Un passo alla volta [New]

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Il mattino dopo Kathy venne svegliata all'improvviso. Impiegò qualche secondo a mettere a fuoco la figura che stava tirando le tende.

«Sveglia, dormigliona!» La donna si avvicinò al letto. «Ho trovato il tuo tablet davanti alla porta, l'ho messo sul comodino.»

Dopo un attimo di panico, Kathy la guardò perplessa. Era abbastanza certa di non averla mai vista in vita sua. Rimase incantata dai lunghi capelli color cenere. Era vestita con una comoda salopette, una maglia bianca dalle maniche corte e un paio di sneakers ai piedi.

«Ariel, sono la moglie di David» Le tese la mano. "Bianca?" pensò Kathy. Lei annuì confermando le sue ipotesi. Quindi la sentiva! L'aveva immaginata completamente diversa.

«E' ora di alzarsi» le disse con un sorriso incoraggiante. Solo allora Kathy vide le stampelle e il busto che Ariel aveva appoggiato alla scrivania. Cominciò a scuotere la testa preoccupata.

«Tu non eri insegnate d'asilo?»

«Esatto e tu non avevi tutti i fascicoli su di noi?» Ariel mise le mani sui fianchi fingendosi alterata. «Prima di essere prelevata ero al terzo anno di fisioterapia. So che ti stai chiedendo, e allora com'è che sei finita all'asilo? Ma saprai anche tu che in America per me non è più possibile esercitare e qui in Europa, i miei studi non valgono nulla. Avrei dovuto ricominciare da capo, ma sono rimasta incinta. Va bene così. Si vede che non era destino. David mi ha chiesto di aiutarti e lo faccio volentieri, ma ha un costo: sveglia alle sei, dopo devo andare a scuola.»

«Sono le sei?» Kathy si strofinò gli occhi assonnata.

«Così abbiamo la palestra tutta per noi.»

«Ti ha detto David che ero quasi morta una settimana fa, giusto?»

«Sei già in ritardo. I legamenti si alzano al terzo giorno.» Sembrava ripetesse un paradigma rimasto insito in lei.

«E la mia schiena?»

«Per quella più stai a letto e peggio è. Andiamo, mi ha detto David che sei una sportiva!»

«Ero.»

«Ci sono cose che non puoi decidere nella vita: tipo essere un LWF o quando morirai, ma puoi scegliere se camminare o meno, te lo assicuro, almeno nelle condizioni in cui sei tu.»

«I bianchi non hanno propensioni letterarie? Perché fisioterapia?» chiese Kathy curiosa tirandosi faticosamente a sedere.

«Chi ha mai avuto tempo di leggere? Prima ero una specializzanda, ora sono una mamma lavoratrice. Io rincorro le mie bambine e mi va benissimo così. Giù dal letto, avanti.»

Kathy rimase un attimo sul bordo: la testa le girava vorticosamente. Ariel la cinse per il bacino e lentamente la aiutò ad alzarsi in piedi. Quando rizzò la schiena si fermò; il respiro tagliato in due da una fitta profonda: sentiva quel vetro pungere come se fosse tuttora dentro di lei.

«Respira» Ariel sembrava tranquilla. "Ancora una volta" la invitò con la mente. "Bravissima". Quindi si allungò a prendere una delle stampelle e gli mostrò come tenerla. Kathy era tristemente pratica. Ariel prese il busto dalla scrivania e glielo mise attorno alla vita. Kathy percepì la tensione alla schiena allentarsi un po' e inspirò profondamente. Tremava, non sapeva se fosse per il dolore, il freddo o l'immobilità dei giorni precedenti a letto. Ariel la aiutò a indossare la maglia della tuta.

«Oggi facciamo solo un giro qui in camera, ti porto a vedere l'alba.» Le regolò il tutore al ginocchio in modo che non appoggiasse ancora a terra e quindi la sostenne dalla parte apposta alla stampella e la invitò a tentare un passo. Fu un attimo di dolore pesante e continuo e poi svanì. Kathy si asciugò gli occhi.

«Sveglieremo Roxy» aggiunse la ragazza sorridendo. Ariel annuì.

«Non farei cambio col suo potere nemmeno per migliaia di dollari. Sarebbe un incubo nel mio lavoro, sentire le emozioni con la forza con cui le provano i bambini.»

