Capitolo 13

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

"Tu non mangi proprio nulla?"

Crowley fissò l'Angelo. Presto non avrebbe più potuto chiamarlo così. Poi abbassò lo sguardo sulla propria scura cena: caffè amaro, senza zucchero né latte.

Aziraphale alla fine aveva preparato degli spaghetti con sugo di pomodoro e calamari e, come sempre, era l'unico a mangiare.

"In seimila anni - rispose Crowley - ho preso solo caffè e vodka. Dovresti conoscere la risposta a questa domanda."

Aziraphale alzò le sopracciglia "Beh, c'è una prima volta per tutto, no?"

"Non ho molto appetito. Sai, non ne ho bisogno."

Crowley si posò un pugno chiuso sulla guancia, appoggiò il gomito al tavolo e prese un primo e breve sorso di caffè.

"Non ti è mai venuta la curiosità? Io non so come farei senza cibo, davvero. È una bella cosa. I demoni non dovrebbero, sai... conoscere bene il peccato, prima di causarlo?"

"Beh, di solito non tento a quel tipo di cose. Non tentavo, ovviamente. Ora non tento proprio nessuno."

"Allora - disse l'Angelo con un sorrisetto - Che ne diresti se ti tentassi io?"

Crowley guardò l'altro con un mezzo sorriso "Interessante."

"Allora? Un giorno ti pentirai di non averci provato, se non cogli l'occasione. Non sai cosa ti sei perso per tutti questi anni..."

Crowley fece un piccolo applauso "Complimenti, ti stai già abitundo alle tue future vesta, mh?"

Lo sguardo di Aziraphale si scurì "Non volevo farti pensare a quello..."

Il demone sospirò, per poi sorridergli "Non importa. Dai, passami il piatto."

Non ci avrebbe più pensato, almeno non per quella sera. Così si disse. Per lui, lo stava facendo per lui.

Lo sguardo di Aziraphale si illuminò e subito l'Angelo gli passò la propria porzione (da cui aveva preso giusto una forchettata) e andò a servirsene un'altra.

Prima ancora di iniziare a mangiare, Aziraphale piantò gli occhi azzurri su Crowley, come a chiedersi che cosa avrebbe fatto.

Da parte sua il demone impiegò almeno un minuto per capire come si facesse a far stare dei fili di pasta in una forchetta. Certo non poteva infilzarli, sottili com'erano.

I primi dieci secondi furono impiegati a fissare intensamente la pasta profumata. Dopodiché iniziò a cercare di sollevarla con una forchetta. Inutile forchetta, un cucchiaino ci sarebbe voluto.

"Crowley, devi attorcigliarli." cercò di spiegargli Aziraphale, ridacchiando sotto i baffi.

"Non è divertente - gli disse il demone, impegnato e concentratissimo - per niente."

"No infatti, è una situazione seria." rispose Aziraphale, sarcasticamente.

"E che... ma porca di quella..."

"Su, si raffredda."

"Non mettermi fretta!" sibilò Crowley che, nel momento in cui si trovò finalmente con gli spaghetti attorno alla forchetta, non ci pensò due volte e prese il boccone, forse a causa del terrore che questo gli cadesse rovinosamente sui pantaloni, macchiandoli orribilmente (ed erano tra i suoi preferiti!).

Crowley però si rese conto di ciò che stava facendo e si fermò per un attimo, concentrandosi sul sapore.

"Non... non è niente male - disse, e vide Aziraphale osservarlo con un sorrisetto intenerito - Che cos'è quella faccia?"

"Oh, niente. Sei carino."

"Io, aspetta... io - la voce di Crowley suonò piuttosto interdetta - Io sarei cosa?"

"Non lo so. Ti stavo guardando e ho solo pensato che fossi carino."

Crowley distolse lo sguardo e si sentì diventare rosso fino alle orecchie. Quello era decisamente imbarazzante.

Continuò a mangiare, abituandosi piano piano al fatto che non stesse bevendo ma che quindi avesse bisogno di fare cose come... masticare. Tendeva a dimenticarsene e a strozzarsi, altra cosa che fece molto ridere Aziraphale.

"È assurdo come di certe cose tu non sappia proprio nulla - gli aveva detto l'Angelo - In così tanto tempo pensavo avesti avuto il tempo di capire come funziona più o meno... tutto."

"E invece... - rispose Crowley, dopo aver finito il proprio piatto non senza aver affrontato diversi ostacoli - Che facciamo, laviamo i piatti?"

Si alzò e prese le posate, ma non ebbe neanche il tempo di raggiungere io lavabo che si sentì stringere dall'altro.

"O potresti lasciare i piatti sul bancone."

"Potrei lasciare i piatti sul bancone."

"E potremmo..."

"Coccole?"

Aziraphale sorrise e Crowley ricambiò con un bacio sulla fronte. Appoggiò piatti e posate e si lasciò stringere.

"Sai cosa danno stasera alla tv?" chiese Aziraphale.

"Onestamente non ne ho la minima idea."

"Bohemian Rhapsody, ho controllato prima. Un vero miracolo."

Gli occhi di Crowley brillarono dietro le lenti "Ti adoro, lo sai vero?"

Certo, vedere il suo vecchio amico interpretato da un'altra persona per un paio d'ore di seguito era piuttosto inquietante.

Ma se poteva ricordare i giorni passati con il suo amico, ascoltare la sua musica, il tutto mentre se ne stava sotto una vecchia coperta verde scuro con le braccia attorno al busto di Aziraphale e il viso sul suo petto, allora andava benissimo.

"Sai che gli parlavo sempre di te, a Fred? - disse il demone, alzando leggermente la testa e spostando lo sguardo dallo schermo acceso fino agli occhi dell'altro - Gli dicevo che eri un'idiota e che ti adoravo."

"Non so se offendermi o sentirmi lusingato, onestamente."

"Beh, ci scambiavamo informazioni. Io gli parlavo di te e lui mi parlava dei suoi fidanzati. Sai, gossip."

Aziraphale rise, facendo vibrare la propria cassa toracica sotto quella dell'altro. Aveva riso tanto, quella sera. E quando rideva e sembrava sereno, Crowley non riusciva a non sentirsi felice.

"Felicità" era una parola a cui Crowley non pensava mai molto. A cui non era abituato. E quindi automaticamente una parola preziosa, rara, da pronunciare ma anche solo da pensare solo quando davvero era il caso di farlo. Non accadeva spesso che un demone fosse felice.

La felicità, la gioia, l'amore, non sono cose che gli uomini associano a creature del genere.

I demoni sono fatti di odio e crudeltà, di dolore e invidia. Parole che Crowley non poteva assolutamente associare ad Aziraphale.

Forse sarebbe cambiato, dopo la caduta. Avrebbe smesso di essere la persona dolce che conosceva. Certo, certo, Aziraphale era testardo, cedeva spesso al vizio e aveva preso decisioni moralmente discutibili, ma non era cattivo.

Era gioioso. E lo faceva sentire bene.

"Non dovrebbe mai accaderti nulla di male." gli sussurrò, per poi baciarlo e stringerlo a sé. Sentiva il suo corpo tiepido, il suo respiro regolare, il suo corpo morbido e accogliente.

Per quella sera, tutto era andato bene. Ma, ed entrambi lo sapevano, non sarebbe stato così per sempre.

















Come si dice? La quiete prima della tempesta.

Per oggi, tutto va bene. Domani, chissà.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro