2 || La leggenda del Sole Blu

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Il vicolo nel quale si erano materializzati era buio e l'aria puzzava di cibo andato a male. Perla era sicura che fosse apparsa proprio sopra un cumulo di spazzatura, ma non ebbe il tempo di controllare, poiché Tyler la prese per mano e s'immerse nella calca di newyorkesi che affollava le strade dell'Upper West Side. Proseguirono per una decina di minuti, a passo svelto e in completo silenzio, e non rallentarono finché il vecchio palazzo nel quale abitava il professor Young non apparve davanti ai loro occhi. Si avviarono verso il portone d'ingresso ed entrarono nell'edificio, quindi presero l'ascensore e schiacciarono il pulsante del terzo piano.

«Non potevamo teletrasportarci direttamente nel pianerottolo?» mormorò Perla, ansante.

Tyler fece un respiro profondo e sorrise. «Rischiando così di materializzarci di fronte a qualcuno che abita in questo palazzo? Qualcuno che non sa della nostra esistenza?»

«Allora potevamo teletrasportarci in un vicolo più vicino.»

«Hai ragione, ma non sarebbe stato divertente così.»

Perla alzò un sopracciglio e incrociò le braccia al petto. «Hai davvero un'idea così ristretta di divertimento?»

Un luccichio malizioso gli illumino lo sguardo. «In realtà ho parecchie idee su come potremmo divertirci insieme, ma questo non mi sembra il posto giusto per metterle in pratica. Né il momento più adatto.»

Non appena comprese il senso di quelle parole, Perla arrossì fino alla punta delle orecchie.

«Lo credo anch'io» mormorò con voce rauca.

Tyler ridacchiò e le portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Schiuse le labbra e fece per dire qualcosa, quando il campanello dell'ascensore suonò e le porte si aprirono.

Con ancora il cuore che le batteva forte nel petto, la ragazza si fece prendere per mano e si lasciò condurre nel lungo pianerottolo. Rapidamente raggiunsero l'appartamento in cui viveva Lex e bussarono con forza. Un attimo dopo il viso stanco di Matt Harrison fece capolino dalla porta.

«Siete arrivati» esordì.

Tyler sbuffò amaramente e gli passò accanto. «Sei perspicace, amico

Perla lo salutò con un sorriso tirato ed entrò nell'appartamento. Dalla sera in cui aveva scoperto le sue vere origini, il loro rapporto si era parecchio raffreddato. Sebbene Matt avesse cercato di riaggiustare le cose nell'ultimo mese, lei aveva mantenuto le distanze e aveva fatto di tutto pur di evitarlo. Non si fidava più di lui, e ogni volta che lo guardava, vedeva solamente un ragazzo che non aveva fatto altro che mentirle, nascondendole una parte così importante della sua vita.

Ci aveva pensato molto ed era arrivata alla conclusione che, se Matt le avesse detto la verità sin da subito, lei gli avrebbe creduto; non dicendoglielo, però, Perla non poteva fare a meno di dubitare della buona fede del ragazzo.

La ragazza abbassò lo sguardo e lo superò, ma Matt allungò una mano e le sfiorò delicatamente un braccio. Lei lo guardò duramente e si ritrasse con uno scatto.

«Stai bene?» chiese in un sussurro; gli occhi smeraldini erano colmi di dispiacere.

Perla si sentì in colpa per essersi allontanata così bruscamente dal suo tocco e dovette mordersi il labbro inferiore per impedirsi di chiedere scusa. Sebbene si sentisse tradita e non si fidasse più di lui, non poteva nascondere a sé stessa di volergli ancora un gran bene. Quando l'aveva sfiorata, per un attimo le era sembrato che tutto quello che era successo tra di loro nell'ultimo mese non fosse mai accaduto, e i ricordi di tutti i bei momenti passati insieme le tornarono alla mente come un fiume in piena.

Si schiarì la voce e annuì piano, poi abbassò lo sguardo e si avvicinò Tyler, che non aveva staccato gli occhi da Matt nemmeno per un secondo. Insieme raggiunsero il soggiorno di casa Young dove, seduti comodamente sul divano a sorseggiare una tazza di tè caldo, trovarono il professore, Rayen e Zion.

Lex fu il primo ad accorgersi del loro arrivo.

«Eccovi qui, ragazzi» esclamò, schiudendo le labbra in un allegro sorriso. «Ben arrivati.»

Appoggiò la sua tazza sul tavolino di legno che aveva di fronte, si alzò dal divano per andare loro incontro e li strinse a sé in un unico e caloroso abbraccio.

«Come state?» domandò poi, tirandosi indietro per guardarli negli occhi.

«Ansiosi di sapere cos'hai scoperto» rispose Tyler.

«Ce ne avete messo di tempo!» esordì Zion all'improvviso, spalancando le braccia. «Noi siamo qui da ore

«È probabile che si siano messi a pomiciare nei corridoi della scuola e abbiano perso la cognizione del tempo.»

Quella voce profonda, calda e con un marcato accento spagnolo le fece tremare il cuore per l'emozione. Perla si voltò verso sinistra e vide la figura slanciata e snella di Scott uscire dalla cucina con una bottiglietta d'acqua in una mano.

Gli occhi le si inumidirono di lacrime. Non lo vedeva dal funerale di Delia, e da quel triste giorno erano passate diverse settimane, durante le quali aveva cercato in tutti i modi possibili di mettersi in contatto con lui: gli aveva mandato almeno un centinaio di messaggi, gli aveva scritto decine di e-mail e aveva continuato a chiamarlo ogni giorno, senza mai ricevere risposta.

Perla poteva solo immaginare quanto l'amico stesse soffrendo in quel periodo. Avrebbe voluto stargli accanto e aiutarlo a superare quella perdita, ma Scott aveva preferito allontanarsi da tutto e da tutti e affrontare il dolore per la morte della sua migliore amica in totale solitudine.

Incapace di trattenersi, la giovane corse incontro all'amico e gli gettò le braccia al collo. Lo sentì ridacchiare, e un attimo dopo Scott le cinse la vita per ricambiare l'abbraccio.

«Ciao, nena» le bisbigliò all'orecchio. «Ti sono mancato così tanto?»

Perla ridacchiò e tirò su con il naso. Sollevò la testa e lo guardò, notando che i capelli neri erano più lunghi rispetto all'ultima volta che l'aveva visto e che il viso era coperto da un lieve strato di barba. Le labbra sottili erano schiuse in un piccolo sorriso, ma gli occhi castani erano spenti e privi di quella luce vivace che li caratterizzava.

«Come stai?» gli domandò con voce rotta.

Scott sospirò e alzò piano le spalle. «Si tira avanti.»

Lei si morse il labbro inferiore per evitare di scoppiare a piangere. Sapeva che l'amico stava soffrendo e avrebbe fatto di tutto pur di rivedere il ragazzo allegro e spensierato che era fino a qualche settimana prima, ma sapeva anche che aveva bisogno di tempo per superare la perdita della sua migliore amica. Perla avrebbe fatto la sua parte, standogli accanto e offrendogli una spalla su cui piangere ogni volta che ne avesse avuto bisogno.

Con un piccolo sorriso, la ragazza fece un respiro profondo e si allontanò da quell'abbraccio. Scott le cinse le spalle con un braccio e, insieme, andarono a sedersi sul divano di velluto rosso. Tyler si accomodò accanto a Perla e si sporse in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia.

«Allora, Lex, che hai trovato?» domandò infine.

Lex sorrise entusiasta e si avvicinò a passo svelto al tavolo di vetro situato all'angolo del soggiorno. Dopo una manciata di secondi, si sedette sulla poltrona di pelle che vi era accanto al divano con un grosso e vecchio manoscritto. Lo aprì e iniziò a sfogliarlo con particolare attenzione, come se quelle pagine fossero estremamente fragili. Non appena trovò quello che stava cercando, un sorriso soddisfatto gli illuminò il volto e sollevò lo sguardo verso Tyler.

«Qualcosa che, credo, potrebbe esserci utile» disse, porgendogli il grosso tomo.

Non appena il ragazzo lo prese e se lo posò sulle gambe, Perla si sporse verso di lui e osservò il volume con particolare interesse. Le pagine erano del colore dell'avorio e, nonostante l'aspetto antico, erano in perfette condizioni, e con una calligrafia piccola e accurata erano state scritte delle parole in quello che riconobbe essere greco antico.

«Leggi a tutti quanto vi è scritto, ragazzo» mormorò Lex, appoggiandosi allo schienale della poltrona e incrociando le braccia al petto.

Tyler osservò quelle pagine con particolare interesse per qualche minuto, quindi fece un respiro profondo e iniziò a leggere: «Moltissimi anni fa, nella piccola isola di Alónnisos sorgeva un modesto villaggio di abili pescatori e commercianti. Dopo anni floridi e di pace, l'anziano e saggio capovillaggio Kallistos morì all'improvviso, e il suo primogenito Arkhékòs prese il suo posto.

«Arkhékòs era però un uomo assai diverso dal padre. Avido di potere e violento, non si fermava davanti a niente e nessuno pur di ottenere tutto ciò che desiderava. La Bestia – così veniva soprannominato dagli abitanti del villaggio – era inoltre uno dei maghi più potenti che praticava magia oscura e se ne serviva per perpetrare violenze su chiunque osasse ribellarsi al suo governo.

«Furono mesi di puro terrore: stupri, aggressioni e omicidi furono all'ordine del giorno. Vennero introdotte nuove tasse che imposero il pagamento di ingenti somme di denaro per soddisfare l'avidità del sovrano, e coloro che non riuscivano a saldare il proprio debito, poiché troppo poveri per riuscirci, vennero ridotti in schiavitù e costretti a lavorare in condizioni disumane. A tutto ciò, si aggiunsero una serie di carestie e siccità che decimarono la popolazione nel giro di un anno.

«Un giorno, in sella a dei bellissimi cavalli dal manto liscio e splendente, arrivarono al villaggio quattro sconosciuti, due uomini e due donne: Helios e Zephyros, Alikés e Gea. Indossavano tutti un lungo mantello colorato con il cappuccio calato sulla testa ed erano di una bellezza strabiliante. Passarono tra la folla che si era radunata al centro del villaggio in completo silenzio, emanando un profondo senso di sicurezza e protezione. Gli abitanti erano rimasti senza parole; qualcuno si inginocchiò, in totale adorazione.

«All'improvviso una delle due donne, Alikés, scese dal cavallo con una grazia innata, lasciando che il mantello celeste le coprisse le forme graziose. Si abbassò il cappuccio e i lunghi capelli biondi le caddero morbidi sulle spalle, poi fece scorrere lo sguardo sul viso scarno di ciascun abitante del villaggio. La compassione che provò per loro in quel momento le illuminò gli occhi, azzurri come il cielo d'estate.

«Avanzò lentamente verso lo spiazzo di erba secca, quindi si voltò verso gli isolani. Senza dire una parola, schiuse le labbra in un dolce sorriso e aprì una mano con il palmo rivolto verso il cielo. Un attimo dopo, dalla sua mano scaturì un rivolo d'acqua cristallina. Il rivo si librò in aria per una decina di metri prima di esplodere in una miriade di gocce trasparenti.

«Dopo più di un anno di siccità, sull'isola di Alónnisos stava piovendo. Le gocce d'acqua caddero sul terreno arido e in un attimo la distesa d'erba tornò verde come un tempo; sui rami spogli degli alberi da frutta comparvero foglie rigogliose e maturarono frutti maturi; i campi agricoli erano di nuovo fertili.

«Ci fu un lungo istante di puro silenzio, poi la folla esplose in urla di incontenibile gioia. Gli abitanti di Alónnisos ammirarono le piantagioni di frumento e i frutteti rigogliosi, con la speranza che la situazione sarebbe finalmente cambiata.

«"Chi siete?" domandò un giovane uomo, inginocchiandosi ai piedi della donna.

«"Siamo i Dominatori della Natura, e siamo venuti qui da terre lontane per aiutarvi."

«L'arrivo al villaggio dei Dominatori e ciò che aveva fatto Alikés mandò il capovillaggio su tutte le furie. Egli diede l'ordine ai soldati di uccidere gli Sconosciuti e di ridurre in schiavitù tutti gli abitanti del paese, accusandoli di alto tradimento.

«L'attacco fu sferrato alle prime luci dell'alba. L'esercito di Arkhékòs entrò nel villaggio armato di spade ben affilate, balestre e lunghe lance metalliche e si diresse verso gli alloggi in cui i Dominatori della Natura avevano trascorso la notte.

«Tutti gli uomini del paese cercarono di ostacolare l'avanzata dell'esercito e risposero all'attacco. I soldati erano però stati addestrati a combattere ed erano molto più forti e in salute; per questo motivo non fu difficile per loro avere la meglio, e più della metà degli isolani perse la vita durante l'assalto.

