8 - Nuove sensazioni

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Non era riuscita a dormire quella notte, si era rigirata continuamente nel letto completamente sveglia. Perciò dopo un po', stancatasi di tentare invano di prendere sonno, si mise a leggere qualcosa. Ormai i libri erano diventati come un modo per sfuggire a quel mondo che sentiva starle stretto. Non voleva vincoli, il dover mostrarsi sempre perfetta, nascondere la propria magia. E solo leggendo riusciva dimenticava tutto.

Viaggiava con la mente verso posti lontani che non aveva mai visto ma che parevano così familiari per quanto ormai ne avesse letto le descrizioni continuamente, a momenti avrebbe consumato le pagine di quegli antichi volumi che si teneva in camera.

Stava con una piccola fiammella bianca fluttuante sopra di sé mentre sfogliava incessantemente, fino ad arrivare alla fine del libro e solo quando lo chiuse si rese conto che il sole stava iniziando a mostrare i suoi raggi caldi timidamente. Si alzò dal letto e camminò a piedi scalzi fino all'alta finestra, poggiando la mano sul vetro delicatamente quasi avesse paura di romperla.

– Buongiorno Stavira.– sospirò triste. Si sentiva vuota, senza uno scopo, senza una reale via di fuga. È come se avessi già vissuto tutto questo, ma come? Si stiracchiò cercando di distrarsi e andò verso il bagno per farsi una doccia veloce, una volta fuori si diresse verso l'armadio. Lì si bloccò per un attimo, non aveva voglia di vestirsi tutta in ghingheri, perché farlo? D'altronde non usciva quasi mai e non veniva mai nessuno.

Prese le prime cose che le capitò tra le mani e si vestì, in seguito cercò di sistemarsi i capelli in una coda alta e uscì silenziosamente dalla camera. Per sua fortuna i corridoi erano vuoti e riuscì a camminare tranquillamente fino alla cucina. Lì alcune domestiche stavano già lavorando appena sveglie e chiacchieravano tra loro sussurrando per non svegliare nessuno.

– No, ma davvero?– sentì dire da dietro la porta di legno massiccio. Stranamente in quei giorni i suoi sensi si accutirono e se ne rese conto solo in quel momento. Non stava faticando per niente a sentirle.

– Sì, il signore ha provato a parlarle ma lei non ha minimamente aperto bocca. Non l'ha nemmeno guardato negli occhi, rimanendo di spalle e nell'ombra.– disse un'altra.

– Povera ragazza, così giovane e già nei casini.–

Kyra capì a chi si stessero riferendo.

– Il signore non ha voluto farla mangiare, sai, magari durerà per qualche giorno e alla fine cederà pur di mettere qualcosa sotto i denti. È già passato un giorno.–

Alla ragazza dispiacque molto, inoltre era la prima volta che sentiva che suo padre fosse così duro con qualcuno. Sentì dei passi e con un gesto si rese invisibile e riuscì ad entrare nella cucina senza essere vista appena una donna aprì la porta. Nell'aria aleggiava già un profumino dolce e guardò il tavolo davanti a sé già pieno di prelibatezze che le cameriere avrebbero portato loro nella sala grande.

Senza farsi vedere e stando attenta prese un tovagliolo mettendoci qualche biscotto, una fetta di torta e qualche tocco di formaggio. Prese un bicchiere e, quando stette per prendere una brocca d'acqua, si fermò, guardando la bottiglia di vino affianco senza nemmeno far caso a quello che pensò. Sangue... Non era piena e si sarebbe potuto finire in un paio di bicchieri. La prese e si voltò vedendo tutte le donne indaffarate, nessuno avrebbe notato del cibo volare nel nulla, perciò uscì in fretta. Meno male che ce l'ho fatta.

Si guardò intorno per essere certa di essere da solo, poi andò verso le celle. Erano situate nella zona più lontana della casa e anche nascoste da chi osservava l'edificio dall'esterno. Sapeva la strada solo perché molte volte si era ritrovata annoiata da bambina e aveva vagato per tutta casa, scoprendo ogni suo piccolo segreto e all'insaputa dei genitori.

Una volta davanti ad un vicolo cieco si guardò dietro prima di poggiare la mano sulla parete. Una porta in ferro apparve dal nulla e qualcosa scattò, facendola spalancare.

– Almeno hanno messo delle luci, l'ultima volta era così buio che non vedevo nulla.– disse a bassa voce a sé stessa. Attraversò il corridoio mentre la porta dietro di sé si chiuse. Guardò quella decina di celle vuote e adatte solo ad una persona ciascuna, delle fiaccole che illuminavano l'ambiente spoglio e triste. Solo una finestra dava sull'esterno ed era alla fine del corridoio, proprio accanto all'unica cella chiusa.

Kyra inclinò la testa da un lato non riuscendo a vedere la ragazza rinchiusa. Che fosse scappata? Ma non era possibile, aveva quei bracciali che limitavano la magia. Si avvicinò alle sbarre di metallo massicce e guardò fisso la zona in ombra della angusta cella. Non provava paura né preoccupazione, solo curiosità. Poi sentì dei passi sulla pietra fredda sotto i piedi e la ragazza uscì dall'ombra in cui si era rifugiata. Vederla così da vicino le tolse il fiato, quegli occhi scuri addosso che la scrutavano.

– Ma guarda, oggi niente vestiti da altolocata?– le disse la corvina con ironia e una punta di acidità vedendola in normali pantaloni grigi e maglia chiara aderente che valorizzava il suo fisico.

– Allora parli.– le disse di rimando.

– Non farci l'abitudine dolcezza.–

Sentirla chiamare in quel modo le provocò un brivido lungo la schiena, non le diede fastidio, tutt'altro.

– So che non mangi da un po' quindi ti ho portato qualcosa.–

La corvina guardò quello che la chiara aveva tra le mani e ridacchiò.

– Provi pietà per un'assassina?–

- No ma, non mi piace tutta questa storia del Wix in generale. Penso sia la cosa più crudele che si possa fare a qualcuno. Non voglio fare il lavoro di mio padre per questo.-

– Ora sono la tua confidente improvvisata?–

Kyra la guardò e alzò gli occhi al cielo, quella ragazza era proprio difficile e diffidente. Come non esserlo in effetti?

– Mangi o no?–

La corvina sbuffò e si sedette a terra, la chiara fece la stessa cosa, ritrovandosi l'una di fronte all'altra. Kyra le passò quello che aveva preso e la vide prendere qualche biscotto e poi fissarla con un sopracciglio inarcato.

– Pensi di digiunare al posto mio?– le domandò con quella voce fredda e leggermente roca. Kyra rimase stupita e alla fine prese qualcosa da mangiare anche lei nonostante non avesse fame. Rimasero in silenzio per un po' e la chiara sentiva costantemente gli occhi della corvina su di sé.

– Come ti chiami?– le chiese guardandola senza problemi. L'altra ci mise qualche secondo a rispondere, come se stesse valutando se fidarsi o meno.

– Sheera.– disse alla fine.

– Non significa qualcosa come luce o bianco o luminosità?–

– Non mi interessano queste cose.–

– Beh, non credo che sia molto azzeccato per una come te.–

– E direi che Kyra non lo è per te in quanto significa nero.–

– Non avevi detto che non ti interessavano queste cose? E come fai a saperlo?–

– L'ha detto tuo padre.–

Sheera fece spallucce e vide la bottiglia che la chiara aveva portato e ridacchiò. Strano, nomi completamente opposti alla nostra personalità. Che scherzo del destino!

– Vorresti farmi ubriacare?– le domandò maliziosa e Kyra si sentì avvampare.

– In realtà non so perché io l'abbia presa. Mi ricordava il sangue.–

Sheera la guardò seria, che sapesse qualcosa della sua strana fame?

– Non farci caso, ultimamente mi accadono delle cose strane.– aggiunse Kyra aprendo la bottiglia e versando un po' del liquido nel bicchiere, porgendoglielo. La corvina non se lo fece ripetere e poi guardò l'altra. Non riusciva a capire il suo sguardo scuro e profondo, normalmente riusciva a leggere le sensazioni ed emozioni delle persone ma non con lei. Per quale motivo?

– Non mi farai bere da sola, vero dolcezza?–

– Non chiamarmi così.–

– Tanto lo so che ti piace in fondo.–

Ma questa ha sempre risposte pronte? Kyra sbuffò e cercò di evitare il suo sguardo malizioso che l'attraeva a sé e si decise a bere anche lei. Questa riesce a farmi cose che normalmente non farei, è come se... incantasse.

– Forse non dovresti starmi vicino, trovare qualcuno con cui parlare in me. Sono pericolosa, anche quando non voglio esserlo.– le disse la corvina e l'altra si bloccò. Quelle parole le aveva già sentite, le stesse identiche parole. La cosa assurda, era che le aveva sentite proprio dalla corvina davanti a sé. Ma non è possibile, giusto? Forse è solo un deja-vù.

– Non sto cercando qualcuno per parlare.–

– Allora perché sei qui? A cercare compagnia?–

– Non lo so.– disse alla fine. In effetti era vero, si sentiva sola nonostante conoscesse molte persone.

– Però anche tu stai parlando con me, potresti anche non farlo.– aggiunse e vide la corvina colta di sorpresa. Ma rimase sempre fredda e distaccata.

– Posso essere lunatica, non ti stupire.–

Kyra ridacchiò e l'altra non ne capì il motivo.

– Che c'è?–

– Sei strana.–

– Ma ti sei vista? Chi va in giro che sembra una bambola oltre a te?–

– Ehi, non è vero. E poi sono costretta, devo tenere alto l'onore della famiglia.–

– Ma non ti piace. Questo ti impedisce di essere chi sei davvero.–

– Probabile. Ma tu allora? Sei stata troppo te stessa per finire in un guaio del genere?–

Sheera guardò il suo bicchiere già a metà, osservando quel liquido scuro che le ricordava il sangue.

– Non sono stata me stessa molte volte. Non potevo. Almeno tu puoi, nessuno ti farà fare la mia fine solo perché sei diversa.–

Kyra si rattristò, aveva ragione. Era ricca e suo padre non avrebbe mai permesso di farle subire il Wix. Per quella ragazza invece era il contrario, tutto il suo villaggio era stato a favore.

– Però, ti arrendi così?–

– Non ho detto di essermi arresa. Riuscirò a scappare in qualche modo.–

– Beh, buona fortuna allora. Alla libertà?–

Kyra alzò la bottiglia come a voler brindare e Sheera ridacchiò appena alzando gli occhi al cielo. Come si fa a sopportare questa? Secondo me è già brilla.

– Alla libertà.–

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