Liv [New]

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Liv stava studiando in camera sua sbuffando davanti all'ennesima noiosissima lettura di un inutile scrittore di secoli prima. Quanto le mancava la sua classe! Leggere e discutere di politica, attualità, economia, cronaca, invece che perdere tempo dietro questi mostri defunti di un passato lontano. La sua mente scientifica si rivoltava davanti all'inutilità di quelle parole vuote che si rincorrevano sulla pagina. Quando il suo tablet trillò nella camera ormai illuminata dalla luce elettrica ringraziò la sua buona stella. Avrebbe preso qualsiasi scusa al balzo pur di fuggire da lì. Era stata anche tentata di fingere di aver già finito e di presentarsi da Tom per chiedergli di giocare un altro po', ma si vergognava. Lui era stato sempre così gentile: non le andava di mentirgli. Lesse il mittente del messaggio e inarcò le sopracciglia perplessa. Perché mai la tristemente "famosa" Kathy Richardson scriveva proprio a lei? Indugiò per un attimo guardando la vallata che sprofondava nell'oscurità. Poi alzò le spalle e uscì prima di poterci ripensare. In fondo, la stanza di quella ragazza era abbastanza vicina alla sua, sullo stesso piano. Scivolò silenziosa lungo il corridoio fino ad arrivare davanti alla camera.

Stava per bussare, ma prima ancora sentì: «Entra pure». Lentamente aprì la porta e la chiuse dietro di sé. La stanza era completamente al buio. Liv si chiese il perché. «Accendi se vuoi, non sono ancora un vampiro, la luce non mi ucciderà, per ora.»

Liv sorrise alla precisazione. «Adoro i non-morti, ho sempre sognato di diventare una di loro.» Rimase colpita da quell'esile figura che, mascherando una fitta di dolore, cercava di alzare la schiena e appoggiarsi ai cuscini dietro di lei. Si chiese se la pelle d'avorio fosse tra gli effetti del siero o piuttosto il risultato delle travagliate vicende di cui si narrava in giro per la scuola. Si perse per un attimo nei suoi occhi: non erano blu accesi, erano quasi grigi, spenti, parevano coperti da una patina. Per un attimo, ammirò i capelli color cenere chiusi in una treccia precisa. C'era qualcosa in lei di fragile e potente allo stesso tempo. Sembrava disperata, quanto strafottente, una contraddizione vivente.

«Come pensi di fare a diventare un vampiro?» la provocò Kathy facendole segno di sedersi sull'angolo del letto.

«Troverò un bel succhia sangue e mi farò trasformare, pensavo di farlo quando avrò circa 35 anni, così mi faccio ammazzare all'età giusta, prima che cominci il declino, ma quando ho già vissuto la parte migliore della mia vita.» Stava scherzando sui vampiri, ma non sulla decisione di farla finita al momento giusto.

Kathy rimase sconcertata a fissarla con la bocca aperta, aveva percepito i suoi pensieri reali. «Tu vuoi morire a 35 anni?»

«È così strano? Non scegliamo noi di nascere, dovremmo almeno decidere quando morire.»

«Io non voglio morire e basta. Anche se forse sarebbe più semplice nella situazione in cui sono» La sua voce tremava, cambiò discorso a disagio. «Puoi guardare nel cestino se vedi un pacchetto?». Non le piaceva parlare della morte o pensare di averla sfiorata: nella sua vita l'aveva fatto fin troppe volte. Aveva sempre percepito dentro di sé una corda di violino tesa che da un momento all'altro poteva spazzarsi e l'idea non le piaceva affatto. Odiava mostrarsi fragile o degna di compassione. Liv invece le invidiava quell'incarnato pallido e spento e quei capelli sbiancati dal siero. Era come se questo suo stato di quasi morte la affascinasse. Non l'aveva detto ad alta voce, ma questo non cambiava molto per Kathy ormai. In fondo quel potere non era male: si era accorta che spesso le persone nascondevano anche i buoni sentimenti, non solo gli insulti.

Liv prese il pacchetto dal cestino curiosa e lo portò a Kathy; quindi, si sedette sul bordo del letto a gambe incrociate aspettando che lo aprisse.

«È vero che senti quello che penso?» chiese Liv dal nulla mentre Kathy tremando riduceva quella carta da pacchi in pezzi. Kathy annuì soltanto. Quindi scoprì un quadretto, lo rigirò tra le mani e sospirò cercando di non mettersi a piangere come una bambina, anche se qualche lacrima sfuggì al suo controllo. Liv allungò curiosa la testa. C'era un cerotto blu con le balene e nient'altro: lo voltò e lesse la frase scritta a mano con un elegante calligrafia.

«Chi te l'ha dato?»

«Tom» Kathy tentò di ricomporsi.

«Non lo facevo così profondo, comunque è il regalo più brutto che io abbia mai visto, chi mai regalerebbe un cerotto!?» Kathy rise tra le lacrime. Era molto da Tom, in fondo.

«Non è uno qualsiasi. Questa è la prova che io sono diversa. LWS W e B: bianca e blu.» Vagava nei suoi ricordi per recuperare alla sua mente le loro conversazioni.

«Io non ho mai avuto bisogno di prove, ero certa di esserlo.»

«Quindi gli credi così? Senza voler nemmeno verificare?»

«Forse mi sono sempre sentita un morto che cammina.»

«Non vorresti mai spazzare via quella lista dalla faccia della terra?»

