Prologo [New]

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Washington, 13 aprile 2008

«Dottoressa Wolfe, quando ha deciso di voler diventare una scienziata?»

Helene rabbrividì a quella domanda, reprimendo un sussulto. Quella spocchiosa giornalista trentenne dalla pelle diafana poteva forse surclassarla in altezza e sicuramente aveva un viso di una simmetria gradevole, ma non dimostrava più intelligenza di un cactus. Se avesse avuto davanti un uomo, un senatore degli Stati Uniti o qualsiasi altro Premio Nobel, certamente non avrebbe mai posto una domanda tanto stupida. La sua mano smise all'istante di giocare con la collana di perle e si occupò di allontanare un ciuffo vermiglio sfuggito alla permanente fresca. Detestava Washington, l'aria primaverile e i giornalisti. Poteva forse esserci una sfilza di disgrazie più infauste da affrontare tutte negli stessi trenta secondi?

«La scienza non è un luogo caldo, sicuro e tranquillizzante in cui una bambina sogna di potersi rannicchiare.» Vedere quella donna impallidire sotto il pesante strato di cipria le diede una certa soddisfazione. «La scienza è verità, è decisa e tagliente come un bisturi, ineluttabile come il destino dell'uomo. Essere ricercatori non ha nulla a che fare coi sogni o con le fantasie. Si tratta di abnegazione, studio, duro lavoro senza garanzie, soddisfazioni parziali e moltissime domande destinate a rimanere orfane di risposte.»

La mano della giornalista tremava e il suo sorriso era impresso sulla sua faccia coma una maschera, ma chiaramente faticava anche solo a deglutire. Era il minimo: che si vergognasse! Non le importava di essere amata, ma di essere rispettata sì. Era presidente di una commissione del Senato, stava per cambiare la storia del suo paese, non le interessava parlare dei suoi sogni tra the e biscotti glassati in un salottino elegante.

«L'uomo è una formica davanti alle mura fondanti lo studio del suo medesimo genoma: tenta di scorgere questi segni antichi e silenti impressi nella roccia da secoli. Con la pazienza di archeologi, ciò che noi genetisti cerchiamo di fare, è di comprendere tali segni, sottilmente nascosti dentro di noi e tentare di interpretarli per trarne quante più informazioni utili alla sopravvivenza della specie umana. La mappatura genetica della popolazione è in tal senso un passo fondamentale per garantire la massima efficacia medica.»

«Domani questa mappatura comincerà ufficialmente, come si sente?» chiese una rivale prendendo al balzo l'esitazione della prima sfortunata nel porre la sua seconda domanda.

«In realtà? Veramente sollevata. Ora che siamo consapevoli del grosso rischio insito nel curare una persona senza avere una reale e puntuale conoscenza del suo DNA, credo sarebbe stato da parte del Governo un segno di pessima amministrazione non adoperarsi per rendere possibile tale analisi su larga scala. I cittadini americani hanno diritto ad avere la migliore cura possibile, a conoscere la propria situazione genetica» spiegò soddisfatta che la conferenza stampa stesse evolvendo nella direzione sperata.

«Non tutti gli stati però hanno reso l'esame obbligatorio» aggiunse un corrispondente della CBS.

Sagace, ma era preparata a quell'obiezione. «Come è stato precedentemente ricordato, io sono una scienziata e non ho una conoscenza così approfondita dell'apparato amministrativo di questi stati, in termini di fondi e di regolamenti. Da cittadina, quello che posso dire è che non approverei mai un'amministrazione che metta la mia salute in secondo piano rispetto ai calcoli economici.» Forse il suo capo ufficio stampa aveva ragione: era tagliata per la carriera politica. Schiacciare quei cronisti come insetti fastidiosi era oltremodo divertente.

«Molti si chiedono cosa il governo, gli ospedali o le compagnie farmaceutiche possano fare una volta entrati in possesso di questi dati, certamente personali e sensibili.» La prima giornalista aveva forse ritrovato il cervello nello spazio tra le sue onde voluttuose e i tacchi a spillo.

«Faranno il loro dovere e proteggeranno tali informazioni con adeguati strumenti, utilizzandoli al meglio per aiutare la cura e la diagnosi delle malattie genetiche, nonché il progresso delle scienze genomiche e mediche in generale. Io non ho alcun timore a riguardo: ho la massima fiducia che il nostro paese sia pronto per questo storico passo.» Helene pensò che dopo questo assist forse sarebbe stata la signorina ad aver necessità di ritirarsi in un'elegante caffetteria e affogare il proprio fallimento in un bignè alla crema.

«Come commenta la bocciatura dell'FDA della richiesta di sperimentazioni genomiche avanzate da George Feltman, cofirmatario della ricerca che vi ha portati al Nobel?»

Helene cercò la voce di provenienza della domanda nella confusione dei giornalisti accalcati sulle scalinate del senato, ma senza successo. Doveva stare attenta a non pestare i piedi all'FDA, proprio ora che le avevano dato il loro appoggio, ma, tutto sommato, non poteva nemmeno voltare le spalle a un amico e collega. Non avevano idea di quanto George avesse fatto per tutte le loro piccole menti offuscate.

«Mi dispiace, dovrebbe chiedere tali ragioni ai vertici dell'FDA, non sono la persona adatta a risponderle.» George era un grande scienziato, ma temeva fosse molto più avanti dei tempi in cui vivevano: il mondo forse non era pronto per le sue scoperte. La storia della scienza, in fondo, era piena di geni incompresi.

«Lei invece ha deciso di fare un passo indietro dalla ricerca?»

Questa domanda era senz'altro pilotata dal suo ufficio stampa. Rispose con sicurezza. «Solo temporaneamente, finché il senato avrà bisogno della mia consulenza sarò ovviamente a disposizione.» Quasi equivaleva a lanciare la sua candidatura ed era certa che i giornali avrebbero speculato sulle sue parole per mesi.

«Perché ha scoraggiato il senato dall'utilizzo del cerotto della Lotus Corporation?»

Nel sentire quel nome si irrigidì. La sua voce era calma, glaciale, impassibile quasi, ma il suo cuore gridava. «Ritengo che il prototipo non sia ancora abbastanza stabile da poter essere usato su larga scala e in ogni caso, per quanto economico, nessun cerotto potrà mai sostituire la certezza di una mappatura completa del DNA.»


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