In infermeria [New]

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Il mattino dopo Kathy si svegliò dolorante con la mano tutta intorpidita. Tentò di muoverla, ma una fitta lancinante al polso, le tolse il fiato. Afferrò il tablet: usarlo con la sinistra era una vera impresa. Cercò la mappa della scuola: l'infermeria era al terzo piano. Erano quasi le sette e le sue lezioni sarebbero cominciate nel giro di un'ora: doveva sbrigarsi. Si alzò dal letto in pigiama, ma già togliersi i pantaloni con una sola mano fu un'impresa: rischiò di finire faccia a terra sul pavimento. Alla fine, rinunciò a cambiarsi la parte sopra del pigiama, prese una coperta dell'armadio, se la legò addosso come se fosse uno scialle, indossò le ciabatte e lasciò la camera sperando che il corridoio fosse ancora deserto.

Corse fino all'ascensore quindi si concesse un respiro di sollievo e schiacciò il pulsante del terzo piano. Liberò i capelli armeggiando con l'elastico e cercò di pettinarli con la mano sana. Guardò quella ragazza nello specchio: ormai non si riconosceva quasi più, come se il siero l'avesse cambiata, trasformata per sempre. Uscì dall'ascensore; il corridoio sembrava deserto. Quella scuola era in gran parte composta di stanze vuote: pensiero piuttosto inquietante. Gli studenti erano quasi tutti ai piani superiori, vicino alla biblioteca e alle aule: cosa succedesse lì sotto sembrava non interessare a nessuno. Seguì le indicazioni e si fermò impietrita davanti alla porta semi aperta. Mrs. Lorenz – Infermeria: così diceva la targhetta.

Improvvisamente realizzò la precarietà della sua situazione: non voleva confessare alla madre di Michael che suo figlio le aveva rotto il polso e soprattutto non poteva dire perché. Si voltò per fuggire, ma una voce la chiamò da dentro.

«È aperto, entra!» Kathy socchiuse la porta guardinga. Si sedette impaziente su una sedia: ora doveva pensare in fretta una versione convincente della vicenda.

«Kathy? Che cosa succede? Altri problemi con l'impianto?» chiese la donna entrando nella stanza. Tutti nella scuola la trattavano come se la conoscessero da anni: ciò la faceva sempre sentire a disagio. Aveva l'orribile sensazione che le mancasse un pezzo del puzzle, molti, in effetti, perché lei non sapeva nulla di quelle persone. L'infermiera era una bella donna sulla cinquantina, coi capelli castani raccolti sotto una cuffia e gli occhi chiari, ma non assomigliavano a quelli di Michael, se non nel taglio.

«L'impianto va benissimo, ma temo di essermi rotta il polso. Non so se sia stato ieri sera in palestra o forse per le scale, stavo per cadere e mi sono aggrappata alla ringhiera mentre tornavo in camera. Ho sentito come uno strappo. Forse è stato quello?» Non era mai stata molto brava a raccontare bugie e si sentiva gelare sotto lo sguardo indagatore di Mrs. Lorenz. L'infermiera le prese delicatamente il polso e lo osservò.

«Muovi le dita, una alla volta.» Le tirò l'indice facendola sussultare. «Non credo sia rotto, ma è una bella slogatura, senza dubbio. Per un po' niente palestra. Aspetta, adesso te lo fascio e vediamo tra qualche giorno come va.» Sparì nel retro del locale e tornò pochi minuti dopo col necessario.

«È la tua mano dominante?» chiese poi l'infermiera. Kathy annuì distratta. Si era incantata a guardare una foto appesa al muro di Michael piccolo con la madre, non l'aveva notata la volta precedente che era stata lì. Stimò che dovesse avere due o tre anni.

«Michael era un bel monello da bambino. Si faceva male ogni giorno: avevo quasi più lavoro a casa che alla clinica!»

«È cambiato molto.»

«È normale, il siero modifica diverse caratteristiche fisiche. Sono contenta che ti abbiano ammessa nel loro circolo. Michael ha mille amici qui a scuola, ma pochi veri: credo abbia paura di affezionarsi. Non vi hanno reso la vita facile, con quel maledetto test.»

Kathy le sorrise. L'immagine di quella donna e della sua disponibilità verso di lei, fin dai primi giorni di presenza nella scuola, in qualche modo continuava a cozzare coi racconti di Michael che l'accusava di essere succube del padre, di farsi sempre portavoce, come se entrambi avessero bisogno di un mediatore.

