11 - Glow

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Da aprile a maggio i tre Dreamers portarono le loro esibizioni artistico-letterarie in varie città lombarde. La pubblicità sui social e sui giornali aveva fatto il resto. La loro fama cresceva di pari passo con le foto, video, articoli di giornale e post sui social che li riguardavano. Centennials d'altri tempi, Romanticismo 2.0, La poesia ai tempi dei social erano solo alcuni dei titoli che gli passarono sotto agli occhi nelle ultime settimane.

A fine maggio arrivò un'altra incredibile notizia: l'editore e l'agenzia letteraria che li seguiva, sulla base delle crescenti richieste pervenute, avevano proposto ai tre di fare un tour nei mesi estivi per promuovere la raccolta di poesie nei principali book store d'Italia. Sarebbe stato il loro Grand Tour, si dissero Sara, Will e Jem: quello che avevano fantasticato di fare all'ultimo anno del liceo. Non avrebbero mai creduto di avere quella possibilità un anno prima e, soprattutto, in quel contesto.

Festeggiarono il traguardo facendo indigestione di patatine e serie tv a casa di Jem. Non avevano molto tempo libero come prima e volevano rimettersi al passo. Erano stravaccati sul grande divano in pelle del salotto che, a quell'ora, aveva ormai preso la loro forma. A completare la loro serata ideale contribuì l'arrivo della pioggia. Adoravano quel ticchettio costante sui vetri, lo trovavano rilassante. Jem sosteneva addirittura di sentirsi maggiormente ispirato nei giorni di maltempo. Era seduto in un angolo del divano con a fianco Will e infine Sara, accovacciata sulle gambe all'altro estremo. Nella parete di fronte, la tv sessanta pollici ultra HD e, davanti a loro, un tavolino basso di vetro che ospitava una grande ciotola di patatine quasi vuota.

«Quindi, ricapitolando, quali città visiteremo per il nostro Grand Tour?» chiese Will in una pausa tra una puntata e l'altra del Trono di Spade, concedendo una carezza al fedele Napoleone che gli gironzolava pigramente attorno.

«Inizieremo da Milano. Poi sarà la volta di Torino, Verona, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Catania, Palermo e, gran finale, Venezia!» elencò Sara euforica sulle punte delle dita.

«Wow! Credete che avremo il tempo di fare qualche escursione?» domandò Will perplesso.

«Certo che lo avremo! Tranquilli, ho già abbozzato un itinerario. Per esempio, quando saremo in Sicilia dobbiamo assolutamente visitare Segesta, Agrigento, Siracusa e Taormina. Tanta roba, eh?»

«In effetti, la Magna Grecia era una delle mete più ambite ai tempi del Grand Tour» rifletté Jem posando il telecomando sul tavolino.

«Per un cultore della classicità come te sarà il top!» dichiarò Sara. L'entusiasmo che traspariva dalla sua persona era intuibile anche alla scarsa luce della lampada dal design moderno posizionata in un angolo del salotto alle loro spalle.

«Oh, senza dubbio» confermò Jem stiracchiandosi e allargando le braccia sullo schienale del divano.

«E vogliamo parlare di Venezia? Il sogno proibito di tutti gli artisti! San Marco, gondole, ponti, costumi, balli in maschera, il riflesso delle luci sull'acqua...» sospirò Will con voce densa di sentimento. Quando Will faceva il "romantico", emanava charme da tutti i pori. Anche Sara che lo conosceva da una vita pendeva dalle sue labbra con aria adorante, disarmata davanti al suo irresistibile fascino.

«Già ti alleni per il ruolo di Casanova?» lo schernì Jem, interrompendo quell'appassionata enumerazione di meraviglie.

«E tu? Morte a Venezia?» lo rimbeccò di getto Will, alludendo all'espressione cupa che Jem si era stampato in volto. Questi rimase stupito dalla sfacciataggine di quella battuta, che non gli piacque affatto. Jem era noto per la sua tagliente ironia, ma Will... lanciare frecciatine velenose non era da lui. Dovette mordersi la lingua per non rispondere a tono e si limitò a lanciargli un'occhiata truce. L'atmosfera si era fatta d'improvviso tesa. Solo il rumore della pioggia battente risuonava attorno a loro. Stavano commentando allegri quello che li attendeva per il Grand Tour e, tutt'a un tratto, tra Will e Jem volavano sguardi non proprio amichevoli.

«Uff, lo dicevo che questa serie era troppo macabra» intervenne a sdrammatizzare Sara, allungando le braccia indietro e coricandosi languidamente di schiena sulle gambe dei due. Quel diversivo sembrò funzionare: era riuscita a catturare all'istante l'attenzione su di sé.

La luce fioca illuminava debolmente il suo corpo, facendone risaltare le forme in un gioco di tenui chiaroscuri che rendevano la sua figura simile a quella di una creatura fantastica e ineffabile. La sua pelle, liscia e vellutata, emanava un bagliore di fata; i capelli erano stelle filanti che irradiavano da quel viso chiaro come la luna; e il corpo... oh, il suo corpo era a dir poco ammaliante. D'improvviso, era lei l'unica fonte di luce in quella stanza.

«Allora, vogliamo continuare?» li spronò, suscitando sguardi perplessi in entrambi. «Altra puntata?» insisté poi, sbuffando nel tentativo di ottenere risposta dalle due facce imbambolate che la fissavano. Impossibile dire a cosa stessero pensando.

«Ehm ehm, non saprei» farfugliò Jem tornando bruscamente al presente. «Che ore sono?»

