La magia della scienza [New]

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Michael, seduto su un divanetto polveroso, non riusciva a distogliere lo sguardo dai laser. Stava ingurgitando il terzo drink ormai e l'effetto cominciava a farsi sentire. Sentiva l'alcool bruciargli la gola secca e la testa girare quando seguiva la colonna portante di cemento fino al tetto. Non amava molto i recuperi industriali, ma l'Ozone era tra i locali storici di Berlino: era stato il pusher a suggerirlo come banco di prova. Doveva ammettere che il gioco di luci era impressionante: alcuni LWF non mutati avrebbero rischiato seriamente l'attacco epilettico, fortunatamente quell'aspetto non faceva parte della sua storia clinica. Aveva lasciato volentieri l'onere di distribuire le dosi al pusher e alla sua squadra e lui se ne stava lì con una card omaggio a bere gratis. Un paradiso: un piccolo assaggio di quella che poteva essere la sua vita. Quando vide Alex sbracciarsi nella folla, sbuffò e fece segno di raggiungerlo: non era nemmeno certo di poter stare in piedi.

«Che vuoi?» lo strattonò forzandolo a sedere accanto a lui.

«Non sta andando affatto bene, Michael.» L'amico si guardava attorno preoccupato, forse cercando il pusher nella calca. «Dicono che è troppo cara e non credono agli effetti. Ne ho vendute pochissime e agli altri non sta andando meglio. Ne vogliono dosi gratis, ma così ci trovano impalati domani mattina.»

Michael chiuse gli occhi e lasciò andare la testa all'indietro: sentiva i pensieri rallentati dall'alcool e non era affatto certo di riuscire a trovare una soluzione.

«Se non parte il passa parola siamo fottuti!»

Avrebbe voluto farlo tacere a forza. Lo spinse lontano. Alex cadde a terra a fianco del tavolino e le bustine si sversarono al loro fianco. Cominciò a raccoglierle pressato: sembrava faticasse a mantenere la lucidità.

«Vogliono lo spettacolino? Diamoglielo!» Michael all'improvviso balzò in piedi, gli strappo la borsa dal braccio e si inoltrò in mezzo alla pista. Individuò la scalinata che andava verso la balconata superiore e un grosso ventilatore sopra di lui. Prima però doveva ridurre in polvere quelle pastiglie, perciò gli serviva un mixer. Scavalcò il bancone e scivolò oltre. Il barman gli si avvicinò irritato tirandolo su da terra. Michael alzò le mani e sorrise come se fosse caduto oltre la paratia per sbaglio. Si guardò intorno fugacemente, individuò il frullatore su un ripiano basso, lo fece scivolare nel borsone e lasciò il bancone dandosi alla fuga. Il barman tentò di seguirlo ma senza successo. Alex nel frattempo l'aveva raggiunto.

«Raccogli tutte le dosi e raggiungimi sulla balconata» ordinò Michael.

L'amico allargò le braccia scocciato, poi lo trattenne tirandolo per una cinghia del borsone. Michael si voltò irritato.

«Il pusher vuole i suoi soldi, non puoi darla gratis!»

«Tra dieci minuti sarà così strafatto da non ricordarsi nemmeno il suo nome, fa come ti dico e non rompere.» Michael si liberò della presa e salì per la scala macinando gradini. Improvvisamente si sentiva più a fuoco, come se l'adrenalina potesse aiutarlo recuperare parte della sua razionalità. Si accucciò per terra in un angolo della balconata e inserì frettolosamente tutte le pasticche che aveva nel frullatore. Si spostò nella zona dei salottini per trovare una presa. Impiegarono pochi secondi a diventare polvere, vera polvere mutante. Mentre aspettava che recuperassero le altre dosi individuò l'ufficio della direzione e allora capì come poteva fare davvero una marea di soldi. Infilò il frullatore di nuovo nella borsa e si diresse deciso verso la porta a vetri, la spalancò senza bussare: in ogni caso col frastuono della musica nessuno l'avrebbe sentito. La scrivania sembrava deserta ma sentì una presenza materializzarsi alle sue spalle.

L'uomo sulla cinquantina portava una giacca aperta sul petto nudo e peloso, coperto soltanto da una equivoca sciarpa di peli rosa sintetici che sventolava vezzosamente a ritmo di musica contro la faccia di una piacente signorina in minigonna. Si voltò verso di lui spingendolo indietro con fare aggressivo, ma Michael non indietreggiò.

«Vuoi rendere questa serata la migliore della stagione?» gli chiese senza troppi preamboli. L'uomo guardò incuriosito la sacca. «È nuova ed è una bomba, la spargerò sulla pista, gratis per tutti. Basta che mi dai 25000. Io mi faccio conoscere e domani non ci sarà social o giornale che non parli di te»

«Come si chiama?»

Michael per un attimo fu preso in contropiede poi rispose: «Polvere mutante, mi paghi solo se l'effetto ti piace. Ti giuro che non rimarrai deluso.»

«D'accordo, dirò al dj di annunciarla, che dici baby, la vuoi provare?» disse l'uomo spalmandole la lingua sul viso. L'immagine gli procurò un rigurgito, ma cercò di controllarsi. La ragazza doveva già essere fatta perché annuì assente con un sorriso ebete. «Tra due canzoni, dritto sulla pista principale» insistette l'uomo. Michael gli strinse la mano ed uscì di nuovo sulla balconata; Alex lo stava cercando, aveva recuperato quasi tutte le dosi.

