Capitolo 17

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Polvere

Mi svegliai con la bocca impastata.

Dovevano essere passate molte ore ma non avrei saputo dire quante. Dopo tutto lì sotto non c'erano finestre.

Alzandomi dal letto, sentii una brezza fredda gelarmi le caviglie. Dovevo essermi addormentata immediatamente senza coprirmi.

Sentivo la testa pesante, come se un masso me l'avesse schiacciata.

Alla mia sinistra, una luce blu che rifletteva sulla porta di acciaio, annunciò che erano le 4 di notte. Boggs aveva detto che mi avrebbe chiamata, ma non lo avevo sentito bussare. Sicuramente non si sarebbe presentato fino alla mattina successiva, soprattutto dopo avermi suggerito di riposare.

Sulla scrivania qualcuno mi aveva lasciato dei vestiti grigi puliti.

In quel cubicolo non c'era né una doccia né un bagno. Probabilmente si trovavano fuori in dei luoghi comuni. Afferrai gli abiti e decisi di farmi un giro.

Studiai il pannello con l'orario e toccandolo con un dito, la porta scattò silenziosa aprendosi.

Mi affacciai assicurandomi che non ci fosse nessuno in giro e uscii in punta di piedi.

Non sapevo dove mi trovavo né dove dovevo andare, quindi affrontai quel labirinto di cemento scavando nella mia memoria a ritroso.

Appena svoltai l'angolo però, andai a sbattere contro una ragazza.

Una pila di fogli volò attraverso il corridoio spargendosi dappertutto.

‹‹Scusami, non ti avevo vista!›› esclamai mortificata recuperando quello che le avevo fatto cadere.

‹‹No, scusami tu! Stavo vagando in giro senza guardare›› rispose sbadigliando.

Aveva un aspetto trasandato. I suoi capelli castani rossicci erano tutti arruffati e un paio di occhiali dorati le ciondolavano precariamente dal naso. Le sorrisi porgendole le sue cose.

‹‹Sei nuova? Non ti ho mai vista prima›› mi chiese stropicciandosi gli occhi con una mano, poi mi riconobbe spalancando gli occhi ‹‹ma tu sei la ragazza dei settanta...››

‹‹Shh›› la bloccai facendole segno di non gridare.

Mi guardai intorno, cercando di scorgere se qualcuno l'avesse sentita. Di certo non volevo svegliare tutto il distretto.

Anche se tutti sapevano chi ero, volevo tentare di mantenere un profilo basso. Amanda mi aveva raccomandata di non fidarmi di nessuno.

‹‹Scusa, non ti avevo riconosciuta con quei capelli corti! Benvenuta nel 13! Dove te ne vai alle 4 di notte?›› chiese la ragazza dagli enormi occhi grigio celesti di cielo d'inverno.

I suoi capelli che viravano dal castano chiaro al rosso sotto la luce dei neon, mi ricordarono il colore delle foglie in autunno.

‹‹In realtà cercavo la doccia e il bagno. Ho fatto solo un giro veloce e non so ancora come orientarmi›› confessai guardandomi intorno sperduta.

‹‹Ti aiuto io!›› esclamò mostrando un enorme sorriso che le illuminò il viso.

‹‹Oh, non preoccuparti! Immagino che tu stessi andando a dormire...›› la rassicurai chiedendomi cosa ci facesse sveglia a quell'ora. Dalla sua andatura dondolante, sembrava molto stanca. Forse aveva lavorato fino a tardi.

‹‹Non fa niente, è qua vicino. Io comunque sono Hope›› cercò di allungare una mano verso di me dalla pila di fogli che aveva in braccio. Io la strinsi amichevolmente.

‹‹Sky! Grazie›› la seguii nel corridoio ‹‹Lavori sempre fino a tardi?›› le chiesi accennando alle scartoffie. ‹‹Posso portarti qualcosa?››

‹‹Oh, sono più leggeri di quello che sembrano e si, non dormo mai molto. Poi è appena tornato il mio capo, quindi dovevo aggiornarlo›› aggiunse sospirando.

‹‹Che lavoro fai?›› le domandai incuriosita. Sembrava molto più simpatica di Adantia. Forse non tutti gli abitanti del 13 erano insopportabili.

‹‹Programmazione, gestione software e tante altre cose che ti sembreranno noiose...›› spiegò lei velocemente.

‹‹No invece, sembra molto interessante! La tecnologia mi affascina...››

‹‹Faccio parte dello staff di Heavensbee, ho spesso lavorato per i giochi›› dichiarò con non curanza.

‹‹Aspetta un attimo, Plutarch sarebbe lui il tuo capo? Hai...anche in quelli in cui ho partecipato io?›› le chiesi spalancando gli occhi per lo stupore.

‹‹Si›› confermò ‹‹in realtà, durante gli Hunger Games, ho gestito il gruppo che lavora alla creazione dell'arena ed esegue gli ordini dello stratega. È un po' impegnativo, ma qualcuno deve pur farlo!›› esclamò ridendo.

‹‹Sei la leader dello staff allora!›› dichiarai affascinata.

