28 - Viola

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Un bussare alla porta fu la sua sveglia quella mattina dopo quella notte trascorsa in un nuovo posto sperduto, portandola a sbuffare e trascinarsi ad aprire a chiunque l'avesse appena disturbata. Non aveva dormito molto quella notte e il suo umore non era dei migliori, avrebbe ben voluto disintegrare ogni cosa si fosse trovata davanti. E il tutto peggiorò ancora di più quando aprì la porta e si ritrovò un ragazzo alto e magro, dai riccioluti capelli scuri e occhi color nocciola allegri come quel suo sorriso dalle labbra carnose. La pelle abbronzata invece stonava un po' con i vestiti di un blu scuro, simili a quelli dell'uomo della sera prima. La differenza era che quel ragazzo indossava dei pantaloni, degli stivali, una maglia e una mantella di varie sfumature di blu, in vita una cintura con dei piccoli sacchettini appesi. Da dove era uscito?

– B-buongiorno.– balbettò lui. Probabilmente, il suo imbarazzo più che percepibile dalla sua aura e non solo dal suo essere arrossito appena, era dato dal fatto che Sheera indossava una semplice canotta e dei pantaloncini, con tanto di lunghi capelli come la pece ad incorniciarle il viso ammaliante. Difatti, la ragazza aveva sentito troppo caldo rinchiusa tra quelle mura strette e si era ritrovata a dover lanciare a terra il resto dei vestiti, infastidita.

– Che vuoi?– gli domandò brusca, poggiandosi allo stipite con le braccia al seno, già scocciata.

– Sono Fenrid, mi occuperò di te fin quando non ti sarai ambientata.–

– E chi te l'ha chiesto?– ribatté rude, lui non se l'aspettò per niente. Forse, quando aveva bussato alla porta, aveva pensato a lei come una normale ragazza spaventata?

– Maestro, ovviamente.– cercò di rispondere lui nascondendo il suo disagio, non riusciva a fissarla per molto negli occhi, di quella colorazione così scura. Sheera invece lo fissò accigliata.

– Lo chiamate così qui?–

– Sì, nessuno sa il suo vero nome e lui non lo dice. Meglio che ci sbrighiamo ora, tra poco ci sarà il tuo smistamento e a lui non piacciono i ritardi.–

– Il mio cosa?–

Lo guardò confusa oltre che annoiata, non voleva avere niente a che fare con quel posto. Ma lui le sorrise e basta, facendole cenno di seguirlo e così fece, camminando scalza per altri corridoi che parevano infiniti. Non c'era nessuno, solo un lieve vento.

– Prima di tutto, ci si sveglia all'alba e ci si prepara per la giornata. Ognuno di noi ha un proprio percorso, perciò avrai il tuo appena verrai smistata. Poi, quando il sole è a picco, si pranza nella mensa che vedremo più tardi. Dopodiché le attività variano ancora dal percorso che è stato creato apposta per te e...–

– Frena un attimo tu, non ci sto capendo niente.– gli disse accigliata Sheera, facendolo voltare e sorridere imbarazzato.

– Scusa, è che non sono abituato a vedere gente nuova qui. Comunque, ripartiamo dalle basi appena finirai di farti una doccia.–

Fenrid la portò in una stanza con tanti piccoli armadietti in legno su due pareti e, in fondo, due archi da cui sentiva provenire uno scroscio d'acqua.

– In questi armadietti puoi prendere e lasciare le tue cose e l'entrata a destra è per le ragazze. Oh tieni, dimenticavo.–

Il ragazzo le porse quella che sembrava essere una tunica e solo al pensiero di dover indossare qualcosa di bianco la disgustò.

– Quello non lo metto neanche morta, sappilo.– gli ringhiò contro.