«Mezzanotte» li informò Will scuotendosi e controllando il suo orologio. «Non è poi così tardi...» aggiunse sistemando d'istinto la maglietta di Sara che, quando si era coricata di schiena, si era sollevata appena scoprendole il fianco; nel farlo, le aveva sfiorato la pelle morbida, provocandole un lieve sussulto che fu inevitabilmente avvertito anche da Jem, il quale trasalì a sua volta.

«Ehm. Forse dovremmo fermarci per stasera» sussurrò Jem scrutando Sara con circospezione e sentendo il battito del suo cuore accelerare; piegò un angolo della bocca verso il basso mentre d'istinto le prendeva una ciocca di capelli e se la attorcigliava lentamente tra le dita.

«E lasciarti solo soletto?» protestò lei guardandolo dal basso imbronciata. «Quanto staranno via i tuoi?»

«Solo un paio di giorni. Stavolta» precisò Jem con una smorfia, continuando a fissarla e a giocherellare con i suoi capelli setosi. Nell'ultimo periodo, tra i suoi impegni con gli eventi e i viaggi di lavoro dei genitori, Jem era quasi sempre solo a casa. Non che fossero molto presenti prima, ma ora era diventato piuttosto raro passare del tempo con sua madre e suo padre. E poi, il fatto che si stessero perdendo quasi tutte le sue performance non faceva che accrescere il suo malumore. Ma non era il pensiero dei genitori a occupare la sua mente in quel momento.

«E se restassimo a farti compagnia?» propose Sara con nonchalance. A quelle parole, Jem sgranò gli occhi e smise di accarezzarle i capelli. «Che dici, Will?» disse ancora la fata, spronando quest'ultimo con lo sguardo.

«Oh, beh... perché no? Non sarebbe la prima volta, dopotutto» confermò Will con un'alzata di spalle, lanciando a Jem un'occhiata d'intesa.

Will era il suo migliore amico, compagno di banco, complice, consigliere. Era il fratello che non aveva. Era, di fatto, la persona con cui aveva trascorso la maggior parte della sua vita, insieme a Sara. Da piccoli capitava spesso, quando qualcuno dei loro genitori doveva assentarsi per lavoro, di venire ospitati dagli altri e restare a dormire nelle rispettive case, non prima di essersi raccontati a turno storie di loro invenzione. Will era un appassionato di mondi fantastici, Sara era un'incurabile sentimentale, mentre Jem si divertiva a farli urlare e nascondere tra le lenzuola con le sue storie dell'orrore. Crescendo, quest'abitudine era venuta meno, e il distacco era stato maggiore con Sara che li aveva "ripudiati" per un paio d'anni per unirsi al suo gruppo di amichette smorfiose e anti maschi.

La frequentazione con Will, invece, era rimasta costante nel tempo e non era raro che questi si fermasse a dormire da lui dopo una lunga sessione di studio e serie tv. Condividere con lui gioie e dolori, nonché la sua stanza, era assolutamente normale per Jem. Ma l'idea di trascorrere la notte con Will e Sara così, di punto in bianco, lo colse del tutto impreparato. Non si sentiva a suo agio, non dopo quella strana scarica elettrica che c'era stata tra loro. E poi, non erano più dei bambini...

«Ehm, no, non è necessario. Non siete costr...» cominciò Jem visibilmente impacciato, mentre il corpo di Sara sulle sue gambe diventava sempre più rovente a ogni minuto che passava. O forse era lui che si stava surriscaldando?

«Scherzi? Possiamo restare senza problemi. Dico a mio padre di non passare a prenderci» aggiunse pacato Will recuperando il suo telefono.

«E io chiamo i miei, spiegandogli che i tuoi sono via e ti hanno abbandonato a te stesso e che non ce la sentivamo di lasciarti morire di solitudine» disse Sara cercando di darsi un tono credibile nonostante la palese drammatizzazione della storia. Jem corrugò la fronte e la guardò di traverso.

«Che c'è? Vorresti negare, per caso?» insisté lei sfrontata. «E poi qui non manca dove dormire. Non hai scuse per mandarci via» decretò con un largo sorriso tirandosi su e interrompendo quell'effimero stato di grazia.

«Altroché,» confermò Will che aveva ritrovato il suo tono di voce affabile e rilassato «questa reggia potrebbe ospitare tutta la servitù di Downton Abbey

«Forse è per questo che sento di più la solitudine» mormorò Jem corrugando la fronte e chinando il capo sovrappensiero.

«E noi qui che ci stiamo a fare, scusa? Gli amici si vedono nel momento del bisogno, no? Finché avrai noi, non sarai mai solo» disse Sara con la sua disarmante spontaneità. «Confermo» annuì Will allungando la mano per battere il cinque a Sara e Jem. Era vero: nessuno a parte loro avrebbe potuto farlo stare meglio. A che serviva avere centinaia di pseudo amici, quando solo quei due potevano capirlo davvero?

«Lo so. Grazie» disse Jem abbozzando un sorriso di gratitudine. «Sapete, a volte mi chiedo cosa ho fatto per meritare la vostra amicizia.»

«Te lo dico io: hai fatto l'abbonamento a tutti i film e telefilm esistenti. Già questo ti garantisce la nostra lealtà a vita!» dichiarò Sara facendoli mettere a ridere. Dopo aver avvisato i genitori che sarebbero rimasti da Jem per quella notte, Sara afferrò il telecomando dal tavolino e fece partire una nuova puntata. Ma non fecero in tempo a finirla che erano già crollati sul divano, appoggiati beatamente l'uno sull'altro come cuccioli sotto lo sguardo vispo di Napoleone. 

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro