Michael [New]

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Quella mattina, Michael girava nervoso per i corridoi davanti alle aule della Lotus Academy. Aveva dormito male, non era la prima volta, né sarebbe stata l'ultima: si era svegliato nel cuore della notte, madido di sudore con quelle grida e gli spari nella testa. Aveva faticato a trattenersi. Era corso nella scuola buia fino ad arrivare alla camera insonorizzata che suo padre aveva costruito per lui ed era crollato a terra tenendosi la testa tra le mani. Le pareti bianche giravano attorno a lui e quel maledetto fiore sembrava cadere a terra come per infrangersi sul pavimento. Infine, era esploso: la sua onda si era propagata a raggera nella stanza fino ad essere assorbita dalla parete. Si era lasciato scivolare a terra, esausto, con un peso persistente al petto e il solito bruciore che lo sconvolgeva da dentro: ogni volta era doloroso, quanto inevitabile. Era rimasto fino alle 5.00 rannicchiato nell'oscurità a guardare il fiore di loto dorato inciso sul braccio che pulsava e illuminava la stanza buia.

Per quanto tentasse di dimenticare ciò in cui era stato trasformato, c'era qualcosa di troppo profondo che lo tormentava. Forse invidiava chi aveva smesso di combattere: convivere con quella mutazione era una tortura quasi maggiore degli infarti con cui aveva dovuto lottare per tutta l'infanzia. A volte gli sembrava di essere precipitato in un incubo, intrappolato dalle sue paure e costretto a ripetere giorni monotoni e sempre uguali in quell'assurda gabbia di vetro. Era pericoloso per sé stesso e per gli altri, un mostro. Questo non faceva che dirgli suo padre coi suoi occhi accusatori quando lo videochiamava e lo interrogava sui valori ematici o sugli esami, senza mai osare chiedergli: "tu come stai?". Era facile per lui: non aveva passato il suo inferno. Aveva preso il Nobel per la sua scoperta, fatta sulla pelle di suo figlio, e ora si godeva il successo lontano da lì. Forse così riusciva a dimenticarsi quanto quel premio era costato.

Gli altri alunni stavano entrando in classe e lui torturava la sua pallina antistress tentando di respirare profondamente, non poteva mancare a un'altra lezione di biotecnologia: avrebbe presto dovuto affrontare la prova scritta. Rimase solo una ragazza, sola, seduta su una panca a fissare il cartellone che il padre aveva appeso alla parete il giorno dell'inaugurazione della scuola, un fiore di loto rosa e bianco sospeso sulle acque cristalline di un lago:

Dal fango delle avversità cresce il fiore di loto della gioia.
(Carolyn Marsden)

Nel fango, William Lorenz non c'era mai stato davvero. L'illuminazione l'aveva avuta a spese della disfatta del mondo. Pensava di essere un eroe perché salvava la vita delle persone, ma non si fermava mai a chiedersi qual era il prezzo: anche quella giovane anima innocente aveva già incominciato a pagarlo. Pochi giorni prima, sua madre, che lavorava come infermiera nella scuola, gli aveva chiesto una donazione extra di sangue per quella giovane. La sua reazione allergica agli inoculatori di siero, realizzati in nichel, era la prima che fosse mai avvenuta nella breve storia di quella scuola. Non serviva certo il Nobel per trovare una sostanza migliore: avrebbe potuto suggerirne lui stesso diverse, ma suo padre alla fine lo considerava ancora un moccioso svogliato.

Tuttavia, non era per l'impianto che si sentiva in colpa verso quella ragazza: non si era trattenuto dal raccontare la storia assurda del suo recupero con un paio di amici e ora nell'Academy la guardavano tutti dalla distanza, timorosi di avvicinarsi. A osservarla meglio, in realtà, sembrava non aver molta voglia di attaccare discorso con qualcuno: se ne stava seduta sul divanetto, dove probabilmente le avevano indicato di attendere la sua insegnante e studiava le acque placide di quella foto.

«Lascia perdere, mio padre è fissato» disse fermandosi timoroso dietro di lei.

Kathy si voltò stupita. Un ragazzo dagli occhi blu e i capelli a spazzola rossi scavalcò la panca e si sedette di fianco a lei. Lo guardò perplessa: le piacque come portava i ciuffi tutti spettinati. Seppur chiaramente non fosse più un bambino, sembrava non dimostrarlo, come se gli fosse rimasto dentro un animo giocoso e indisponente. Kathy capì all'istante di essere il "giocattolo nuovo" della scuola, ma la sua curiosità non la infastidiva, anzi per la prima volta da quando era entrata in quell'edificio si sentì esistere, seppur solo attraverso gli occhi curiosi di quel ragazzo.

«Intendevo il cartellone.»

Kathy sorrise e annuì.

