4 - Voce di sangue

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Quella sera, quella che avrebbe dovuto chiamare famiglia, non tornò a casa. Il Kafar gli avrà detto di non tornare perché ci sono io ovviamente sotto stretta sorveglianza! pensò con rabbia buttandosi sul suo letto di peso. Almeno per lei era meglio così, non avrebbe avuto intralci per qualche ora. Non capiranno mai! Poi sentì il rumore di un tuono e sobbalzò. Perfetto! Ora farò scatenare un uragano se non mi calmo! D'altronde, non era la prima volta che arrivava un temporale quando lei era incavolata, poteva creare bufere che potevano disintegrare ogni cosa.

Fece un respiro profondo e cercò di calmarsi il più possibile, poi prese una scatolina nascosta sotto il letto e l'aprì prendendo quello che conteneva, l'unica cosa preziosa che aveva fin da quando era stata trovata, una collana. Era una catenella d'oro con una pietra nera violacea e la indossò. Da quel che sapeva ce l'aveva sempre avuta e la faceva sentire meglio, come un calmante. Non sapeva da dove provenisse, era tutto così fastidiosamente misterioso.

Si alzò e andò verso la finestra aperta e guardò il cielo. Era grigio, cupo, pieno di nuvoloni minacciosi, tutto era tetro e silenzioso. Poi scorse qualcosa di strano proprio al centro del paese, dove si trovava una quercia di chissà quanti anni. Le sembrava di vedere delle scintille che ricoprivano l'albero, cosa che le sembrò alquanto strana, fin quando non si rese conto che fuori era quasi completamente buio. Come aveva fatto a vedere tutto nitidamente mentre tutto si scuriva sempre di più? Cosa le stava accadendo?

Poi sentì una lieve brezza accarezzarle il viso e chiuse gli occhi, assaporando quella sensazione di libertà, così piacevole e che le mancava. Vieni da me... ti sto aspettando... Non sapeva da dove venisse quella voce ma ne era come incantata. Aprì di scatto gli occhi ora di un viola scuro acceso e uscì di casa, erano le sue gambe a trasportarla, aveva perso il controllo di sé.

Arrivò al centro, dinanzi all'albero maestoso. Nessuno era fuori a parte lei e il silenzio la accompagnava sempre. Il vento si alzò di poco, scompigliandole i capelli e provocandole una piccola risata e un leggero senso di adrenalina percorrerle il corpo. Alzò lo sguardo e fissò lo squarcio di nubi che era sopra di sé. Non era normale, per niente. Il buco di nubi che si era formato non era per niente casuale, poiché era l'unica parte del cielo completamente libera che mostrava la luna, la luna nuova che illuminava debolmente il volto della ragazza.

– Figlia della Distruzione...– sentì così chiaramente.

– Potente e pericolosa,

Distruttrice, Incantatrice e Ingannatrice hai per nome...– continuò. Non riusciva a controllarsi, era come se il suo corpo non le rispondesse e nemmeno la sua mente ora priva di pensieri non per sua volontà, poteva solo ascoltare.

– Emissaria degli Abissi Infernali,

Portatrice della Morte,

Mietitrice delle Anime,

Regina delle Tenebre,

Il Silenzio è tuo alleato,

Il Buio è il tuo Universo...–

Sheera si stupì quando finì. Perché la stessa voce che l'aveva chiamata aveva detto quelle cose? Erano indirizzate a lei? Cosa significava tutto quello? Chiuse gli occhi quando un'altra folata di vento arrivò e la voce ritornò.

– Risvegliati, e scatena il potere della Distruzione...–

In sé si risvegliò quella voglia che ormai le si faceva sempre più viva negli ultimi giorni. Aprì gli occhi e guardò lontano dove abitava il signore che aveva fatto la spia e si leccò le labbra assaporando già la sua vendetta. Nessuno poteva scherzare con lei e quell'uomo l'avrebbe capito presto.

Le bastò pensare alla casa di quell'uomo e si ritrovò proprio davanti la sua porta. Poggiò la mano sulla maniglia che si disintegrò, permettendole così di entrare senza problemi. Non ci mise molto a trovarlo, la sua futura vittima era seduto alla poltrona davanti al camino spento del grande salotto, tutto solo e tranquillo, o almeno fin quando non la vide sulla soglia.

– Cosa fai qui? Come hai fatto ad entrare?– disse lui guardandola senza paura fiducioso del suo non poter usare la magia una volta scattato in piedi. Lei ridacchiò maligna e si avvicinò lentamente a lui.