– Dopo lo smistamento cambierà in base alla tua personalità e magia, non ti preoccupare. Sarà solo per qualche minuto.–

La ragazza lo continuò comunque a squadrare, motivo per cui lui probabilmente giurò di star dicendo la verità. Alla fine Sheera non disse altro, raggiungendo l'entrata da lui indicata e lasciandosi avvolgere dal freddo di quella piccola grotta che possedeva un foro scavato nella parete rocciosa da cui fuoriusciva dell'acqua ghiacciata, finendo in una pozza. Non ci mise molto a svestirsi e immergersi nell'acqua, assaporando la sensazione del gelo sulla pelle che aveva patito il caldo e una notte di strani sogni. Avrebbe voluto starsene lì tutto il giorno ma non sarebbe mai riuscita a starsene ferma tranquilla così a lungo, così cercò di fare in fretta, asciugandosi con le sue fiamme una volta fuori. Per fortuna, e al momento, poteva usare la magia.

Spero solo di non dover trattenermi nel fare altro! pensò mentre indossava quella odiosa tunica chiara. Quello non era per niente il suo colore. Scosse la testa cancellando ogni riferimento a quella ragazza che aveva lasciato a Stavira, mettendosi al collo la sua collana dalla pietra viola e nascondendola sotto la stoffa. Non se ne era mai separata, nemmeno tra le mura della villa tenendola lontana da occhi indiscreti, anche se non sapeva esattamente perché. Sentiva solo di doverlo fare.

– Ci hai messo poco.– le disse Fenrid una volta uscita, lui che la aspettava tranquillo appoggiato alla parete.

– Mi hai detto di sbrigarmi. E non sopporto questo colore su di me quindi muoviti a portarmi dove devi.–

La sua richiesta fu secca e dal tono si intuiva più che nitidamente che fosse scocciata, motivo per cui Fenrid annuì e ricominciò a condurla chissà dove spiegandole qualche cosa come promesso.

– Qua dentro vivono ragazzi rimasti orfani o abbandonati, o con problemi nel controllo della magia come te. Anche se sono pochi al momento. Ognuno di noi è smistato in varie classi in base ai poteri che possediamo, venendo abbinati a dei colori.–

– Che cosa stupida.– si lasciò sfuggire lei.

– Lo pensano in molti, ma vedrai che cambierai idea quando saprai controllare la tua magia.–

– E tu che ne sai di quello che so fare e cosa no?–

– Tutti ti conoscono, o quasi. Sei la ragazza scampata al Wix.–

Lei non disse nulla, odiava essere riconosciuta in quel modo. Nel mentre Fenrid le spiegò il significato dei colori delle vesti che i vari ragazzi indossavano; il blu, come la sua, era per tutti coloro che erano in grado di teletrasportare e muovere gli oggetti o manipolare l'acqua e il vento, il verde per chi creava pozioni e curava le piante oltre che le persone attraverso il cibo o intrugli particolari, il giallo per chi manipolava il fuoco resistendo alle alte temperature, modellare i metalli o aveva familiarità con i libri. O almeno, quelli erano i colori principali, ovviamente vi erano delle eccezioni: chi era in grado di curare le piante oltre che manipolare il fuoco, ad esempio, poteva avere una veste verde con un medaglione giallo o viceversa.

Una volta assegnato, ci si trasferiva nel dormitorio di quella classe, dove le aule delle attività della magia che si possedeva erano vicine. Tutto dipendeva dal punto forte della persona. E il fatto che ci fosse una classificazione non le piaceva molto, dove sarebbe finita lei? Non curava le piante ma creava del fuoco, e anche l'acqua se ci pensava. Per non parlare del fatto che era in grado di muovere oggetti, persone, capire e nutrirsi delle loro emozioni negative. Esisteva davvero un posto per lei? E una volta scoperto quale fosse, cosa sarebbe accaduto?

Poi il ragazzo le parlò brevemente delle varie lezioni che ogni ragazzo aveva in comune ed erano tre in totale: meditazione, combattimento e storia del Regno Assoluto. A quanto pareva, la prima serviva per concentrarsi su sé stessi ed avere il controllo della propria energia, la seconda per incanalarla e sfruttarla, e l'ultima solo per imparare dal passato, conoscere le proprie radici. In pratica, si era ritrovata rinchiusa in una nuova scuola. L'unica cosa che un po' non le dispiaceva era il fatto di poter avere del tempo per muoversi durante le ore di combattimento, ne aveva un disperato bisogno.

– Si può uscire da questo posto?– domandò seria pensando ad una questione più seria: il sangue.