«Svegliati dalle grida raccapriccianti e dai pianti isterici, i Dominatori della Natura uscirono dal proprio alloggio per vedere cosa stesse succedendo. Lo scenario che si presentò ai loro occhi fu terrificante: c'erano decine di corpi senza vita riversi in terra, immersi in un bagno di sangue; uomini, donne, bambini. I soldati non avevano risparmiato nessuno.

«Immobili come statue, osservarono l'esercito di Arkhékòs che avanzava verso di loro a gran velocità; osservarono le espressioni rabbiose dei soldati, i loro volti sporchi di sangue, terra e sudore. Solo quando si ritrovarono a meno di un metro di distanza gli uni dagli altri, l'urlo belluino di Helios squarciò l'aria. In un gesto simultaneo, i quattro Dominatori sollevarono la mano destra e la puntarono verso l'esercito.

«Dai palmi delle loro mani uscì un raggio di luce, che avanzò rapidamente e andò a infrangersi contro la barriera umana di soldati. Questi vennero spinti all'indietro da una forza sovrumana e, dopo un volo di una decina di metri, caddero rovinosamente a terra.

«L'intero esercito era stato annientato.

«Bastò quel gesto a scatenare l'ira funesta del capovillaggio. Si diresse a passo rapido verso il centro del villaggio e cominciò a lanciare i raggi di luce accecanti contro gli Sconosciuti, che riuscirono a deviarli con agilità e contrattaccarono.

«Dopo quella che sembrò essere un'eternità, il fascio magico di Gea colpì l'uomo allo stomaco, sbalzandolo all'indietro di qualche metro.

«Era l'occasione perfetta per porre fine a tutto quanto, e i quattro Dominatori non se la sarebbero lasciata sfuggire. Si misero gli uni vicino agli altri e chiusero gli occhi, quindi sollevarono una mano in avanti, il palmo rivolto verso l'alto.

«Erano passati pochi istanti, quando dalle loro mani fuoriuscì un fascio luminoso colorato. I quattro raggi magici si librarono per qualche metro e vorticarono su loro stessi per diversi secondi, quindi si fusero tra loro e implosero.

«Sopra le loro teste si era formata una piccola palla di fuoco, grande quanto una mela, che emanava una splendente luce blu: era il Sole Blu, lo strumento magico più potente mai esistito.

«Gli abitanti di Alónnisos non avevano idea dell'elevata pericolosità del Sole Blu; al contrario, Arkhékòs sapeva bene di che cosa si trattasse e un'espressione di puro terrore gli dipinse il volto.

«Si trascinò all'indietro freneticamente, quindi cercò di alzarsi in piedi per scappare lontano. Prima di permettergli di fare qualsiasi altra cosa, i quattro Dominatori gli lanciarono contro il Sole Blu, che andò a conficcarsi nella carne dell'uomo, proprio all'altezza del cuore.

«Arkhékòs boccheggiò e abbassò lo sguardo, posando le mani nel punto in cui era stato ferito. Il volto gli si deformò in una smorfia di dolore e un urlo agghiacciante squarciò l'aria. L'uomo guardò nuovamente i Dominatori e schiuse le labbra, ma tutto quello che voleva dire si perse in un gemito. Infine stramazzò a terra.

«Il brutale, violento e odioso capovillaggio era finalmente passato a miglior vita.

«I pochi abitanti di Alónnisos – i pochi sopravvissuti all'attacco dell'esercito di Arkhékòs – non riuscirono a trattenere la gioia, perché sapevano che la morte della Bestia significava riavere la libertà e la pace perduta.

«Nei giorni successivi i quattro dominatori e gli isolani s'impegnarono a far ritornare tutto com'era un tempo: le persone ridotte in schiavitù furono liberate, le case distrutte vennero ricostruite e venne eletto un nuovo capovillaggio.

«Finalmente nell'isola di Alónnisos regnava di nuovo la pace.»

Tyler sollevò lo sguardo dal manuale e guardò Lex con un sopracciglio alzato. «Ma che significa?»

«Significa che potremmo aver trovato l'arma con cui uccidere Mavrikòs» replicò l'uomo, pulendosi gli occhiali con un fazzoletto di stoffa.

«Andiamo, Lex, è solo una leggenda!» esclamò Zion.

«Una leggenda che ha troppe analogie con la nostra situazione per poter essere ignorare.»

«Analogie?»

