Capitolo 13

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Il giorno della partenza era arrivato.
Serafine si alzò presto, e con Shaida preparò tutto l'occorrente per il viaggio.
Indossarono l'armatura che il Re degli Elfi aveva fatto forgiare apposta per loro.
L'armatura di Serafine era composta da delle parti di stoffa azzurra, con il metallo che ricopriva l'addome, il petto e le spalle e una gonna che le copriva le cosce, con delle lastre di ferro a rafforzarla.
Gli stivali di metallo leggero e mobile le proteggevano le gambe fin sotto le ginocchia.
Shaida, invece, aveva preferito un'armatura un po' più maschile: dei pantaloni di stoffa e stivali ferrati che le arrivavano a metà gamba.

In una borsa di cuoio, donatagli dal Re degli Elfi, mise una mappa anch'essa datagli dal sovrano e legò il suo medaglione al collo.
Quando le ragazze aprirono la porta della loro camera, si trovarono davanti Bahryus e Kaspar, anche loro appena usciti dalla loro stanza e con indosso le loro armature, leggere e sottili, perché volare con armature troppo pesanti non era semplice.
Cominciarono a percorrere il corridoio, lungo il quale incontrarono Luce, che fino a quel momento era completamente sparita.
«Ehi! E tu dove eri finita?»
La ninfa cercò di spiegare cosa aveva fatto per due giorni interi.
"Ho passato tutto un giorno alle terme, ho fatto maschere di bellezza, saune... Poi sono passata alle cucine, dove ho fatto qualche assaggino di cibo... E poi durante la festa ho passato la notte nel giardino, con le ninfe dei fiori. Ci siamo divertite tantissimo... "
Ma i quattro erano già andati avanti, senza di lei.
"Accidenti a me e alla mia piccolezza..." pensò, raggiungendo i ragazzi.

Scesero le scale di marmo bianco senza dire una parola. Arrivati all'enorme portone che portava all'esterno, i quattro si trovarono davanti una serie di cortigiani, con il Re degli Elfi in testa.
Dopo i saluti ufficiali, il sovrano disse:
«Dunque, volerete fino alla foresta. Dopo di che proseguirete a piedi, potreste trovare dei draghi.
Quando raggiungerete il villaggio di Phoenix, continuerete verso Est. Arriverete ad Aahor in una giornata.»
«Grazie, Sua Maestà. Non sapremo mai come ringraziarla...»
«Non dovete. Gli Elfi saranno sempre disposti ad aiutarvi. Vi auguro tutta la fortuna possibile, ragazzi.»
Dopo aver salutato e ringraziato tutti, i quattro spiccarono il volo, dirigendosi a Sud, verso Aahor.
Il giovane sovrano guardò gli Alati allontanarsi.
A lui si avvicinò il messaggero.
«Il messaggio è stato ricevuto, signore» disse.
«Perfetto, grazie Orwald.»

***************
«La città è completamente sotto il nostro controllo, padre. Il nostro potere si sta diffondendo.»
«Bene, Kai, ottimo lavoro. E per quanto riguarda quella Guardiana?» chiese pacatamente il Tiranno mentre, seduto sul trono, giocherellava con un topolino grigio che cercava di liberarsi dalla sua stretta.
«Non sappiamo ancora nulla, ma non devi preoccuparti» rispose il ragazzo ghignando. Era sicuro di sé.
«Il nostro informatore attenderà i ragazzi dalle parti della foresta.»
«"I ragazzi"?»
«Oh, sì. La Guardiana è in compagnia di altri Alati. Ragazzini. Non c'è bisogno di preoccuparsi di loro: li farò uccidere non appena verranno catturati.»
«Perfetto!» Dhort sorrise.
«Mancano solamente tre Ophix, poi diventerò io il solo e unico Sovrano di Aahor!»
Strinse più forte il topolino, soffocandolo.
«Dì al tuo informatore di non destare sospetti.»
«Tranquillo. Li condurrà dritti dritti da noi...»

