23 - Colpevole

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Il tempo era davvero pessimo, un vento rabbioso sbuffava in continuazione nelle zone collinari vicine ad Agraq, le nuvole scure che non permettevano minimamente ai raggi solari di toccare il terreno freddo e umido bagnato da una pioggia incessante. Era iniziato tutto così all'improvviso quella notte e non sembrava voler minimamente migliorare. Le persone correvano per poter arrivare da una parte all'altra delle strade piene di pozzanghere in cui molti bambini saltavano ignorando le sgridate dei genitori.

– Bella tempesta là fuori.– disse Nico quando entrò in panetteria assieme a Nissa con un paio di scatoloni tenuti miracolosamente intatti, suo fratello maggiore già al lavoro oltre il bancone.

– Ho visto, non capitava da parecchio.– gli disse raggiungendolo e aiutandolo a portare nella dispensa il nuovo carico, la ragazza che li attese. A causa del mal tempo molte attività stavano chiuse tra cui loro poiché la gente difficilmente andava a fare compere. A Stavira invece non ci si fermava mai, a volte la ragazza sentiva la mancanza di casa quando ci ripensava.

Ricordava i momenti passati nella sua camera a guardare fuori dalle grandi finestre il via vai di persone sotto la pioggia, di guardie indaffarate in qualche cosa; chi controllava l'acqua era avvantaggiatoin quelle situazionipoiché poteva usare la magia per rimanere perennemente asciutto e, in effetti, a pensarci, nella grande capitale vivevano molti Salir dall'aura blu. Il che era strano, non c'erano laghi, non c'era il mare e nemmeno fiumi che potessero aver portato così tante persone in antichità in quelle zone di pianura. Era uno dei misteri che la affascinava, peccato che non aveva mai trovato risposte plausibili nei libri e racconti. Forse però avrebbe potuto chiedere a qualche Dea di sua conoscenza, forse la spiegazione era ancora più indietro nel tempo.

– A proposito.– disse una volta che i due fratelli tornarono, aiutandoli poi a sistemare il negozio riordinando gli scaffali, o più che altro lei e Nico lo fecero poiché Nath fu impegnato a occuparsi delle piccole piantine sparse ovunque in negozio. Aveva convinto lui suo padre di abbellire l'intera stanza in quel modo, dicendo che le piante portassero il buon umore. Non aveva tutti i torti in realtà, anche se poteva essere benissimo una scusa per sé per poter avere qualcosa più legato alla sua di magia.

– Sono un paio di giorni ormai che non sappiamo niente di Sheera e Kyra, Dyiara ha detto che non sono più da loro.–

– Saranno impegnate in qualche cosa, sono pur sempre Dee, l'hanno detto.– sospirò Nico sedendosi su una sedia a controllare gli incassi della settimana.

– Non so, questo tempo mi fa ricordare quella volta in cui Sheera ha dato di matto e ha diluviato per settimane.– ammise suo fratello invece guardando da fuori la finestra il vento che aveva iniziato a soffiare ancora di più. Non si riusciva a vedere oltre il proprio naso a momenti.

– Dici che è per causa sua?– si fece pensierosa la ragazza vedendolo scuotere la testa non avendone idea.

– Sappiamo che non è famosa per avere il massimo del controllo, potrebbe anche essere. Non sarebbe la prima volta.–

Il tintinnio che emetteva sempre la porta d'ingresso quando qualcuno entrava arrivò ai tre che si voltarono verso l'entrata principale da dove sbucavano solitamente i clienti, scambiandosi poi sguardi confusi. Chi dei tre si era dimenticato di chiudere a chiave? E chi era il pazzo che vagabondava in quelle condizioni?

– Scusate, ma là fuori è un putiferio.– sentirono dire dallo sconosciuto con voce roca per il freddo, un paio di colpi di tosse. Era avvolto da una mantella marrone e vecchia e si stava sfregando le mani con furia cercando di scaldarsele, ed erano davvero rosse. Non era bagnato però, doveva essere uno dei pochi che controllavano l'acqua in quelle zone.

– Oh, Gray! Quasi non ti riconoscevo ridotto così.– escalmò ad un certo punto Nico dopo averlo studiato per bene, riconoscendolo solo una volta che alzò lo sguardo.