Venti minuti dopo si erano divisi il carico e stavano uno davanti all'altro sulla balconata, vicino alle ventole, appollaiati su sedie di fortuna. Quando il dj iniziò il suo annuncio a Michael iniziarono a fischiare le orecchie, sentiva il cuore battere forte per l'adrenalina. Fece il segno ad Alex che alzò il sacchetto di fronte al ventilatore. La polvere cominciò a volare magicamente nella stanza, spinta dai ventilatori, riversandosi su una marea di ragazzi che saltavano a bocca aperta come per afferrarne la maggiore quantità possibile. Michael scese dalla sedia guardò la pista, attentamente, ogni oggetto che individuava lo aggiungeva come a un elenco mentale; quindi, tese le mani e sentì un fuoco crescergli nel petto, per un attimo l'immagine di Kathy gli balzò in mente, ma la scacciò: uccidere con un'onda tutti quei ragazzi non sarebbe stata una grande pubblicità per il suo debutto, doveva solo alzare gli oggetti, solo un pochino. Inspirò a fondo ed alzò le mani. Le bottiglie si alzarono dal bar, un paio di tavolini roteavano sulla folla impazzita che gridava, i cesti dell'immondizia iniziarono a viaggiare sopra le loro teste.

Alex rimase senza parole. Se era un'allucinazione: perché gli sembrava di vedere anche a lui quegli oggetti volare? Poi notò la posa e la concentrazione di Michael e strabuzzò gli occhi. In mezzo a quella polvere faticava a scorgerlo, ma sembrava muovere le mani con un direttore d'orchestra. Diversi flash di telefonini scattarono. La bolgia sulla pista centrale crebbe ancora più del previsto. C'era gente sdraiata a terra che cercava di leccare il pavimento o i tavoli per recuperare anche solo un frammento in più di polverina: era assurdo! Il loro hobby redditizio non era più solo una bravata. Era reale. In più quei ragazzi avrebbe percepito poco più di una pesante emicrania il giorno dopo, cosa li avrebbe fermarti dal volerne di più, sempre di più? Represse un brivido dentro di sé: le foto di quella serata sarebbero girate ovunque; quindi, chiunque avesse fornito gli acidi che avevano sottratto al pusher, avrebbe saputo che si erano fatti la cresta al posto loro e sarebbero venuti a cercarli. Non voleva morire o finire dentro a pochi mesi dalla laurea. E Michael rideva, spostava le luci dei laser, senza essere più capace di trattenersi. Alex si sentiva soffocare da quella scena. Prese la porta di sicurezza senza voltarsi indietro. Era una vera magia, la scienza: lo stupore non aveva prezzo, poteva sparare in alto e l'avrebbero accontentato, almeno finché sarebbe stato la novità; il fatto che lui conoscesse ciò che c'era dietro, che comprendesse come e quando usare quella forza a suo vantaggio lo metteva una spanna sopra a tutti gli altri, perché nessuno in quella stanza a parte lui sapeva spiegare il "trucco".

A spettacolo finito cercò invano Alex ovunque sulla balconata, ma inutilmente. Così attese che il proprietario del locale tornasse nel suo ufficio, con la borsa ormai vuota a pochi passi. Era felice come un bambino. Non gli sembrava vero di aver usato i suoi poteri davanti una folla festante di ragazzini; si era sentito potente, ammirato, per la prima volta nella sua vita, non più un mostro da nascondere.

«Ragazzo, quella roba è una bomba!» L'uomo tornò diversi minuti più tardi. Aveva la testa sbilenca, come se non riuscisse più a raddrizzarla; sui vestiti aveva ancora tracce della polverina, se ne accorse perché la leccò visibilmente soddisfatto dalla manica della giacca e lo stesso stava facendo la ragazza dalla spallina dell'uomo.

«Va giù che è una meraviglia, l'hai fatta tu?» chiese franando sul divanetto dietro di lui.

Michael si voltò verso di lui senza rispondere. Non intendeva dirgli altro finché non sborsava la quota.

«Te ne do 30000 a serata, se torni la settimana prossima» disse inaspettatamente l'uomo. Michael annuì, si alzò in piedi e gli strinse la mano; quindi, l'uomo gli offrì un bicchiere di whisky invecchiato e mandò uno dei buttafuori a recuperare il denaro dalla cassaforte. Non aveva mai visto tanti soldi in vita sua, anche se sapeva di essere ricco, era sempre stato un concetto astratto. Si parlava di grandi case, viaggi, vestiti di lusso, autista e personale di servizio, numeri in banca, ma quei soldi invece erano reali e tangibili. Li poteva toccare con le dita, annusare, poteva studiarne la fattura, apprezzarne il colore. Si era guadagnato ogni euro e poteva soltanto migliorare quella sostanza.

«Non posso farti sapere quando torno e non puoi pubblicizzare ufficialmente la serata con la polvere mutante, altrimenti ci troviamo la polizia fuori coi cani.»

«Mi sembra giusto» annuì l'uomo. «Sorprendici allora! In fondo, chi non ama le sorprese? Tu e la polvere mutante sarete sempre i benvenuti qui!» se la rise infine.

Michael gli strinse la mano, caricò la borsa sullespalle e lasciò il locale. Intravide il pusher vicino all'uscita, guardò isoldi indeciso. Era sdraiato su un divanetto, lo sguardo vitreo fisso sulsoffitto e aveva la faccia verde come quella di un ramarro: doveva avermischiato diverse sostanze quella sera, peggio per lui. Se gli avesse lasciatoi soldi, glieli avrebbero rubati, in fondo, proteggeva solo il suo guadagno.Prese l'uscita, fermò un taxi e salì. Tenne la borsa accanto a sé, pagò in contanti con gli euro che aveva intasca, mentre viaggiava verso la casa dell'amico pensò di aver bisogno di unmezzo per muoversi con più autonomia. Aveva sempre sognato di prendersi unamoto: era il momento di farsi un bel regalo.


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