46 - Tempo manipolabile

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Aveva paura di varcare quella porta. Pensieri le giravano in testa all'infinito creandole solo più agitazione di quanto già non ne avesse. Non si era comportata nei migliori dei modi, non aveva dato spiegazioni a nessuno né dato sue notizie. Cosa sarebbe accaduto una volta entrata nella sala dove sentiva chiaramente l'aura dei suoi genitori, Markan e suo padre? –Non pensare, fai solo quello che ti senti di fare.– ricordò le parole dette dalla sua amica la sera prima quando era rimasta a dormire da lei, senza avvisare i suoi genitori come aveva sempre fatto. Forse stava pensando davvero un po' troppo ma era lecito dopo aver passato giorni scollegata dalla realtà, intrappolata in un loop creato dalla sua mente.

Fece un respiro profondo quando poggiò la mano sulla maniglia, chiudendo gli occhi e riaprendoli poco dopo. Sentì gli occhi puntati addosso quando camminò verso i quattro seduti sui divani rossi e morbidi che erano disposti a cerchio al centro della stanza vista così tante volte. Sul tavolino c'erano svariati dolci e separavano Sarah e Andreas da Markan e Xavier. Tutta quell'atmosfera la fece sentire completamente fuori posto, la nobiltà, le regole, il dover mantenere una certa apparenza.

– Ciao.– le fece il ragazzo che si sarebbe dovuto legare a lei alzandosi in piedi e mostrandole un lieve sorriso che ricambiò appena. Notò che anche lui non era in buone condizioni, sentiva l'odore della tristezza in lui e i suoi occhi non mentivano a lei che poteva immaginare cosa stesse passando.

– Volevo giusto parlarti, se posso.– aggiunse lui. Kyra annuì e basta, non degnò nemmeno di uno sguardo i suoi genitori che si erano subito alzati in piedi nel momento in cui l'avevano vista, preoccupati.

– Ho provato a parlare con mio padre.– le disse Markan una volta che entrambi furono in giardino seduti tra le rose bianche che la ragazza cercava di curare ogni giorno, illuminati dal sole mattutino.

– Non è andata bene neanche a te, vero?– domandò Kyra sapendo già la risposta.

– Fin quando tuo padre non rifiuterà sarà irremovibile. E Andreas non mi pare molto intenzionato a mollare tutto.–

La ragazza sospirò frustrata.

– Dice che lo fanno solo per il nostro bene, pensano di sapere tutto ma non sanno niente.– disse con rabbia e disperazione. Perché mi sento così? Ogni cosa sembra essere ingigantita, ogni sensazione mi sembra opprimere...

– E quella ragazza?– gli chiese guardandolo, lui che sospirò.

– Ci vediamo di nascosto di tanto in tanto. Cerca di aiutarmi dandomi idee per contrastare la cosa ma... Nessuna di queste è fattibile.–

– Fantastico...–

– Sapevi che hanno anticipato il fidanzamento tra un mese?–

Kyra sgranò gli occhi incredula. Non poteva saperlo dato che si era confinata in camera, in sé stessa. Per un attimo aveva pensato che stesse addirittura delirando ma, guardando i suoi occhi, capì che era serio. Un mese...

– Da quanto ho capito tuo padre vorrebbe andare nella sua vecchia casa di famiglia a celebrare il tutto. È poco distante da qui.–

– Questo vuol dire che nell'arco di due mesi o anche meno saremo...–

Il silenzio cadde tra i due che non ebbero il coraggio di continuare la frase, pochi istanti dopo Markan se ne andò lasciandola sola con i suoi pensieri. Andreas lo sta facendo solo perché vuole farmi dimenticare Sheera, pensa di sapere meglio di me cosa mi farà bene! La rabbia le ribolliva nelle vene, un calore si espanse nel suo corpo, le lacrime minacciavano di uscire e rigarle il volto stanco. Perché ha cambiato idea in questo modo? Perché mi fa questo? Sentiva in sé il proprio potere crescere sempre di più, la voglia di andarsene da lì e scappare da tutto e tutti era tanta. Perché, però le sembrava che già qualcuno, una volta, l'avesse limitata, controllata? Ormai questa è una dannata gabbia!