– No, mi spiace. A meno che tu non abbia una motivazione valida ma sei nuova e non te lo permetteranno mai. Una volta qua dentro ci rimani fin quando Maestro non decreterà che non sei un pericolo, permettendoti di tornare a casa, o per lo meno nel tuo caso dato che ce l'hai, e fare una vita normale.–

– Perché mi hanno spedita subito al WIx se esiste una struttura del genere allora?– domandò ancora, l'odio per il Kafar che l'aveva tartassata fin da piccola.

– Perché solo i Protettori della Magia sono a conoscenza di questi templi e ne hanno i contatti. I Kafar alla fine sono solo burattini di chi è ad un rango più alto.–

– Capisco.–

– Ora stai in silenzio, siamo quasi alla sala principale, dove Maestro decreterà in che classe finirai. Se non sbaglio ci sono altre due persone nuove ma non penso che la cosa sarà lunga.–

Sheera sospirò, portandosi le braccia al seno, voleva solo levarsi di dosso quel tessuto bianco e tornarsene in camera il più in fretta possibile. Quel luogo non era adatto a lei, alla sua oscurità.

            

Il suo primo pensiero fu solo uno una volta arrivati. Perfetto, ci mancava solo questo! Davanti a sé aveva un arco che separava quel corridoio in cui erano da quella grande sala circolare dall'alto soffitto in pietra, lo stesso materiale di quei gradoni disposti a semicerchio, rispettando le curve delle pareti, su cui erano seduti decine e decine di ragazzi divisi per quella sala per colore.

Non sapeva esattamente quanti ce ne fossero ma pensava che potessero essere perlomeno un centinaio, troppi per lei, troppi quegli sguardi che la fissavano mentre Fenrid la portava a centro della stanza dove c'erano già altri quattro ragazzi, due dei quali con la sua stessa veste. Erano una ragazza e un ragazzo, due gemelli. La cosa ricordò alla corvina Sam e Dan, provocandole una sensazione di ribrezzo al solo pensiero.

Lanciò a loro un'occhiataccia quando sentì il loro sguardo mentre ridacchiavano, forse si sentivano furbi, esseri in grado di combinare guai. Avevano un po' lo sguardo da casinisti ma non avevano idea di chi avessero accanto. Li squadrò un attimo, i loro capelli di un biondo cenere e folti, gli occhi azzurri, la pelle rosea. La ragazza, a differenza del fratello, sembrava più piccola e i suoi capelli corti al collo e gli occhi erano più chiari, le labbra carnose. Lui sembrava quello più calmo e più incline ad ascoltare, o forse si sbagliava.

– Buongiorno a tutti ragazzi.– sentì dire da Maestro che li aveva raggiunti nel centro della sala, dove vi era un mosaico di pietra bianca di forma circolare. Sheera non si era accorta fino a quel momento di quel dettaglio, essendo troppo presa ad evitare di cavare gli occhi a tutte quelle persone.

– Da oggi avremo altri ragazzi di cui prenderci cura.– continuò lui guardando i tre in questione, disposti in ordine dai loro accompagnatori al loro fianco.

– Fenrid, Aelys e Onir sono tra i più grandi tra voi e saranno le vostre guide per qualche giorno, li seguirete e ascolterete. Potranno esservi d'aiuto anche finito quest'arco di tempo. So che vi hanno detto le cose essenziali che dovevate sapere, perciò ora vi presenterò brevemente agli altri. Presto saranno la vostra nuova famiglia.–

Sheera roteò gli occhi, chi la voleva una famiglia come quella? Formata da dei ragazzini che seguivano regole su regole? Non avevano voglia di essere liberi? Fare quello che volevano?

– I gemelli Rumi e Lyanne Cyan, provenienti da Zerivath nel Distretto di Migrasia, a nord del Regno Assoluto.– iniziò a leggere da una pergamena Maestro, datogli da un uomo, anch'esso da vesti chiare, dietro di sé.