‹‹Non la vedrei proprio così, però in un certo senso...›› rifletté sulle mie parole.

‹‹E che ci fai nel 13? Dovresti essere a Capitol!›› sottolineai sbalordita.

‹‹Beh, quando si è ritirato, sono andata con lui. Adesso faccio parte anche io della resistenza›› aggiunse in tono fiero. I suoi occhi poi si abbuiarono dietro alle lenti appannate ‹‹Volevo dirti che...mi dispiace di aver contribuito a...tutto...nell'arena›› si scusò intristendosi.

‹‹Oh, non devi scusarti! Mi avete salvato! Il fuoco e il fumo sono stati geniali e poi...stavi solo facendo il tuo lavoro›› la rincuorai.

Sembrava una brava ragazza. Dovevo stare attenta a chiunque in quel distretto, ma era difficile non fidarsi di quel sorriso contagioso.

‹‹Siamo arrivate›› disse fermandosi davanti a delle porte grigie. Sopra lampeggiava di azzurro il simbolo della doccia. ‹‹Se hai bisogno sono nella stanza 714, ala est. È vicino a dove ci siamo scontrate›› fece gentilmente.

‹‹Grazie ancora e buonanotte!›› la salutai mentre mi rispondeva trattenendo uno sbadiglio.

Il bagno comune era abbastanza normale, molto diverso da quelli di Capitol enormi e piene di comandi. Appoggiai i miei vestiti puliti su un ripiano e dopo essermi tolta quelli sporchi, afferrai un asciugamano pulito da una pila nell'armadietto di ferro.

Entrai in una delle rientranze che si chiudevano con un'anta di metallo ed accesi l'acqua. Capii dopo qualche minuto che il sapone veniva erogato in una piccola quantità da dei dispenser automatici. Stessa cosa per l'acqua che si spegneva dopo pochi secondi.

Le limitazioni dei beni erano molte in quel distretto. Ottenere qualcosa dall'esterno era rischioso e richiedeva dei sacrifici enormi. Anche una cosa semplice come il sapone doveva essere perfettamente razionata, per non sprecarne nemmeno una goccia.

Dopo essermi finalmente ripulita, mi asciugai, mi rivestii e mi guardai allo specchio.

Il grigio non era uno dei miei colori preferiti, rendeva la mia pelle più spenta del normale. Nel 13 però, nessuno ci avrebbe fatto troppo caso. Se Ruby mi avesse vista in quello stato, con i capelli asimmetrici e le occhiaie, le sarebbe venuto un collasso.

Tornai verso la mia stanza cercando di ripercorrere la strada all'indietro. Quando entrai, ripensando alle minacce della Coin, decisi di togliere Emeraude dal nascondiglio e rimetterla nello stivale.

L'avrei tenuta con me fino che non l'avrebbero scoperta; non potevo girare disarmata.

Il mio stomaco iniziò a lamentarsi costringendomi a cercare la mensa o una cucina. Era passata già qualche ora da quando mi ero svegliata e la gente stava iniziando a riempire i corridoi. Si sentivano alcune voci sommesse rincorrersi lungo quel labirinto. Le seguii sperando mi portassero nella direzione giusta e alla fine giunsi in un'ampia stanza piena di tavoli. C'erano delle persone che parlavano tra loro ed altre che facevano colazione.

Prima di entrare nel refettorio, ognuno di loro mostrava il proprio tatuaggio al lettore come avevo visto fare a Boggs. Dato che io non lo avevo ancora, iniziai ad ingegnarmi per sgattaiolare in cucina.

‹‹Accetteresti un caffè da me se fosse accompagnato da delle scuse?›› la voce di Jae mi sorprese alle spalle.

‹‹Jae!›› esclamai stupita.

Non parlavamo da quando mi aveva vista baciare Sebastian. ‹‹Non mi devi nessuna scusa, anzi sono io che...›› iniziai imbarazzata, ma lui proseguì prendendomi in giro.

‹‹Allora niente caffè!›› scherzò allontanandosi mentre lo rincorrevo.

‹‹Perché non mi hai detto che saresti venuto con me?›› gli chiesi pensando a quello che mi aveva detto Sebastian. ‹‹Credevo che sarei stata da sola, invece...››

‹‹Hai ragione, sono un'idiota, mi dispiace›› aggiunse mostrando il codice alla macchina.

‹‹Ti ho detto che non devi scusarti con me, io...›› ribattei, ma lui mi interruppe di nuovo.

‹‹Non parliamone più va bene? Sebastian mi ha detto tutto, non mi devi nessuna spiegazione. Facciamo come se non fosse mai successo niente›› propose passandomi una tazza bianca fumante che era apparsa sul bancone. Ringraziai in silenzio quello strano ragazzo dagli occhi di ghiaccio.

‹‹Mi dispiace lo stesso›› mi scusai annusando l'aroma di quello strano caffè. Non mi piaceva granché, ma quella mattina mi sarebbe sicuramente servito.

‹‹Perché non ci sediamo?›› disse indicando un tavolo e io annuii.

