Capitolo 30 - Morning Light

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«Quindi abbiamo perso tutto», commentò Gus, addolorato, fissando il suo capo con rammarico. Rottemberg annuì, poggiandogli una mano sulla spalla destra.


«Almeno sei ancora qui tra noi. Basta questo», sentenziò con affetto, prima di allontanarsi.
«Hai già parlato con Anita e River?»


Rottemberg annuì, serrando evidentemente le mascelle. Gus sospirò di rimando, facendogli capire quanto si sentisse in colpa per la missione fallita.


«Non è colpa tua», blandì il caposquadra.
Gus si massaggiò le tempie con i pollici.


«Piuttosto, dovresti dirmi cosa hai visto in quella casa... se ricordi».


Gus annuì, nonostante sembrasse dubbioso.


«Io ricordo poco, a dire il vero... le droghe mi hanno confuso, Rott. Qualsiasi cosa io dica potrebbe essere frutto della mia immaginazione», spiegò l'agente, umile. «Comunque credo che la persona che mi ha rapito fosse Vin».


Rottemberg strabuzzò gli occhi, esterrefatto.


«Vin? La madre di Brick?»


Gus annuì, applicando una pressione ancora più forte sulle tempie. Rottemberg si rese conto che avrebbe dovuto farlo riposare, ma voleva sapere tutto.


«Però non sembrava esattamente lei... era più simile a un mostro»
«Una Diversa?» chiese Rottemberg, interessato.


Gus fece spallucce. «Non ne ho mai visti di quel tipo»
«Grazie Gus. Ora è meglio che io ti lasci riposare», comunicò il caposquadra, uscendo dalla stanza e facendo tornare Sally davanti al capezzale del marito.


Prese il cellulare e compose subito il numero di Anita. Lei rispose dopo mezzo squillo.
«Gus è sveglio. Domani mattina voglio parlare con il tuo amico. E niente scherzi»
Le riattaccò praticamente in faccia, e si diresse, deciso, verso casa sua.



Anita osservava lo schermo del cellulare, assonnata. I suoi occhi, che erano tornati del loro verde naturale, sembravano incollati fra loro per la stanchezza che sentiva addosso.
E dove lo trovo Gufo a quest'ora? si chiese, passandosi una mano sul viso.
Provò a salire sul tetto, sperando che riuscisse a capire che aveva bisogno di lui.


Rimase seduta a gambe incrociate per un'ora, rendendosi conto che il sonno aveva avuto la meglio su di lei almeno due volte. Alla fine, si arrese e tornò a dormire. L'indomani si sarebbe inventata qualcosa.


Il bagliore del mattino illuminò il suo viso, risvegliandola dolcemente. Si trascinò fuori dalle coperte e setacciò brevemente la casa. River era già uscito. Ringraziò il cielo e si sedette con pochissima grazia al tavolo di alluminio della cucina. La casa era davvero un porcile, notò con rassegnazione.


«Vuoi un caffè?»


La voce pimpante ed euforica di Gufo le fece fare un balzo di almeno un metro sulla sedia.
«Da dove cavolo sei sbucato?» urlò Anita, ancora abbarbicata sulla sedia. «Mi è quasi venuto un infarto».


Gufo le sorrise. «Abbiamo un appuntamento stamattina. Non voglio mica tardare».


Gufo indossava il suo stupido cappello a cilindro e uno smoking color crema, che, come sempre, gli stava largo di almeno tre taglie. Doveva pensare di essere molto elegante.
Anita non gli rivolse la parola, ma decise di alzarsi e dirigersi verso la sua camera.
Gufo mosse qualche passo, seguendola.


«Dove stai andando?» gli chiese lei, voltandosi di scatto e bloccandolo sul posto.
«Pensavo stessimo uscendo».


Anita alzò gli occhi al cielo, esausta.
«Sto andando a vestirmi. E tu, senz'altro, rimani fuori»
Gufo sorrise. «Questo è un vero peccato»
«Ti prego. Non posso gestirti a quest'ora. È troppo presto», mugugnò Anita, stancamente.
Gufo alzò le braccia in segno di resa, ghignando.


«Aspetterò qui. Non fare tardi»
Anita gli rivolse il dito medio e si sbatté la porta alle spalle.



La situazione era quantomeno singolare. Anita, Gufo e River seduti davanti alla scrivania di Rottemberg. I suoi colleghi, ovviamente, osservavano Gufo con talmente tanto astio da sembrare surreale. Gufo, invece, aveva un sorriso da parte a parte, come fosse stato un bambino al Luna Park.


«Partiamo dal presupposto che odio che un essere schifoso come te sia seduto nel mio ufficio», esordì Rottemberg, con la voce incrinata dal risentimento.
Anita tossicchiò, sperando che non si surriscaldassero troppo gli animi.
Gufo non rispose, continuando a guardarsi intorno, estasiato.


«Mi stai ascoltando?» alzò la voce il caposquadra. Anita vide la vena sulla sua tempia ingrossarsi, segno evidente che stava perdendo la calma.


Gufo annuì, togliendosi il cappello e mostrando a tutti i suoi capelli biondissimi. Anita si ritrovò a fissarlo intensamente, cosa che lui dovette notare perché le rivolse un mezzo sorriso.


«La sto ascoltando, capo».


River stava osservando tutta quella scena con la stessa espressione con la quale avrebbe guardato uno scarafaggio.


«Non sono il tuo capo. Ora ascoltami bene. Ho rischiato la vita di uno dei miei l'altra notte, e non intendo perdere nessun altro», borbottò Rottemberg. «Anita si fida di te; quindi, farò finta di farlo anche io. Al primo passo falso ti sbatto in galera e butto via la chiave»


Gufo sorrise e fece il saluto militare. Anita si trattenne dal ridere, anche se quella situazione poteva finire in una carneficina da un momento all'altro.


Rottemberg cercò di ignorare il fatto che Gufo lo stava visibilmente prendendo in giro.


«Devi dirmi tutto quello che sai su una donna che si fa chiamare Vin»


Improvvisamente Gufo tornò serio e, come fosse stato un riflesso condizionato, rivolse uno sguardo penetrante ad Anita. Poi si riprese e riportò l'attenzione davanti a sé.


«Cosa sapete su di lei?» chiese Gufo.
«È la madre di Brick, e l'avvocato di Alexander Restev», rispose Anita.


Rottemberg non disse che probabilmente si trattava anche della donna che aveva catturato Gus, ma attese che Gufo parlasse.
Dopo minuti interi di silenzio, lui abbassò la testa e iniziò a parlare.


«È arrivata in città quando il vostro collega è morto. Da quando è tornata, Jep non è più lo stesso», esordì Gufo. «È come se la presenza di Vin lo rendesse più forte e più debole, allo stesso tempo».


Anita non lo aveva mai sentito parlare così tanto e ne rimase assolutamente affascinata. Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.


«So per certo che il vostro collega aveva dei fascicoli su di lei»


Rottemberg lanciò subito uno sguardo ad Anita, la quale sembrò imprecare a bassa voce.


«Pensiamo che ora quei fascicoli siano in mano a Jep», ammise Rottemberg, guardandosi bene dall'ammettere che fosse colpa sua. «Pensi di poterli recuperare?»
Gufo socchiuse gli occhi, poi si rimise il cappello a cilindro e sorrise.
«Certo».

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