«Tu sei Kathy, giusto? Io sono Michael, comunque, e ... non c'è di che» le sussurrò avvicinandosi all'orecchio. Lo fissò incredula. «Il sangue che ti hanno dato per la reazione allergica agli impianti era mio. Ti è passato lo sfogo?»

Alla precisazione, Kathy fissò il pavimento per nascondere l'imbarazzo. Un po' era delusa che il suo interesse fosse dovuto solo alla sua reazione allergica. «Un po' meglio, grazie: prude ancora, ma la prossima settimana dovrebbero mettermi l'impianto nuovo, per ora ne ho uno provvisorio.» Era coperto da una benda e non aveva mai osato guardarlo; già con quella era difficile non grattarsi.

«Non sapevi di essere allergica al nichel?»

«In realtà no, non ho mai fatto i buchi alle orecchie. Mia madre non voleva: era spaventata a morte all'idea che mi venisse un'infezione.» Kathy arrossì. Un po' si vergognava a raccontare quella storia: si sentiva molto bambina.

«Penso che i tuoi genitori e i miei andrebbero d'amore e d'accordo.»

«Probabile.» L'idea di cosa avrebbero pensato i suoi se si fosse presentata a casa con un ragazzo così le strappò un sorriso. In fondo cosa c'era di male? Non doveva certo vergognarsi del suo aspetto o dei suoi soldi.

«L'impianto d'oro... Sarai la prima dell'accademia, complimenti! Molti ti invidieranno!» Michael studiò la sua reazione. L'idea di avere un tratto distintivo diverso da tutti, in realtà, non le dispiaceva, soprattutto se la poteva rendere unica agli occhi di Michael. «Ti sto prendendo in giro. Nessuno più lo guarda quel fiore, dopo un po' nemmeno ti ricordi di averlo addosso.» Alzò le spalle.

«Forse è meglio così. Anche tu sei oro?»

«LWF BR, non si vede?» Rise dandole un colpetto sulla spalla. «I blu li distingui dalla pigmentazione dell'iride. I rossi e i bianchi dal colore della chioma. La melanina è fortemente influenzata dai geni LWF. Piccolo trucco, per i nuovi arrivati» spiegò poi a Kathy. «I tuoi capelli sono già schiariti da quando ti ho vista l'ultima volta.» Le prese una ciocca ribelle che usciva dalla treccia.

Kathy lo osservò perplessa: in realtà non si era guardata molto nello specchio negli ultimi giorni. Non ne aveva bisogno per pettinarsi o per farsi la treccia: vecchia abitudine da quando portava gli occhiali.

«Io non ero così rosso all'inizio, ero castano, ma il siero ha questo effetto: porta a esplicitare le tue differenze genetiche; per cui, i tuoi occhi diventeranno più blu e i capelli più chiari.» Alzò le spalle come se fosse una cosa ovvia, tuttavia per Kathy non lo era affatto. Il siero poteva cambiare il suo aspetto?

«Ora devo scappare, ho il corso online di biotecnologia, terribilmente noioso, ma controllano le ore che ho frequentato per farmi accedere all'esame, quindi sono obbligato. Voglio vedere il fiore d'oro quando te lo mettono!» urlò mentre si dirigeva verso la classe.

La ragazza aspettò che girasse l'angolo, quindi si sciolse la treccia e cominciò a guardarsi i capelli. Stavano davvero schiarendo! Si teneva ancora le punte in mano incredula quando una grattata di gola attirò la sua attenzione.

«Kathy?» Una donna sulla trentina dai lineamenti asiatici con gli occhi scuri e una cascata di ricci biondo cenere si era fermata giusto davanti a lei. Era vestita con un completo panna, giacca e gonna. Portava una spilla con la forma di un fiore di loto appuntata sopra al taschino. Probabilmente era un LWF bianco, se Michael aveva ragione. Kathy si alzò in piedi, legò i capelli in un crocchio approssimativo e seguì la donna nel corridoio.

«Angela, sono la tua tutor. Vieni, ti spiegherò tutto. Mettiamoci qui: è abbastanza tranquillo.» Si accomodarono in un piccolo studio. Kathy si sentiva il braccio prudere terribilmente: forse perché Michael gliel'aveva ricordato. Quindi, ora lei era per tutta la scuola la ragazza allergica: ottimo inizio!

«Come stai? Mi hanno detto dell'impianto. Mi dispiace.»

«Sta migliorando» mentì Kathy. La tensione nervosa invece sembrava avere l'effetto contrario su quell'irritazione cutanea. Per il resto, in realtà, le era rimasta soltanto una piccola cicatrice in fronte e il costato ora non le faceva quasi più male.

«Come avrai già capito, questa è una scuola molto particolare: ci sono ragazzi di tutte le età e grado, hanno percorsi di studio diversi, passioni differenti, predisposizioni particolari e anche il siero a volte porta a galla propensioni inaspettate» iniziò a spiegare Angela mostrandole un tablet con un'immagine in cui erano riportati in uno schema, in quadranti con le lettere, i tre geni principali.