***

Il vento freddo che soffia sulla faccia, che scompiglia i capelli, che ti fa sentire libera.
A Serafine era mancato tutto questo. Aveva quasi dimenticato cosa si provasse a volare.
«Accidenti! Ma quanto è grande questo Regno?» esclamò Shaida facendo giravolte e capriole e osservando estasiata il bellissimo Regno degli Elfi.
Sotto di loro si estendevano pianure e colline verdi, piccoli boschi e campi di grano che aspettavano la mietitura.
Quella mattina il cielo era sereno, con solo qualche nuvola bianca di passaggio.
Guardando dritto davanti a loro, però, vedevano un altro tipo di cielo: grigio, quasi nero, con delle nuvole tendenti al rosso. Si stavano dirigendo proprio lì, perché era il luogo dove sorgeva Aahor.
Superata la barriera che proteggeva il Regno degli Elfi, i ragazzi sorvolarono le Terre del Nord, il cui paesaggio era molto differente da quello ordinato e luminoso degli Elfi.
C'erano meno villaggi, e quelli che c'erano erano piccoli e poveri.
I boschi, folti e selvaggi, occupavano la maggior parte del territorio, senza lasciare spazio a pianure.
I quattro avrebbero dovuto proseguire fino al Bosco degli Smeraldi, chiamato così per via dei sempreverdi le cui foglie erano di un verde intenso, per poi proseguire fino al Castello.
I ragazzi non erano mai stati ad Aahor, ma il Re degli Elfi aveva mostrato loro una mappa dei sotterranei del castello. C'erano diverse entrate da cui avrebbero potuto accedere facilmente all'interno.
«Quando sarete entrati» aveva detto il Re recatevi immediatamente alle prigioni. Il Tiranno ha imprigionato la Regina e anche i soldati a lei fedeli. Liberateli. Vi daranno una mano. Ma state attenti, potreste incontrare delle guardie...»

I quattro erano veloci, e Luce faticava a star loro dietro.
In realtà, non sapeva neanche perché li stava seguendo. Insomma, stavano andando dritti dritti verso un castello pieno di guardie grosse un milione di volte più di lei, draghi veri, e chissà cos'altro di grande e pericoloso che non avrebbe esitato neanche un secondo a schiacciarla come si schiaccia un moscerino.
Ma, d'altro canto, non aveva un altro posto dove andare.
E poi tutte le sue amiche erano state catturate, il giorno in cui gli alleati del Tiranno avevano attaccato il villaggio di Yahar.
Anche il suo mondo era stato distrutto.
Non aveva niente da perdere, oramai.
E poi, quando sarebbero arrivati al castello, avrebbero trovato qualche aiuto, no?
Qualcuno più grande di lei...
Perché lei, in fondo, era una ninfa.
Un essere minuscolo, che non aveva abbastanza voce per farsi sentire da qualcuno che non fosse piccolo quanto lei.
Come poteva lei combattere contro dei draghi, orchi, giganti...?
A volte, si sentiva inutile...
Inutile e pure antipatica. Ma non era colpa sua se lei era fatta così.

Mentre la piccola Luce pensava queste cose, i cinque si erano ormai avvicinati alle Terre di Aahor.
Il cielo sopra di loro era passato dall'azzurro al bianco.
Il freddo invase le ossa.
Non era normale. Non in estate.
Sotto di loro, improvvisamente, cominciarono a comparire i primi alberi dalle foglie color smeraldo.
«Ecco! Siamo arrivati!» disse Serafine, gridando per via del vento che aveva cominciato ad alzarsi.
Luce faticava a tenere la direzione giusta, perché il vento la spingeva via, così Shaida la prese e la mise al sicuro nella sua bisaccia.
I ragazzi stavano cominciando a planare verso terra, quando si sentì un grido acuto.
«GRAAAAAAAAAAH!»
I quattro si fermarono a mezz'aria, cercando di capire da dove provenisse il suono.
«...cosa è stato?» chiese Shaida visibilmente spaventata.
«Sicuramente niente di buono.» disse Bahryus scrutando l'aria circostante.
«GRAAAAAAAAAAAAH!»
Di nuovo quel grido.
Improvvisamente, in lontananza, videro una sagoma scura.
Non era un Alato, ma aveva un paio di ali da pipistrello munite di artigli.
E oltre alle ali sembrava avere... una coda? Una strana coda.