– Ehi, amico.– ricambiò il saluto anche se tossì poco dopo. Si abbassò il cappuccio solo una volta che i brividi si calmarono, rivelando un volto che anche Nath fu familiare benché lo avesse visto di sfuggita poche volte: pelle chiara ma guance arrossate dal freddo, capelli folti e riccioluti di uno strano nero sbiadito, ricordava la cenere del camino. I suoi occhi invece erano azzurri come il cielo limpido in una piena giornata di sole e Nissa ne rimase affascinata. Sembravano stanchi però, e anche il suo corpo magro e sciupato lo dimostrava. Era piuttosto mingherlino rispetto a Nico, suo coetaneo, e ancora più di quello che lui ricordava.

– Siediti pure, a momenti cadi a terra.– lo invitò subito lui e l'altro non rifiutò, Nath che filò oltre il bancone a combinare qualcosa. Nissa non lo aveva mai visto ma sembrava conoscere bene i due fratelli, non era niente di cui stupirsi dato che tutti ad Agraq si conoscevano e avevano parlato tra loro almeno una volta essendo il paesino piuttosto piccolo. Ammirava questa cosa, a Stavira era impensabile.

– Tieni, ti aiuterà a scaldarti.– disse Nath quando ritornò con una tazza fumante di erbe aromatiche dal profumo inebriante e rilassante, Gray che ci avvolse subito le mani congelate.

– Non sai quanto ti ringrazio.– gli disse quando il moro gli offrì anche del pane avanzato. Lo mangiò subito e avidamente, da quanto si vedere probabilmente non mangiava da parecchio.

– Non hai una bella cera, ancora problemi in famiglia? Hai lasciato la scuola senza dire una parola anni fa e non ti si vede quasi più, persino tua madre e le tue sorelle.– chiese Nico. Dovevano essere stati compagni di classe, o così pensò Nissa per come gli parlò.

– A mala pena riusciamo a mangiare un boccone per un'intera settimana, la nostra salute ne sta risentendo e siamo tutti più stanchi. Mia madre è perennemente ammalata e le mie sorelle si occupano di lei. Sono troppo piccole per lavorare quindi devo guadagnare io ma l'unico lavoro che ho trovato è una rottura.– spiegò buttando giù di tanto in tanto la tisana di Nath che annuì dispiaciuto.

– E tuo padre? Ha venduto la falegnameria per caso? Perché ce l'ha in mano il suo eterno rivale del paese ed è sembrato strano a tutti.– gli domandò ripensando a quando era passato mesi e mesi prima davanti il negozio che per anni aveva sempre attratto bambini e ragazzi per i giocattoli e le piccole sculture di animali precise e colorate, di una bellezza unica, fatte con cura e passione.

Gray sorrise malinconicamente guardando per un attimo i due ragazzi, poi spostò lo sguardo su Nissa prima di rispondere. All'inizio non ne capì il motivo, poi pensò di non essersi presentata e rimediò subito.

– Sei tu che hai scritto un libro sugli Yarix e le Dee, giusto? Perciò deduco che voi sappiate chi esse siano.–

– Oh, bhe, in realtà non esattamente. Ho solo trovato le informazioni sparse ad Eathevyr.– lo bloccò subito la ragazza. Ricordava bene che una Kyra più che seria le avesse espressamente chiesto di non fare assolutamente alcun nome o riferimento che potesse essere riconducibile all'identità delle Dee sotto forma di Salir. Voleva evitare di creare loro problemi.

– Capisco. Comunque, mio padre è stato catturato perché si era alleato con il Demone. Quando lo hanno preso mi hanno detto che avrebbe dovuto pagare i suoi peccati ma nient'altro.– spiegò fissando il fondo della tazza vuota come se nulla fosse. In lui però un filo di tristezza e rabbia si poteva percepire.

– Cos... Tuo padre era uno troppo buono per accettare un'allenza del genere.– si fece confuso Nath.

– Ho pensato la stessa cosa quando l'ho scoperto per caso, l'avevo sorpreso parlare con il preside di strani concetti e, quando mi beccò origliare, mi spiegò tutto. Mentirei se dicessi che non l'ho odiato per voler porre fine alla nostra esistenza perché lì si sarebbe arrivati alla fine. Però, non mi aveva detto di esser stato minacciato, non subito almeno, e avrebbero ucciso la sua famiglia se non avesse obbedito. Sapete com'è quando si tratta di noi. O meglio, com'era...–

Gray sembrava voler continuare a nascondere il dolore e la rabbia ma tutti e tre notarono comunque che non stesse bene. Non doveva essere facile portare un peso del genere silenziosamente, non avrebbe potuto parlarne con nessuno se non con loro che sapevano abbastanza avendolo visto con i loro occhi.

