47 - Realtà o non?

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A volte ci si sente strani nel proprio corpo, si ha la sensazione di essere distaccati da esso e dalle emozioni. È come essere all'interno di un sogno o una realtà a cui non si appartiene, un distacco da un mondo che risulta irreale. Kyra si sentiva sempre di più così, e le dava fastidio. Non solo perché ogni azione che aveva sempre fatto stava risultando quasi innaturale, ma anche la propria vita stessa. Non sapeva spiegare con certezza cosa provasse e cosa il suo istinto provava a dirle. Semplicemente, quella non era la sua realtà, quello non era il suo corpo, quelle non erano le sue emozioni e sensazioni. Lei non era lei.

Forse l'energia di Sheera mi ha influenzata troppo destabilizzando la mia che è così diversa dalla sua pensò quella mattina appena sveglia mentre osservava il soffitto bianco della camera stando sdraiata tranquilla sul letto. Poi sbuffò, girandosi su un fianco e coprendosi con il lenzuolo fin sopra la testa, rannicchiandosi. Si sentiva un po' stupida per l'atteggiamento insolito che aveva avuto, per non parlare del fatto che mai aveva risposto con tono freddo alle persone o le aveva ignorate, specialmente se erano vicine a lei.

Meglio rimediare a questo casino sospirò e mettendosi a sedere, stiracchiandosi. Rispetto ai giorni precedenti si sentiva meglio e anche il sole era tornato a splendere in cielo. C'era ancora qualche nuvola nel cielo ma erano bianche come i suoi capelli, perciò non c'era alcuna minaccia di pioggia. O perlomeno al momento. Sorrise appena spalancando le finestre con un semplice gesto della mano grazie alla sua magia che stava iniziando ad usare un po' di più rispetto al solito, anche se solo quando era da sola.

– Buongiorno anche a te.– disse al leggero vento che la salutò sfiorandole i capelli chiari, andando poi a farsi una bella doccia calda per rilassare un po' il suo corpo che era rimasto teso per qualche giorno. Sentire il rumore dell'acqua era una cosa che le piaceva, riusciva a percepire il suono che ogni goccia aveva quando cadeva se si concentrava. A quanto pareva i suoi sensi erano molto sensibili e più fini rispetto ai normali Salir, una delle tante cose che, la sera prima, aveva iniziato ad annotare su un foglio. Dopo che sarebbe andata da suo padre, perché ormai era d'obbligo parlargli in quanto era riapparsa tra i corridoi, aveva deciso di cercare per davvero risposte alle sue domande, specialmente dopo l'improvviso cambio atmosferico. Stavolta sperava che nessuno la interrompesse.

– Non è così difficile bussare, fallo e basta.– si disse in un sussurro una volta che si ritrovò di fronte allo studio di Andreas. Sospirò e colpì il legno scuro della porta e subito dopo una voce che le disse di entrare. Così poggiò la mano sulla maniglia fredda e qualche istante dopo suo padre era davanti a lei, seduto alla sua scrivania piena di scartoffie. Aveva il volto chino su esse e sembrava abbastanza teso e frustrato, continuava a sistemarsi gli occhiali sul naso e quello era uno dei chiari segni. Era davvero molto impegnato, la ragazza pensò per un attimo di passare più tardi ma lui alzò lo sguardo e la vide, mettendo da parte la penna con cui tamburellava di tanto in tanto sul legno del tavolo.

– Stai bene?– le domandò quando si sedette su una delle sedie di fronte a lui quando le fece un cenno.

– Fisicamente o emotivamente?–

E di nuovo, nella sua voce, non ci fu altro che il vuoto mentre l'agitazione era svanita. Era come avere due personalità, una più calma e obbediente che aveva avuto per anni, e una che stava emergendo in quel momento.

– Il fatto che tu sia uscita dopo una settimana dalla tua stanza è già qualcosa di positivo. Ci hai fatto preoccupare molto.– continuò lui. Il suo tono era un misto tra il severo e il sollevato, o forse c'era anche altro ma non lo capiva in quel momento.

– Lo so, me lo state dicendo in continuazione.– sospirò lei abbassando lo sguardo, di nuovo la sensazione di disagio addosso.

– Volevi parlarmi di qualcosa?–

Kyra annuì e andò dritta al punto poiché sapeva che aveva molto lavoro e lei non aveva molta voglia di girarci intorno.

