29 - Difesa e combattimento

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Aveva sempre odiato la vita monotona che aveva condotto ad Agraq, sempre le stesse cose da fare, le stesse parole di Marcus e Dyiara, le marachelle dei gemelli, tutto. Con il Wix le cose si erano movimentate e, in fondo, non le era dispiaciuto così tanto nonostante si fosse cacciata nei guai. Però, di nuovo, tutto era tornato alla monotonia.

Erano passati cinque giorni da quando era stata scoperta la sua strana aura violacea e la routine era uguale per ogni giorno: sveglia all'alba, colazione, lezioni sulla storia del Regno, pranzo, lezioni di combattimento a cui poteva solo osservare, o almeno per il momento, e cercare di evitare tutte le persone.

Poiché la sua magia era ancora un mistero, Maestro aveva deciso di indagare un po' su antichi volumi per qualche giorno e lasciarla in disparte e più o meno a fare quello che le pareva. Da una parte non le dispiaceva dato che poteva evitare di presentarsi alle lezioni e starsene in camera a dormire tutto il giorno o a disegnare per conto suo.

Era riuscita a trovare un quaderno e qualche matita giusto il primo giorno, potendo tornare, dopo anni, a fare qualcosa che la rilassava. Era strano da pensare che un essere come lei, che amava il sangue e quel senso di adrenalina lungo il corpo mentre feriva o uccideva fosse in grado di fare un qualcosa visto più comunemente in persone tranquille. Eppure, Sheera entrava in una calma che nemmeno lei pensava di possedere quando tracciava linee e linee sui fogli, passando ore a disegnare.

Aveva scoperto quel suo talento per puro caso quando da piccola era rimasta chiusa in camera ad annoiarsi, scarabocchiando su dei fogli datogli da Nath intento a ripassare qualcosa per la scuola. Lì il ragazzo l'aveva vista per la prima volta davvero tranquilla, avvicinandosi a lei e ammirando ciò che aveva composto. E non erano soliti scarabocchi di bambini ma vere e proprie raffigurazioni.

– Non ci posso credere, di nuovo!– esclamò passandosi le mani sul volto. Era seduta sul letto con fogli sparsi in giro, la finestra aperta da cui lievi raggi solari entravano.

– Quella ragazza mi ha offuscato la mente!– si disse lasciandosi cadere di schiena sul materasso dopo essersi resa conto di aver fatto l'ennesimo ritratto di Kyra. Il problema di quando disegnava era che non faceva caso a ciò che la sua mano tracciava, la sua mente era spesso e volentieri altrove.

– Chissà come se la sta cavando, se è riuscita a far cambiare idea ad Andreas...– continuò in un sussurro osservando il soffitto. Sospirò, mettendosi a sedere e sistemando tutto e lasciare ogni cosa sulla scrivania, prendendo i propri vestiti e uscendo dalla camera dopo aver controllato che l'orizzonte tagliasse a metà il sole. Quello era l'orario perfetto per non incrociare nessuno nei bagni la mattina. Stessa cosa faceva la sera, o meglio dire a piena notte. Perché sì, iniziava ad avere seri problemi con gli orari, o più che altro il suo corpo.

Non riusciva a stare sveglia di giorno mentre la notte era piena di energie. Aveva sempre riscontrato quel problema ma mai come chiusa là dentro. E non era l'unica cosa che era cambiata. I suoi sensi si erano fatti ancora più fini e, cosa non meno importante, riusciva a vedere l'aura delle persone. Non solo quella che mostrava che poteri avessero ma la loro vera indole, il loro essere. E aveva notato che esistevano tre tipi differenti: le bianche, le grigie e le nere. Ancora non sapeva cosa significassero ma non ci diede tanto peso.

Una volta sentita l'acqua fredda a contatto con la sua pelle il suo corpo si rilassò, osservando per qualche minuto il soffitto di roccia, per poi immergersi completamente e, una volta risalita in superficie, si passò le mani tra i capelli scuri.

