35 - Essere insicuri

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Controllo. Qualcosa che per lei, per la sua anima nera, significava molto. Lo bramava per la sua vita, volendo essere lei stessa artefice delle proprie idee senza essere manipolata da nessuno di più grande o superiore a lei, la sua figura. Il pensiero di essere in grado di controllare gli altri era così allettante, se doveva essere sincera, e un posto come Superior non era qualcosa da buttare via. Lì non avrebbe avuto problemi, come aveva detto Maestro. Lì tutti l'avrebbero rispettata e lei avrebbe goduto di quella sensazioni di sentirsi così potente di fronte a persone che l'avevano disprezzata. Però, oltre quel tipo di controllo, si celava ben altro. Avrebbe accettato senza dubbi quell'incarico se avesse dimenticato perché per lei il controllo era qualcosa di accattivante: insicurezza.

Era dentro di sé da sempre, non la mostrava quasi mai nemmeno a sé stessa. Era insicura su ogni cosa riguardasse la sua magia distruttiva. Quando aveva ucciso quelle persone che aveva dietro alle spalle, non aveva avuto alcun controllo sul suo corpo, le sue azioni. E, una volta risvegliata da quella specie di trance, si ritrovava così impotente davanti alla sua anima nera. Non riusciva ad avere controllo su di sé e, forse, averlo sugli altri l'avrebbe aiutata. Ma sapeva che in fondo non era così, che nulla sarebbe cambiato e che sarebbe finita con il creare ancora più problemi. Era meglio stare da soli, isolati, senza ferire persone a cui lei teneva.

– Devo calmarmi, devo calmarmi, devo calmarmi!– continuò a ripetersi con una risata nervosa mentre cercava di raggiungere in fretta l'aula di Enver. Non sapeva più come fermare quel turbine che continuava a premere nel petto, a farle tremare la mani.

– Dannazione!– esclamò colpendo la parete grigia accanto a sé con un pugno, creando una crepa che partì dal pavimento fino al soffitto. Indietreggio e la osservò, la sua mano non le faceva male per niente. Al contrario, le sembrava che il peso si fosse alleggerito alle sue spalle. Perché se uso la magia o sono violenta mi passa tutto quello che mi passa per la mente?

– Ehi Deathblack, sei in perfetto orario oggi!– sentì dire da Rohin appena apparso in fondo al corridoio, distraendola dal suo fissarsi le mani dalla pelle cadaverica. Si sbrigò a raggiungerlo prima che vedesse ciò che aveva combinato. Non lo salutò nemmeno, anche se lui ormai si era abituato alla cosa.

– Oggi faremo un esercizio diverso se non sbaglio. Useremo un elemento che siamo in grado di manipolare per entrare in pace con noi stessi.– le disse lui tutto contento, creando in lei solo più preoccupazione.

– Sicura di stare bene?–

– Sta zitto.– gli ringhiò lei aumentando il passo ed entrando in quella stanza-stagno e prendendo velocemente posto. Notò che Fenrid fosse già lì dietro di sé e, con lo sguardo, cercò di capire cosa avesse ma la corvina gli rispose con un'occhiataccia, portandolo a fissare il suo amico che fece spallucce. Rimase quindi in silenzio a fissare l'acqua che per un poco la calmò con i suoi movimenti lenti.

– Buongiorno a tutti!– esordì con una delle sue solite entrate gioiose l'insegnante raggiungendo il suo solito masso.

– Questa mattina iniziamo con il lavorare sulle emozioni negative.–

Sheera sospirò, non sarebbe finita bene la cosa. Lo percepiva nell'aria. Non so se mi aiuterà, non posso più uscire da qui o mi farà fare qualche stupido esercizio di meditazione inutile!

– Risvegliate in voi il vostro elemento, che sia il fuoco, l'acqua, la terra o il vento lasciatelo libero di vagare in voi. Plasmate una piccola sfera da tenere tra le vostre mani e fissatela. Nel mentre, escludete ogni suono, dovete sentire solo la vostra sfera magica. Lei vi parlerà, vi mostrerà cosa preoccupa la vostra anima. Ignorate le sensazioni negative nel mentre, solo così vi libererete.–

Era assurdo pensare che si potesse dire addio ad ogni preoccupazione in quel modo, che problema avevano quei ragazzi che gli davano retta? Però, se la cosa funzionasse... forse capirei cos'è che mi rende irrequieta da giorni pensò Sheera fissando le proprie mani. Valeva la pena tentare?

