12. Medellín, Colombia

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RIELE

«¿Como, como?! Volete recarvi seriamente anche voi a Medellín? Ho sentito bene? E come mai così d'un tratto?» ci sormonta Léon di richieste quando rientriamo nell'appartamento nel tardo pomeriggio.

Joanna fischietta, invece io dico:

«Be'...»

"Voglio solo andarmene e credo di sapere dove potremmo recarci" sorrise beffardamente passandosi la lingua tra i denti.

Un'altra volta? Dobbiamo partire un'altra volta?

"Uh?" inclinai il capo alla sua richiesta.

"Sai cosa sto pensando?"

"No" dissi.

"Di recarci a Medellín" annunciò alzandosi in piedi.

I miei globi oculari si spalancarono.
Aveva detto Medellín?!

"A Medellín?!" esclamai tra lo sbalordimento e la confusione "Perché?"

"Ricordati cosa ha detto quel Chico Entrometido? Te lo rimemoro: 'Un giorno dovete venire a Medellín al Local de Sorpresas. È un posto molto divertente e pieno di sorprese come dice il nome. Sono sicuro che vi divertirete un mondo'. Questo locale o pub che sia, ammetto che mi ha incuriosita parecchio anche se non l'ho dato a vedere, soprattutto quando ha menzionato che l'ospite d'onore sarà Maggie Lindemann!" mi comunicò facendo sparire la rabbia di poca fa per il concerto cancellato.

Allora aveva ascoltato la conversazione. Dovetti dire che anche a me questo 'Local de Sorpresas' mi aveva incuriosita tanto, e sapere che si trovasse in un'altra città alzò il mio livello di avventura ed esplorazione di nuove mete.

"Nel taxi feci le mie fantastiche ricerche di approfondimento e scoprii che la città che aveva nominato quello là, in cui andremo, è molto briosa e tranquilla. Prometto che non ci muoveremo da lì, neanche se precipitasse un meteorite" dichiarò con tenacia abbracciandomi di lato "Gyal, che ne dici?"

"Dico di sì!" enunciai "Allora Léon lo stavi ascoltando."

Lei si staccò brontolando:

"Può darsi."

«...Così stanno le cose» finisco di raccontare.

«Ora si spiega meglio» emana rivolgendosi poi a Joanna «Así que me estabas escuchando.»

Lei sbotta e chiarisce:

«Sólo esa parte del local. Nada más.»

«Certo come no» proferiamo io e lui contemporaneamente.

Ci diamo una rapida occhiata e scoppiamo a ridere per la simultaneità del momento.

«Comunque mi spiace che il concerto di Ferrante sia stato disdetto all'ultimo. Avrà generato una rivolta di indignazione in tutta l'America Latina» dice lui.

«Meglio. Gli sta bene» sostiene Jo, a braccia conserte «In compenso mi rimborseranno.»

Una chiamata improvvisa dal cellulare del ragazzo lo fa assentare un minuto, e al suo ritorno continuiamo a conversare.

«Per cui partirai domattina, giusto?» gli chiedo.

Lui scuote la testa.

«Oggi sera stesso» espone pulendosi le lenti «Quando ero rientrato nel mio appartamento, dal vostro, questa mattina, mi aveva chiamato il mio capo per riferirmi che domani la cantante verrà insieme al suo team a visitare il locale e a provare in modo che non sorgano problemi prima di venerdì. Di conseguenza devo affrettarmi a consegnare le provviste e accoglierli.»

Mi mostro dispiaciuta. Ciò significa che partirà a momenti. Lui se ne accorge.

«Come mai quel viso rattristato?» mi osserva insieme a Joanna, la quale solleva un sopracciglio.

«Perché partirai a breve» dico in modo impacciato.

«Pff... ma per favore» commenta lei.

Léon rimane sorpreso e un ampio sorriso si distanzia sulle labbra.

«Non essere giù di tono, tanto verrete anche voi a Medellín» mi rassicura facendomi riacquistare il buon umore «A proposito quando verrete?»

Mia cugina interviene.

«Se l'esibizione è venerdì, partiamo domattina all'alba se c'è disponibilità. Sai consigliarci quale autobus extraurbano prendere oppure qualche aereo affidabile?»

Lui elenca una serie di informazioni, sorvolandosi su alcuni e ci consiglia di prendere l'aereo Vivair se abbiamo fretta, altrimenti possiamo optare per il pullman di nome Expreso Bolivariano se invece vogliamo ammirare il panorama del percorso, la cui fermata per la partenza è posta nel 'La Terminal'. Dice di trovarsi a meno di otto minuti da qui.

«Vi consiglio inoltre un hotel a due minuti dal locale, denominato 'Cómodo hotel'. Sono sicuro che vi troverete benissimo» ci suggerisce «Prima che mi smemori l'esibizione della cantante si terrà alle 9:00 di sera.»

«Sarò molto contento di condurvi al Local de Sorpresas, avere una compagnia gradita non mi dispiacerà. Verrete accolti da me e dal personale, in cui vi daremo il nostro più caro benvenuto» conclude allegramente.

Prima di salutarci io e Léon ci scambiamo il numero di telefono per eventuali e ulteriori avvisaglie o dubbi. Tira fuori dalla tasca un block notes dove ci scrive qualcosa.

«Appena atterrate fatemelo sapere, e andate a questo indirizzo che è l'hotel. Se avete bisogno di qualcosa sono disponibile» espone gentilmente porgendomi il foglietto.

«Bastava che lo scrivessimo sul note del cellulare. Non c'era bisogno che tu strappassi il foglio» mormora Joanna in una frecciatina sgarbata.

Facciamo finta di niente.

«Vi ringrazio molto per avermi calcolata, eh» ironizza.

Ringrazio Léon per l'ennesima volta e lui si aggiusta gli occhiali imbarazzato. In seguito guarda con la coda nell'occhio Joanna nella speranza che lo ringrazi o lo saluti come dovrebbe, suppongo. Come entrambi ci aspettavamo, lei lo scruta con circospezione e se ne va.

«Ci vuole del tempo con lei. Quando avrà compreso che sei assolutamente innocuo le andrai a genio» gli rendo noto.

«Mi dispiace solo che sia diffidente tutto il tempo. A volte dovrebbe lasciarsi andare, ma ad ogni modo la capisco; ci conosciamo pur da poco.»

Ci auguriamo a vicenda un buon viaggio. Rientro nel mio appartamento vedendo Joanna alle prese con il computer, alla ricerca dei voli o pullman disponibili e accessibili. Io silente le do' una mano a prenotare la camera del Cómodo hotel.

«Avresti potuto quantomeno salutarlo» mi lascio scappare, digitando il nome sulla barra del web.

Non riesco a stare zitta. È più forte di me.
Stranamente mi risponde:

«Sì, avrei potuto ma preferivo non farlo. Tu potrai continuare ad aver fiducia in lui, però io starò sempre in allerta; non si sa mai. Non voglio che si possa approfittare della tua ingenuità, sapendo che ha una zanzara, ossia io, che gli è sottocchio» e precisa «Che sia chiaro: ho proposto Medellín soltanto perché ci sarà Maggie Lindemann. Se no, saremmo andati da qualche altra parte.»

«Quest'ultima parte lo avevo inteso da sola, Jo.»

Successivamente e fortunatamente trovo una camera disponibile, poi confrontiamo i vari listini prezzi del pullman e dell'aereo. Alla fine volendo entrambi preferire vedere l'ambiente che attraverseremo decidiamo l'Expreso Bolivariano. Anche perché l'aereo partirebbe abbastanza tardi, e noi vogliamo partire prima.

«Bene, allora vado ad avvisare Viola che domattina le lasceremo le chiavi» dico intanto che lei finisce di prenotare e pagare.

Sentirò una certa nostalgia per questa città e per Viola e Márquez. Ci hanno trattati tutti molto bene, accogliendoci con un casto sorriso. Salto gli ultimi gradini facendo un volo dove stava per finire male la mia caviglia, e aspetto che la donna finisca di parlare con un cliente.

