poteva avermi divorato l’anima, o a quest’ora sarei già stata incatenata da qualche parte nel Sottomondo a lasciare davvero che le fiamme mi divorassero.

“Leith, è impossibile, sono ancora qui.” Cercai di rassicurarlo.

“Solo una parte. Ne ho divorata solo una parte.”

Mi guardò con gli occhi vuoti, le spalle basse e la carnagione più chiara. Venni scossa da un fremito di terrore.

“Ti prego…”

Lo sguardo di Leith si fece più intenso e carico di supplica.

“Uccidimi.”

L’impatto che le sue parole mi fecero fu come sbattere violentemente la testa.

“Finiscila!”

Il ciocco fu così forte che rimbombò per tutto il soggiorno. La guancia di Leith si arrossò velocemente mentre lui riprendeva senno di sé.

“Calmati e riprenditi. Andiamo a casa tua.”

Presi Leith per il polso e lo tirai con forza, cercando di farlo alzare. Afferrai velocemente una coperta e ci avvolsi Leith, poi presi al volo la mia giacca e la indossai. Uscii di casa a passo svelto, trascinandomi dietro Leith che sembrava svuotato da qualsiasi emozione. Cercare di spiegare a mia madre era impossibile, e in questo momento era l’ultimo dei miei pensieri. Digitai velocemente il numero di Reuel e aspettai che rispondesse.

“A casa di Leith, presto.” Richiusi ancora prima che potesse dire qualcosa.

Continuavo a trascinare Leith, che mi seguiva senza opporre resistenza, ma la strada era ancora lunga e il mio corpo inspiegabilmente debole. La testa non aveva smesso un attimo di girare e stavo iniziando a vederci doppio. I passi erano sempre più insicuri e traballanti, ma se ero resistita al Sottomondo potevo resistere anche a questo: strizzai più volte gli occhi per ritrovare la focalizzazione e rafforzai la presa attorno al polso di Leith.

Digitai il codice di ingresso per aprire la porta, affannando. Non mi reggevo quasi più in piedi quando sentii la serratura scattare. Entrai in casa e caddi sul pavimento freddo, seguita a ruota da Leith. Mi voltai verso di lui e vidi la sua pelle nuda, violacea per il freddo. Non aveva più la coperta, doveva averla lasciata cadere durante il tragitto. Mi alzai perdendo l’equilibrio e sbattendo la spalla contro lo stipite della porta. Continuai ad avanzare incrociando i passi, fino alla cassettiera in camera di Leith. Non avendo più forza la aprì usando tutto il peso del mio corpo, e facendo rovesciare l’intero cassetto al suolo. Presi la maglia più pesante che trovai e tornai in soggiorno, dove Leith era seduto per terra con ancora lo sguardo perso nel vuoto. La testa mi girava così forte da farmi venire la nausea, ma la ignorai e iniziai a coprire Leith. Poco dopo una luce dal balcone annunciò l’arrivo di Reuel, che non appena mi vide, mi corse in contro. Si piegò al mio fianco raccogliendomi delicatamente tra le sue braccia e avvolgendomi in una piacevole coperta di calore.

“Cos’è successo?” Chiese visibilmente preoccupato, con gli occhi sbarrati.

“Leith…”

Stavo quasi sussurrando. La voce mi usciva spezzata.

Lo sguardo di Reuel si spostò al corpo immobile di Leith e alle labbra secche e violacee. Mi guardò di nuovo e spalancò le ali, emettendo una maggiore quantità di calore che investì anche Leith.

“Ora mi dici che è successo?”

Sentii un conato di vomito salirmi e cercai di trattenerlo il più possibile, sperando di raggiungere in tempo il bagno, gattonando. Vomitare fu ancora peggio, poiché non mi rimase più neanche un briciolo di forza. Reuel vedendo che non riuscivo più neanche a muovermi, mi venne incontro sollevandomi da terra e riportandomi in braccio al fianco di Leith. Tossii numerose volte, mentre le palpebre faticavano sempre di più ad aprirsi. La voce di Reuel che mi chiamava si faceva sempre più lontana. Un ultimo colpo di tosse mi coprii la mano di una sostanza vischiosa e scura, poi mi lasciai cullare dall’oscurità, cadendo nelle tenebre profonde.

Lentamente aprii gli occhi, mentre un sapore acido mi avvolgeva la bocca.

“Alexa.”

Reuel mi teneva ancora tra le sue braccia, con delicatezza, come se fossi un pezzo di cristallo che rischiasse di andare in frantumi da un momento all’altro.

“Riesci a parlare?”

Annuii lentamente.

“Cosa è successo?”

Con un respiro tremante mi riempii i polmoni e cercai di mettermi a sedere, ma il mio corpo era ancora così debole che si accasciò ancora di più tra le braccia di Reuel. L’angelo, preoccupato, mi lanciò uno sguardo impaziente spronandomi a parlare.

“Leith…”

La gola era secca e mi bruciava indescrivibilmente, così tanto da rendere rauca, ma allo stesso tempo flebile, la mia voce.

“…la mia…anima-“

Venni interrotta da un altro colpo di tosse che mi scosse il petto. Ma evidentemente quelle parole furono sufficienti per Reuel, i cui occhi divennero improvvisamente più cupi e incavati. Con un movimento animalesco del muscolo sollevò, tremando, il labbro superiore e ruotando la testa verso il corpo di Leith, che ora giaceva sul divano.

“Essere immondo.”

Reuel sputò quelle parole ricolme di odio e come se Leith lo avesse sentito, finalmente mostrò segni di vita, iniziando ad aprire lentamente le palpebre, per poi finire in piedi, con un lento gesto che gli fece ricadere sulle ciglia i capelli scuri e privi della loro solita lucentezza.

Era sveglio, ma non lo sembrava: i suoi occhi blu oltremare vuoti non avevano focalizzazione, le occhiaie erano evidenti e aveva il volto scavato.

“Mostro.”

Reuel non aspettò neanche che si riprendesse del tutto è iniziò a riversargli addosso la sua collera.

“Sei solo questo.”

Un ghigno amaro comparse sul volto dell’angelo.

“Un animale che cede agli istinti, ecco cosa sei. So resistere, non ti ferirò mai più! Bugiardo. Alla fine ricadi sempre negli stessi errori, ferendo le persone che dici di amare.”

I muscoli di Reuel erano gonfi di collera mentre gli occhi ardenti fulminavano Leith, passandolo da parte a parte.

“Uccidimi.” Rispose Leith, a testa china, che fin ora era stato muto, senza mai ribattere.

Una risata grottesca riempì il silenzio del soggiorno.

“No. Sarebbe troppo facile.”

Reuel iniziò a colpire Leith sul petto con l’indice, facendolo indietreggiare un paio di volte.

“Tu devi vivere. Questa sarà la tua punizione. Vivere tormentato dai sensi di colpa, al punto da perdere il sonno e desiderare una morte atroce, piuttosto che continuare a ricordare.”

Leith non aprì più bocca, ma continuò ad indietreggiare finché non inciampò nei propri passi cadendo sulla schiena, con un tonfo sordo. Ma non ebbi neanche il tempo di intervenire che Reuel mi strinse tra le braccia e, con un potente battito d’ali, mi ritrovai a volare nel cielo, mentre mi allontanavo sempre di più da Leith.

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