Sospirò e si mise un po' a pensare quale elemento avrebbe potuto usare e, quasi senza esitazione, scelse l'acqua. Era meglio evitare il fuoco con le sensazioni negative, non era il momento di fare fuori all'istituto, tanto meno creare terremoti o forti venti. E poi, l'acqua la calmava spesso. Le ricordava il laghetto nel bosco di Agraq.

Così, pensò di avere tra le sue mani una sfera d'acqua fluttuante e così accadde. Apparì dell'acqua dalla sua pelle, modellandosi e diventando così perfettamente tonda, limpida. Ormai escludere ogni cosa intorno a sé le veniva quasi naturale, riuscendoci in qualche istante. Ma non accadde nulla. Fissava la sfera vuota, senza alcun riflesso o segno di quello che Enver voleva da quell'esercizio. -Sheera...-

La corvina per poco non sussultò. Di chi era quella voce maschile, così fredda, profonda e... familiare? -Sei tornata... Ti stavo aspettando...- Non era molto amichevole quel tono, in lei nacque la rabbia. E non aveva alcuna voglia di liberarsene. Poco dopo, degli occhi rossi le annebbiarono ogni pensiero. -Ti troverò e ci riuniremo...- continuò lo sconosciuto. -Te lo puoi scordare!- pensò lei, senza rendersi conto di quella strana lingua che le attraverso la mente. Poi sentì una risata maligna, la sfera d'acqua si sfaldò sfuggendo al suo controllo. Subito dopo scattò in piedi e uscì da lì, la testa che le fece male, un bruciore lungo tutto il corpo ghiacciato. Cosa le stava accadendo? Sangue...

La sua fame si era risvegliata all'improvviso a causa di un battito cardiaco poco distante da lei e, alzando lo sguardo, notò un ragazzo solo in attesa nei corridoi deserti. Sul volto le apparì un sorriso maligno, i suoi piedi si mossero da soli verso di lui e la sua mano scattò subito verso il suo collo con una presa violenta. Il povero ragazzo non ebbe nemmeno il tempo di dirle qualcosa o di essere cosciente di quanto gli stesse accadendo che perse i sensi, provocando una sensazione di piacere indescrivibile a Sheera.

– Ehi lascialo!– esclamò qualcuno alle sue orecchie, così lontano, distante. Successivamente delle mani calde sulle spalle le fecero mollare la presa della vittima all'istante. La sua vista, che era rimasta offuscata fino ad allora, si schiarì mostrandole Fenrid aiutare un ragazzo che non conosceva. Il suo respiro divenne affannoso mentre si rese conto che era accaduto per l'ennesima volta. Si era persa nella propria oscurità.

– I-io non...–

La sua voce tremava così come le mani che fissò, sentendosi così sbagliata. Odiava sé stessa, odiava non sapere cosa le accadeva ogni volta che era in quelle condizioni.

– Stai bene?– le domandò Fenrid osservandola attentamente. Nei suoi occhi scuri e profondi vide fragilità, era la prima volta che si vedeva così chiaramente.

– Me lo stai chiedendo davvero?– ridacchiò lei nervosa.

– Ti pare che io stia bene? Non sopporto più niente di questo posto, le persone qui sono troppo cieche da capire che questo dannato luogo è solo una prigione mascherata in cui mi sono ritrovata contro il mio volere! È una maledizione stare qui, sto andando fuori di testa!– sbottò lei non capendo più cosa stesse provando. Odio, dolore, disperazione, ogni cosa si stava intrecciando all'altra, facendole perdere le forze fino a farla cadere nel nulla. Disse solo un nome di colei che sarebbe stata in grado di farla stare bene e non sentirsi in colpa con sé stessa.