Osservò il proprio riflesso, i suoi occhi scuri, la pelle pallida, le labbra che si sfiorò con le dita ripensando ai baci di Kyra.

– Oggi sei proprio nei miei pensieri eh?– sussurrò come se la chiara avesse potuto sentire le sue parole. Ridacchiò da sola per quanto si sentisse un'idiota al riguardo, a quanto fosse stata attratta da lei in così poco. E a quanto la voleva intorno a sé in quel momento.

Kyra la calmava, la rendeva vulnerabile anche, certo, ma la faceva sentire completa, compresa. Là dentro però sarebbe riuscita a non lasciare che rovinasse ogni cosa? Devo tornare da lei, solo questo mi importa pensò mentre uscì dall'acqua asciugandosi come suo solito, indossando la sua divisa nero-viola e uscendo da lì, diretta a quella che Fenrid le aveva mostrato essere la mensa che, a quell'ora, era deserta.

C'erano solo un paio di donne ancora intente a preparare qualcosa per i ragazzi, alzando lo sguardo verso di lei e guardandosi tra loro. Una delle due sparì dietro la porta delle cucine, tornando con un piatto ed un bicchiere dandoli a Sheera. Ormai si erano abituate alla sua presenza anticipata, preparandole apposta qualcosa lasciandola a mangiare in un angolo in silenzio come sempre.

Inizia a non saziarmi abbastanza il cibo normale pensò nervosa mentre si metteva in bocca l'ultimo pezzo di pane all'uva. A quanto pare era una specialità di quel posto, così come quel vino che aveva nel bicchiere che biuttò giù tutto d'un sorso. Era riuscita a ipnotizzare in qualche modo le donne cosicché potessero darle quell'alcolico che, solitamente, la saziava.

Ho bisogno di altro si disse alzandosi ed entrando nelle cucine senza che le due se ne rendessero conto, invisibile. Subito sentì l'odore familiare di sangue e ne seguì le tracce che la portarono ad un grande lavandino, lì dove c'era della carne per il pranzo. Il suo sguardo cadde sugli scarti messi da parte, più precisamente al cuore ancora caldo e grondante di sangue che riconobbe essere di cervo solo dall'odore di muschio. Lo prese in mano e in poco lo divorò a pezzi strappati con le mani, assaporando quella carne fibrosa e dal sapore ferroso, dolce, ne voleva sempre di più. E finalmente si sentì bene, in forze.

Le voci delle donne che si avvicinavano alla porta la distrassero, portandola velocemente a pulirsi le mani con la magia e rendersi invisibile, uscendo da lì e rispettando solo quando fu nel corridoio deserto. Ci è mancato poco, a momenti non mi accorgevo di loro da quanto fossi presa dal mangiare! Doveva stare più attenta.

– Ehi Sheera!– la salutò Fenrid dall'altra parte del corridoio, portandola ad alzare gli occhi al cielo. Anche quel ragazzo era piuttosto mattiniero e, in qualche modo, lui riusciva sempre ad incrociarla.

– Hai già mangiato vero?– le chiese una volta avvicinatosi e lei lo fissò fredda, le braccia al seno.

– Se sai la risposta cosa me lo chiedi a fare?–

– Ahi, siamo di cattivo umore oggi.–

– Così come gli altri cinque giorni di prigionia.–

Fenrid le sorrise divertito, facendole cenno di seguirlo e, nonostante odiasse eseguire gli ordini, lo fece, entrando di nuovo nella mensa e sedendosi con lui aspettando con una pazienza che non aveva che lui finisse il suo pasto.

– Sai, ancora mi chiedo se tu stia cercando di fare la dura solo per non essere ferita o se tu sia davvero così.–

Sheera lo fissò accigliata, quel ragazzo l'aveva vista? Chi altro era così lunatica e tenebrosa?