«Bentornata signorina Riele, hai bisogno di qualcosa?» mi chiede aggiustandosi il manico.

«Voglio avvisarla che le porteremo domattina all'alba le chiavi dell'appartamento» annuncio giù di morale.

Lei smette di sistemarsi il manico e mi osserva immobile.

«Oh» emette sottovoce.

«Già» rivolgo lo sguardo verso il basso, vedendo quattro piedi e due valigie.

«Che sta succedendo qui? Perché quelle facce depresse? Dovete sorridere alla vita» udiamo. Riconosco essere la voce spensierata del proprietario che circonda la spalla di Léon.

«Domattina all'alba le signorine Riele e Joanna, lasceranno l'appartamento» racconta Viola dispiaciuta, posando i gomiti sul bancone.

«¿Verdad?» mi pone lui con espressione sorpresa.

«Sì» confermo.

Leva le braccia dalle spalle del ventisettenne.

«Oh.»

Un silenzio si accascia. Non pensavo che sarebbero rimasti mortificati quanto me.

«In tal caso giustifico quei volti.»

Si direziona accanto a Viola.

«Ahimè, non siete le uniche, c'è pure Léon che parte tra pochi minuti» fa sapere tristemente.

A quel punto l'interessato gli da' delle pacche sulle spalle, sorridendo con malinconia.

«Lo sanno già» proferisce «E abbiamo la stessa destinazione.»

Il proprietario e Viola spalancano la bocca.

«Qué coincidencia!» esclamano.

Io ridacchio dicendo la mia.

«Non proprio» si unisce Léon alla mia affermazione, tenendoci d'occhiata per un istante.

«Assisteranno all'esibizione di un'ospite americana, al Local de Sorpresas. E come ben sai che lavoro lì da anni, le guiderò appena arriveranno.»

«Siete fortunate e in buone mani» mi rivolge Márquez ammiccando un ok con le dita.

Il suono di una notifica emerge nell'atrio e Léon ci avverte che il suo taxi è arrivato. Gli augurano un buon ritorno a casa.

«A domani Riele» mi riferisce e chiude la porta.

Il dialogo di Viola e il proprietario mi volta nella loro direzione.

«Bene, da quanto ho visto sul tablet vi avanzerebbe un giorno di alloggio» mi informa Márquez.

Sì, è così.

«Siccome non possiamo rimborsarvi il giorno rimanente dovuta alle perdite subite dalla diminuzione della clientela, abbiamo deciso di disporre il giorno rimanente per la prossima volta che verrete.»

«Va benissimo, grazie» dico.

«Sarete sempre le benvenute» mi confidano.

Li auguro una buona serata e ritorno nell'appartamento. Giunta l'ora di cena mangiamo il pasto precedentemente preso in città e dopo qualche oretta io e Jo andiamo a dormire, dovendoci svegliare alle 04:50 a.m. Oltre tutto il viaggio durerà ben otto lunghe ore!

...

Il suono improvviso della sveglia ci infastidisce l'udito, e ci rigiriamo nel letto.

«Spegni quell'affare Riele!» tuona mia cugina mettendosi il cuscino tra le orecchie.

«Non rimetterti a dormire che dobbiamo prepararci per recarci al Bogotà Terminal» le ricordo spegnendo l'aggeggio.

Silenzio.

«No che palle hai ragione!» brontola mettendosi seduta.

Credimi, nemmeno per me è facile. Soprattutto a quest'ora del mattino.

«Oltretutto dobbiamo finire di mettere i vestiti rimanenti nelle valigie» sbadiglio.

Lei si sgranchisce, dirigendosi in bagno.

«Vorrà dire che terminerò la mia dormita sul pullman» e mi domanda con lo spazzolino in mano «Ricordi a che ora arriva il taxi?»

«Alle 06:05»

Detto ciò ci organizziamo per sistemare gli ultimi oggetti che mancano e nel tempo stesso indossare i vestiti.