– Kyra...–

        

Un forte mal di testa e il corpo pesante avevano ricominciato a tartassare il corpo di Sheera, lei che si era appena svegliata per colpa loro. Inizialmente non capì come fosse arrivata nella sua stanza buia, fin quando non trovò Fenrid seduto al suo fianco con un pezzo di stoffa bagnaticcio. Le fu difficile tenere gli occhi aperti, probabilmente la febbre era ritornata. Provò a ricordare qualcosa, a cosa potesse aver scaturito in lei una tale stanchezza ma l'unica cosa che le veniva in mente erano quegli occhi rossi e quella voce che le parlava visti dalla sfera d'acqua.

– L'ho fatto di nuovo...– sussurrò a sé stessa, portandosi con difficoltà le mani sugli occhi stropicciandoseli.

– Intendi non essere cosciente di quello che hai fatto?– le domandò il ragazzo che le poggiò la stoffa bagnata d'acqua fredda sulla fronte calda. Lei non rispose, non parlò nemmeno per qualche minuto mentre osservava il ragazzo bagnare un nuovo asciugamano chiaro in una grande scodella in legno piena d'acqua di qualche sorgente.

– Cosa ho combinato?– gli chiese dopo un po', e lui le prese un braccio, passandole la stoffa sopra. Le diede fastidio come solito il suo tocco ma era troppo debole per protestare o scansarsi.

– Non lo ricordi?-–

– No, ho solo nero.–

– Beh, non lo so con esattezza. Ti sei alzata velocemente e uscita dall'aula, pensavo ti fosse accaduto qualcosa dato che la tua sfera d'acqua era diventata nera come la morte prima che tu la lasciassi cadere. Poi ti ho vista nei corridoi e per poco un ragazzo non è morto strangolato.–

Sheera osservò fuori dalla finestra, il cielo era nuvoloso e un forte vento soffiava, come rabbioso. In lei invece c'era solo il vuoto.

– Non dirò nulla a Maestro, se la cosa ti preoccupa. In più, quel ragazzo non ricorda nulla, pensa di esser svenuto e basta.– continuò Fenrid sorridendole, facendola sentire fin troppo a disagio.

– Smettila di guardarmi così.–

Lui ridacchiò, alzandosi e andando ad asciugarsi le mani, raggiungendo poi il piccolo tavolo su cui sopra vi erano appoggiati diversi fogli.

– Li hai fatti tu questi disegni, vero?–

– Chi lo sa, magari qui c'è un fantasma!– esclamò lei, odiava quel tipo di domande la cui risposta non poteva essere che ovvia.

– Sai, a primo impatto non ti facevo per una che sa usare così bene una matita. Sono dei disegni così perfetti e dal tratto delicato.–

– Lo so...– sospirò lei mettendosi a sedere e guardandolo mentre lui studiava i suoi disegni, almeno fin quando lui non notò che si fosse messa a sedere e rimproverandola per questo. Non era delle migliori condizioni e doveva riposare.

– Sei un ficcanaso.– gli disse poi freddamente, cambiando di nuovo tono alla frase successiva con uno malinconico. Purtroppo era così quando stava male, cambiava in continuazione.

– Anche Nath non mi lasciava in pace.–

– Il tuo amico?–

Lei annuì appena, passandosi una mano tra i capelli scuri, sospirando.

– Questa ragazza che hai disegnato, invece, è Kyra?–

Nel sentire quel nome la corvina lo fissò truce, vedendo poi che le stava mostrando il ritratto di quella ragazza dai capelli bianchi.

– Come sai il suo nome?–

– L'hai detto tu, prima di svenire. Ho pensato che si addicesse a questa qui raffigurata.- le spiegò tornando a sedersi accanto a lei con ancora il foglio in mano.

– Sembra una brava persona.–

– Anche fin troppo.– bofonchiò Sheera, stringendosi le ginocchia al petto che aveva ripreso a far male.

– Chi è?–

– Non hai nulla da fare al posto di farmi l'interrogatorio?–

Fenrid ridacchiò, aspettando ancora una risposta. Lei sbuffò arresa, solo perché non stava bene e diventava fragile ogni volta che accadeva, mostrandosi anche più calma. Come una normale Salir senza poteri distruttivi.