Il professore si risistemò gli occhiali sul viso e si alzò dalla poltrona. «Quella leggenda narra di quattro maghi che riescono a sconfiggere un Nero violento e avido di potere e a salvare un'intera comunità. Non ti sembra una storia familiare?»

«Sono solo coincidenze.»

«Non esistono le coincidenze. Non nel nostro mondo, perlomeno.»

«Ha ragione, Zion» intervenne Rayen, posandogli una mano sulla gamba. «Nelle leggende c'è sempre un pizzico di verità.»

«E poi» esclamò Scott, «quei quattro erano i Dominatori della Natura. Non può essere una coincidenza anche questa.»

Zion si prese la radice del naso tra le dita e fece un respiro profondo. «Okay, presumiamo che la storia del Sole Blu sia vera» mormorò infine, riportando gli occhi in quelli di Lex. «Non abbiamo idea di cosa cercare, né da che parte cominciare. Non sappiamo nulla.»

A quelle parole, il professor Young sorrise sornione e andò a sedersi di nuovo sulla poltrona. «Angelina ha fatto qualche ricerca in proposito»

«E cosa ha scoperto?» domandò Perla. Sebbene non avesse nessun tipo di potere magico, la Smith era una grande esperta di Stregoneria e le sue conoscenze si erano spesso ritenute utili.

«Non molto, in realtà. Non sono tanti i manuali in cui si può ricavare qualche informazione.»

«Ottimo» borbottò sarcasticamente Zion, guadagnandosi un'occhiata truce da parte di Rayen.

Lex lo ignorò e si chinò in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia. «Ciò che ci è utile sapere è che il Sole Blu, essendo creato direttamente dai poteri magici di maghi e streghe, è uno strumento magico molto potente e pericoloso. Può far ottenere a chi lo possiede tutto ciò che desidera, causando dei veri e propri disastri se dovesse finire in mani sbagliate.»

«Nelle mani di Mavrikòs, ad esempio» bisbigliò Scott, con le braccia strette al petto.

Il professore annuì. «Proprio per evitare che questo accada, il Sole Blu è stato affidato a una congrega di streghe, a cui è stato assegnato il compito di custodirlo e nasconderlo.»

«Avete idea di quale congrega sia?» chiese Tyler.

«Sfortunatamente no.»

Zion sbuffò amaramente. «Allora siamo al punto di partenza.»

«Ha ragione» ammise Perla, con una nota di amarezza nella voce. «Esisteranno milioni di congreghe sparse in tutto il mondo.»

Lex esibì un sorriso entusiasta e annuì. «È vero, ma io e Angelina abbiamo ridotto il numero a due

«Cazzo, sul serio?» esclamò Matt con evidente stupore. «E da cosa lo avete dedotto?»

Il professore si tamburellò l'indice sulla tempia e mormorò: «Tutta questione di intelligenza, ragazzo.»

«Quali sono, queste congreghe?» domandò Tyler, impaziente di saperne di più in proposito.

«Una è quella delle Sacerdotesse di Snæfellsjökull, in Islanda.»

«Snæfellsjökull? Il ghiacciaio Snæfellsjökull?» esclamò Scott, alzando un sopracciglio. «Lo stesso di "Viaggio al centro della Terra"?»

«Proprio quello.»

Perla si morse il labbro inferiore per nascondere un sorriso e lo guardò stupita. Il ragazzo incrociò il suo sguardo e, leggendo l'incredulità negli occhi dell'amica, arrossì «Che c'è? Sono uno che legge molto.»

«La seconda congrega, invece?» domandò Rayen.

«La seconda è quella delle Divianae» rispose il professore, «che vivono in una modesta villa del Sud Italia.»

«Islanda... Sud Italia...» bisbigliò Scott. «Questo significa che dovremo partire di nuovo?»

«Significa che dovrete partire di nuovo, sì.»

«Non posso crederci» borbottò Zion, passandosi una mano sulla testa rasata. «Vuoi farci partire per l'Europa senza essere sicuro che quello che stiamo cercando esista sul serio?»

«Il Sole Blu potrebbe esiste, Zion.»

«Potrebbe... ah! È solo una leggenda, Lex!»

«Questo non significa che non sia reale.»

«Non sappiamo nemmeno cosa cercare, tu non...»

«Smettila, Zion!» esclamò Matt all'improvviso, spalancando le braccia. «Hai lasciato Wellington per venire qui e aiutarci a sconfiggere Mavrikòs, e ora non fai altro che lamentarti per ogni minima stronzata.»

Gli occhi di Zion si infiammarono di rabbia, ma questo non bastò a intimidire il ragazzo, che proseguì: «È l'unica cosa che abbiamo trovato che abbia un minimo di senso, quindi vedi di darci un taglio!»

«Sei solo un ragazzino» mormorò l'uomo a denti stretti. «Credi davvero che mi faccia comandare da uno sporco Nero traditore come te?»

A quelle parole, Matt scattò in piedi con le mani chiuse a pugno, mentre i lineamenti del suo viso s'irrigidivano. «Non azzardarti mai più a chiamarmi così.»

«Perché?» bisbigliò l'altro con un sorriso sardonico. «Dopotutto, è quello che sei.»

Ci fu un istante di silenzio prima che il giovane si scagliasse contro di lui. Perla si alzò di scatto e si avvicinò rapidamente a Matt, mettendosi tra lui e Zion.

«Matt, fermati» mormorò, posandogli le mani sul petto per fermarlo. «Non fare qualcosa di cui potresti pentirti.»

Quel tocco sembrò tranquillizzarlo all'istante: i muscoli del corpo si rilassarono e i lineamenti del viso si distesero, ma quando la guardò negli occhi, Perla poté vedere quanto fosse arrabbiato. Matt respirò profondamente e le carezzò il volto con lo sguardo, poi si schiarì la voce e annuì.

«Hai ragione» ringhiò, riportando gli occhi su Zion. «Non ne vale la pena.»

Poi si allontanò e uscì dall'appartamento sbattendo furiosamente la porta.

Rayen sbuffò scocciata e guardò Zion con rimprovero. «Era proprio necessario?»

«Non venire a farmi la predica, Rayen, non ne ho bisogno.»

«Invece ne hai bisogno eccome. È solo un ragazzo!»

«Non provare a giustificarlo.» Zion si alzò in piedi e spalancò le braccia. «È un Nero. Le scelte che ha fatto nella sua vita non cambiano ciò che è realmente.»

«Un Nero non farebbe mai tutto quello che ha fatto lui nell'ultimo periodo. Non sacrificherebbe la sua vita per aiutarci a sconfiggere Mavrikòs – il Nero più potente.»

Perla abbassò lo sguardo e sospirò. Matt era completamente diverso dai Neri che aveva avuto l'onore di incontrare. Era buono e coraggioso; più volte aveva messo in pericolo la propria vita per salvarle la sua. Se fosse stato un Nero come tutti gli altri, non si sarebbe mai comportato in quel modo.

Era proprio questo a farla soffrire di più: essere consapevole di quanto valesse Matt, ma non riuscire a perdonarlo per averle mentito su una cosa così importante.

«Ha fatto un solo errore» mormorò Rayen, riportandola alla realtà, «ed è quello di non averci detto la verità. Perché non provi a perdonarlo?»

«Le persone come lui hanno ucciso mia figlia!» Gli occhi di Zion si inumidirono e i lineamenti del suo viso si indurirono. «Come puoi chiedermi di perdonargli una cosa del genere?»

Poi, senza aggiungere altro, si girò e se ne andò in cucina.

L'espressione su volto della donna si addolcì. Mantenne gli occhi fissi sulla porta di legno che Zion si era chiuso alle spalle e indugiò sul da farsi per un lungo istante; infine fece un respiro profondo e si portò le mani tra i lunghi capelli neri.

In casa regnò il silenzio per diversi minuti, tutti presi dai propri pensieri. Fu Scott a parlare per primo, chiedendo: «Cosa facciamo, adesso?»

Lex sospirò e si passò una mano sugli occhi. «Partirete fra una settimana, durante la pausa primaverile della scuola.»

«Sono solo cinque giorni. Non credo che riusciremo a fare due viaggi in così poco tempo.»

«E poi li hai visti Matt e Zion» intervenne Perla. «Non credo vogliano passare altro tempo insieme.»

«Lo farebbero, credimi, ma non è questo il caso.»

«Che intendi dire?»

«Vi dividerete in due gruppi» disse, con un sorriso entusiasta. «Scott, Zion e Rayen andranno dalle Sacerdotesse. Tu, Tyler e Matt, invece, andrete dalle Divianae.»