Si stava dirigendo verso di loro velocemente e i ragazzi capirono subito che non aveva buone intenzioni.
«Cos'è quello?»
«Non so e non ho voglia di saperlo... Di qua!?
I quattro si gettarono in picchiata verso gli alti alberi del bosco di Smeraldo, sparendo tra le foglie.
I rami colpivano le ali piumate e graffiavano il viso, ma arrivarono a terra sani e salvi.
Erano finiti vicino ad una piccola cascata, che terminava in un laghetto dalle acque cristalline.
La terra era in pianura e coperta da piccola erbetta verde, che riluceva sotto i raggi del sole.
Sì, perché il sole, magicamente, attraversava i folti alberi del Bosco e illuminava tutto l'ambiente.
Era veramente stupendo.
I ragazzi si guardarono intorno.
«Dove andiamo?» chiese Serafine girando su se stessa.
Bahryus rifletté.
«Aahor è attraversata dal Grande Fiume. Se questo è uno dei suoi affluenti...» e indicò il laghetto e la piccola cascata »basterà andare dalla parte opposta e arriveremo velocemente.»
«Perfetto! Che aspettiamo allora?»
Kaspar si girò verso il lago, ma poi si bloccò.
«Che c'è?»
I ragazzi si avvicinarono e anche loro rimasero incantati.

Nel lago, seduta su una roccia, intenta a pettinarsi i capelli neri e lunghissimi, c'era una donna.
No, non era una donna... era una sirena.
Aveva gli occhi dall'iride dorata e al posto delle gambe e dei piedi c'era una bellissima coda di pesce, con squame dalle sfumature viola.
Dalla vita in su era coperta dai lunghi capelli e da qualche squama.
La pelle era bianchissima e sembrava rilucere ai raggi del sole.
«Non ho mai visto nulla di simile!» sussurrò Shaida con gli occhi che le brillavano.
Avevano visto le sirene soltanto nei libri.
La sirena girò la testa verso i ragazzi e sorrise, scoprendo i denti bianchi e perfetti e i canini appuntiti.
Scese dalla roccia su cui era stata seduta fino a quel momento e con un colpo di coda si avvicinò lentamente ai quattro che continuarono a guardarla meravigliati.
Luce osservava tutto dalla sacca che Shaida aveva in spalla, e non appena vide la creatura avvicinarsi, uscì frettolosamente dalla borsa di cuoio e si avvicinò a Serafine.
Cominciò a gesticolare velocemente verso la ragazza, che non capiva cosa la ninfa volesse dirle.
«Luce! Che ti prende?» chiese.
"Via! Dobbiamo andare via!" gridava la piccola ninfa del Lago.
Ma tanto nessuno poteva sentirla.

La sirena, quando fu vicino alla riva, si appoggiò con le braccia sulla terra, continuando a guardare incuriosita e divertita i ragazzi.
Inizialmente, i quattro indietreggiarono, timorosi.
Ma sembrava così carina e innocente che Shaida non poté fare a meno di avvicinarsi.
Si inginocchiò per guardare la sirena negli occhi, così grandi e dolci, e ne rimase incantata.
La creatura sorrise e tese una pallida mano verso la ragazza.
Shaida alzò il braccio e fece per sfiorare la sirena ma, improvvisamente, una spada si sovrappose fra le due.
La sirena ritirò la mano di scatto, emettendo un acuto ringhio verso Bahryus, per poi staccarsi dalla riva e tuffarsi arrabbiata in acqua, sparendo alla vista.
«Ma che ti è preso? Avresti potuto staccarmi una mano!» esclamò arrabbiata Shaida.
«Le sirene non sono creature di cui fidarsi, possono essere pericolose!» rispose normalmente il fratello, riponendo la sua spada nel fodero.
«Possibile che pensi sempre in negativo? Sei insopportabile!» cominciò a dire la ragazza.
«Ehm, ragazzi...» Kaspar indicò il lago.
La sirena era tornata, aveva la testa fuori dall'acqua e li fissava.
Dopo poco, accanto alla prima sirena, ne spuntò un'altra e un'altra ancora, fin quando il lago fu puntellato da sirene che fissavano i ragazzi, con sguardo arrabbiato.
Luce ricominciò ad importunare Sera, questa volta più velocemente.