«Fare queste due cose contemporaneamente non è per nulla semplice» stringe i denti, provando sia a farsi inserire i jeans e sia chiudere il trolley.

«Avresti dovuto prenderti due taglie più grandi.»

«No, guarda. Non ne avevo idea» saltella su e giù per farli stare «Accidenti! Sono molto stretti! Inoltre questo fottuto trolley non si chiude.»

L'aiuto ad ultimare i suoi bagagli, cinque minuti prima dell'arrivo dell'autista. Serro la porta e con lei, scendiamo al piano terra.

«Sai, mi mancherà il nostro appartamento e questo edificio. Sebbene abbiamo vissuto pochi giorni, sono sembrati molti di più e lo dico in senso positivo» mi svela.

Concordo. Abbiamo conosciuto persone veramente cordiali che ci hanno ospitato con così tanta bontà che è difficile andarsene.

«Prima o poi questo giorno sarebbe arrivato con o senza la partenza a Medellín» comunico e sorrido «E finalmente nella nostra prossima tappa andremo ad un locale come avresti voluto.»

Si sfrega le mani e rilascia un sorrisone.

«Non vedo l'ora, dolcezza!»

Come programmato ieri lascio le chiavi a Viola, la quale ci comunica al di là del buon viaggio che sentirà la nostra mancanza, e ci saluta Márquez.

All'uscita apro l'ombrello per via della pioggerella. Il taxi arriva come previsto e veniamo trasportate con sonnolenza ma felici verso il quartiere di Ciudad Salitre in cui è piazzato il Bogotà Terminal Copropiedad, la stazione e la riserva di tutti i pullman extraurbani. A farci compagnia è il brontolio affamato dello stomaco di mia cugina che fantastica su che cibo potremmo mangiare per colazione.

«Que tenga un buen día» ci augura l'autista prima di ripartire.

«Che fame!!» esprime a gran voce, trainando affrettata i bagagli.

«Troviamo un bar all'interno del Bogotà Terminal, tanto ci avanza del tempo» le comunico.

Il nostro pullman partirà alle 06:40 e siamo arrivate in largo anticipo, per cui possiamo mangiare senza fretta.

«Ottima idea. Vediamo se ne troviamo qualcuno» varchiamo la porta scorrevole e infondo a sinistra troviamo subito quello che cercavamo «È stato facilissimo.»

Il Copropiedad Terminal di Bogotà non è pieno o movimentato come l'aeroporto di El Dorado. I passanti attendono con impazienza i loro mezzi dai tanti tabelloni e il bar ospita poca gente. Ordiniamo, mettendoci nel tavolino nei pressi dell'entrata.

«Mi auguro che il nostro mezzo sia in orario e non il contrario» penso ad alta voce mirando la vista su un tabellone fuori dal bar, notando un pullman di un'altra compagnia che è in ritardo di cinquanta minuti.

«Non dirlo nemmeno, se no si avvera ahah» scherza vedendolo anche lei.

Nell'attesa parla al telefono con Caleb.

«Si è proprio così. Non sto scherzando, broda» sorride entusiasta.

La guardo confusa e lei attiva il vivavoce.

«Te lo può confermare Riele se vuoi.»

«Cosa?» chiedo ignara di cosa sta dicendo.

«Passamela» dice Caleb con euforia.

«Ciao Caleb, sono qui. Dimmi pure» lo invito.

Non ho idea della ragione per cui sia così esaltato.

«Ciao Riele» mi saluta ansioso «È vero che tu e Joanna state andando a Medellín per vedere l'esibizione dal vivo di Maggie Lindemann?»

Oh, questo. Confermo e rimane con il fiato dilatato.

«Visto. Che ti avevo detto?» prende parola Joanna sorseggiando la cioccolata appena arrivata.

«Woow, quindi non mi stai pigliando per il sedere!»

«Certo che no» ribadisce «E se ci riesco avrai una cosa strepitosa! Te lo assicuro, Cal.»

«Qualunque cosa si tratti, ti ringrazierei a vita Joa!!»