– Da poco avete compiuto sedici anni, lasciati per strada dai genitori essendo a detta loro ingestibili. Da quanto ho capito vi piace vagare per il vostro villaggio e infastidire la gente da sempre. Avete anche più volte creato scompiglio con liti, minacce e scherzi ad altri ragazzi e talvolta ad adulti, arrivando a rubare anche oggetti di valore. Siete stati presi tre volte dalle guardie del villaggio riuscendo a cavarvela sempre.– continuò lui guardandoli mentre sorridevano fieri del loro lavoro.

– È soddisfacente. Fosse stato per noi avremmo anche ucciso qualche nostro coetaneo che non smetteva di sparlare alle nostre spalle.– disse la ragazza, Lyanne.

– Ci piace creare un po' di caos.– aggiunse Rumi, il ragazzo. Sheera sorrise maliziosa, fissandoli.

– Ma per favore, non sapete minimamente che cosa significhi creare caos. E non riuscireste a uccidere assolutamente nessuno, vi sentireste in colpa fino a logorarvi.– disse ridacchiando, finendo a fissarsi a vicenda.

– E tu che ne sai? Non ci conosci.– ribatté Rumi infastidito.

– Ma conosco il caos e tutto ciò che ne comporta.– disse lei con tono malizioso e maligno, spostando lo sguardo su Maestro che la fissò prima di leggere tutto quello che aveva scritto su quella ragazza.

– Sheera Deathblack, diciassette anni, proveniente da Agraq nel Distretto di Gonterre, ad est del Regno Assoluto. Trovata abbandonata in una grotta oscura e affidata ad una famiglia ai confini del villaggio. Tenuta sotto sorveglianza dal Kafar dopo aver dato fuoco ad un edificio all'età di sette anni da cui ne uscirono numerose vittime e un morto, avendo avuto così anche numerosi richiami e divieti tra cui il non usare la magia. Sottoposta al Wix nel momento in cui è stato infranto tale divieto quasi tre settimane fa. Hai ucciso un uomo prima di partire per Stavira a mani nude ma hai problemi con il controllo della tua energia, motivo per cui avresti fatto una cosa del genere senza rendertene conto.–

– Chi ha detto che non abbia voluto farlo di proposito?– ribatté lei freddamente, fissandolo con occhi taglienti. E non sapete delle altre vittime quando avevo dodici anni, il Kafar non è abbastanza attento eh? Pensavo avesse detto di sapere tutto e invece... si disse lei annoiata.

– Il tuo passato è molto tormentato e complesso, mi ci vorrebbero giorni per sapere ogni cosa su ciò che hai fatto. Ci sarà un bel po' da lavorare con te.– la ignorò lui aumentando il suo nervosismo. Tutti i ragazzi erano stati zitti ad ogni singola parola, anche se percepiva dai loro battiti che erano agitati. Non c'era mai stato qualcuno come lei prima d'ora in quel posto inutile?

– Ora, la cosa che dovete fare è semplice. Vi posizionerete davanti a me e toccherete questo medaglione. Esso è l'unico strumento che permette a noi Salir di vedere le auree altrui solo se toccato. Per questo ognuno di voi avrà un colore assegnato da tale oggetto, in modo da poterci ricordare che poteri abbiate.–

E controllarci più facilmente pensò Sheera osservando quel medaglione d'oro che Maestro teneva per la catenella dello stesso materiale. Era un semplice pendente di forma circolare di poco più piccolo del suo palmo con una pietra grigia, lucida e trasparente. Quell'oggetto poteva davvero vedere chi fossero davvero?

– Rumi.– chiamò l'uomo e il ragazzo, sbuffando, si avvicinò come aveva detto Maestro di fare, fissando la pietra e toccandola con l'indice. Subito questa cambiò colore di un verde intenso, rilasciando una lieve nebbia che avvolse il ragazzo non permettendo a nessuno di vederlo, o almeno fin quando non svanì e lasciando addosso al ragazzo dei pantaloni di un verde smeraldo e una camicia bianca, con dei polsini in cuoio così come la cintura e le scarpe. Maestro gli fece cenno di tornare indietro e chiamò la sorella.

Anche lei, appena toccò la pietra, divenne verde. Non era tanto una sorpresa poiché, la maggior parte delle volte, i gemelli possedevano gli stessi poteri e abilità. Perciò non fu così tanto una novità il vedere Lyanne con indosso dei pantaloni scuri e una maglia senza maniche verde, degli stivali al polpaccio scuri.