– Continuo a non essere d'accordo su Markan e tutto il resto, l'aver agito alle mie spalle. So che sei irremovibile e anche suo padre, e se pensate che la cosa ci farà del bene d'accordo. Però ad una condizione.–

Andreas la guardò interrogativo, sembrava molto decisa e sicura su quanto stava per dire e in parte ne era contento poiché la ragazza dai capelli bianchi era sempre stata un po' incerta.

– Sentiamo.–

– Se dopo il fidanzamento io o Markan ci dovessimo sentire male l'uno con l'altra, o che la situazione sia troppo per noi, potremmo lasciarci tutto alle spalle e tornare indietro, decidendo noi stessi cosa fare.–

L'uomo rimase per un attimo in silenzio, analizzando bene le sue parole. Kyra sapeva cosa avrebbe potuto significare tutto quello, ed era pronta ad essere vista male dall'intera Stavira e altre persone che la conoscevano. Due ragazzi che si legavano tra loro e poi svanivano l'uno per l'altro ricominciando vite separate non era ben visto, non era un equilibrio. Se davvero i due uomini avessero avuto ragione non ci sarebbero stati problemi ma, nel caso inverso, anche loro sarebbero finiti in mezzo alle dicerie in quanto erano stati loro ad architettare tutto, loro avevano pensato al bene dei figli sbagliando.

In più, anche il loro lavoro non sarebbe più stato lo stesso, forse avrebbero perduto di credibilità, di fiducia. Perché così funzionava nelle zone più ricche e piene di persone che non sapevano farsi gli affari propri del Regno Assoluto, gli errori non erano ammessi. E nel caso Andreas avesse rifiutato quella condizione, la ragazza non gli avrebbe reso le cose semplici, a costo di essere maledetta o colpita da qualche incantesimo assurdo che l'avrebbe costretta ad ascoltare ed eseguire.

– Va bene, così sia.– accettò lui, evidentemente era molto fiducioso della sua scelta.

– Altro?– aggiunse, e lei scosse la testa, alzandosi e raggiungendo la porta che chiuse dietro di sé. Ormai il loro rapporto si era incrinato. Non che avesse mai avuto un vero e proprio rapporto genitoriale con le due persone che l'avevano cresciuta. Era sempre rimasta un po' distante ma mai quanto in quel momento. Nemmeno quando aveva scoperto di esser stata adottata si era sentita in quel modo, forse perché l'aveva sempre saputo in parte dentro di sé. D'altronde, era abbastanza diversa d'aspetto rispetto ai due, non era così difficile da capire o immaginare.

Sono l'unica in tutto il Regno Assoluto con i capelli bianchi in questo modo pensò quando si mise a giocherellare con una ciocca chiara mentre raggiungeva la biblioteca. In effetti non ci aveva mai pensato, così come non aveva mai pensato a molte cose tra cui il suo esser stata trovata da sola in una spiaggia, tra gli scogli colpiti dal sole alto di mezzogiorno. Chi era in grado di lasciare una neonata abbandonata in un luogo del genere? Se non fosse stato per un vecchio marinaio che l'aveva notata sarebbe sicuramente morta, e grazie a Sarah e Andreas aveva avuto una casa, amore, una famiglia, un'amica, una vita a tratti perfetta.

Ricordava che i due le avevano raccontato di come erano stati attratti da quella bambina in fasce dell'orfanotrofio, specialmente la donna. Avevano sentito qualcosa in lei e l'avevano amata fin da subito, anche se nessuno aveva indagato più a fondo sul breve passato di quella neonata. O forse non c'erano state risposte, quelle che ora, di fronte ad un enorme scaffale di antichissimi volumi polverosi e ingialliti, avrebbe cercato. Perché in sé qualcosa non tornava, l'istinto le diceva che nel suo passato era accaduto qualcosa di importante e che avrebbe dovuto scoprirlo per capire chi fosse.

Tossì un paio di volte a causa della polvere che si alzò quando con un gesto della mano fece volteggiare in aria qualche librone e posizionandolo sul tavolo. Non sapeva esattamente cosa cercare ma iniziò con l'analizzare le sue abilità magiche, perciò tolse dalla tasca dei pantaloni il foglio su cui si era appuntata ogni incantesimo fatto.