È proprio un fan sfegatato di questa cantante. Magari dopo faccio qualche ricerca per capire effettivamente chi sia.

«Ahahah, dai ci vediamo. A dopo broda» lo saluta attaccando la linea «È pazzo di lei.»

«Anche di te» commento mettendo le mie labbra in una linea per trattenere un riso «Sai perfettamente cosa intendo.»

Lei si indispettisce, ripetendo di non riaffiorare quella storia che canzono insieme a Rylee.

«Era stato così romantico» effondo addolcita.

«Ma per favore. Quanti anni fa era successo? Boh, e comunque io quella volta lo dicevo tanto per scherzare.»

Certo cugina, certo. Cambio tema.

«Hey Jo, ma tu sai di preciso chi sia questa Maggie Lindemann. Io l'ho sentita soltanto nominare, però non so chi sia effettivamente, a parte che il suo volto non l'ho mai visto» dico.

Lei solleva sorpresa un sopracciglio.

«Neanche il suo viso? Be' ora te la faccio vedere» apre Instagram alla ricerca della ragazza «Comunque è una cantante di qualche anno più piccola di te, ed è nel mondo della musica da pochi annetti. Ciò nonostante è davvero brava.»

Sgrano gli occhi a quello che sto leggendo. Forse Joanna aveva ragione a non esternarlo.

«Jo» la chiamo picchiettandole la spalla.

«Sai che mi infastidisce questo gesto, ad ogni modo dimmi» acconsente alquanto distratta.

«Il numero del nostro pullman è 78389 della Expreso Bolivariano, vero?»

«Sì e quindi?» mi sollecita.

«Arriverà alle 07:55 a.m.»

«E che ore sono?» pone disinteressata.

«Sono le 07:00 in punto.»

Subito strilla:

«Eh?!!!!»

Il mezzo è in ritardo di un'ora e un quarto, rispetto all'orario stabilito. Complessivamente dobbiamo aspettare cinquantacinque minuti. Facevo meglio a starmene zitta.

«È in ritardo?!»

Dico di sì e lei lo verifica con i suoi stessi bulbi oculari.

«Ma dai!» proferisce calciando piano una sedia «Cinquantacinque minuti è parecchio tempo!»

Dopo essersi calmata, accetta la situazione. Sconfitta.

«A questo punto la ciliegina sulla torta sarebbe un altro inconveniente durante il percorso. E se succedesse arriveremo stasera a Medellín.»

Ripeto: dovremmo fare otto ore di viaggio che si trasformeranno forse in nove. Per non pensarci riprendiamo l'argomento sulla cantante tanto adorata da Caleb.

«È questa?» chiedo alla visione della foto di una ragazza sui venti due anni, con i capelli corti e neri che devia il labbro guardando altrove dall'obbiettivo.

«L'ultimo post che ha postato è stato della settimana scorsa. Lei non appare e c'è uno sfondo nero con la scritta in led: Sorpresas. Palesemente si riferisce al locale in cui andremo» emette.

«Buono a sapersi» dico iniziando a riflettere su come sarà questo locale. Infondo l'esibizione è domani.

I minuti passano insieme alle nostre chiacchiere e si decide ad approdare il nostro pullman. Raccogliamo i nostri trolley pronta ad un'altra avventura con Joanna. Nonostante siano stati dei giorni turbolenti per quanto riguarda a questi cambiamenti di destinazioni, mi sto divertendo e Joanna ha assicurato che non ci muoveremo da qui. Sarà la nostra ultima tappa prima di tornare a casa, dove intraprenderò l'attesissimo stage da Rebecca Trevi! Sono gasatissima.

Ci sediamo nei posti al centro. Sarà un viaggio stancante, tuttavia ne varrà la pena.

«Buenos días y bienvenidos a nuestro expreso. Me complace ser su chofer y lamento el retraso. Nos vamos ahora, les deseo un buen viaje» annuncia l'autista e si mette in moto.

«Preparati Medellín stiamo venendo da te!» pronuncia Jo, alzando le braccia in alto.