«Fatto. Vieni domani a cambiare la fasciatura e vediamo, intanto chiamiamo la tua tutor: per oggi hai bisogno di riposo. A chi sei stata assegnata?»

«Angela»

«Cara ragazza! Ci penso io, vai pure in camera direttamente. Stenditi un po', sembri pallida: sei certa di non avere avuto giramenti di testa o svenimenti?»

«Sarà la mia solita anemia, in generale comunque sono sempre stata piuttosto sbadata.»

«Se dovesse ricapitare fammi sapere, ti facciamo qualche esame più approfondito, ok?» propose seriamente Mrs. Lorenz.

Kathy acconsentì, la salutò e si avviò verso l'ascensore. Sentiva come di aver scampato un grosso pericolo; con la fasciatura il polso andava molto meglio. Era proprio carino Michael da piccolo! Adesso forse aveva qualcosa per riappacificarsi con lui: bastava riportarlo su un terreno noto. E Jacob? E la lista? Forse era meglio cambiare strategia e muoversi da sola per ora e soprattutto in silenzio. Era un puzzle ed era oltremodo importante; ne andava della sua vita. Scese al suo livello e si diresse verso la sua camera. La porta era aperta: si fermò incerta.

Il primo pensiero andò ai fogli che erano sotto il suo materasso: un brivido le passò lungo la schiena. Si appellò al proprio coraggio, finse indifferenza ed entrò nella stanza. C'era una ragazza dai capelli rossi seduta sul letto che guardava persa il cielo davanti a lei: Roxy. Non la vedeva da quando era salita sull'aereo all'aeroporto di Newark, si chiese dove fosse stata. Diede uno sguardo al letto ancora sfatto: non c'era traccia di documenti o fogli. Chiuse l'uscio dietro di sé e si avvicinò trattenendo il fiato.

«Fammi vedere il polso.» La sua voce era più dura del solito.

Si impose di non tremare mentre stendeva il braccio verso di lei. Come faceva ad esserne già a conoscenza? «È solo slogato. Dove sei stata?»

«Non che ti riguardi, ma stavo controllando due papabili candidati LWF ad Austin, due gemelli, ma faranno il test tra due mesi, abbiamo ancora tempo. Non cambiare discorso e dimmi chi è stato?»

«Nessuno, Roxy, ti giuro! Ho fatto tutto da sola.»

«Con chi pensi di parlare? Sentiamo! Alla Lorenz o David puoi raccontare quello che vuoi, ma a me non puoi mentire ... Era durante la cena, giusto?»

Kathy la guardò sconvolta: forse avevano delle telecamere in mensa? Si chiese quanto avesse senso negare ormai. «È stato un incidente.»

«Chi è stato?» ripeté Roxy lapidaria.

Kathy non voleva mettere Michael in difficoltà, ma non sapeva come uscire indenne da quell'imbarazzante situazione. «È colpa mia, ho esagerato a insistere su una questione delicata, sono certa che Michael non voleva, insomma era anche molto pressato per gli esami: dovevo evitare.» Cercò di sembrare sicura.

«Michael Lorenz?»

Kathy confermò e Roxy digrignò i denti trattenendo a stento la rabbia.

«Il nuovo antisiero non sta funzionando e credo lui non stia segnando i suoi dettagli medici come dovrebbe, Mrs. Lorenz non potrebbe essere più miope con suo figlio!»

Kathy la guardò stupita, ma si trattenne dal chiedere spiegazioni: finse di non aver colto.

«Kathy, ascoltami bene, non voglio ripeterlo. Io ho del lavoro da fare, abbiamo un altro possibile obbiettivo a Indianapolis. Devo partire domani e non ho tempo di stare dietro alle tue scaramucce da liceale. Quindi fammi un piacere: mettiti a studiare, fai i tuoi test e tutto il resto, ma cerca di non combinare casini prima che io torni e soprattutto... stai lontana da Michael Lorenz. Siamo intesi!»

Kathy la fissò addolorata. Perché le proibiva la sua unica parvenza di contatto umano da quando era arrivata? Non aveva il diritto di toglierle anche quello!

«Tu non sei mia madre! Non puoi dirmi cosa fare o chi frequentare! Scommetto che sai che gli oro mangiano insieme» le rispose arrabbiata Kathy puntandole contro il dito della mano dolorante. Solo perché l'aveva salvata, non era giusto che ora mettesse becco nella sua vita.