– Sheera.– continuò l'uomo fissandola. Lei inizialmente non si mosse, sentendo poi la mano di Fenrid, ancora accanto a sé, sulla sua spalla.

– Non mi toccare.– sibilò muovendosi e toccando velocemente quella pietra. Voleva finire in fretta. La nebbia la avvolse subito e chiuse gli occhi, spinta dall'istinto. Era una sensazione piacevole quella che iniziò a pervaderle il corpo, fino a quando non sentì di nuovo quella voce, parole sconnesse tra loro e assieme ad essa un'immagine: un bosco divorato da delle fiamme violacee. Risvegliati... il tempo... il passato... Lei attende... La tua oscurità...

La mia oscurità? pensò mentre aprì gli occhi, la nebbia che stava iniziando a diradarsi. Subito dopo, si sentì ancora più osservata, bisbigli iniziarono ad aleggiare nell'aria, tensione, stupore, confusione, tutto quello la stavano solo innervosendo di più. Cosa li stava sconcertando in quel modo?

– Maestro, cosa...– iniziò a dire l'uomo che era dietro al vecchio, venendo zittito.

– Lo vedo anche io.–

– Forse la pietra sbaglia, non esiste...–

– No, non sbaglia mai.–

Sheera li guardò accigliata, di cosa parlavano? L'unico modo per capire era guardare il colore della pietra o ciò che indossava in quel momento. Così fece. Già del tipo di vestiti si capiva che fosse diversa, non solo per il colore. Aveva dei pantaloni aderenti di un materiale quasi pregiato e di viola scuro, quasi nero. Lo stesso valeva per il toppino che le lasciava una parte di addome scoperto, i guanti con le dita altrettanto scoperte che le arrivavano uno fino al polso e l'altro a metà dell'avambraccio. Poi quegli stivaletti alla caviglia e una mantella avvolta al petto a coprirle le spalle e cadere sopra esse fino a metà coscia e non era di colore blu, verde o giallo. Cosa significava tutto quello? Perché persino l'uomo di fronte a sé sembrava non capire? E perché poteva assomigliare alle di cacciatrici di taglie con quella divisa?

– Da oggi ragazzi, avremo una nuova classe. È più che raro che qualcuno ne faccia parte e né io né i miei predecessori conosciamo molto, perciò impareremo a conoscerla insieme. Vi presento il viola, il colore della metamorfosi.– disse ad alta voce per farsi sentire da tutti dopo un po' di silenzio a pensare, passandosi le dita sul mento senza smettere di fissarla. Si iniziarono a propagare le voci

– Questo potrebbe anche spiegare come tu sia riuscita a trasformarti in un lupo.– le disse avvicinandosi, come se non volesse farsi sentire dagli altri.

– Fai un altro passo e ti scaravento al muro.– lo minacciò, quei pochi centimetri a dividerli che le diedero fastidio.

– Imparerai a come comportarti con le persone, e penso che potresti anche arrivare a fare grandi cose.–

– Non farò un bel niente.– gli ringhiò contro.

– Peccato. Da quel che so, coloro che posseggono un'aura viola sono i più potenti dei Salir. Potresti ambire ai posti più alti del Regno.–

– O magari essere sfruttata proprio per questo. Non mi interessa, nessuna delle due cose. Non riuscirete a cambiarmi, a cambiare ciò che sono.– gli disse infine, girando i tacchi e uscendo da lì. La sua giornata era finita, non voleva fare altro che starsene nel buio della sua camera a riprendersi. Perché non era per nulla calma in quel momento, per poco non sbatté la porta della camera dietro di sé su cui si poggiò, il respiro affannoso, la testa che le faceva male, il corpo tremante.

Quello era l'effetto che le procurava il sfamarsi troppo delle emozioni negative, era simile a quello che le capitava quando stava al chiuso di notte. Il problema però, in quel momento, era che non si era minimamente accorta che il suo corpo si stesse sfamando. Era andato fuori dal suo controllo. Stare qua dentro provocherà solo più problemi...

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