Kathy si concentrò sui movimenti per tentare di non pensare ai chiodi che percepiva insinuarsi nella pelle del ginocchio. Era molto curiosa, ora che vedeva Ariel dal vivo, di capire cosa potesse essere scattato tra due persone apparentemente così distanti per età o interessi. Un marine e una fisioterapista, ora maestra d'asilo. In quale universo potevano trovare un punto d'incontro? Almeno David aveva fatto tutto quanto in suo potere per salvarla e non si era tirato indietro al momento importante. Michael, invece di soccorrerla, di tentare di salvarla, era scappato e l'idea ogni volta le graffiava l'anima.

Ariel sospirò: doveva aver percepito i suoi pensieri. «David non è tanto più vecchio di me! In realtà non sono il colore degli occhi o dei capelli quello che fa di noi ciò che siamo. Quello che mi piace in lui è quello che sente, quello che fa, come vive la sua vita. E non farei cambio tra quello che ho ora e quello che avevo per nulla al mondo, anche se questo vuol dire essere un mutante e rinunciare ai miei genitori, a mia sorella e alla fisioterapia.» Mentre le parlava non perdeva mai la sua calma serafica. «Lui mi ha salvata, certo, ma non è per questo che è successo. Ho dovuto insistere parecchio. Se ami qualcuno, devi aspettare che sia pronto, accettare le sue debolezze e le sue paure. C'è qualcosa nei suoi occhi da gatto, nella sua voce, nel suo modo di ridere che mi fa sentire importante; la persona che, in fondo, volevo essere. Ti dirò, col tempo, i piccoli difetti sono la parte migliore.» Kathy la guardò perplessa.

«La vita è meravigliosa, Kathy, come questo sole che sorge. Per quanto male ti faccia, ti giuro che vale la pena rialzarsi in piedi. Hai diciott'anni, la tua storia è appena iniziata. Hai preso una bella botta, te lo concedo, ma non è ancora il momento di lasciarsi andare. Un giorno troverai una persona che ti ama e che ti starà vicino, anche quando cadi a terra, aspettando che tu sia pronta ad alzarti con le tue gambe.» La guidò fino ad appoggiarla al vetro della sua stanza così che potesse ammirasse il sole che nasceva in mezzo alle montagne.

«Se mi avesse amato, non mi avrebbe abbandonato a terra in una pozza di sangue, avrebbe chiamato aiuto.»

«Sono d'accordo.»

«Vuol dire che non mi amava.» Gli occhi le si riempirono di lacrime.

«Mi dispiace, Kathy. In fondo è molto semplice. Chi ti ama, si prende cura di te.»

«E l'emozione? E la passione?»

«Quelle sono solo dentro di te, Kathy. Se ti fa soffrire, se ti fa stare male, non è la persona giusta.» Ariel la prese per mano per riaccompagnarla a letto.

«Ma io pensavo che se lui avesse fatto pace con la sua storia, poi sarebbe stato diverso, che non avrebbe più voluto scappare.»

«Non puoi salvarlo dalla sua vita o dalla sua storia. Soltanto lui può decidere di guarire. Tu hai provato a stargli a fianco, ad aiutarlo, ma non puoi sistemare tu la sua vita. Tocca sempre e solo a lui fare quel passo, tu puoi dargli il tempo che gli serve e niente di più.»

Quel discorso lasciò Kathy molto pensierosa.

Ariel le consigliò di stare un po' seduta sul bordo del letto e proseguirono con gli esercizi per le braccia. Mentre inspirava a fondo per reprimere il dolore in sé Kathy cominciò a pensare a Michael. Le sembrava di vederlo immobile nella notte davanti a lei. Avevano sbagliato entrambi, ma se l'avesse amata, non se ne sarebbe andato. Invece di restare e combattere per lei, era scappato e non poteva fidarsi di qualcuno che fugge. Era stato un grande sbaglio: un'altalena di pensieri e parole, eccitante sì, ma dove mai poteva portarla? Un legame tossico, una droga inebriante e sul momento fantastica, che ti poi ti lasciava solo lo stomaco in subbuglio e un gran mal di testa, un mal di vivere anzi, perché di voglia di reagire Kathy ne sentiva pochissima, come se il mondo si fosse spento e non ci fosse più nulla di cui le importasse.

Quando Ariel se ne andò dalla stanza si sentiva a pezzi, si stese sul letto e si addormentò di sasso. A risvegliarla fu il suono del tablet. Era Liv che le diceva che aveva trovato il servizio incriminato la notte precedente, prima di riportarle il tablet e stava studiando qualcosa. Kathy si accorse soltanto allora di non aver controllato la posta.


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