E proprio lì, osservando la lunga lista, realizzò una cosa fondamentale: quando aveva frequentato la scuola non aveva mai usato la magia sentendo in sé una voce che le aveva sempre detto di non mostrare cosa fosse in grado di fare, perciò aveva solo guardato i suoi compagni migliorare nel far fiorire piccoli boccioli timidi. Solo quando tornava a casa, nella sua camera, provava a fare le stesse cose e riuscendo subito al primo tentativo e senza alcuna difficoltà, diversamente accadeva agli altri. E anche per tutti gli altri incantesimi e abilità non comuni agli altri come il diventare invisibile era riuscita al primo colpo.

– È come se usare la magia mi fosse totalmente naturale, non importa cosa io faccia.– pensò ad alta voce osservandosi le mani. Poi aprì il libro accomodandosi sulla sedia e iniziò a rivedere ciò che già in parte sapeva grazie al lavoro di suo padre.

– I Salir possiedono un'aura e sono divisibili in tre categorie in base al colore di essa.– lesse.

– Il giallo è principalmente per coloro che hanno come punto forte la manipolazione del fuoco ma possono essere anche persone con l'abilità di dar vita agli oggetti. Se non sbaglio l'aura di Nissa dovrebbe essere gialla dato che ha familiarità con mappe eccetera. Nath dovrebbe averla verde...–

Girò la pagina e subito la sua teoria fu confermata.

– Curare le piante e a volte le ferite con erbe e pozioni, controllare la terra, telecinesi e teletrasporto degli oggetti. Il blu per la modellazione dell'acqua, capire che tempo ci sarà e l'essere abili nel comprendere pensieri altrui.–

Inclinò la testa da un lato mentre cercava altro e una domanda le sorse spontanea.

– Li comprendono? In che senso? Non sono in grado di leggere la mente, quindi non so che significhi. Certo che è davvero limitata la loro magia in confronto alla mia. Che strano...–

Le pagine seguenti non furono molto rilevanti, solo che una persona poteva possedere abilità che caratterizzava sia le aure blu che verde, ad esempio, era il punto forte a determinare la sua. Se era abile con l'acqua più che con il curare le piante l'aura sarebbe stata blu. Nulla che le potesse interessare.

– Se avessimo la pietra per vedere le auree altrui almeno scoprire qual è la mia.– sbuffò poggiando la testa sul tavolo, schioccando le dita. Subito un altro librone rispose alla sua magia e volò fino a lei, aprendosi e lasciando che lei lo sfogliasse e lo richiudesse poco dopo.

– Parla solo di botanica e cure mediche degli Yarix, direi inutile. Anche se sembra che fossero molto legati alla natura.– disse leggendo poi il titolo. E solo allora si rese conto di quello che aveva appena letto.

– Non è possibile...–

Schioccò di nuovo le dita e un altro volume le apparve davanti, poi un altro.

– Incantesimi legati al tempo atmosferico, il rito della luna dorata...– lesse ancora sulle copertine in pelle vecchia ma ben tenuta. E tutti quei volumi posti nel ripiano più alto dello scaffale accanto a sé avevano una cosa in comune: non erano scritti nella lingua dei Salir.

             

"– Stavo giusto chiedendomi quando saresti arrivata.– disse una voce dietro di lei, il respiro sul collo da farle venire i brividi lungo la spina dorsale. Si voltò trovandosi di fronte a quella ragazza di una stregante bellezza che ammaliava. Era vestita in modo diverso rispetto al solito, i suoi capelli erano raccolti in uno chignon disordinato con un paio di ciocche ad incorniciarle il viso, un toppino in pelle come i pantaloni aderenti e gli stessi guanti dalle dita scoperte, scarpe scure, una cintura con qualche coltello piuttosto affilato.

– Mi aspettavi?– le domandò cercando di non squadrarla troppo a lungo. Non capiva perché dovesse vestirsi in quel modo e l'altra parve capire le sue domande in qualche modo.

– No, ma sembra che il destino ci porti sempre ad incontrarci. E se sono così è per il mio lavoro da cacciatrice di taglie.– le disse ridacchiando un po' tra il maligno e il malizioso.

– Lavoro?–

Lei la seguì appena iniziò ad andare verso qualche parte ignota a lei, pensando contemporaneamente a cosa intendesse dato che il suo reale lavoro era ben differente, anche se rimaneva la solita irresponsabile e lunatica.