– È grazie a lei se sono sfuggita a Wix. Suo padre è il Protettore della magia a cui ero stata affidata prima del processo.–

– Davvero? Come ha fatto?–

– Facendo la ficcanaso come te. Veniva a trovarmi alle celle portandomi da mangiare. È stata così folle da liberarmi dopo qualche giorno perché doveva organizzare una festa e non aveva nessuno in casa a parte me con cui confrontarsi.– ridacchiò lei a ripensarci. Chi si andava a fidare di una criminale?

– Però, fin da subito tutto è stato diverso con lei. Non aveva paura di me, mi guardava solo con tristezza e compassione, come se fossi un animale in gabbia. C'è qualcosa in lei che mi calma e che non riesco a spiegarmi. Ed è come se la conoscessi da tempo quando non è così.–

– Magari vi siete già viste.–

– Impossibile, io non sono mai uscita da Agraq e lei da Stavira.–

Fenrid osservò quel disegno ancora una volta, in testa aveva un'idea, o più che altro una supposizione.

– Com'è?–

Sheera non ci pensò molto.

– Se ci vedessi a confronto sarebbe il mio opposto, con quei suoi capelli bianchi. Per non parlare dei suoi occhi, sono sempre curiosi, vivaci, vedono oltre le apparenze. Sa essere testarda quanto me ma è facilmente influenzabile e cerca di non deludere nessuno. Mi domando come faccia ad essere sempre dolce e gentile con tutti, piuttosto mi ucciderei!–

Fenrid le sorrise, mettendo via il disegno.

– Sei in grado di raffigurare l'anima delle persone, lo sai? Riesci a trasmettere ogni singola cosa che mi hai detto di lei attraverso la carta ed è una cosa formidabile.– disse tutto contento.

– E poi, si nota anche altro.– aggiunse, fissandola intensamente e portandola ad inclinare la testa confusa.

– Si vede ad un miglio di distanza che quella Kyra ti ha mandato fuori di testa, ti piace e anche tanto. Scommetto che è per lei che resisti dal non andartene da qui o disintegrare ogni cosa.–

Ben presto il ragazzo si ritrovò a terra quando la corvina con un calcio lo buttò giù dal letto, facendolo ridere solo di più.

– Adoro quando stai male, sei più aperta e simpatica.–

– Sta zitto, idiota!– lo minacciò lei cercando di riprendersi dato che le sue guance stavano andando in fiamme.

– Beh, almeno so che hai un cuore. Sarà occupato da questa ragazza e dal tuo amico ma questo non fa di te un essere totalmente privo di sentimenti.– continuò lui rialzandosi e sistemandosi, facendo riapparire sul volto un sorrisetto malizioso.

– Lei ricambia?–

– Vuoi sapere pure quante volte me la sono portata a letto e cosa facevamo per caso?– domandò lei stavolta più fredda e maligna, un sopracciglio inarcato. Fenrid assunse uno sguardo tra lo stupito, non aspettandosi una frase del genere, e il soddisfatto, dato che in parte aveva risposto alla sua di domanda.

– Dai tieni.–

Lui le porse dei fogli e una penna. Cosa voleva che facesse?

– Noi più grandi possiamo spedire delle lettere ai parenti o a chi altro vogliamo. Visto che devo inviare una cosa ad un amico, pensavo di mandare anche qualcosa di tuo a questo Nath o a Kyra.–

Sheera rimase interdetta. Stava facendo tutto quello per pietà? No, lo vedeva dalla sua aura che lui aveva cambiato modo di vederla. Forse anche lui aveva compreso che quella ragazza era molto più complicata di un semplice criminale fuori controllo.

– Non andare in giro, anche se la cosa non penso ti darà problemi. Ripasserò stasera per portarti qualcosa.– disse prendendo la propria roba e raggiungendo la porta.

– Fenrid.– lo chiamò per la prima volta la corvina, facendolo voltare. Notò che non lo stava guardando, forse perché era a disagio.

– Grazie.– disse a bassa voce. Quello bastò per farlo sorridere contento e uscire da lì, lasciandola da sola.

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