– Giusto un regalo da parte mia.– disse lei al suo orecchio una volta raggiunto, facendolo rabbrividire per la sua voce ammaliante, seducente ed imprevedibile.

– Cosa pensi di fare? La tua magia è limitata, non puoi farmi nulla.–

Lei si leccò le labbra e gli occhi le brillarono e solo allora lui si rese conto del loro colore particolare e che non aveva mai visto.

– Non mi serve la magia per divertirmi.–

Furono le ultime parole che la ragazza sentì dire da sé stessa, dopo fu tutto confuso e, semplicemente, soddisfacente per il suo animo e quella voce che l'aveva accompagnata. Aveva provato a fare del bene ma non era stata ascoltata, ma cosa sarebbe successo se avesse fatto del male proprio come tutti si aspettavano?

 

Si risvegliò con un forte mal di testa e il corpo pesante. Si stropicciò un po' gli occhi e si mise a sedere, guardandosi intorno frastornata. Ma che... Era nel bosco dove si rifugiava spesso e ormai il sole era alto ma grazie ai rami i suoi raggi le arrivavano lievi sulla pelle, dandole non molto fastidio.

– Che ci faccio qui?– si chiese alzandosi e scompigliandosi i capelli. Il suo sguardo si fermò sulle sue mani quando sentì un odore familiare.

– Oh no...–

Sgranò gli occhi e si avvicinò allo specchio d'acqua, osservandosi. Sui vestiti, il collo e le mani aveva tracce di sangue piuttosto evidenti, ma era già secco. Non ricordava assolutamente nulla di quello che aveva fatto, di chi era quel sangue? Perché era lì?

Delle voci in lontananza si stavano avvicinando e subito la corvina si buttò nell'acqua per cercare di ripulirsi. Che cosa avrò combinato ora? Perché ultimamente mi succedono cose strane? Si stava innervosendo, non le piaceva non avere il controllo. Uscì il più velocemente possibile dall'acqua e riuscì ad evocare il suo fuoco per asciugarsi, non c'era più traccia di sangue e tirò un sospiro di sollievo.

– Sheera.– sentì dire da quell'odiosa voce del Kafar, facendole alzare gli occhi al cielo. L'uomo era accompagnato da due guardie ferme e attente davanti a lei.

– Ancora tu!– esclamò lei acida.

– Ho deciso che verrai tenuta in custodia oggi, stanotte ti porteranno a Stavira e perciò il tuo Wix si terrà con altre tre persone, ma tra una settimana. Non posso starti dietro e cercarti ovunque.–

– Non ho chiesto io tutto questo.– rispose lei fredda e a braccia incrociate.

– Ti conviene non opporti.–

Lei sbuffò e non disse niente, seguendo il Kafar con le due guardie ai lati che provarono a prenderla per le braccia per poterla controllare.

– Provateci e vi faccio fuori.– ringhiò contro a loro che rimasero fermi ascoltandola ma osservandola in maniera troppo fastidiosa. Li avrebbe fatti fuori all'istante. Ma a distrarla ben presto fu la folla nella piazza. Sentiva il loro ribrezzo, paura, preoccupazione, dolore. Per quale motivo? La risposta non tardò ad arrivare.

Vide una donna che riconobbe, la moglie di De Righera. Era in ginocchio a terra e teneva tra le braccia un corpo. E nel vederlo, il tempo sembrò fermarsi. Sangue, grida, dolore, immagini le si presentarono davanti agli occhi che gelarono il suo corpo già freddo, bloccandola.

La donna piangeva disperata, due bambini piccoli le stavano accanto non capendo niente, disorientati. E quel sangue, quelle ferite profonde su quel corpo dilaniato senza pietà, le persone intorno inorridite.

– Che è successo qui?– domandò il Kafar davanti a sé ad uno della folla a bassa voce.

– Non si sa, forse lupi o un assassino. Non sappiamo definire quelle ferite orrende. Era pieno di debiti, ma non meritava una fine del genere. È stato trovato dalla moglie e dai figli che erano da dei parenti, quindi era solo.–

– Capisco. Arriverò tra poco. Andiamo.–

Sheera chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, riprendendo poi a camminare e stringendo nella mano la pietra che teneva al collo. Cosa mi è successo questa notte? Perché quella voce ha risvegliato la parte più terribile di me facendomi perdere il controllo?