– Mi conoscono come tale qui dolcezza, bisogna mimetizzarsi in qualche modo no?–

– Non chiamarmi così.– ribadì subito e l'altra si voltò a fissarla con un sorrisetto compiaciuto che le avrebbe levato più che volentieri.

– Non prendo mai ordini, specialmente da te.–

Per un attimo le diedero fastidio quelle sue parole ma cercò comunque di calmarsi essendo tra dei comuni Salir ignari di chi avessero vicino e che una di loro si stesse comprando da bere.

– Qualcosa anche per la sua amica?– domandò il locandiere che stava dando una bottiglia di chissà cosa alla "cacciatrice di taglie" che fece spallucce.

– Perché no, magari si sa lasciare andare un po'.– disse anche se lei sentì il tono di sfida.

– Non bevo.– ribatté guardando truce l'altra che lo sapeva benissimo e che non si levò dal volto quel sorrisetto malizioso.

– La prendo io allora.–

Il locandiere non ebbe nulla al contrario, tutto pur di avere dei soldi e clientela.

– Guarda che sei come un normale Salir in questo momento sotto questa forma, se ti bevi quella roba ti ubriachi e chissà che succede con la tua magia.– le disse a mo' di rimprovero una volta che si allontanarono dall'ormai lunga fila di uomini vogliosi di dissetarsi, andando in un posto un po' isolato sotto un grande albero di quella piccola cittadina.

– Smettila.– le disse l'altra con tono annoiato arrivando in qualche sorso già a metà della prima bottiglia e schioccando la lingua con il palato dopo aver assaporato quel vino, porgendo l'altra che storse il naso.

– Ti ho detto che non lo bevo.–

– Sai qual'è il tuo problema?–

Rimase alquanto confusa da quella domanda, cosa c'entrava? E perché il suo sguardo si era fatto improvvisamente più serio?

– Stai troppo alle regole anche quando vuoi cercare di infrangerle. Vuoi provare ad andare oltre al limite ma ti fermi sempre prima.–

– Cosa?–

– Quello che sto dicendo è che vuoi lasciarti alle spalle le limitazioni che hai ma continui a pensare e a ragionare sulle tue azioni. Ti sei resa visibile ma continui a non mischiarti tra loro, stai sulle tue. Lasciati andare e non pensare a ciò che può accadere. Stai vivendo il presente, non il futuro.–

Non seppe cosa dire in quel momento, era così evidente la cosa? A quanto pareva sì se quella ragazza diversa da sé l'aveva capito, tralasciando il fatto che leggeva le paure altrui.

– È più dolce di quello che hai bevuto l'altro giorno.– aggiunse l'altra porgendole la seconda bottiglia ancora integra. Il suo sguardo dagli occhi scuri, per nulla paragonabile al loro colore naturale, la ipnotizzò e non riuscì a dire di no quella volta, prendendo quel vetro freddo e liscio tra le mani e decidendosi a fare un sorso. In effetti non era male.

I suoi pensieri si spostarono allo sguardo incuriosito della ragazza accanto a sé che teneva puntato su una piccola folla dove donne di varie età e bambini si divertivano a ballare a ritmo di musica. Lei sorrise, aveva la sensazione che non avesse mai visto nessuno ballare prima di allora, probabilmente perché andava spesso in posti loschi e dove le morti erano piuttosto frequenti. Così la prese per mano trascinandola con sé e avvicinandosi.

– Ah no, non ci penso nemmeno!– protestò in un sibilo quando la trascinò tra quelle donne che ballavano felici. Lei invece rise, sembrava terrorizzata per quello sguardo che aveva, proprio lei che portava paura in tutti.

– O andiamo, che sarà mai!– le sussurrò per non far sentire che stesse parlando un'altra lingua.

– Io non...–

Si avvicinò di colpo al suo volto ridacchiando mentre le sue mani si incatenavano alle sue senza pensarci, istintivamente.

– Mi avevi detto di lasciarmi andare no? Dovresti fare lo stesso.–

All'altra non piacque per niente come riuscì a girare le sue parole contro di lei, era la prima volta che le capitava, nessuno le aveva mai tenuto testa. La cosa la destabilizzava un po' ma cercò di lasciar perdere o almeno per il momento. A distrarla c'era quella strana ragazza e c'era qualcosa di curioso in lei che voleva scoprire assolutamente."

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