«...ok, credo che ora dovremmo andare...»
Serafine cominciava ad avere paura, anche perché la ninfa continuava a gesticolarle contro, come ad avvertirla di qualcosa.
I quattro si girarono e cominciarono frettolosamente ad allontanarsi, verso il fiume, ma improvvisamente sentirono qualcosa.
«GRAAAAAAAAAAAH!»
Di nuovo quel grido.
Ma questa volta era diverso.
Era più vicino.
Si girarono lentamente verso il lago.
La bellissima sirena era girata verso di loro... e volava.
Aveva sempre la coda di pesce con squame violacee, ma dietro la schiena le erano spuntate due ali da pipistrello, munite di artigli.
I denti si erano trasformati in zanne affilate e i suoi occhi gialli avevano cominciato a brillare.
Non era più la sirena innocente di prima.
«Guardiana!» gracchiò indicando Serafine.
A quel punto, anche le altre sirene uscirono dal lago, spalancarono le loro ali e si gettarono contro i ragazzi.
Luce si nascose spaventata nella borsa di Serafine.
«VIA!»
I ragazzi presero il volo e si gettarono a capofitto verso il folto della foresta, schivando velocemente gli alberi con le terribili creature alle calcagna, molto più veloci di loro.
Una delle sirene riuscì ad avvicinarsi abbastanza da riuscire quasi a sfiorare Serafine, ma dovette rallentare per evitare di scontrarsi contro un albero.
«Usciamo dalla foresta! Non possono superare i loro confini!» gridò Bahryus schivando per un soffio un grosso albero dal tronco scuro e estraendo la spada per allontanare una sirena.
Riuscì a colpirle un'ala e subito la creatura si sbilanciò e cadde a terra.
Non appena videro la fine della foresta, i quattro si fiondarono verso l'uscita.
Serafine sentì una viscida mano afferrarle la caviglia. Una sirena le si era aggrappata alla gamba, mostrando le zanne affilate e gli occhi giallo oro che brillavano di ira.
«NON DARGLIELO!>> gridò la sirena «NON DARGLI L'OPHIX! NON DARGLIELOOOOOOO!»
La sua voce stordiva i timpani. Serafine diede uno strattone e si liberò dalla stretta della creatura, superando il confine del bosco.
Non appena le sirene fecero per superare gli ultimi alberi del Bosco degli Smeraldi, una barriera invisibile le respinse, generando una specie di scarica elettrica che le fece immediatamente allontanare.
I quattro toccarono terra e rimasero a guardare, ansimando, le creature alate che si allontanavano adirate.
«Perché non possono attraversare il confine?» domandò Serafine.
«È stata la Regina a rinchiuderle qui. Le sirene non possono superare le terre in cui sono state confinate. Non vedranno nient'altro che questi alberi per il resto della loro esistenza!» disse Bahryus seriamente osservando le cime frastagliate degli alberi.

Dopo di che si girò e cominciò a camminare dalla parte opposta al Bosco degli Smeraldi, seguito da Shaida e Kaspar.
Serafine, invece, rimase ancora un po' a guardare i tronchi scuri e le foglie smeraldine, ricordando quello che la sirena le aveva detto.
Anche lei aveva fatto riferimento ad un Ophix. Sicuramente si riferiva al medaglione.
Aveva detto di non darglielo.
Darlo a chi? Al Tiranno, sicuramente.
Quindi le sirene erano a conoscenza del potere che i medaglioni dei Guardiani avevano.
E non volevano che il Tiranno li avesse. Quindi erano dalla loro parte.
Un movimento nella sua borsa la risvegliò dai pensieri.
Luce uscì dalla sacca di cuoio, ondeggiando a destra e a sinistra, barcollante come fosse appena scesa da una nave.
Non appena si riprese cominciò a blaterare qualcosa a Serafine, colorandosi di un leggero arancione, probabilmente irritata dal fatto che fosse stata sbattacchiata di qua e di là come un uovo.