Ci accomodammo intorno ad uno circolare vicino a degli schermi spenti. Forse avremmo assistito da lì alla nuova edizione dei giochi. L'unica certezza sarebbe stata il nuovo completo abbagliante di Caesar. Non ne ero molto entusiasta.

‹‹Sembri stanca, stai bene?›› mi chiese scrutandomi preoccupato.

‹‹Si, sono solo frastornata da tutti questi cambiamenti...compresi i tuoi›› gli lanciai una frecciatina. Non volevo che il discorso cadesse nel vuoto per poi ripresentarsi in un'altra occasione.

‹‹Non molli mai, eh! Va bene, parliamone: il fatto è che...non so come comportarmi›› cercò di spiegarsi mentre tuffava gli occhi nella sostanza scura.

‹‹In che senso?›› gli domandai confusa sorseggiando il caffè.

‹‹Non so come comportarmi con te!›› si girò completamente per guardami ‹‹non riesco a capirti! Io, non so nemmeno di cosa sto parlando...solo riesco a starti dietro. A volte sei spontanea e divertente, altre volte sembri impazzire! Allontani tutti, scappi, ti arrabbi o fai cose stupide come... Sebastian...›› fece una pausa su quel nome come se volesse dimenticare, poi trangugiò un enorme sorso.

Sapevo di sembrare spesso pazza e perfino bipolare. Nemmeno io però sapevo spiegare quei miei cambiamenti di faccia improvvisi.

‹‹Lo so e mi dispiace, ma è difficile...io sono difficile! Ho un carattere di merda...›› cercai di giustificarmi. Ero sempre stata in quel modo e gettare la spugna sul cercare di farmi cambiare, era la scelta giusta. ‹‹Non vale la pena perdere tempo con me, faresti prima a non cercare di capirmi››

‹‹Perché invece non passiamo un po' di tempo insieme? Voglio dire, ti andrebbe di allenarti con me? Boggs mi ha riferito che per via dei giochi, il tuo livello è troppo alto per mischiarti con le reclute. Poi tutti ti conoscono, potrebbero crearsi strane situazioni...In sostanza, hai bisogno di un insegnante!›› spiegò tutto d'un fiato lasciandomi senza parole.

‹‹Certo, devono controllare la pazza sclerata che prende a pugni gli alberi e da fuoco alle case. Lo capisco›› lo interruppi. Lui sorrise anche se sapeva che la mia non era una battuta.

‹‹Posso prenderlo come un sì?››

‹‹Va bene, credo che potrebbe farmi bene›› accettai la sua proposta rubandogli un biscotto e addentandolo.

L'allenamento sarebbe stato un'ottima valvola di sfogo, ma la presenza di Jae poteva essere un rischio. In quel modo però, non avrei dovuto nascondere le mie capacità.

‹‹Visto che sei sveglia, credo di doverti accompagnarti da Plutarch. Voleva parlarti›› aggiunse con serietà.

‹‹Di cosa?›› gli chiesi stupita. Per non interrompere la Coin, aveva sottolineato che avremmo riaffrontato alcuni argomenti.

‹‹Ah, non ne ho idea!›› confessò alzando le spalle.

Finimmo di fare colazione e mentre mi portava da lui, ne approfittai per conoscere altri aneddoti su quel distretto. Più parlava e più mi stupivo della minuziosa organizzazione e di quello che erano riusciti a ricostruire con poco.

‹‹Oh, vedo che hai trovato una guida in questo intricato distretto!›› esclamò Plutarch mentre entravamo nella stanza. ‹‹Non mi aspettavo di vederti così presto! Boggs stava per venire a chiamarti. Ti dispiace avvisarlo che lei è già qui? Ti ringrazio›› si rivolse a Jae con un cenno. Lui annuì e dopo avermi lanciato un'occhiata, se ne andò.

‹‹Voleva vedermi signore?›› gli chiesi cordialmente rimanendo sulla porta.

‹‹Oh, te l'ho detto, non darmi del lei›› aggiunse finendo di scribacchiare su dei fogli.

‹‹Giusto. Solo...è così strano non vederla più in alto ad osservarmi tutto impettito. Senza offesa...›› sperai di non essere stata irrispettosa, ma lui rise e mi invitò a sedermi.

‹‹Non ho potuto fare a meno di notare come le spiegazioni della presidentessa non ti abbiano soddisfatto›› iniziò, ma poi ricordò improvvisamente qualcosa ‹‹già, quasi dimenticavo!›› esclamò estraendo un pacchetto dalla giacca ‹‹Devo restituirti questa. Ieri non te l'ho data perché sembrava personale. Il signor Brightblade si è raccomandato di consegnarla direttamente a te. L'ha trovata nell'arena››

Presi il pacchetto e rimasi sbalordita quando lo scartai. Era la collana di conchiglie che avevo perso.

‹‹Come...perché non me l'ha data lui?›› gli chiesi ferita. Perché mai aveva chiesto a qualcun altro di restituirmela?