– Dico solo che se tu fossi davvero menefreghista non ascolteresti nemmeno me.– continuò lui per spiegarsi e lei intuì presto dove sarebbe andato a finire.

– L'unico motivo per cui non rado al suolo questa prigione e non ti faccio a brandelli non è perché voglio cambiare ed essere migliore, sia ben chiaro.– disse lei fissandolo negli occhi truce.

– E allora perché?–

– Non sono affari tuoi.– gli ribatté seccamente calandosi sul volto il cappuccio della mantella che aveva scoperto possedere. Era un gesto semplice ma che le faceva molto in realtà, le permetteva di isolarsi e non prestare attenzione agli sguardi altrui, di tutti quei ragazzi che iniziavano ad entrare nella sala e a parlare ai tavoli tra loro.

– Va bene, non parli molto. Ah, da quanto so Maestro ha dato il permesso a te, Lyanne e Rumi di poter partecipare alle lezioni di combattimento.–

– Poteva benissimo permettercelo il primo giorno, mi risparmiava la noia.–

– Lo fa sempre con i nuovi arrivati, tranquilla. È che studia bene le vostre situazioni per valutare se effettivamente siete in grado di sopportare il piano creato in base alla vostra magia.–

Sheera sospirò e guardò fuori dalla finestra chiusa accanto a sé. E senza rendersene conto si morse il labbro e iniziò a tamburellare le dita sul tavolo. Tutto quello era solo per colpa di una ragazza che, quel giorno, non smetteva di tartassarla stando continuamente impressa nei suoi pensieri. Era come se fosse in grado di percepirla nel Regno Assoluto, sentire quanto si sentisse sola e in trappola. Sperava solo di star sbagliando e che stesse bene.

– Andiamo, Maestro odia i ritardi come ho già detto.– le disse Fenrid una volta in piedi e pronto per la giornata.

– Non vedevo l'ora!– ribatté lei ironica seguendolo con le mani in tasca, lo sguardo davanti a sé e lo sguardo tagliente verso chi la fissava. Riusciva ad incutere paura o timore anche solo in quel modo, vedendo che subito gli altri distoglievano lo sguardo.

Andarono fino a quella che doveva essere un'enorme sala adatta ai combattimenti, ancora lei si perdeva tra i corridoi. E, come il resto dell'edificio, le pareti in pietra la facevano sentire ancora più in trappola, per non parlare dell'assenza delle finestre.

Sulla parete alla loro sinistra c'erano delle spalliere in legno e sulla destra armi di ogni tipo tranne che da sparo. Le pareti rimanenti o erano spoglie o vi erano appesi dei bersagli. Da quanto aveva capito però, quelli che erano gli insegnanti non facevano usare mai armi, tutto si basava sulla propria forza o perlomeno la cosa valeva per chi ancora non aveva controllo di sé o non sapeva combattere. Infatti, i ragazzi più grandi come Fenrid potevano usare una lama come un coltello o un pugnale, ma solo la spada e altre armi più grandi potevano essere brandite dagli adulti.

Sheera si sedette accanto al ragazzo che doveva tenerla d'occhio sui gradoni simili alla sala principale e aspettarono entrambi che gli altri ragazzi che avevano allo stesso loro orario quella lezione arrivassero. Non ci misero molto dato che tutti sapevano della puntualità che voleva Maestro, nell'arco di cinque minuti la sala era già al completo, tutti i ragazzi seduti ordinatamente. Odio tutto questo ordine!

– Buongiorno ragazzi.– disse Maestro entrando e sentendo un coro rispondere, eccetto la corvina ovviamente che lui fissò aspettandoselo. Ormai ha capito che da me non si deve aspettare gentilezza, ma che bravo ridacchiò lei nella sua testa maligna mentre lui parlò.

– I nostri tre nuovi amici da oggi si aggiungeranno a voi.–

– Finalmente, iniziavo ad annoiarmi a vederli muoversi!– esclamò Rumi interrompendolo.

– Potevi aspettare ancora un po' già che c'eri.– commentò ironica sua sorella al suo fianco. Il fatto che l'ordine fosse stato infranto fece sorridere maliziosa la corvina che li guardava dall'alto, essendo i gemelli seduti alle prime file.

– Vi farei provare a voi per primi questa esperienza ma partirei da Sheera se non vi spiace, dato che non si degna nemmeno di salutare e presentarsi alle attività pomeridiane.– continuò Maestro sempre composto, i suoi occhi chiari fissi su di lei.

– È un talento innato il mio, non credo che comprenderesti.– ribatté all'istante con tono annoiato.

– Lo prenderò per un sì. Scendi.–

L'uomo si voltò verso l'insegnante che era rimasto dietro di sé, facendogli cenno di prepararsi ad uno scontro con quella ragazza che scese tranquillamente dalla scalinata.

– Ehi fallo fuori viola!– le disse Lyanne ridacchiando e beccandosi un'occhiataccia con tanto di minaccia.

– Chiamami un'altra volta così e ti stacco la testa a morsi.–

– Addirittura?–

– Non sfidarmi ragazzina.–

– Vedrò in base a cosa sai fare.–

Bel tipetto lei, peccato che non sia nei miei gusti o un pensierino l'avrei fatto pensò senza farci caso la corvina mentre si levava di dosso la mantella e mettendosi davanti all'insegnante, Maestro che se ne stava tra loro per spiegare brevemente le regole.

– Evita i colpi di spada oltre a quelli fisici. Studiando i pochi documenti sulle auree viola dovresti avere agilità e velocità invidiabili, anche se potresti non saperli sfruttare non avendo mai imparato ad usare la magia.–

Non aveva capito che Sheera non se ne faceva niente di quelle parole, specialmente se aveva ben altro per la testa. Avvenne tutto in pochi secondi: Sheera si ritrovò il braccio dell'uomo intorno al collo, intenta a strangolarla. Anche lei fu veloce e, in qualche modo, gli diede una gomitata al fianco, facendogli allentare la presa di poco ma abbastanza da potersi liberare.

Lui subito reagì e le diede un pugno bello forte allo stomaco che la fece indietreggiare. Per un pelo schivò la spada che minacciò di trapassarle il fianco, però lui riuscì a prevedere la sua intenzione di volergli assestare un colpo alle gambe nel tentativo di distrarlo dandole un altro pugno al volto.

Così la ragazza si ritrovò in poco a terra, l'uomo a puntarle la punta della spada alla gola. Non lo lasciava a desiderare ma per lei, che stava scoprendo di poter vedere l'anima e la vera indole delle persone, fu facile scovare dai suoi occhi che gli piaceva vincere. Evidentemente non aveva mai perso, in più sembrava essere uno dei più forti là dentro.

– Non è un po' troppo sleale il fatto che puoi giocare con questa e noi ragazzi no?– gli disse accigliata rimanendo ancora a terra fissandolo e lui rispose.

– Bisogna sempre sapersela cavare in qualsiasi condizione ci troviamo. È questo che insegniamo, proteggersi dagli altri.–

– Che scemenze!– ridacchiò lei. Stava dicendo sul serio? Evidentemente, nessuno di loro aveva idea di cosa significasse davvero combattere, perché lo stavano confondendo con l'autodifesa. Quest'ultima serviva per difendersi da probabili attacchi da aggressori ferendo ma senza procurare delle effettive morti, la seconda invece mirava ad uccidere, quello era il suo vero scopo. O perlomeno la corvina l'aveva sempre pensata così.