«Grazie al cielo non sono tua madre, dio solo sa cosa starà passando quella donna e tu dovresti almeno avere la decenza di non farti uccidere per una cavolata, tipo il circolo d'oro!» tuonò. «Kathy, io non sono come gli altri LWF, lo sai, vero? Io sono un mutante, uno dei più potenti di questa scuola. Fai qualcosa che non devi e io lo saprò. Avvicinati di nuovo a quel ragazzo e lo scoprirò, fidati che posso. Se mi costringi a tornare da Indianapolis, ti spezzo l'altro polso con le mie mani!» Roxy si alzò di scatto e uscì dalla stanza sbattendo la porta.

Kathy rimase allibita a guardarla, con le lacrime agli occhi. Davvero poteva controllarla da oltre oceano? Questi poteri mutanti erano sempre più misteriosi! La rincorse e si affacciò nel corridoio. Roxy era ancora lì davanti che aspettava l'ascensore. «Posso almeno andare in palestra?»

«Hai un polso rotto, cosa pensi di essere in grado di fare?»

«Addominali» alzò le spalle Kathy. «Che hai da fissare? Mi piace la mia pancia piatta.»

Roxy sospirò ed entrò nell'ascensore che si era aperto davanti a lei. Quella ragazza l'avrebbe fatta impazzire! Si appoggiò allo specchio fissando i suoi occhi fiammeggianti: respirò a fondo per calmarsi. Avrebbe voluto gridare, saltare, piangere, tutto allo stesso tempo. Sentiva le mani prudere e il petto in fiamme, il respiro affannato. Esplodere in ascensore sarebbe stata una pessima idea, rischiava anche di farsi molto male: smontò di fretta al piano successivo e si rinchiuse nella sua stanza. Kathy stava giocando col fuoco, non aveva idea di cosa fosse capace Michael, fosse stato per lei avrebbe preferito dirle la verità, pur di allontanarla da lui, ma David aveva proibito loro di parlare apertamente dei loro poteri mutanti con i ragazzi della scuola. A volte le pareva di avere un trapano che lavorava in testa e vibrava sempre più forte. Inspirò a fondo per calmare la rabbia, ma prima di rendersene conto una potente luce rossa aveva invaso la stanza, iniziando poi a ruotare su sé stessa, in un vortice e a pulsare tra le sue mani: percepiva il potere fuoriuscire dal suo corpo, ma finché lo faceva ruotare e lo controllava non sarebbe esploso: era lì che Michael non era mai arrivato, pur essendo molto più potente di lei. Forse proprio per quel motivo.

Il problema non era Michael, ma era Kathy. Michael, ne percepiva il potenziale infinito e ne era attratto come una falena dalla luce. La sua inconsapevolezza, la sua innocenza, in un certo senso la rendevano ancora più affascinante: perché lei non aveva idea di cos'era scritto nel suo DNA, di cosa, qualcuno come la dottoressa, con qualche siringa di siero, avrebbe potuto fare di lei. Avevano lottato duramente per questo e ora avrebbe impedito a Micheal di mandare all'aria tutto, per l'ennesima volta. Non voleva avvertire qualcuno morire, come aveva sentito Jacob. Finalmente scoppiò a piangere e la rabbia si sciolse; la palla tra le sue mani si disintegrò in tante lucciole rosse e si perse nella notte.

Kathy si sdraiò sul letto. Quel colloquio l'aveva lasciata con un'angoscia dentro indescrivibile. Era il siero a causare in Michael quegli scatti? Anche lei si sentiva "strana" in quei giorni. Doveva trovare un modo per scappare e portare Michael via da lì, prima che impazzisse e facesse del male a qualcuno. Doveva dimostrargli che di lei poteva fidarsi. E che Roxy se ne andasse al diavolo! Le bastava trovare un luogo al riparo dagli occhi indiscreti delle telecamere, per incontrarlo senza essere vista. Non credeva davvero che Roxy riuscisse a controllarla dall'altra parte dell'oceano, ma certamente avrebbe detto a Tom di riferirle le sue mosse. Si mise sotto le coperte e prese il tablet. Lo fissò con un sorrisino subdolo. Inspirò a fondo e accedette con le credenziali di Tom che il giorno prima aveva imparato mentre lui digitava sulla tastiera. Forse non era una NERD e non sapeva nulla di computer, ma la sua memoria visiva non la batteva nessuno.







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