‹‹Voleva rendertela quando vi siete riuniti prima che arrivasse la lava, ma la situazione beh, era piuttosto complicata››

‹‹Come lo sai? Te lo ha detto lui? Poteva darmela adesso!›› esclamai arrabbiata. Era lampante che mi stesse ancora evitando.

‹‹Lo so perché prima dei giochi, l'avevo presa io›› quella rivelazione mi scioccò. A cosa gli era servita la mia collana?

Notando il mio silenzio sconvolto, iniziò a spiegare.

‹‹Per poterti portare in salvo con l'hovercraft, dovevo sempre conoscere la tua posizione. Sapevo che avresti dovuto tagliare via il localizzatore messo da Capitol, così te ne ho fornito un altro a tua insaputa. In realtà è stata un'idea di Finnick, ha notato che portavi sempre quella collana. Gli ho chiesto di darmela prima che tu entrassi nell'arena sperando che non te ne accorgessi. Ruby te l'ha restituita prima dei giochi, così da essere sicuri che tu la indossassi, ma poi l'hai persa...›› mentre parlava ricordai il momento il cui mi ero toccata il collo e non l'avevo sentita più ‹‹credo che Finnick avesse avvertito Sparkle di controllare che tu l'avessi sempre al collo senza dargli una spiegazione e lui non ha protestato. Mi ha detto di averla recuperata quando si è separato da voi›› si fermò valutando la mia reazione.

Più parlavo dell'arena e più scoprivo cose di cui non ero a conoscenza.

Cercai di non infuriarmi come al solito, ma Plutarch mi stava mettendo a dura prova.

‹‹So che pensi che l'abbia tenuta solo per essere salvato, ma non è affatto così. Voglio che tu sappia che nessuno ha mai tramato contro di te, Sky. I tributi vengono sorvegliati costantemente, quindi è difficile comunicare con loro. Finnick ha rischiato molto per parlare con Sparkle, ma ha i suoi trucchi e non è strano vederlo circondato da altre persone...poteva passare per un'alleanza tra tributi››

‹‹Potevate almeno darmi un segno o lasciarmi un biglietto! Con Sparkle lo avete fatto, perché con me no? Questo è ciò che non riesco ad accettare! Riconosco di essere spesso una mina vagante, ma mi sono sentita presa in giro. Anche se vi sono grata per aver rischiato tanto, avrei voluto sapere quello che mi stava succedendo intorno! Cosa avreste fatto se io avessi perso la testa deviando dal vostro percorso?›› ero arrabbiata sia per la loro mancanza di fiducia che per la mia ingenuità. Mi ritenevo intelligente, ma non avevo intuito nulla del piano che avevano costruito alle mie spalle.

In quel momento si alzò e iniziò a camminare nella mia direzione.

‹‹Sono stato io a vietargli di parlartene. Ho notato che entrambi abbiamo una cosa in comune: architettiamo numerosi piani per non rimanere mai a corto di idee se qualcosa dovesse fallire. Da stratega, credo di avere capito come ragioni. Se tu avessi anche solo intuito una delle cose che stavamo per fare, avresti cercato in ogni modo di impedire di salvarti. Sono sicuro che tu abbia pensato più di una volta di cedere la tua pillola, o mi sbaglio?›› si toccò il mento assumendo uno sguardo indagatore.

Io annuii stizzosamente. Aveva capito che la mia mente calcolatrice andava avanti a strategie: botta e risposta, mosse e contromosse. Cercare di non farsi mai trovare totalmente impreparati, era una cosa che avevamo in comune.

‹‹Quindi perché vi siete dannati tanto per salvarmi e portarmi qua?›› chiesi esasperata con sguardo di fuoco.

‹‹Non è stata un'idea solo mia, ma anche del tuo mentore. Credo che i sensi di colpa per il destino della sua ragazza, non lo abbandonino mai. Non ci ha messo molto a convincermi che valeva la pena portarti qua›› fece un sorriso come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa.

Mi raccontò brevemente dei primi anni dopo la guerra, dei i giorni bui ed i primi Hunger Games. Anche per lui, la speranza della libertà non era mai morta completamente.

‹‹Sembra che tu abbia un'innata capacità di coinvolgimento. Gli altri tributi volevano collaborare con te e ti hanno seguita non solo perché sembravi molto forte, ma anche perché hanno compreso le tue buone intenzioni. La tua abilità nel compiere scelte difficili e far fronte comune unendo persone diverse, li ha spinti a combattere al tuo fianco! Sei riuscita a dare a quei ragazzi qualcosa per cui lottare, tu gli hai dato una speranza! In una guerra, l'unione fa la forza e riuscire ad espandere quello che hai fatto nei giochi a tutta Panem, ci farebbe vincere sicuramente!›› quelle parole mi sollevarono il morale, ma allo stesso tempo crearono in me grande preoccupazione.

‹‹Non capisco dove vuoi arrivare. Io non sarei mai in grado di guidare nessuno in una guerra!›› esclamai quasi spaventata. Avevo sempre temuto il rischio di fare tutte le scelte sbagliate.