«In che senso propensioni? Il siero può decidere cosa mi piace?»

«Oh, no. Il siero è solo un mezzo, agisce come un evidenziatore: porta alla luce alcune tue caratteristiche, però quelle sono già in te e ognuno ha le sue» tentò di spiegare Angela.

Kathy era ancora perplessa.

«Partiamo dalle basi. Mr. Lorenz non ha assegnato queste lettere e colori a caso. Lui è sempre stato un appassionato della filosofia buddhista. Nel buddhismo un loto bianco indica purezza mentale e perfezione spirituale, il rosso è il simbolo della compassione e dell'amore, il blu è della saggezza e intelligenza, l'oro è il raggiungimento della completa illuminazione.»

«I miei sono atei e io non sono mai entrata nemmeno nella cappella multireligiosa della scuola.»

«Non importa, tutti siamo un fiore, in certo senso, anche se non abbiamo questo gene» sorrise Angela. Vedendo la ragazza ancora incerta continuò: «Parliamo di te e dei tuoi geni. Tu hai una componente genetica del loto bianco: purezza mentale e perfezione spirituale. Questo di solito rivela una propensione letteraria. E una del loto blu: saggezza e intelligenza, il che usualmente si accompagna a predisposizione per le materie scientifiche.»

«Non sono un genio in scienze e non amo leggere. Io sono una sportiva.»

«Capisco.» Angela rimase a studiare lo schema per un lungo istante.

«Ho sempre giocato a pallavolo e a scuola sapevo di dover stare in una certa media per poter frequentare gli allenamenti. Non ho un piano B, quindi sono inutile adesso!»

Angela la guardò stupita. «Nessuno è inutile. Qui forse non è il posto più adatto per diventare un'atleta professionista: col tatuaggio in rilievo potrebbe essere complicato giocare e immagino tu sia molto demoralizzata per questo. Visto che comunque devono installarti un nuovo impianto, posso fare presente la tua esigenza. Non ti assicuro nulla, ma se questo ti rende più felice, provo volentieri» si offrì gentilmente. «Qui abbiamo una palestra, palloni: non è come il campionato della tua vecchia scuola, ma se vuoi giocare o allenarti, non ci vedo nulla di male, anche con altri ragazzi.»

Kathy respinse le lacrime in gola e annuì sussurrando: «Mi piacerebbe molto».

«Bene, per il resto intanto possiamo semplicemente continuare l'istruzione di base del tuo livello, se senti che ti piacerebbe approfondire un argomento, me lo fai sapere, d'accordo? Ti faccio fare un piccolo quiz per verificare il tuo livello, se sbagli qualcosa non ti preoccupare. Siamo qui per questo.» Angela la incoraggiò con un bel sorriso.

Kathy si sforzò di ricambiare e si concentrò sul tablet inserendo i suoi dati. Leggeva le domande, una dopo l'altra; erano difficili: molte nozioni le aveva studiate diversi anni prima e non le ricordava bene. Avrebbe fatto un punteggio orribile. Mentre pensava alle risposte sperò che Michael non venisse mai a conoscerne il risultato, anche se, per la verità, qualcosa le diceva che quel ragazzo aveva tutte le porte aperte lì dentro. Forse era il vantaggio di essere figlio del capo, in fin dei conti.

A metà del test lo vide passare per il corridoio: lanciava per aria una pallina da dietro la schiena e la riprendeva davanti facendo la piroetta. Era un gioco abbastanza stupido, ma per nulla semplice. Dalla sua posizione non riusciva a vedere benissimo: per un attimo le sembrò quasi che avesse gli occhi chiusi, ma probabilmente aveva visto male. Michael si sedette sulla panchina, mise l'antistress sopra le mani e poi la guardò intensamente. Kathy arrossì e si distrasse totalmente. La piccola sfera gommosa cominciò ad alzarsi dalle sue mani come se stesse volando, spinta da una forza invisibile. Si sporse per vedere meglio; Michael se ne accorse perché le sorrise passando la mano sotto di essa come a dimostrare che non c'era trucco né inganno. Era davvero strano quel ragazzo, ma divertente, a modo suo. Evidentemente era un mago: quel trucco era molto convincente.

«Credo sia meglio che ti concentri sul test» disse Angela all'improvviso senza nemmeno alzare lo sguardo dal libro che stava leggendo. Kathy abbassò gli occhi sul tablet, cercando di fingere indifferenza, ma le scappava ancora da ridere. La sua tutor, infine, si alzò e chiuse la porta scuotendo la testa.

«Quel ragazzo usa il suo potere come fosse un gioco, ma ti assicuro che non c'è nulla di divertente in una mutazione!» La porta si chiuse in un sibilo. Aveva detto potere? Kathy si ripromise di scoprire qualcosa in più su di lui.


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