Il vento si alzò diventando sempre più forte, violento, delle nubi iniziarono ad oscurare il cielo. Nella sua mente apparirono delle voci così all'improvviso che la obbligarono a portarsi le mani alla testa per il dolore che le causarono. -Questo non porterà niente di buono.- disse una, quella di una donna.

L'aveva già sentita, così come le altre che si susseguirono in una lingua mai sentita ma che capì. –Non ignorarmi!– aveva detto qualcuno dal tono disperato e tremante. –Ti avevo detto di stare lontana da me!– rispose un'altra irata. –Ogni volta che si allontanerà da te dopo giorni passati insieme, starai male, la sua aura intaccherà la tua.– –Non posso fare finta che non sia successo nulla tra noi!– –Se accadesse qualcosa ai mondi, solo allora ti darò ragione e ti ascolterò.– dissero altre in lingue diverse.

Insieme ad esse, varie immagini veloci e sconnesse, sfuocate e senza senso: un luogo luminoso, piccole creature silenziose in esso che fluttuavano, poi piume grigie e bambini ridenti che correvano tra dei campi dall'erba azzurra, la luce del sole e della luna che si alternano, una figura nera con dei corpi a terra privi di vita pieni di sangue scuro. Le voci si sovrapposero e neanche tapparsi le orecchie le portò sollievo. Non capiva più nulla, era solo diventato tutto fastidioso, doloroso e insopportabile.

– Basta!– gridò esasperata, le lacrime che le solcarono le guance. E poi, iniziò a piovere. Piccole gocce iniziarono a cadere dal cielo diventato cupo sempre di più e così all'improvviso, e bagnarono il corpo della ragazza che venne colpito da un brivido freddo. Tutte le voci e immagini erano svanite così come erano apparse, lasciandola confusa e disorientata.

– Ma cosa mi sta succedendo?–

La sua voce tremò mentre si guardò le mani tremanti e poi il cielo, alzando il volto le cui lacrime si mischiarono alla pioggia. Le piacque quel contatto con l'acqua, sembrò rilassarla ma non totalmente.

– Prima c'era il sole... È possibile che sia stata io?–

In corpo, in effetti, aveva una lieve adrenalina che solitamente provava quando usava la magia. Oppure era tutto un caso? In realtà non ci credeva molto, era sempre più convinta che fosse opera sua. E non era la prima volta.

– I Salir non hanno l'abilità di cambiare il tempo atmosferico...–

In effetti, se ci pensava, a volte il cielo e la vegetazione cambiava in base al suo umore. C'era stata una volta, quando era piccola, che il sole aveva colpito la sua pelle con più calore e luce e anche le piante, di qualsiasi genere, le aveva sentite piene di vita ed energia magica. Era stato quando aveva incontrato per la prima volta Nissa, dopo che lei se ne era andata, quando si era sentita bene e non aveva sentito per un po' quel vuoto che ancora la tartassava.

– E se fossi...–

Un'idea iniziò a frullarle in testa con sempre più insistenza convincendola ad andare in biblioteca tra i volumi più antichi che avevano. Quindi rientrò in casa asciugandosi dalla pioggia circondando appena il proprio corpo di un fuoco biancastro con scintille violacee e si diresse verso la meta. Ovviamente si era dimenticata di avere dei genitori preoccupati per lei fin quando non li vide parlare tra loro, o forse più discutere e sapeva già di cosa e si sentì tesa, di nuovo.

