24 - Perdersi nei pensieri

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"Una distesa d'acqua salata, l'aria di salsedine addosso, poi il profumo del mare che le arrivava alle narici, il suono soave delle onde contro gli scogli così rilassante e unico. I raggi solari della sera le accarezzavano la pelle facendola sentire protetta, libera, le donava sensazioni simili che provava quando un sospiro freddo e mani ghiacciate sui suoi fianchi la toccavano come in quel momento. Sorrise, aprendo gli occhi e guardando l'acqua chiara, cristallina.

– Ti piace proprio tanto il mare per esserci nell'Eden.– sentì dire dalla solita voce annoiata che in realtà annoiata non era.

– Deduco che a te piacciono i boschi per quanti alberi ci siano negli Abissi Infernali allora.–

– Non mi lamento.–

Un bacio leggero sul collo, poi un lieve morso che le diede sensazioni imparagonabili che non aveva mai sentito prima di conoscere la Dea Nera su cui si appoggiò venendo avvolta da un abbraccio. Le toccò la pelle fredda a sua volta, incorporea e nera ma che appariva come normale pelle bianca grazie ad un incantesimo che entrambe usavano ormai senza farci più caso.

– Dici che saremo così ancora per molto, Neera?– le chiese con una punta di speranza e curiosità.

– Intendi incorporee?–

– Esatto.–

Rimase in silenzio per qualche istante a pensare probabilmente prima di dire la propria.

– Non saprei. Non mi dispiacerebbe essere in carne ed ossa. Chissà come impazzirebbe la gente se comparissi e scomparissi all'improvviso.– ridacchiò maligna beccandosi uno schiaffetto affettuoso sul braccio.

– Ah, tu e i tuoi giochetti da Creatura Oscura!– scosse la testa lei.

– Altrimenti che divertimento c'è?–

Si staccò leggermente dalla corvina per voltarsi e guardarla negli occhi di quel viola scuro intenso che aveva imparato ad amare. Le accarezzò il volto dolcemente come solo lei poteva fare.

– Neanche a me dispiacerebbe essere reale. Sentire l'erba sotto i piedi, come sono i materiali sotto le dita, il tuo corpo affianco al mio. Penso sia intrigante.–

– Mi vuoi davvero sempre con te?– le chiese accigliata Sheera invece facendole assumere un sorrisetto furbo.

– Non riuscirei a starti troppo lontana.–

– Quindi dovrò sopportarti, che incubo.–

– Come scusa?–

La spinse via da sé facendo la finta offesa e la sentì ridacchiare prima che la avvicinasse di nuovo a sé con i suoi modi bruschi e al tempo stesso delicati. Non aveva idea di come ci riuscisse, però la attraeva.

– Forse potrei tollerare la tua presenza, mettiamola così.–

Sorrise ancora, prima di sentire le sue labbra sulle sue."

          

Era sdraiata sulla roccia del suo mondo, in un silenzio inusuale per quel luogo. Non c'era traccia di vento né di uccelli canterini. I capelli bianchi erano scompigliati, la pelle più pallida a causa della mancanza di sole da giorni poiché le nuvole avevano coperto il cielo dell'Eden, solitamente avvolto dalla luce calda che illuminava anche le anime. Gli occhi rossi facevano male a volte a causa delle troppe lacrime silenziose che avevano solcato il suo viso di tanto in tanto senza che ne avesse avuto il minimo controllo.

Forse aveva esagerato. Anzi, aveva esagerato, si era lasciata influenzare dalla rabbia come poche volte era accaduto. D'altronde era il Bene, ma anch'esso non era perfetto come si diceva e immaginava. Quello che non capiva era il perché avesse provato emozioni del genere, proprio non riusciva a spiegarselo. Mai aveva ripreso il suo opposto, il suo lavoro, non si era mai messa in mezzo essendo bene a conoscenza a cosa potevano andare incontro se non si sfamavano di ciò che serviva loro.

Eppure, le aveva detto cose che non pensava nemmeno nella realtà e che non aveva mai pensato. Per quale motivo? Le sarebbe piaciuto saperlo. Aveva solo sentito qualcosa in sé, qualcosa che non riconosceva, di estraneo, di... oscuro. Le era sembrato di non esser stata più lei per quel breve periodo, comandata da altro.

Sospirò, si sentiva così instabile per assurdo, essere in bilico per qualche ragione, un tormento dentro di sé. Le sembrava di esser tornata indietro nel tempo provando sensazioni simili quando abitava a Stavira. La differenza era pur sempre tanta: anni addietro aveva voluto capire chi fosse, perché sentisse un vuoto costante in modo da colmarlo, lì invece era di nuovo sé stessa, aveva i suoi ricordi, le sue emozioni, ma quel vuoto era tornato anche se lo sentiva differente. Era apparso dal nulla, le creava disagio e le dava fastidio. Le provocava dolore, tristezza, il suo cuore stretto in una morsa. Non era lei. O forse si sentiva così solo perché aveva discusso con Sheera?

Vedi di non cercarmi come tuo solito, quelle parole le rimbombavano in testa all'infinito come un mantra, cercando di capire se le avesse dette seriamente o erano state dettate dalla sua di rabbia. Con le emozioni negative, specie se improvvise, la corvina non era più di tanto razionale, diceva cose senza nemmeno pensarle sul serio. Peccato che uno dei suoi poteri più letali erano proprio le parole taglienti, potevano essere semplici frasi apparentemente insignificanti ma, una volta entrate nella testa, niente le cancellava arrivavano a logare qualsiasi anima, riflettevano la realtà. Era una delle poche cose da cui non poteva difendersi.

Non riusciva a darsi pace rigirandosi in continuazione, camminando avanti e indietro, tormentandosi il labbro all'infinito, da quanto tempo non discutevano dei loro ruoli? Troppi anni, e la paura ritornò ad essere sinceri. Aveva paura di tornare a stare da sola, a rivivere momenti che non voleva assolutamente ripercorrere. Le era impossibile non voler cercare Sheera, la verità era che aveva veramente bisogno di lei affianco per andare avanti essendosi abituata a sentirla intorno con le sue frasi maliziose, la sua rara risata ma vera, i suoi occhi profondi, i suoi baci, il suo battito vivo a testimoniare quel sentimento che le legava, anche piccoli gesti insopportabili. Ma l'altra aveva bisogno di lei come lo sentiva in quel momento? Di nuovo le stesse domande che si era posta in passato tornavano assieme all'insicurezza.

Si alzò dalla grande pietra per l'ennesima volta tornando a camminare tra l'erba che pareva grigia a causa del cielo nuvoloso. Non era un bene in realtà per le anime, doveva distrarsi assolutamente e calmare il suo animo irrequieto e spaventato da ciò che provava, anche se la mente era piena zeppa di pensieri. Se la luce non fosse tornata, le anime non avrebbero potuto rinascere nei Mondi, le Creature Chiare non avrebbero potuto aiutarle poiché si sarebbero ammalate come stava accadendo con sé stessa.

Camminò così lentamente, fissando il terreno, andando avanti verso la sua meta dove sperava che sarebbe potuta stare meglio o perlomeno schiarirsi le idee. Poco dopo il terreno cambiò, da duro e marroncino a bianco e morbido. La sabbia le solleticò i piedi, il rumore delle onde si fece sempre più intenso man mano che si avvicinava, l'odore di salsedine le pizzicò il naso appena.

Alzò lo sguardo e fu come ipnotizzata dalla distesa d'acqua che si estendeva verso l'infinito, quel mare dall'acqua cristallina. Sentiva solo le onde e quella leggera brezza che le accarezzava il volto facendola finalmente tranquillizzare, quel nodo nel petto si sciolse appena. A differenza di Eathevyr o il Regno Assoluto, i mondi in cui vivevano le personificazioni dei poteri Supremi non avevano fine, avrebbe potuto volare in continuazione senza mai trovarla.

L'Eden era il riflesso della propria anima, per quello rifletteva le sue emozioni, e se si fosse messa in viaggio alla ricerca di nuovi luoghi li avrebbe trovati, certo, ma essi sarebbero apparsi come lei aveva esattamente immaginato. Perciò non c'era così tanta meraviglia di cui aspettarsi, stava tranquilla nei posti che conosceva e ricordandosi di non stare troppo vicina a dove le anime riposavano fin quando non si sarebbero svegliate e sarebbero rinate in corpi di altre persone.

Si bloccò in mezzo all'acqua che arrivò alle sue ginocchia quando sentì una voce lontana come un eco: era della Distruttrice. Non era la prima volta che accadeva, capitava che i portali posti nell'Infinitus facessero passare suoni e voci tra loro, ancora non avevano capito il motivo.

Nonostante l'ingresso per l'Eden fosse distante, sentì comunque quanto la sua voce era forte, melodiosa, impegnata in una specie di malinconico e lento canto nella Lingua Oscura. Aveva anche un qualcosa di minaccioso, e lo riconobbe poiché l'aveva già udito un paio di volte: attraverso esso richiamava le anime a sé, le intrappolava per farle diventare sue. Anche se le dispiaceva ogni volta, la impressionava sempre il suo canto a tal punto da voler ogni volta presentarsi di fronte alla grande, massiccia e maestosa porta di pietra alta e bianca, e così fece. Si teletrasportò in un attimo e rimase lì, in ascolto.

Delle volte, in passato, si era chiesta se il fatto che si sentissero tra loro nonostante la distanza fosse stato scelto dal destino, che ogni volta che avrebbero provato a stare lontane le avrebbe riunite. Eppure era contradditorio poiché lui stesso aveva provato a separarle fin dagli inizi dei tempi. Era un mistero.

Poggiò la mano sulla pietra fredda ascoltando ancora nonostante non capisse una sola parola, era l'unico momento in cui per lei la Lingua Oscura era incomprensibile, o forse era il suo istinto a non permetterle di comprendere poiché sapeva che avrebbe sofferto a quelle parole?

In effetti, avevano effetto su di lei anche in quel caso, o era solo il sentire la sua voce a mandarla in confusione, la mente che iniziava a vagare e vagare. Così si ritrovò a mettersi seduta per terra, la schiena contro la roccia anormalmente calda, le ginocchia al petto.

Poteva conoscere alla perfezione i modi di fare della corvina ma doveva ammettere che talvolta, le sue risposte brusche e fredde, i suoi gesti criptici, i suoi sguardi illeggibili la facevano stare male. Tuttavia, da una parte, era come se fossero proprio loro a mancarle di più, poteva essere perché attraverso essi sapeva che la Dea Nera non fosse cambiata così tanto dal loro incontro? Che la sua anima nera era rimasta come sempre e non fosse mutata come le avevano sempre voluto far credere Lilith e Damon?

Perlomeno, era un sollievo che fosse comunque sé stessa, faceva male, ma così stavano le cose. Avevano passato momenti unici, momenti divertenti, altri passionali, altri in completo disaccordo però tutti con emozioni differenti. Non era più la vita monotona che aveva odiato da parecchio e ne era felice. Soffrire è normale, naturale, è ciò che rende vivo, così le aveva detto una volta Devi, la Guardiana dei Ricordi.

All'inizio l'aveva guardata male, se lo ricordava bene. Come poteva dire che la sofferenza faceva vivere? Solo più avanti aveva capito le sue parole: senza il dolore non si poteva capire se si stava sognando o meno. Quando si fa un incubo ci si sveglia di soprassalto nel momento peggiore e si è sollevati di scoprire che non è la realtà, lì dove ciò non accade. Coloro che non hanno mai sofferto non potranno mai capire la vita, i suoi valori.

Strinse le gambe tra le sue braccia quando la voce di Sheera svanì, il silenzio era tornato. E sospirò, doveva e aveva bisogno di parlarle assolutamente e sistemare tutto, non aveva altra scelta. Lei voleva quella Dea intorno anche se stare troppo insieme significava influire sull'altra, il suo essere. Forse anche per quello non avrebbero dovuto incontrarsi, la negatività di Sheera la rendeva più cupa e distaccata senza che le due lo volessero. Ma era la Distruzione, poteva rovinare anche la Dea Bianca e viceversa.

Non riesco più a fare a meno di te. Sai essere odiosa, spietata, menefreghista e molto altro. Ma non riesco a fare a meno di te per quanto delle volte mi dia fastidio. Mi attiri a te come una calamita ed è così difficile evitarti...

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