Capitolo 1

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[consiglio di leggere il capitolo con la musica "Lord of the Rings- Sound of the Shire" in sottofondo. Fidatevi...rende molto l'idea]

Serafine aprì i suoi occhi azzurri, sforzandosi di abituarsi il prima possibile alla luce forte del sole.
Si mise seduta sul letto e si stiracchiò, spalancando le sue grandi e bellissime ali bianche.
Osservò la sua camera costruita all'interno di una enorme quercia: le pareti, il pavimento, i mobili, tutto faceva parte di quell'albero.
Alzandosi, vide il suo riflesso allo specchio, situato sopra un comodino intarsiato e levigato con cura.
I suoi capelli biondi, leggermente ondulati e lunghi fin oltre le spalle, erano arruffati e pieni di nodi.
La sua pelle era pallida, il viso sottile, corporatura snella.
Sua zia diceva che somigliava tantissimo a sua madre. Come avrebbe voluto conoscerla!
«Sera, ben alzata! Vestiti, la colazione è pronta!»
La faccia allegra di sua zia Ortensia fece capolino dalla porta della sua stanza.

La zia non era molto giovane, le rughe sul viso cominciavano ad apparire. Aveva i capelli scuri, da cui spuntava qualche ciocca argentea, gli occhi nocciola e le ali con cui aveva avvolto Serafine da piccola per cullarla erano di un bianco intenso, con qualche piuma grigia. Non era molto alta, ma snella e affascinante.
«D'accordo zia» rispose lei sorridendole.
«Fa' in fretta: sbaglio o Shaida e suo fratello arriveranno tra qualche minuto?» disse zia Ortensia mentre metteva a posto il resto della casa.
Serafine impiegò un paio di secondi a capire ciò che la zia le aveva detto. Shaida e Bahryus
"Accidenti!" pensò precipitandosi davanti al suo armadio e prendendo una semplice toga rosa con rifiniture dorate. Si vestì in fretta e furia e si pettinò i capelli biondi, intrecciandoli con un nastro anch'esso rosa.
Uscì dalla sua camera e scese le strette scale che conducevano al piano inferiore, dove erano situati il salotto e la cucina.

«Eccomi, buongiorno!» disse la giovane Alata mentre si avvicinava al tavolo e afferrava al volo una fetta di torta ai petali di fiori di pesco.
«Cosa faresti se non ci fossi io. Avresti dormito per ore! Mi raccomando, ricordati di tornare in tempo per il pranzo! E anche di non bagnarti. Non vorrai farti venire la febbre proprio durante la festa del solstizio d'estate?»
«Mhmhmh!» farfugliò la ragazza mentre si allontanava dal tavolo ancora masticando un po' di torta.
Si diresse all'ingresso, aprì la porta ed uscì.
Quel giorno c'era un sole abbagliante. Il cielo era di un meraviglioso azzurro, senza neanche una nuvola a macchiarlo.

La casa di Serafine era su una collina che dava sul villaggio di Yaahr.
Era stato il suo bis-bisnonno a costruire quella casa nella quercia. Voleva che i suoi discendenti avessero qualcosa di cui andar fieri. E quell'edificio era veramente strabiliante.
Probabilmente quella quercia era la più grande dell'intero Regno. Aveva ben 300 anni, e il diametro del suo tronco la rendeva della grandezza di una casa piuttosto spaziosa. La sua altezza, poi, era vertiginosa: 30 metri, contando la folta chioma della pianta.
All'interno, la quercia era vuota. Non c'era niente, e le pareti e la base del tronco erano state levigate apposta per farle assomigliare a dei muri e a un pavimento.
Serafine amava il villaggio di Yaahr.
Era un minuscolo villaggio, puntellato di piccole e modeste case di legno, colorato per via dei tanti fiori che germogliavano per i prati. Il tutto era circondato da erba e da intere foreste.
Gli abitanti si conoscevano tutti.
Al villaggio si svolgevano i lavori più umili: c'erano contadini, artigiani, fabbri, panettieri, pescatori.
Molti non erano mai usciti dal villaggio. Perciò tutti erano molto curiosi quando, dopo una visita ad Aahor, o ad un'altra grande città, qualcuno tornava a Yaahr e raccontava cosa aveva visto.
Sera era sempre stata affascinata dal mondo esterno. Un giorno anche lei avrebbe voluto visitarlo.
Viveva con sua zia, l'unica sua parente rimasta in vita.
I suoi genitori non li aveva mai conosciuti. Zia Ortensia la trovò sull'uscio di casa, una calda notte d'estate, quando era ancora piccola.
Serafine respirò a pieni polmoni l'aria fresca delle campagne.
Le sue ali si stesero. Voleva volare.