– Ne hai ancora di cose da imparare, non conosci i tuoi punti forti, non sai sfruttare il tuo corpo, i movimenti erano scoordinati, privi di senso. Mi domando se hai davvero ucciso una persona a mani nude o sia solo una tua invenzione, o hai avuto fortuna. Ti piace provocare ma davanti ad uno scontro non sopravviveresti.– le disse lui spostandosi e lasciandola libera rimettendo la propria spada nel fodero, guardandola con ribrezzo mentre lei si toccò il labbro che sanguinava per il colpo datole da lui. Sheera poi gli sorrise maligna, maliziosa, rialzandosi senza problemi, la ferita che si rimarginò nell'istante in cui si passò la lingua sul labbro. Aveva voglia di divertirsi davvero, il suo corpo non aveva minimamente sofferto per alcun colpo infertogli.

– Non c'erano mica due turni disponibili per ogni ragazzo?–

Lui la guardò, o più che altro la squadrò, sorridendo appena. Era proprio quello che lei voleva.

– Vuoi farti massacrare per bene già i tuoi primi giorni qui?–

– Mi sto solo tenendo impegnata. Allora? Mi mostri un po' cos'altro sai fare?– lo provocò. Lui non si tirò minimamente indietro, scattando subito verso di lei che alzò il braccio destro così velocemente che lui non si accorse di quello che accadde fin quando non vide che la ragazza aveva bloccato il suo pugno tenendogli il polso con una presa salda, senza problemi. Sheera non si era minimamente spostata, l'aveva solo fissato come stava facendo in quel momento, sorridendogli maliziosa.

– Ora mi diverto io.– gli disse girandogli velocemente il braccio in modo innaturale, lui che si trattenne dal non gridare e allontanandosi prima di prendere la spada e fare un affondo che la mancò totalmente, vedendola troppo tardi avvicinarsi e dargli un calcio allo stomaco. La forza di quel colpo fu totalmente inaspettata, come poteva una ragazza del genere colpire con una tale potenza da fargli sentire le viscere contorcersi dal dolore, piegandolo in ginocchio.

– Già stancato?– gli sussurrò all'orecchio dietro di lui dopo essersi spostata con una velocità impercettibile. Provò di nuovo a colpirla con un altro pugno con tutta la forza che aveva. Non si aspettò che Sheera potesse evitarlo facilmente e rispedirglielo sul naso che subito sanguinò. Ma la cosa che nessuno si aspettava fu di vederla tranquillamente in piedi, l'uomo in ginocchio con la propria spada alla gola ed in mano alla corvina. Come era riuscita a sfilargliela dalle mani? Nessuno se ne era accorto. Lei era seria, il suo sguardo tagliente, non sembrava per nulla stanca.

– Tsk! Non volevi insegnare a combattere?– gli disse vedendolo boccheggiare.

– Il problema è che avete confuso il combattere con la difesa, la prima ha come scopo uccidere senza pietà, la seconda di evitare di essere uccisi. Prima mi sono lasciata battere solo per studiarti, ho visto come ti muovevi. E i tuoi movimenti non erano di chi vuole uccidere ma difendersi, i colpi erano vaghi per evitare di ferire davvero e questo è il tuo sbaglio. Se vuoi insegnare loro come evitare di morire, allora perché non ti muovi come ho appena fatto, con lo scopo di ferirli?– continuò lei, obbligandolo ad alzare il volto con la punta della spada, guardandolo maligna e con ribrezzo lei stavolta.

– E poi, ci sono tre regole fondamentali nei combattimenti. Non sottovalutare mai l'avversario specialmente se è privo di armi, non fare movimenti ripetitivi in modo che diventino prevedibili e facilmente bloccabili, e non abbassare la guardia a chi sembra essere debole. Alla fine è tutta questione di strategia.– concluse. Ma come faceva a conoscerle? Non ne aveva idea, sapeva solo che l'adrenalina nel corpo aveva risvegliato in sé la voglia di uccidere. E si stava trattenendo dal non decapitare l'uomo di fronte a sé.

– Ci si vede.– disse poi buttando a terra l'arma e prendendosi la mantella, uscendo da lì e andandosene senza dire altro.

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