CAPITOLO 31

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Raggiunsi di corsa i piedi dell’immenso portone, nonostante il sapore ferroso in bocca.

Uno degli Anziani mi raggiunse, uscendo da un portale poco più in là e con la mano mi fece segno di entrare. Senza esitazione attraversai il portale, ritrovandomi sul palco della sala da ballo del Vaglio delle Rose.

Avevo gli occhi di centinaia di demoni e mezzi demoni puntati addosso, ma li ignorai tutti, cercando tra la folla l’unico sguardo di cui realmente mi importasse e quando finalmente lo trovai, fu straziante: Leith mi guardava come se stesse per piangere, mentre gli occhi si soffermavano prima sulle labbra violacee, poi la pelle livida, il braccio ancora avvolto dalla fanghiglia, le ginocchia abrase e infine i piedi scalzi.

Quando tornò a concentrarsi sui miei occhi intravidi nei suoi tutto l’autocontrollo che stava sforzando di autoimporsi per non raggiungermi: aveva la mascella stretta, la schiena rigida, i muscoli tesi, i pugni serrati e le gambe leggermente divaricate.

“Congratulazioni. Abbiamo una vincitrice.”

Camille interruppe lo scambio di sguardi tra me e Leith, invanendo il palco con le sue curve sinuose e aggraziate, contrastanti con i suoi passi decisi che ticchettavano sulle assi di frassino.

“Ma…” Disse girandomi intorno, mentre il mio cuore riprese a battere con intensità.

“Hai barato.”

Passò il dito sulla fenice, stando ben attenta a non sfiorare l’ambra, che l’avrebbe sicuramente bruciata.

“Anziani, ditemi, cosa dovremmo fare?”

Continuava imperterrita a girovagare lentamente sul palco, con un atteggiamento di superiorità.

“Io sono a favore della pena di morte, e voi?”

Nessuno degli anziani si oppose, e in un certo senso neppure Kalin, che rimase in silenzio con testa bassa. Un sorriso malefico comparse sulle labbra carnose di Camille, mentre vidi gli occhi di Leith colorarsi di inferno.

“Benissimo.”

E subito dopo Camille estrasse una daga. Ero terrorizzata e non riuscivo a riflettere. La rossa mi si avvicinò, tenendo un angolo della bocca sollevato in un ghigno.

“Camille!”

La voce di Leith echeggiò in tutta la sala, mentre ad ampie falcate e con lo sguardo truce ci raggiungeva sul palco. La minaccia di morte di Camille aveva fatto esplodere Leith, che non era più riuscito a trattenersi.

“Provaci e ti uccido.”

Leith si era posto tra me e Camille, facendomi da scudo.

“Mi stai minacciando Leithian?”

Camille si avvicinò a Leith, graffiandogli lo zigomo con la punta della daga.

“Non è una minaccia Camille. È una promessa.”

La risata isterica e forzata di Camille riempii l’intera sala.

“Basta scherzare Leithian, tanto conosco la tua vera natura. Non ti interesseresti mai ad una come lei.”

Detto ciò lo abbracciò, ma Leith la respinse bruscamente.

“Davvero è questa la tua scelta?”

Ora Camille aveva due tizzoni al posto degli occhi, e la sua voce, da sensuale e femminile, era diventata roca e stridula, intrinseca di gelosia e invidia.
Con un rapido gesto aggirò Leith e si avventò verso di me, puntandomi la daga al cuore, ma Leith intercettò la lama, stringendola nel suo palmo, che si tinse di un intenso rosso cremisi.

“Ti avevo detto di non provarci.”

Leith la girò il polso, disarmandola, poi la strinse per il collo, sollevandola da terra.

“Alexa esaudiamo il desiderio del paparino.” Disse allusivamente, pronunciando l’ultima parola con il tono più disgustato che gli era possibile fare.

Capendo l’antifona gli passai l’ampolla contenente la Stilla Angeli, che fece trangugiare a forza a Camille che, colta dalle convulsioni, si gonfiò fino ad esplodere in cenere e lapilli.
Un sospiro di sollievo lasciò la bocca di Leith, che finalmente era tornato a rilassarsi.

“Ora torniamo a ca-“ Lo sguardo di Leith divenne vitreo, mentre il petto si sollevava ritmicamente con il respiro affannoso. 

Con un colpo di tosse sputai una sostanza densa e rossa. E ancora. Scossa da leggere convulsioni abbassai lentamente lo sguardo: un pugnale ondulato fuoriusciva dal mio addome.
Mi accasciai a terra sbattendo violentemente la testa sul legno, e Leith, quasi privato dell'anima, assistette alla scena con gli occhi sgranati e coperti da un velo vitreo di puro terrore.

"Alexa!"

Pochi istanti dopo, uscì dalla sua bocca un urlo straziante e disumano, poi si accasciò al mio fianco, cadendo in ginocchio.
Il mio respiro era sempre più instabile e tremante, mentre Leith mi stringeva tra le braccia, cercando invano di tamponare la ferita, mentre piangeva e tremava come un bambino terrorizzato. Non lo avevo mai visto così. Con gli occhi vuoti si portava la mano sporca di sangue in volto, passandosela sulla fronte con un movimento disperato, come se stesse cercando di riacquistare lucidità.

“Va tutto bene…va tutto bene…” Ripeteva bisbigliando, come un mantra, tra se e se, mentre teneva gli occhi sgranati fissi sulla ferita.

Nel mentre io avevo smesso di respirare e di muovermi, mentre calde lacrime mi ricadevano sulle tempie. Invano, Leith, cercò di tranquillizzarmi, stampandomi un bacio tremante in fronte e  accarezzandomi i capelli. Le palpebre erano sempre più pesanti e l'ultima cosa che riuscii a vedere fu Leith che, dopo aver alzato lo sguardo, si traformò, pochi istanti dopo, nella sua forma demoniaca.

“Come hai potuto, padre.”

Non c'era più timore, debolezza o esitazione. Nella sua voce e sul suo sguardo aveva preso il sopravvento una sola emozione: l'odio.

Lo vidi alzarsi e poi, non distinsi più nulla.

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