Cercò in tutti i modi di non esser notata, di camminare il più silenziosamente possibile o di provare ad ignorarli ma non fu molto semplice dato che doveva passare letteralmente accanto a loro. Ecco che ricominciano i problemi... pensò sospirando quando sua madre Sarah la raggiunse abbracciandola appena la vide, gesto che non ricambiò e fu la prima volta. È come se... stessero diventando degli estranei per me.

– Stai bene tesoro?– le domandò lei tenendole il volto tra le mani e controllando che stesse effettivamente bene. Non aveva mangiato molto in quella settimana che si era chiusa in camera ma era in perfetta forma in ogni caso, era solo la sua anima quella che si era incrinata.

– Dovrei risponderti davvero?– le disse lei senza alcun sentimento nella voce, nemmeno rabbia e tristezza. Solo evitò il suo sguardo, si sentiva stranamente a disagio. Sarah si voltò un attimo verso Andreas che era rimasto più distante e con il suo sguardo serio e irremovibile, vedendolo poi girare i tacchi e andarsene, probabilmente nel suo ufficio come la maggior parte del tempo. Ultimamente il suo lavoro lo costringeva a non prendere molte pause, non staccandosi anche per giorni.

– Vieni dai.– le disse ancora sua madre sorridendole un po' e Kyra, seppur inizialmente fosse rimasta per qualche attimo titubante, la seguì. Almeno lei era più calma e comprensiva verso certi argomenti rispetto a suo padre. Purtroppo era anche abbastanza influenzabile e sapeva che il marito era in parte riuscita a convincerla del destino che aveva stabilito per la figlia.

– So che non è un bel momento quello che stai passando, però ci hai fatto preoccupare molto.– iniziò a dirle la donna una volta che arrivarono nel piccolo salottino dove avevano portato Nath la prima volta che aveva messo piede nella villa, o dove i due genitori erano poco prima con Markan e suo padre. Kyra si sedette davanti a lei, guardando fuori dalla finestra e notando che aveva smesso di piovere ma le nuvole erano rimaste, rendendo tutto così grigio e triste, le case bagnate come i giardini quasi privi di colori.

– Volevo solo stare per conto mio dato che tra un po' non avrò più nemmeno quello.–

Era stata un po' fredda ma quella era la verità, si sentiva così intrappolata dalle aspettative altrui che stava iniziando a perdersi.

– Sei arrabbiata, delusa, lo sono anche io. Non pensavo che potesse fare qualcosa del genere. Però, forse non è una così cattiva idea. Potrai viaggiare davvero, andare via da qui ed esplorare luoghi che hai sempre visto nei libri.– continuò la donna con tono dolce e rassicurante.

– Ma non l'ho scelto io, è soffocante sapere che la tua vita è cambiata e cambierà in un attimo non per tuo volere. Non ho possibilità di decidere io cosa sia giusto per me.–

Stavolta nella sua voce si sentì il dolore che stava provando.

– Sono sempre stata alle regole imposte dalla società, il partecipare ai ricevimenti, l'educazione. Ho solo chiesto di poter decidere io per me per ciò che mi riguardava da vicino e ora è come se non valessi nulla.–

– Non è così.–

– Beh, è quello che traspare a me.–

Sarah la guardò dispiaciuta e si alzò, raggiungendola e abbracciandola di nuovo. Probabilmente aveva visto i suoi occhi farsi più lucidi, o sentito la sua voce tremare. La pioggia ricominciò a battere sui vetri nello stesso istante in cui lei si lasciò andare ad un pianto silenzioso. Voglio solo sentirmi bene, sentirmi viva come quando sto con Nissa o... ancor di più come quando stavo con lei...



"Le strade erano piene di persone che parevano giganti. Alcune parlavano, altre non facevano altro che camminare, un paio erano fermi a fissare le locande, i negozi. C'era troppo casino, troppo caos. Non piaceva la confusione a quella piccola bambina di cinque anni costretta a seguire la madre tenendola per mano e standole vicino. Non le piacevano nemmeno gli sguardi curiosi che le rivolgevano quegli sconosciuti, solo per via dei suoi strani capelli come la neve. Questa la portava ancora di più a guardare i suoi piccoli piedi muoversi senza alzare lo sguardo.