– Pensi che tuo padre sia morto?– gli domandò Nissa intuendo cosa lo tormentava di più.

– Bhe, non ho idea di dove sia né cosa gli abbiano fatto quegli schifosi demoni.– sputò con disprezzo. La ragazza però gli si avvicinò e gli prese la mano e mostrandogli un sorriso dolce e sincero.

– Sono certa che sta bene, non credo che abbia così tanti peccati da meritare la morte. Ha pur sempre una famiglia, vuol dire che ama tutti voi e per questo non è cattivo. Non credi?–

Il ragazzo la fissò sorpreso e poco dopo sorrise appena come a ringraziarla per le sue parole, alzandosi poi in piedi essendosi ripreso un poco dal freddo.

– Scusate l'intrusione, e grazie per tutto.– salutò.

– Ma figurati. Vieni pure quando hai bisogno di qualcosa, sai che abbiamo cibo da darvi. Basta bussare.– propose Nico vedendolo subito a disagio e portare le mani avanti.

– No no, così è troppo, non possiamo accettare.–

Alla fine fu obbligato dai due fratelli Wavebane a non tirarsi indietro da tale offerta, Nissa ridacchiò davanti alla loro voglia di aiutare. Si vede proprio che assomigliano a Peter pensò lasciando poi un bacio sulle labbra al suo ragazzo quando le si avvicinò poggiandole un braccio sulle spalle.

– Hai preso lezioni da Kyra per caso?– ridacchiò lui.

– Mi ha ispirata, devo essere sincera.– ammise, ridendo anche lei. E nel mentre che tutti e tre finirono di sistemare le ultime cose prima di tornare al piano di sopra dal resto della famiglia, Gray camminò in mezzo alla pioggia che, fortunatamente, era diminuita un poco permettendogli di vedere perlomeno oltre il proprio naso. Peccato che non fu abbastanza poiché per poco non saltò per aria quando si ritrovò davanti un'ombra, una figura vestita di scuro di fronte apparsa dal nulla.

– Ragazzo.– sentì dire, e riconobbe quella voce.

– Mi avete spaventato a morte!– esclamò a bassa voce portandosi una mano al petto dove il suo cuore batteva all'impazzata, l'uomo accanto all'altro che sghignazzò.

– Vieni.– gli disse solamente, e non poté rifiutarsi. Così, tra un passo pesante e l'altro, si fermarono tutti e tre sotto una tettoia di un negozio chiuso dove dover parlare, evidentemente.

– Astor ha valutato il tuo lavoro e ha funzionato, la Dea Bianca sta iniziando a cedere.– lo informò il capo per cui lavorava.

– Ottimo, ora posso tornare a casa? Sto gelando.– chiese quasi supplichevole il ragazzo ma venendo zittito subito solo con lo sguardo appena percettibile attraverso la maschera che copriva il volto misterioso dell'uomo.

– Le Dee si sono separate ma sembrerebbe che siano tornate nei loro Mondi poiché non c'è traccia di loro.–

– E io cosa dovrei farci?–

– Ci avviserai appena saprai qualcosa del loro ritorno.–

– Come sapete che non staranno lontane per, che ne so, mesi?–

Sentì, il capo innervosirsi, quel giorno non sembrava di buon umore evidentemente e forse era meglio non andarsela a cercare.

– Torneranno, ne sono sicuro. Noi avremo da fare e saremo lontani, parecchio. Perciò...–

Il secondo uomo, Astor, tirò fuori dalla propria mantella quello che sembrava un piccolo sassolino grigio come tanti altri con cui aveva giocato da piccolo e che si rigirò tra le dita.

– Dì i nostri nomi solo allora, questo creerà un legame con noi e andremo avanti per la nostra strada.– concluse la conversazione. In testa domande iniziarono a vagare ma non fece minimamente in tempo anche solo a pensare a cosa chiedere per prima che i due uomini svanirono in una nube scura da scintille rossastre.

– Ogni volta stessa storia!– sbuffò mettendo via il sasso in tasca, facendo poi un respiro profondo e riprendendo a camminare verso casa sua, lì dove avrebbe dovuto fare finta di nulla proprio come aveva dovuto fare suo padre. Odiava tutto quello ma non aveva modo di tirarsi indietro, proprio come lui.