«Matt non verrà con noi!» proruppe Tyler, alzandosi in piedi di scatto. «Voglio dire... io e Perla sappiamo cavarcela da soli, e sono certo che agli altri non faccia male avere un'altra persona su cui contare.»

Scott sghignazzò. «È per questo che non vuoi che Matt parta con voi? Perché pensi che io, Rayen e Zion abbiamo bisogno di maggior aiuto?»

«Sì, proprio per questo.»

«Ne sei sicuro?» lo provocò l'altro con un mezzo sorriso, avendo capito subito che il motivo per il quale non voleva partire con Matt non riguardava affatto la sua sicurezza e quella degli altri due Elementi. «Allora tu potresti venire con noi, e lasciar andare Perla e Matt dalle Divianae. Da soli.»

Tyler guardò l'amico con uno sguardo di fuoco, e Perla dovette mordersi il labbro inferiore per nascondere il sorriso divertito.

«Per la sicurezza di tutti voi» intervenne Lex, «è necessario che i due Elementi complementari partano insieme, così da poter aumentare i propri poteri in caso di bisogno.»

«Allora è deciso» sghignazzò Scott, osservando l'espressione infastidita e irritata dipinta sul viso dell'amico.

«Bene» esclamò il professore, battendo le mani sulle gambe. «Credo sia arrivato il momento di andare ad aggiornare Angelina riguardo le nostre decisioni, anche se non credo sarà felice di sapere di dover finanziare altri due viaggi.»

La professoressa Smith era una donna parecchio benestante, ed era stata proprio lei a pagare ai ragazzi i due viaggi in Cile ed in Nuova Zelanda, due mesi prima. La donna non aveva nessun tipo di potere magico, né era imparentata con un mago o una strega; tuttavia era una esperta di Stregoneria e una cara amica del professor Young, cosa che si era rilevata piuttosto utile.

«Io invece vado a parlare con Zion» disse Rayen, alzandosi in piedi. «Proverò a scusarmi... e a cercare di farlo ragionare.»

Scott sbuffò. «Buona fortuna.»

Quelle parole riuscirono a strapparle un sorriso. Poi fece un respiro profondo e, in pochi attimi, scomparve dietro la porta della cucina.

«Credete che il Sole Blu esiste davvero?» chiese Perla con titubanza.

Tyler sospirò profondamente e la guardò, prendendole una mano. «Non lo so, ma mi fido di Lex. Se credo che la storia di questo strumento magico non sia solamente una leggenda, allora ci credo anche io.»

Lei annuì piano e abbassò lo sguardo. Il professor Young poteva aver sbagliato. Il Sole Blu poteva non essere altro che una leggenda, ma Perla si rifiutava di pensarla in questo modo. Voleva avere fiducia in Lex, e proprio come Tyler, ci credeva.

All'improvviso Scott si alzò di scatto e fece un respiro lungo e profondo. «A questo punto, credo che ci rimanga solo una cosa da dire.»

«E cioè?» domandò Tyler, alzando un sopracciglio.

L'altro schiuse le labbra in un debole sorriso e, spalancando le braccia, disse: «Che questa nuova avventura abbia inizio!»    

****

BUONASEEEEEERA!

Perdonate l'immenso ritardo, ma questa BIIIP di leggenda mi ha letteralmente mandato in crisi. In realtà il capitolo era pronto già da tempo: avevo dato solamente qualche accenno riguardo la storia del Sole Blu, poi la mia mente geniale ha pensato bene di riportarla fedelmente nel capitolo e farla leggere direttamente a Tyler. Sebbene mi abbia mandato fuori di testa, devo ammettere di essere contenta di averlo fatto. Volevo rendere la storia più reale possibile e ho immaginato che la leggenda (nata dalla mia fantasia, sia chiaro) dovesse venir letta da uno dei personaggi, e non solamente citata. 

Ora però sono qui, e spero di essermi fatta perdonare con questo nuovo capitolo. Finalmente i nostri protagonisti hanno qualcosa su cui far affidamento, anche se non tutti (ZION MALEDETTO!) sembrano essere convinti di quello che andranno a fare. Che cosa può essere questo Sole Blu, secondo voi? E quali delle due congreghe lo conserva, quella col nome impronunciabile o quella delle Divianae (che, per la cronaca, si legge Diviane)? Fatemi sapere nei commenti i vostri pensieri, su su.

Bene, detto questo, levo le tende e mi defilo.

Un bacio, 
Katja.

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