Sera sorrise leggermente, e si sbrigò a raggiungere gli amici, con la ninfa accanto, falsamente offesa con l'Alata.
«Laggiù c'è un villaggio, forse riusciamo a chiedere informazioni per arrivare più in fretta al castello...» disse Shaida indicando delle figure di case in lontananza.

Non appena furono più vicini, però, notarono delle nuvolette di fumo grigio innalzarsi verso il cielo: il villaggio era stato bruciato.
I ragazzi e la ninfa cominciarono a passeggiare tra le piccole casette arse, calpestando la cenere e i resti bruciacchiati dei pezzi di legno.
Alcune casupole erano crollate, e si erano accumulate in piccole montagnette nere, insieme a resti di vestiti, vasi e spade.
Da uno dei detriti spuntava una piccola bambolina di pezza, sopravvissuta alle fiamme, sporca di fuliggine.
«Oh, no...» sussurrò Serafine guardandosi intorno.
«Troppo tardi. Il Tiranno è arrivato anche qui...» disse Kaspar calciando un pezzo di legno carbonizzato, che andò a finire in mezzo a un altro cumulo nero.
Ad un certo punto, Shaida gridò stupita.
«Nevica!»
Guardarono in alto.
Il cielo si era improvvisamente riempito di nuvole bianche e candidi fiocchi avevano incominciato a scendere lentamente, posandosi sul terreno e sui detriti bruciati delle case del villaggio.
«Il tempo sta impazzendo...» disse Serafine mentre i fiocchi le sfioravano il viso.
Luce rabbrividì di freddo non appena venne investita da un fiocco di neve, grande praticamente quanto lei, e cominciò a battere i denti, cercando di coprirsi il più possibile con il suo minuscolo vestitino.
Mentre il gruppo era intento a osservare quella improvvisa nevicata, si udì una voce femminile.
«Chi c'è?»

I ragazzi sussultarono. Allora qualcuno c'era!
Si guardarono intorno, cercando di capire da dove provenisse la voce.
Poi, poco lontano da loro, nascosta dietro una mezza parete di una casa rimasta in piedi, videro spuntare il viso di una ragazza.
«Pensavo che non sarebbe venuto più nessuno» disse lei con una voce sottile e spaventata.
Uscì dal suo nascondiglio.
Era un'Alata, poteva avere la loro età, minuta, dalla pelle bianca come la neve e dei ricci capelli neri come la pece, proprio come le ali.
Aveva dei grandi occhioni color grigio argento.
Indossava un leggero vestito bianco, sporco di cenere e terra.
I ragazzi si tranquillizzarono appena la videro.
«Vi prego, aiutatemi...mio fratello, la mia famiglia... sono stati catturati!» esclamò la misteriosa ragazza cominciando ad avvicinarsi al gruppo, tremante.
Luce la squadrò da capo a piedi.
Il suo sguardo si posò su un oggetto in particolare che la ragazza aveva.
Spalancò gli occhi e sfiorò Serafine, indicando il collo dell'Alata dai capelli neri.
Sera rimase paralizzata.
Al collo della ragazza, legato con un nastro di cuoio, c'era... un medaglione!

**************
...Se vi immaginavate delle sirene carine e coccolose tipo Ariel...vi siete sbagliati di grosso.
Vi ho appena rovinato l'infanzia con questo capitolo.
Diciamo che ho fatto una fusione tra le sirene di Ulisse e le arpie.
In ogni caso il capitolo fa schifo, lo so, ma quando avrò terminato il libro lo "ristrutturerò" tutto da capo.

Comunque da adesso i capitoli usciranno con un po' più di lentezza, per via dei compiti.
MA!
Non temete, nel prossimo capitolo ci sarà una gioia gioiosa che credo vi piacerà :3

Ciaooo!!

P.S.(di nuovo): nessuno di voi studia e/o parla e/o conosce il tedesco, vero?
Non vi dico il perché :D

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