 

Erano passate molte ore da quando era stata rinchiusa in una cella, non sapeva che ore fossero. Se ne stava seduta ad osservare quei muri grigi e cupi, le sbarre in metallo ad accentuare il suo essere in gabbia. Continuava a pensare, a cercare di ricordare cosa avesse combinato a quell'uomo ma senza alcun successo. Le dava un fastidio immenso, non di averlo ridotto in quel modo ma di averlo fatto senza alcun controllo, senza lucidità. Perché, forse, si sarebbe fermata dal fare quelle azioni atroci.

– Emissaria degli Abissi Infernali...–

Un calore al petto le diede fastidio, perché le sembrava di aver già sentito quelle parole?

– Dovrei scatenare il potere della Distruzione? Ma perché?–

Sbuffò infastidita da tutta quella storia, non ci capiva più nulla. E come mai ora mi viene in mente il nome Selena? Ah, basta!

Sentì due voci nel corridoio avvicinarsi sempre di più che la distrassero da quel dannato problema che aveva in testa e le riconobbe, come non farlo?

– Come facciamo ora, Peter?– disse una voce femminile piuttosto preoccupata. Che ci fanno qui i genitori di Nath ora?

– È l'unica amica di Nath. Non posso permettere che stia da sola. Marcus la vuole lasciare dopo il Wix.– sentì dire da Peter senza ancora vederli.

– Vorresti tenerla da noi?–

– Non ha nessun altro.–

– Ma se... Andasse fuori di testa?–

Sheera scosse la testa e si tappò le orecchie con le mani. Non voglio sentire, non voglio saperne niente... Non voleva pensare minimamente alla pazzia provocata dal Wix. Come si poteva essere così crudeli da togliere una parte di una persona e poi lasciarla soffrire per tale perdita? Non divertiva nemmeno lei, così stranamente attratta dal fare del male. Perché è come se... Avessi qualcosa che manca in me? Che non mi permette di essere chi sono davvero facendomi impazzire e andare fuori controllo senza volerlo?

– Vorremmo parlare con lei, per favore.– sentì ancora dall'uomo, probabilmente stava parlando con una guardia.

La famiglia di Nath l'avevano aiutata molte volte, forse anche troppe a parer suo. Non ho bisogno di voi per salvarmi. Si ricordò di quelle poche volte che aveva aiutato Nath e suo padre quand'era piccola. Perché è come se tutto questo, in fondo, non mi appartenesse per quanto io ci viva? Perché questo vuoto?

Chiuse gli occhi stanca e li riaprì quanto si sentì osservata.

– Ma chi abbiamo.– disse fredda e guardando di sfuggita i due genitori, non avrebbe voluto ma si sentiva sopraffatta da tutto quello che le stava accadendo. La donna stava alle spalle del marito che forse riponeva troppa fiducia in quella ragazza.

La corvina non lo guardava, osservava il soffitto cosciente della propria prigionia. Sentiva che avrebbe potuto scappare in qualsiasi momento ma non aveva voglia di farlo stranamente.

– Senti, Marcus non ti vuole più nella sua famiglia e, ecco, stavamo pensando di tenerti con noi, almeno non sarai sola. Non sarai lucida dopo... quello.–

Sheera sentì la rabbia salire e si alzò in piedi di scatto, guardandolo stavolta negli occhi.

– Lucidità, giusto. Ma non mi faccio problemi, non mi è nuova la cosa tanto. Quando mai la gente si è chiesta se avessi mai agito con lucidità? Eh? Quando? Hanno mai chiesto perché ho fatto quel qualcosa? Per quale scopo? O anche solo provato a capirmi?– disse rabbiosa, solo le sbarre a dividerli. Vedeva e sentiva chiaramente la paura della donna e sembrava darle così tanta forza e la cosa le piaceva da impazzire nonostante la disorientasse.

– Beh, sei pericolosa ma non credo così tanto da...–

– Cerchi di vedere del buono ovunque tu ma non è così. Io non lo sono.–

– Non è vero.–

Sheera iniziò a ridere nervosa, i pugni serrati.

– Ah sì? Allora non ti spiace se ti uccido come quell'uomo? Non ho avuto pietà, vero? Ma sai la cosa che mi dà più fastidio? Non ricordo assolutamente nulla, solo tutto quel sangue, le sue suppliche, quella dannata voce che mi ha portato ad ucciderlo senza alcun controllo.– disse ridendo nervosa, stava andando fuori di testa, il suo respiro era lievemente affannato.

– Ora, vi conviene andarvene e vedete di lasciarmi qui, chiaro?– disse fredda e svanendo nel buio e isolandosi in esso.

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