– Aspettami seduta qui, ok? le disse la madre sorridendole e facendola stare meglio. Annuì mentre la vide avvicinarsi al bancone di una bottega delle periferie di Agraq dopo averle dato una carezza sul volto. SI osservò intorno non avendo nulla da fare, fortunatamente era una bambina tranquilla e ascoltava sempre, non si sarebbe mossa da lì, seduta su una poltroncina fatta a mano che sembrava esser stata creata apposta per bambini come lei, in attesa delle compere delle madri.

Il legno regnava ovunque lì: il soffitto, le pareti, il pavimento, poi giocattoli, mobili, oggetti di antiquariato. Le piaceva osservare tutto ciò che la circondava in ogni dettaglio.

– Ciao! sentì dire accanto a sé da una voce serena. Si voltò trovandosi davanti una bambina come lei dagli occhioni verdi come il prato del suo giardino in cui spendeva le ore tra le piante ogni giorno, lunghi boccoli a brillare come oro grazie ai raggi solari che filtravano dalla vetrina dietro si loro. Stava semplicemente accanto a lei seduta composta in quel suo abito sfarzoso verde, da quello intuì che fosse anche lei di Stavira.

Tuttavia, non le disse nulla, distolse solamente lo sguardo guardando sotto i suoi piedi in silenzio e in attesa. Eppure, l'altra sembrò volerla per forza conoscere.

– Piacere, mi chiamo Nissa. disse infatti porgendole la mano in segno di saluto. La guardò per un poco, il suo sorriso era contagioso e non sembrava così male. Perciò, spinta da qualcosa, ricambiò la stretta.

– Kyra. disse timidamente. I suoi occhi verdi si illuminarono contenta che le avesse parlato.

– Sono così belli i tuoi capelli! continuò lei ammirando quei fili bianchi e lunghi tenuti sciolti sulla schiena mentre Kyra si sistemò un ciuffo ribelle dietro l'orecchio, anche se questo ritornò al proprio posto.

– Oh, ti danno fastidio? Posso darti una mano, se vuoi.

Non fece nemmeno in tempo a rispondere che quella bambina di nome Nissa si mise subito ad intrecciare le sue lunghe ciocche chiare, e lei non riuscì a dire niente. Sembrava felice di vederla nonostante non si conoscessero nemmeno.

– Sei anche tu di Stavira? domandò ancora Nissa vogliosa di fare amicizia, e Kyra annuì.

– Fai parte degli Argenti anche tu? continuò e annuì ancora.

– Sei di poche parole vedo. Ecco fatto! Me l'ha insegnato mia madre.

Kyra osservò la treccia che era riuscita a farle quella bambina tutta sprizzante di energia. Come doveva comportarsi? Non le era mai capitato che qualcuno si avvicinasse in quel modo a lei. Solitamente erano medici o adulti a scrutarla, non suoi coetanei.

– G-grazie. le disse timidamente senza guardarla.

– Non c'è di che!

Nissa poi si voltò quando qualcuno la chiamò, probabilmente era sua madre che doveva andare, proseguire con la sua giornata. Perciò si alzò e la raggiunse. Però si voltò di nuovo verso di lei e agitando una mano in aria la salutò.

– Ci vediamo, Kyra!

Poi sparì dalla sua vista oltre l'ingresso, tra le strade. Invidiava un poco la sua energia, la sua voglia di vivere e l'essere così determinata. Kyra si era sempre ritenuta più matura per certi aspetti ai suoi coetanei, sempre composta, educata, responsabile. Tutti lo dicevano e la ammiravano. Non sapevano però che era sola, diffidava spesso delle persone. Quella bambina era stata diversa, qualcosa in lei le piaceva, facendola sorridere appena. Sperava di rivederla."

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