«Questo è un altro paio di maniche!»

«E se io avessi un piano?» Kathy le lanciò un'occhiata complice.

«Questa è la parte in cui tu mi spieghi che vuoi una NERD al tuo servizio e mi aduli dicendo che senza di me non ce la farai mai eccetera, eccetera?» la anticipò Liv. Kathy abbassò le spalle delusa: sperava di averla per lo meno interessata. In fondo, capiva Liv: cosa avevano loro in comune? Nulla a parte il tipo di sangue e un paio di geni. Se si fossero incrociate a scuola probabilmente nemmeno si sarebbero guardate. «Quanto illegali sono le cose che vuoi fare?»

«Non proprio illegali. Diciamo proibite dalla scuola o da Tom, che è più o meno lo stesso.» Kathy arrossì.

«Fammi un esempio...»

«Credo che abbia installato qualcosa sul mio tablet per vedere quello che faccio, tutto solo perché avevo rubato il suo account per fare qualche ricerca online. Vagamente esagerato, non trovi?»

«Tu sei riuscita ad accedere come amministratore di sistema? Incredibile! Aspetta, glieli hai letto le credenziali nella mente?» Liv la guardava stupita e con un pizzico di ammirazione in realtà. Non la faceva così intraprendente.

«No, non sapevo farlo all'epoca, almeno credo, ma ho una buona memoria fotografica e l'ho visto digitare la password sulla tastiera.»

«E non puoi rifarlo?»

«Certo che no! Non accederebbe mai davanti a me e la vecchia password l'ha già cambiata, ho provato. Non pensare male di me, volevo solo esserne certa, magari riuscivo a disattivare questo Tracer o come diavolo si chiama.»

«Dammi quel tablet» sospirò Liv. Era un po' indecisa, ma anche molto curiosa. La sua lealtà verso Tom si scontrava con la noia delle lezioni, di quella nuova scuola, la sua totale mancanza di amici e il fatto che era mortalmente stanca di studiare e basta.

«Tom è molto più esperto di me ed è bravo nel suo lavoro, non è detto che io riesca, soprattutto senza che lui se ne accorga, ma se vuoi posso provare.»

Kathy apprese la notizia con un bel sorriso. Quel pezzo della scacchiera era fondamentale per le mosse successive.

«Credo che trovare il programma sia facile, aggirarlo un po' meno.» Liv rifletteva a voce alta mentre scorreva la lista dei servizi.

«Fai quello che devi, carta bianca.» I dettagli non le interessavano. Era abbastanza certa che non li avrebbe capiti. «Cosa vuoi in cambio?» Se non era della sua partita e non era riuscita a convincerla a partecipare alla sua crociata, l'unica arma che aveva era trovare qualcosa che a lei servisse.

«Te la cavi con la poesia?»

«Passabilmente.» Era brava a studiare il minimo necessario per non avere problemi; non era mai stato un genio, ma non aveva nemmeno mai avuto debiti a scuola.

«Ottimo, mi serve per venerdì» Liv le passò il suo tablet dove aveva recuperato l'intestazione del compito.

Kathy lesse avvilita. «È veramente una noia mortale!»

«Io cerco il modo di disattivare il Tracer e tu fai il tema per me, prendere o lasciare» Liv le lanciò un'occhiata di sfida.

«E va bene, ma non ti darò il tema prima che tu non mi abbia mostrato come disattivarlo.»

«E tu mi dovrai dimostrare di aver scritto minimo 50 righe... Anzi 47, il numero primo sembra più casuale.»

Kathy la guardò furente, ma sospirò e le porse la mano perché la stringesse. «Non ti facevo così opportunista!»

«Prova a stare in una classe al 95% di ragazzi per più di un anno e poi ne riparliamo.»

«Ti mancano? A me terribilmente le mie compagne di squadra»

«Caschi male, io odio tutti gli sport e in generale ogni seccatura che mi faccia alzare dal mio divano.»

«Vuoi sapere cosa ho trovato con la password di Tom?»

«Non stasera, grazie. Ho del lavoro da fare. Come se avessi accettato!» Liv si alzò all'improvviso.

Kathy la salutò e rimase infine sola nella stanza con quel quadretto tra le mani. Liv sparì oltre la porta col suo tablet, senza dire o pensare nient'altro. Che strana ragazza! Blu fino alla punta delle orecchie, lo vedeva chiaramente. Kathy invece non si era mai sentita né bianca né blu, come se fosse un miscuglio che nessuno poteva accettare, esclusa da tutti i gruppi. Rilesse la frase di Tom e si mise a riflettere. Cosa succedeva quando mutava il gene LWS B? Non aveva mai osato chiederlo a Michael, ma forse quell'onda che aveva visto era proprio quello che poteva accadere. Un brivido di terrore le passò lunga la schiena. Respinse il ricordo spiacevole. Si sforzò di pensare ad altro: che tipo di LWF era Jacob Finnegan? Era mutato? Probabilmente sì. Cosa sapeva fare? Era davvero esausta per porsi domande così difficili. Spense la luce e si accomodò sul cuscino. Appoggiò il quadretto sul comodino e cercò d'immaginare di trovarsi in un posto dove sentirsi al sicuro e non avere paura. Era un trucco che usava fin da piccola. Pensò alla palestra, immaginò di essere a terra sdraiata sul materassino dopo una serie infinita di addominali a inspirare ed espirare profondamente con lo sguardo perso tra le travi del soffitto e lentamente si addormentò.




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