    

"Rumore di vetri e porcellane rotte, piccole gocce e tracce di sangue. Sedie ribaltate, frammenti di finestre a terra taglienti, un odore strano simile allo zolfo. Poi un uomo inginocchiato a terra, la testa bassa, lo sguardo spento ma consapevole. Davanti a sé, un ragazzo sembrava star setacciando la casa incurante del macello che avesse fatto.

Questa era stata la scena che si era ritrovato una sera tornato dal lavoro in falegnameria al posto di suo padre rimasto a casa a riposare per un malanno. Era rimasto immobile sulla soglia per qualche istante, scioccato. Poi aveva visto bene gli occhi dell'estraneo, di un nero così cupo da mettere i brividi.

– Lui è tuo figlio, presumo.– disse con voce fredda rivolgendosi all'uomo rimasto in silenzio. Annuì solamente.

– Padre, sei ferito? Cos'è tutto caos? Cos'è successo?– si lanciò verso di lui controllando eventuali ferite ma vi erano solo un paio di graffi e tagli alle mani e braccia, fortunatamente nulla di grave.

– Non è niente, vai in camera tua.–

Ne rimase completamente spiazzato. Mai in vita sua gli aveva parlato con quella serietà e senza fissarlo negli occhi per rassicurarlo che non c'era da preoccuparsi.

– No! Voglio sapere cosa succede! Per caso è per quella cosa del Demone?– chiese, il cuore a mille. Non fu lui a rispondere ma lo sconosciuto.

– Vedo che lui sa, per caso era coinvolto?–

– No, solo io. Mio figlio non c'entra. Ha solo scoperto il mio lavorato terribile, non sono stato in grado di mentirgli.– rispose continuando a tenere la testa bassa. Non aveva mai visto suo padre così... arreso. Debole, pentito, timoroso.

– Chi sei? Cosa vuoi da lui?– urlò quasi il ragazzo voltandosi verso l'altro che gli si avvicinò, le mani in tasca.

– Mi chiamo Damon, e in quanto Demone Supremo mi è stato dato il compito di raccattare tutti i Salir che si erano alleati con il nostro nemico dalla Dea Nera. Sicuramente, visto che tuo padre ti ha raccontato del suo peccato, ti avrà spiegato un po' di storia antica e dimenticata dalla vostra specie.–

Il suo tono era stato di una calma così fuori dal comune, non gli era importato niente, non provava nemmeno un briciolo di pietà.

– Lui l'ha fatto per noi, è stato minacciato! Diglielo!–

Guardò suo padre ma non disse una parola. Questo lo destabilizzò ancora di più, il suo cuore prese a battere ancora più forte di prima, poteva sentirlo esplodere in testa, alle tempie.

– Non interferire, ragazzino. Pagherà per il suo peccato come tutti gli altri, deciderà la Dea in che modo.– continuò quel Damon senza un briciolo di accortezza davanti alle lacrime che premevano di uscire del giovane.

– Ma...–

– Gray, basta così.– lo riprese suo padre finalmente rialzatosi in piedi. Lo raggiunse e gli poggiò le mani sulle spalle come a volergli dare forza.

– Non posso cancellare quello che ho fatto. Sono colpevole, anche se ho agito sotto minacce. Ora dovrai prenderti cura tu delle tue sorelle. Ho lasciato una lettera per tua madre, stalle vicino.–

Poi gli mostrò un lieve sorrise colmo di tristezza e dispiacere. Era tutto così strano, frenetico, spoglio, freddo. Dove sarebbe andato? Cosa ne sarebbe stato di loro? Cosa gli sarebbe successo? Perché doveva esser capitato a loro? Purtroppo non poté fare a meno di tenerle per sé quelle domande, suo padre e il demone era spariti da davanti i suoi occhi in una nube nera. Non aveva nemmeno potuto dire addio, non aveva potuto avere un abbraccio di conforto. L'unica cosa che era rimasta era il caos per la casa che si era dovuto mettere a sistemare prima che sua madre e le sue sorelle sarebbero tornate in tarda serata. Avrebbe dovuto fare finta di niente, ancora una volta."

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Ehilà! Eccomi tornata con il capitolo di oggi e con una notizia notizietta: da settimana prossima potrò iniziare a pubblicare (visto che sono abbastanza avanti con la scrittura) tre giorni a settimana: martedì, giovedì e sabato, salvo eccezioni.

Sperando che siate contenti per ciò, buona attesa ahaha <3

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