«PISTAAAAAAAA!».
Serafine si alzò in volo appena in tempo.
Un giovane Alato, dai capelli biondi e le ali bianche, volò sotto di lei a tutta velocità.
Un'altra Alata dai capelli castani e le ali del medesimo colore lo seguì a ruota.
«KASPAR!» gridava Shaida «SMETTILA DI COMPORTARTI DA GOBLIN FIFONE E VIENI QUI!!»
«Ma che succede?» chiese Serafine planando accanto ad un terzo ragazzo che, nel frattempo, guardava l'inseguimento divertito.
«La solita storia: Shaida voleva combattere con i ragazzi, ma Kaspar le ha detto che le ragazze non sono forti quanto gli Alati, bla bla bla e allora»
«...lei gliela vuole far pagare» concluse lei, ridendo.
Shaida era fatta così. Irascibile. Troppo irascibile, a volte.
«Come faccio ad avere degli amici così sciocchi?» si chiese Bahryus, il fratello di Shaida, terminando con un profondo sospiro di sconforto.
Lui e sua sorella erano gemelli, ma non avevano niente in comune.
Lei troppo maschiaccio, lui troppo riservato.
Perfino nell'aspetto erano diversi.

Shaida piuttosto alta, magra, con delle ali scure, quasi nere, la pelle abbronzata, i capelli castani sempre in disordine e tenuti in un'alta coda sbarazzina.
Era la ragazza meno femminile che Sera avesse mai incontrato.
Odiava vestirsi con abiti eleganti, a cui preferiva di gran lunga dei vecchi abiti contadini, con cui aveva più libertà di movimento e poteva correre, saltare e volare con più facilità.
Il suo passatempo preferito era combattere con i ragazzi del villaggio. Combattere era per dire, naturalmente. Usavano dei bastoni di legno al posto delle spade, Shaida riusciva a batterli quasi tutti e certamente i ragazzi non la facevano vincere di proposito. Al contrario, consideravano Shaida quasi come un maschio, anche se lei non aveva molta confidenza con loro, se non quando di allenavano. Gli unici ragazzi con cui era entrata abbastanza in confidenza erano suo fratello e Kaspar.
Era una ragazza molto sfacciata, senza peli sulla lingua, diceva sempre tutto quello che le passava per la testa.

Il perfetto contrario di Bahryus, un ragazzetto dalla pelle chiara, i capelli rossi e le ali castano chiaro.
Magro, non molto alto per un ragazzo della sua età, il suo passatempo preferito era quello di chiudersi in casa a leggere. Amava i libri e non gli piaceva l'attività fisica. Cercava in tutti i modi di evitare qualsiasi tipo di sport, anche perché se si trattava di fare una gara contro Shaida, o contro Kaspar, non è che avesse molte probabilità di uscirne vivo. Quando si trattava di stare con altre persone all'infuori dei suoi tre amici, era sempre piuttosto riservato e impacciato, provava sempre ad allontanarsi dalla discussione che gli altri cercavano inutilmente di intraprendere con lui.
L'unica cosa che i gemelli avevano in comune erano gli occhi. Marroni e brillanti, sprizzanti di allegria.

Poi c'era Kaspar.
Era bello, Kaspar. Forse il ragazzo più bello del villaggio.
Alto e magro, con i capelli di un biondo così chiaro da sembrare bianchi e gli occhi di un impressionante azzurro cristallino.
Passava la maggior parte delle sue giornate nella fucina del suo padrino, Taro, aiutandolo nel lavoro di fabbro. Il resto del tempo era sempre fuori all'aria aperta, con i suoi migliori amici e gli altri ragazzi di Yaahr.
Anche lui era molto socievole, simpatico, divertente e sempre in contraddizione con Shaida, forse perché entrambi avevano lo stesso carattere forte e determinato.

Un tonfo richiamò l'attenzione dei due giovani Alati.
Kaspar e Shaida erano finiti nel pollaio, coperti di piume da capo a piedi e con delle galline che gli correvano intorno.
«Ti ho preso... coff coff...» disse lei mentre tossiva piume.
In tutta risposta, Kaspar starnutì.
Serafine sorrise divertita da quella scena
Shaida, Kaspar e Bahryus, i suoi migliori amici.
Si conoscevano da sempre.
I loro genitori erano amici, almeno così aveva detto zia Ortensia.
I genitori dei gemelli se ne erano andati lasciando i loro figli dalla nonna.
La madre di Kaspar, invece, morì quando il figlio nacque. Il padre abbandonò sua madre ancora prima che nascesse.
Serafine non sapeva perché erano così uniti tra loro.
Forse perché tutti e quattro erano orfani.
Forse perché si conoscevano da sempre.
Per un motivo non ben noto, sentivano di aver bisogno l'uno dell'altro.
«Be'? Che si fa? Dobbiamo andare al Lago o no?» chiese Bahryus mentre gli altri due ragazzi si avvicinavano a loro.
«Ovviamente ci andiamo! Forza» esclamò Shaida facendo per spiccare nuovamente il volo.
Prima che potesse farlo, però, la porta della grande quercia di aprì e zia Ortensia uscì, salutando gli amici di Sera con un sorriso.

«Buongiorno ragazzi. Come state?» disse tranquillamente.
«Bene, grazie, signora Ortensia» risposero quelli.
Conoscendosi fin dalla tenera infanzia, i ragazzi avevano una certa familiarità con la zia di Serafine. Non riuscivano, però, a non avere un atteggiamento formale nei confronti della donna, così delicata e aggraziata, persino quando era arrabbiata.
L'Alata annuì sorridendo dolcemente, poi si rivolse a Serafine.
«Tesoro, so che tu e i tuoi amici dovete andare al Lago delle Ninfe, ma non è che prima potresti passare dal signor Xophius? Ho bisogno di due sacchi di farina per preparare il pane.»
Sera lanciò uno sguardo ai suoi amici, come a chiedere se a loro andava bene.
«Certo, non c'è nessun problema, zia» rispose poi, sorridendo.
«Grazie, cara. Digli di portarmeli quando può» disse la zia. Salutò i ragazzi e rientrò in casa.
«Bene, allora sbrighiamoci. Prima passiamo dal fornaio, prima arriviamo al Lago!»
Shaida era impaziente di andare al loro luogo preferito.
Era lì che passavano la maggior parte dell'estate.
Il gruppo cominciò a scendere il fianco della collina, dirigendosi verso il villaggio.

Essendo mattina inoltrata, molta gente del villaggio era per le strade, indaffarati nei loro lavori e nei loro hobby.
I bambini, come ogni giorno, giocavano a nascondino, svolazzanti di qua e di là, cercando di fare "tana" prima degli altri.
Il taglialegna trasportava su un carretto i ceppi che sarebbero serviti per il falò quella sera, per il Solstizio d'Estate.
Le strade erano pulite e ordinate, coperte da ciottoli e da fili d'erba.
Non ci volle molto a raggiungere il forno del signor Xophius. Era proprio all'entrata del villaggio.

Il signor Xophius era il fornaio di Yaahr. Era un Alato di mezz'età, con i capelli argentei, lunghi fino alle orecchie e lisci come spaghetti.
Era un uomo molto gentile e simpatico ed aveva molto a cuore gli abitanti di Yaahr.
In particolare, sembrava avere un certo interesse per zia Ortensia, tanto che tutte le volte che lei o Serafine passavano dal panificio, lui offriva sempre qualche cosa da mangiare.
Infatti, quando Sera e i suoi amici entrarono nel negozio, gli occhi gli si illuminarono.
«Sera! Ma che bellissima sorpresa! Sono felice di vederti!...Ciao anche a voi, ragazzi» aggiunse leggermente imbarazzato notando che la giovane non era sola.
I tre Alati ricambiarono il saluto per poi cominciare a girovagare per il negozio, guardandosi intorno.
«Sei qui per tua zia?» domandò nel frattempo il fornaio a Serafine, con un briciolo di speranza nella voce.
«Sì. Ha bisogno di due sacchi di farina. Ha chiesto se può portarglieli lei. Quando può, ovviamente.»
«Due sacchi! Ma certo, certo! Glieli porto subito!» disse per poi sparire nel retro del panificio.
A Serafine venne quasi da ridere.
Il signor Xophius era sempre felice di vedere sua zia. Si chiedeva come mai non l'avesse mai invitata a cena. Era sicura che lei non avrebbe rifiutato.
Il fornaio tornò subito, trascinando a fatica due grandi sacchi di farina.
«Ecco...grazie Sera...puoi andare...io...porto...sacchi...tua zia...ora...» e cercò di riprendere fiato.
I ragazzi osservarono l'uomo riprendere fiato, per poi sollevare nuovamente i due enormi sacchi con uno sforzo immane.
«Vuole una mano, signor Xophius?» esitò Kaspar, mentre l'anziano Alato ondeggiava da destra a sinistra.
«Nooooooooo! Ti ringrazio, Kaspar, ce la faccio da solo!»
Per poco non perse l'equilibrio e Bahryus, Shaida e Serafine dovettero trattenerlo per non farlo cadere.
«Grazie ragazzi. Potete andare, me la caverò...» insisté di nuovo il fornaio, lasciandosi aprire la porta da Bahryus e uscendo dirigendosi verso la casa di Sera e sua zia.
«Buona giornata!»

Serafine osservò l'Alato allontanarsi e si chiese se fosse stata una buona idea lasciarlo andare senza nessuno ad aiutarlo.
Già si immaginava zia Ortensia aprire la porta di casa e trovarsi davanti ai piedi il fornaio stanco e in preda ad un collasso, con due sacchi di farina.
La voce di Kaspar la riscosse da quello strano e buffo pensiero.
«Perfetto! Ora possiamo andare?»
«Ovvio che andiamo! Chi arriva ultimo è un mago sciocco!» disse Shaida spiccando il volo.
«Ehi! Aspetta!».
Kaspar la seguì con Bahryus al seguito, mentre la gente per strada gli lanciava sguardi divertiti.
«Sera, andiamo? Sbrigati se non vuoi essere un mago sciocco!» la chiamò Bahryus.
Serafine rise e, spiccando il volo, raggiunse l'amico.
«Che dici, facciamo anche noi una gara?» domandò lui.
«Ovvio che sì!» rispose la ragazza.
E, con un battito d'ali, si avviarono al Lago delle Ninfe.

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