‹‹Infatti non è quello che ti sto chiedendo di fare. Mi hanno convinto a portarvi qui perché ritengo che se prima o poi dovremo combattere, sarebbe utile tessere relazioni solide con gli altri distretti, soprattutto i più ricchi. Sono sicuro che chiunque, dopo avervi visto lottare nei giochi, vi ascolterebbe. Sono certo che tu abbia notato come la Coin stia cercando di trovare ogni minimo spiraglio per far scoppiare una rivoluzione. Se continua così, lo troverà molto presto...›› sussurrò ‹‹a costo anche di enormi sacrifici. A volte credo che non lo faccia solo per liberare i distretti dalla dittatura di Snow...›› si fermò notando il mio improvviso interesse per le sue teorie.

‹‹Io non ho fatto amicizia con loro Plutarch, li ho condotti alla morte!›› esclamai quasi gridando. Non volevo più rivivere quel dolore.

Ripensai alle relazioni che avevo stretto in quel tempo. Ero stata amica di Fedra e Cabiri che facevano parte dell'11, Talia ed Elieo del 12. La Paylor, Lily e Icaro per un periodo, dell'8. L'1 di Sparkle, il 7 di Tisbe e il 3 di Stacker che mi aveva protetto con la sua vita.

‹‹Ti ho fatto questo discorso anche perché tu capisca che nessuno può giudicarti per quello che hai fatto. In ogni caso è stata una loro scelta seguirti, non li hai mai obbligati. Se non avessero voluto ascoltarti, ti avrebbero uccisa, ma non lo hanno fatto. Ti sei mai chiesta perché?›› riflettei un attimo sulle sue parole. Sapeva che non mi avrebbero mai convinta che ero innocente, ma forse sperava che mi spronassero.

Abbassai la testa sospirando.

‹‹Tutti però mi credono morta! Chi ti assicura che non penseranno che sono una creazione di Capitol per farli cadere in trappola e catturare i ribelli!›› esclamai preoccupata.

‹‹Perché nessuna creazione riuscirebbe mai ad avere il tuo fascino›› espresse quel suo pensiero con naturalezza, come se non fosse un semplice complimento. Ne rimasi colpita.

‹‹Comunque non volevo dirti tutte queste cose adesso, ma sei riuscita a fari cantare nonostante la mia caparbietà. Interessante come non smetti di sorprendermi. Adesso pensa solo ad allenarti e cercare di non farti cacciare dal distretto perché vuoi fare di testa tua›› mi lanciò una frecciatina, ma poi cercò di confortarmi ‹‹So che sei delusa perché ti abbiamo tenuto nascosto delle cose, ma devi sapere che lo abbiamo fatto per il tuo bene, non perché volevamo ingannarti. I nostri piani sono qualcosa di molto più grande di te›› cercò di essere ragionevole, ma non poteva risolvere tutto.

‹‹Infatti ve ne sono molto grata...comunque questo non spiega perché Sparkle non mi abbia dato la collana di persona. Temo non voglia più avere niente a che fare con me e non posso biasimarlo. Da quando mi sono svegliata, l'ho trattato molto male...›› dichiarai ferita.

‹‹Non è stato facile per lui...riprendersi›› avanzò sedendosi vicino a me.

‹‹Si, Adantia si è assicurata che lo sapessi...›› ripetei scocciata.

‹‹Dovresti parlare con lui. Lascia stare i tuoi pregiudizi e quello che senti dagli altri. In fondo sei l'unica che può capirlo davvero. Avete condiviso un'esperienza che è molto difficile da dimenticare›› i suoi occhi gentili mi scrutarono da sotto le sopracciglia arruffate.

‹‹È proprio questo il problema! E se mi allontanasse perché vuole solo dimenticare? Se fosse troppo doloroso per lui parlare con me dopo quello che è successo? Non voglio fargli del male...ho paura di perderlo ancora di più›› cantilenai lagnante. Quel dilemma mi attanagliava da quando avevo aperto gli occhi. Temevo di incarnare il dolore che tornava a galla ogni volta che mi guardava, come con Sebastian.

‹‹Rimarrai per sempre con il dubbio›› aggiunse sollevando le spalle.

Aveva ragione, dovevo provarci.

Mi sentivo estremamente confusa per tutte le informazioni che avevo assimilato. Cercai di processare tutto ciò che mi aveva detto, ma era difficile accettare tutti i complotti e le menzogne. In fondo però erano qualcosa che conoscevo bene anche io, solo che le loro avevano una giusta motivazione.

Lasciarmi all'oscuro, forse era stata la decisione giusta.

‹‹Beh, se non hai nient'altro da chiedermi, non vorrei rubarti altro tempo›› dichiarò alzandosi di nuovo.

‹‹No, solo un grazie per avermi salvato la vita. Cercherò di non fartene pentire›› gli risposi con fierezza mentre mi accompagnava fuori dalla stanza.

Lui sorrise e mi salutò mentre me ne andavo.

Quella chiacchierata mi aveva stravolta.

Mi aveva fornito molte certezze ma aveva anche alimentato i miei dubbi.

Decisi che mi sarei buttarmi totalmente nell'allenamento con Jae.

Boggs, che mi aspettava fuori, mi accompagnò alla visita dal Dottor Aurelius.

Questo era un uomo non troppo anziano e molto capace. Dopo avermi visitato, mi rassicurò che avevo solo preso molto freddo e che mi sarei ristabilita dopo una cura di qualche giorno. Il risveglio improvviso sembrava non aver avuto preoccupanti ripercussioni sul mio fisico. Riabilitazione e allenamento mi avrebbero permesso di recuperare la mia naturale forma.

Appena ce ne andammo, Boggs mi spiegò che ogni giorno mi avrebbero impresso sul polso un codice con il programma. Serviva anche per permettermi l'accesso ai diversi reparti in cui dovevo recarmi.

Temevo avrebbe fatto male, invece non sentii assolutamente nulla. Mi ci abituai in fretta.

Ogni mattina io e Jae facevamo colazione insieme in fretta e poi ci fiondavamo ad allenarci. In poco tempo il nostro rapporto tornò quello di sempre.

Come aveva consigliato il dottore, dato che ero fuori forma, iniziammo con una semplice routine di esercizi per rafforzare la muscolatura. La camera criogenica mi aveva migliorata in alcuni aspetti, ma sentivo il peso dell'essere rimasta totalmente ferma per due anni.

Allenarmi con Jae era divertente e scoprii che era un ottimo maestro. Riusciva a spronarmi per fare di più, ma la mia oscurità era sempre dietro l'angolo.

Dovevo assolutamente parlare con Sparkle, ma i nostri diversi impegni non ci permettevano mai di incontrarci. Volevo ringraziarlo per la collana e seguire il consiglio di Plutarch, ma non potevo farlo se non lo vedevo mai. Ero certa che Jae avesse notato il modo in cui spesso mi incupivo.

Ricordavo ancora il caldo tocco della mano di Sparkle quella mattina nel suo letto. Avrei tanto voluto andare da lui e abbracciarlo, ma quale scusa potevo avere per presentarmi dal nulla? Sicuramente Adantia non lo mollava un secondo e mi avrebbe impedito di avvicinarmi a lui.

Una sera, terminai gli allenamenti molto tardi, rimanendo da sola. Volevo spingermi oltre il mio punto di rottura ed ero talmente arrabbiata con me stessa, che volevo solo sentire i miei muscoli gridare. Stanca per i troppi addominali però, mi accasciai sul pavimento e dopo aver fissato il soffitto, chiusi gli occhi cercando di rilassarmi.

Vidi il mio distretto, ero sulla spiaggia in inverno.

L' acqua azzurra e cristallina si estendeva fino a largo, dove poi diventava vermiglio. Assaporai quel momento come se fossi davvero lì. Nelle orecchie percepivo lo scialacquare delle onde e nel naso l'odore salmastro della salsedine. Le minuscole particelle d'aria sulla spiaggia, erano impregnate d'acqua salata e danzavano intorno a me come i fiori in primavera.

I miei piedi nudi che affondavano nella sabbia, iniziarono a scottare insieme alla nuca per il calore del sole. Un'onda d'acqua gelida però mi bagnò fino alle caviglie facendomi rabbrividire. Immaginai di camminare con i capelli al vento. Mi abbandonai alla sensazione che mi donava il mare in inverno, quando la spiaggia era deserta e i monti in lontananza brillavano come diamanti coperti dalla neve.

Aprii gli occhi e mi rialzai. Forse era l'ora di andare a fare una doccia.

Afferrai le mie cose e mi avviai nel corridoio.

Il rumore di forti colpi metallici, attirò la mia attenzione. Cercai di fare finta di niente proseguendo, ma il suono martellante sempre più forte e regolare, mi costrinse a cercare la sua provenienza.

Lo seguii come una traccia e svoltato l'angolo, notai che la porta di una delle palestre era socchiusa.

Mi avvicinai furtivamente cercando di non fare rumore e sbirciai dentro la stanza.

Non ricordavo che i suoi muscoli posteriori fossero tanto sviluppati.

Quando mi aveva presa in braccio, avevo notato il suo dimagrimento, ma successivamente doveva aver ricominciato ad allenarsi. La sua massa muscolare era notevolmente aumentata.

Sparkle se ne stava in piedi fronteggiando una sacca da box. Sembrava molto pesa. Quando lui la colpiva, quella oscillava minacciosamente rilasciando granelli di polvere nell'aria.

Notai che le sue mani erano fasciate in modo sbagliato, come se le avesse indossate in fretta stringendole senza attenzione.

Colpiva la sacca con troppa forza; doveva essere arrabbiato.

Probabilmente era lì da molto perché la maglia nera che indossava, era zuppa di sudore.

Ogni volta che un suo pugno raggiungeva la sacca, quella rimandava il rumore che avevo sentito. La luce che filtrava dalla porta nella mia direzione, illuminava il corridoio, costringendomi a nascondermi nella piccola ombra.

Lo osservai per un po' appoggiando la schiena allo stipite della porta.

Quella vista non riusciva minimante ad allontanarmi dalle mie emozioni. Desideravo ardentemente passare le mie dita sugli incavi dei suoi muscoli che gli segnavano la pelle, costringendolo a rabbrividire.

Forse Plutarch aveva ragione. I giochi ci avevano legato, trasformandoci in creature simili. Sentivo che anche lui riusciva a sfogarsi solo con lo sforzo fisico.

Troppo presa dal guardarlo, non mi accorsi che dalla maniglia della porta stava scivolando una sacca che qualcuno ci aveva appeso.

Appena cadde a terra, fece un tonfo sordo che mi lasciò impalata sulla porta a maledirmi per la mia disattenzione. Lui si voltò e quando si accorse della mia presenza, rischiò di essere colpito dal sacco da box che tornava indietro.

Lo fermò con una mano appena in tempo.

Aveva la fronte, il collo e le braccia imperlate dal sudore. Non potevo rimanere lì a fissarlo, così entrai.

‹‹Scusa, non volevo origliare o spiarti...passavo solo di qua e ho sentito quel rumore›› mi giustificai esitante indicando il sacco. Aveva il respiro affannoso.

‹‹Lo sai vero che se fasci in quel modo le mani, potresti farti del male?›› gli feci notare indicando quella che era rimasta appoggiata al sacco.

Mi fissò come se non mi stesse ascoltando, poi la guardò ‹‹Oh, non sono mai stato bravo in questo tipo di cose››

‹‹Posso?›› chiesi avvicinandomi insicura. Se volevo parlargli, dovevo approfittare di quel momento in cui eravamo da soli.

Lui annuì e quando gli fui davanti, allungò le mani che io presi tra le mie. Erano calde e pulsavano freneticamente. Quelle fasce erano davvero troppo strette.

Iniziai a risistemargliele con cura svolgendole e rimettendole da capo.

‹‹Dai chi hai imparato?›› domandò respirando a fatica mentre studiava i miei movimenti.

‹‹Da una ragazza più grande di me. Mi regalò un paio di fascette nere e mi insegnò a metterle›› risposi sorridendo. Ricordavo ancora il periodo in cui ci allenavamo in gruppo. Forse un giorno avrei raccontato anche a lui quella storia.

‹‹Ricordo gli allenamenti con...Citrine. Mi ci trascinava sempre perché io non avevo mai voglia. Ho sempre odiato i giochi›› rispose con nostalgia. Mi fece piacere che condividesse con me il suo passato.

‹‹Si, anche io. Non mi sembra di aver mai visto Laerte nel distretto, forse si allenava con...niente lascia perdere›› feci cadere il discorso esitando, mentre mi concentravo sui giri che doveva fare la fascetta.

Mi aspettai che mi chiedesse di continuare, ma fu lui a parlare.

‹‹Mio padre è sempre stato molto severo con me. Spesso mi sgridava perché non condividevo le sue idee. Voleva che una volta raggiunta la maggior età, lo sostituissi nel suo business, invece non me n'è mai importato nulla. Mia madre...era sempre stata gentile con me anche se era rigida e lo rimproverava per il modo in cui si comportava. La apprezzavo tanto per questo. Aveva vinto una vecchia edizione dei giochi, ma non mi sono mai allenato con lei...Quando sono entrato nell'arena, mi sono chiesto se almeno in quella occasione, lui sarebbe stato fiero di me. Voleva che fossi un eroe... forse però, dato che non ho vinto e che pensano sia morto, sarò una delusione doppia. Chissà come si deve sentire mia madre...mi dispiace per lei, sarà distrutta›› quella confessione sembrò ferirlo profondamente.

Il ragazzo che pochi minuti prima mi era sembrato arrabbiato, era sparito.

Poggiai una mano sulla sua spalla e lui si stupì del gesto.

‹‹Non dire così. Sono certa che entrambi abbiano pianto la tua morte. Lei sembra davvero una brava madre›› constatai io.

‹‹Oh si, lo è, ma è complicato...›› per un attimo sembrò eclissarsi.

‹‹Sai, anche mio padre è molto severo e sono certa che nemmeno io riuscirei mai a renderli fieri di me...soprattutto dopo quello che ho fatto nei giochi›› confessai con rammarico.

‹‹Lo so... ricordo quando me ne hai parlato nell'arena. Non devi mai dimenticare che ci sono altre persone che hanno così tanta fiducia in te, che metterebbero nelle tue mani la propria vita. Uno sono io›› ammise guardandomi improvvisamente negli occhi. Mi persi in quel mare estivo, tanto da farmi cadere una fascetta a terra. Ci chinammo insieme a raccoglierla e le nostre mani si sfiorarono di nuovo.

Quando i nostri sguardi si incontrarono, rividi chiaramente l'immagine di noi due accanto al lago.

Lui non respirava più ed io stavo tentando di salvarlo dopo che lui aveva fatto lo stesso con me. Avevamo scherzato e io lo avevo baciato. Improvvisamente sentii una fitta al petto, e arrossii abbassando lo sguardo.

‹‹Forse non dovresti fare così tanto affidamento su di me. Anche Plutarch mi ha raccontato tutto. Non è grazie a me se siamo vivi, ma a lui›› dichiarai sconfitta.

Mi alzò il mento con la mano non fasciata e mi costrinse a guardarlo.

Il verde acceso dei suoi occhi virò per un attimo allo smeraldo ‹‹E a te›› aggiunsi quasi con un sussurro.

‹‹Nessuno ha combattuto al nostro posto nell'arena. Se siamo salvi è stato grazie al nostro gioco di squadra. Niente di quello che pensi di te potrà mai farmi cambiare idea›› dichiarò con tono fermo e sicuro.

Si alzò porgendomi la fascetta caduta. Io la afferrai ed alzandomi, ricominciai a legargliela alla mano senza guardarlo. Non riuscivo a parlargli con tutti quei pensieri che mi ronzavano in testa.

‹‹Come ti eri raccomandato, la collana è arrivata a destinazione sana e salva!›› esclamai in finto tono felice.

L'avevo riposta al sicuro nella camera e non l'avevo indossata per paura che lui la vedesse. Volevo chiedergli perché non me l'avesse consegnata di persona, ma le lacrime stavano per esplodere dai miei occhi.

Fui costretta a bloccarmi le braccia ai fianchi per evitare di saltargli al collo e abbracciarlo.

Stavo per andarmene quando lui sembrò che volesse aggiungere qualcosa, ma io lo precedetti.

‹‹Allora, buon allenamento! Credo di aver davvero bisogno di una doccia! Scusa ancora se ti ho interrotto›› gli sorrisi e uscii dalla stanza prima che potesse rispondermi.

Chiusi la porta alle mie spalle e feci un respiro profondo. Quella volta avevo provato davvero a parlargli, ma le emozioni mi avevano travolta. Finnick avevo ragione, non sarei mai riuscita a spegnerle per sempre. Non ci ero riuscita nemmeno con l'aiuto di Sebastian.

Camminai a passi veloci fino all'imboccatura del corridoio e quando le lacrime si rifiutarono di tornare indietro, iniziai a correre. I miei sentimenti per lui stavano riaffiorando, come i miei ricordi. Volevo solo prendere a pugni il muro fino a sanguinare.

A volte, quando stringevo la destra, sentivo ancora le ultime due dita gemere per il colpo che avevo sferrato una volta al cemento della mia camera. Solo in quel modo ero riuscita a trattenermi dal gridare ed arrabbiarmi: facendo tremare tutte le pareti della casa per il colpo ricevuto.

Mi resi conto solo in quel momento di tutta la rabbia che conservavo dentro di me.

Quel ricordo mi face pensare che forse, gli omicidi che avevo messo in atto nell'arena, erano una tragedia annunciata.

Senza nemmeno capire che strada avessi fatto, giunsi nella mia stanza.

Appena chiusi la porta, dovetti soffocare il mio dolore nel cuscino.

Forse ormai ero caduta nel pozzo nero e senza fondo della mia disperazione.

Forse stavo annegando e non potevo più risalire.

Forse non avrei mai più respirato.

*****

Midtown, almost got a place out of midtown
Instead, I took a plane out of this town
And missed out on us, mmm
Wasted, and all of my regret, I can taste it
If I had a time-machine I would take it
And make it back to us

Now I'm reminiscing 'round the clock
Wish that I could make it stop
Didn't know it then, but now I know all this time, I, I

Should've believed in us
While we existed
'Cause now the whole thing's fucked
And just a figment of my imagination
If I could bring you back, I would
But it's just way too late for that
Should've believed in us
Should've believed in us, ah, oh, oh

And I wish I would've been patient
Instead of lettin' all the emotions
Turn to motions with you, mmm

'Cause now I'm reminiscing 'round the clock
Wish that I could make it stop
Didn't know it then, but now I know all this time, I

Should've believed in us (Oh woah)
While we existed
'Cause now the whole thing's fucked (Oh woah)
And just a figment of my imagination
If I could bring you back, I would
But it's just way too late for that
Should've believed in us
Should've believed in us, ah, oh, oh

Should've believed in us
Should've believed in us, ah, oh, woah
If I could bring you back I would
But it's just way too late for that
Should've believed in
If I could bring you back I would
But it's just way too late for that

Should've believed in us (Oh woah)
While we existed
'Cause now the whole thing's fucked (Oh woah)
And just a figment of my imagination
If I could bring you back I would
But it's just way too late for that
Should've believed in us
Should've believed in us, ah, oh, oh.


***

Ciao a tutti da Shadow_Moonlightear!

La situazione mondiale attuale non è delle migliori e questo mi scoraggia, ma proprio per questo motivo voglio continuare a scrivere. Spero magari in questo modo di alleviare, anche di poco, le vostre preoccupazioni. 

Purtroppo a volte la realtà si avvicina pericolosamente alla finzione. Sarebbe bello se tutti imparassero a professare la pace.

In questi periodi cupi, non dimentichiamoci mai di accendere la luce.

_Shadow

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