La seguo nel movimento e le domando che cosa potremmo in fare in queste ore.

«Ho in programma di ascoltare la mia playlist preferita, riposando gli occhi. Se vuoi unirti, ti passo un auricolare» mi risponde attaccando le cuffie nel jack del cellulare.

Reputavo avremmo fantasticato sulla città o sulla serata che verrà domani. Fa nulla, abbiamo del tempo per parlarci. La lascio sommersa nella sua playlist musicale, mentre faccio delle ricerche in merito al Local de Sorpresas: ha ottime recensioni ed è ben frequentato. Non mi dice nient'altro. Ci toccherà scoprirlo noi e sarà una vera sorpresa per restare in tema.

Sobbalziamo per la buca e la mia attenzione finisce sulla finestra. Siamo ancora in Bogotà, sebbene non ci sia traffico. Il tempo è coperto da un po' di nuvole, ma non sembra richiamare la pioggerella di poco fa. Improvvisamente mi sento mancare il fiato e poso una mano sul petto, cercando di ripristinare il respiro.

Che strano è stato di punto in bianco

Il mio cuore batte in maniera anomala, e apprendo di sentire come se qualcosa si stesse estendendo; ciò è intenso. So per certo di cosa si tratti.

Quel nesso sta prorompendo, me lo sento. È strano da dirlo ma lo percepisco molto vivamente. Sarà associata a qualche mio timore?

Osservo Joanna che muove il collo e le mani come se fosse un onda. Canticchia vivacemente. Chissà che canzone starà ascoltando. Rivolgo lo sguardo verso il cielo, contemplandolo, toccando furtivamente il mio cuore agitato.

Quel sensazione, quel nesso

«Bene Riele, sarà meglio riposarsi» mi dico con l'intenzione di rilassarmi, nella speranza di calmare questa percezione così astrusa e intima.

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Diversi suoni ripetitivi mi costringono a svegliarmi e vedere di cosa o chi si tratti. Tasto il sedile alla ricerca del mio cellulare, stringo le palpebre per focalizzare meglio i messaggi: tre chiamate perse da mia madre e una da mio padre. Ora li richiamo, ma prima... Sbadiglio orientando il collo verso Joanna che me la ritrovo stramazzata sul sedile con i capelli spettinati.

Mi ruoto alla volta dello schermo del pullman: siamo in una zona chiamata La Vega. Mancano molte tappe e sono trascorse quasi due ore.

«Pronto? Ciao mamma» la saluto di gran gioia nel sentirla.

«Ciao Riele, come stai?» imita una voce che non è per niente mia madre.

Perché mio padre la sta imitando? Non ci casco.

«Papà, guarda che si riconosce da lontano un miglio la tua voce da quella della mamma» rido coinvolgendolo.

«Accidenti, eh vabbe' non sono bravo ad imitare gli altri come voi. Comunque a parte gli scherzi come stai? Tutto bene la vacanza con Joanna?»

«Sto benissimo e va più che bene la vacanza. Ci stiamo divertendo, oltre a conoscere nuovi ambienti e persone» gli racconto brevemente le attrazioni che abbiamo visto.

«Per cui siete in Colombia, nella capitale.»

«Eravamo. Adesso siamo dirette in un'altra città che sarà la nostra ultima tappa, prima di tornare a Ottawa» gli spiego.

Lui si mostra interessato. Mi espone di stare in guardia e di fare attenzione.

«Joanna è accanto a te?»

«Sì» confermo ruotando lo schermo «In preda ai suoi russi.»

Lui ride:

«L'ha preso da mio fratello John, anche lui è una tromba quando russa.»

Soffoco le risate per non svegliarla.

«E la mamma dov'è? Scusatemi se non vi avevo risposto ma stavo dormendo.»

«È in bagno, fra poco te la passo. Alla fine la University Fashion ti ha fatto sapere la data dello stage?» si schiarisce la voce.

Magari me l'avesse fatto sapere.

«Niente di niente. Dovrebbero informarmi entro questa settimana, se la signora Trevi è disponibile ad accogliermi o meno» replico trasparendo la preoccupazione nella voce.

Anche se non lo do a vedere sono in ansia. Chissà come sarà il mio primo giorno se acconsentirà. Nonostante ciò sono carica.

«Riele, figlia, stai serena. Hai grande capacità, basta osservare il brillante percorso che hai compiuto in questi quattro anni, non dando peso al primo che è stato, non dico una delusione, ma mi aspettavo di meglio.»

«Lo so papà, lo so» affermo dispiaciuta.

Il primo anno non ero andata un granché bene. L'importante che sono riuscita ad andare avanti e a migliorare negli anni.

«Non dispiacerti, siamo comunque fieri di te» mi tira su il morale.

«Lo so e ne sono contenta» a caso mi viene voglia di un drink giamaicano «Mi manca il peanut punch.»

«Hai detto peanut punch!!» esclama mia cugina di soprassalto provocandomi un attacco di cuore, implicando mio padre «Dov'è?! Dov'è?!» si guarda da tutte le parti.

«Joanna!» manifestiamo «Non smetti mai di stupirci?» prosegue mio padre.

Lei si toglie i capelli davanti alla fronte, squadrando perplessa il mio telefono.

«Zio Marcus?»

«Sei cascata dal pero?» le diciamo.

Lei stordita annuisce.

«Credo proprio di sì.»

In un secondo momento si unisce mia madre e chiacchieriamo del più e del meno. Finiamo di salutarli per la linea debole.

«Oh che peccato. Alla fine non c'è il peanut punch» fa il labbrone.

«Purtroppo no Jo, ho espresso solo che ne avrei voglia.»

«A chi lo dici» si lecca le labbra.

Siamo a metà del percorso, mancano quattro ore e mezza per arrivare a Medellín. Chissà se Léon sarà già giunto.

«Secondo te Léon sarà arrivato?» le chiedo.

«Penso di sì, non so» fa spallucce «E onestamente non mi va di pensare a quel Chico Entrometido.»

Ovviamente.

«Queridos pasajeros, ahora entraremos en la estación de servicio de El Garumo. Haremos una pausa de 15 minutos» notifica l'autista dove solleva dei sospiri sollevati.

Chiedo a Jo che ha riferito, e mi comunica che stiamo per sostarci nella una stazione di servizio di El Garumo in cui faremo una pausa di un quarto d'ora, il tempo di sgranocchiare qualcosa e andare ai servizi igienici. Al motore spento i passeggeri scendono e anche noi.

Ripreso il viaggio la meta si avvicina, e siamo eccitate misto alla meraviglia dell'attraversamento in un percorso infuso di coltivazioni di caffè, piante esotiche, animaletti buffi e il sole in bella vista.

«Che bellezza!» manifestiamo non avendo mai visto una cosa del genere.

In Canada il clima è perlopiù pungente e nevicante, ammirando questo clima tropicale con la natura così rigorosa e verdissima ci infonde automaticamente del calore confortevole. Joanna mi circonda la spalla, sorridendo divertita.

«Dolcezza, avverto già che Medellín sarà stupefacente. Ci sarà da bizzarirsi.»

«Altroché» ricambio entusiasta.

Passando per le vie di Puetro Libre sino ad avanzare nel Doradal e procedendo verso Cocornà, manca meno di un'ora e mezza per addentrarci a Medellín.

...

In procinto del tramonto, in un tempo seguente ai controlli di una pattuglia di polizia a Marinilla a seguito di un incidente nella corsia opposta a quello che percorrevamo, imbocchiamo la statale di Los Tambores e da qui in poi chiudo gli occhi.

«Riele! Riele! Riele! Svegliati! Svegliati! Svegliati!» mi percuote la spalla.

«Che c'è? Siamo arrivate?» sbadiglio non volendoli aprire.

Un attimo di silenzio.

«Oh sì!!» enfatizza alzandosi in piedi.

Cosa siamo arrivate?! Seriamente?

«Jo davvero?» apro le palpebre vedendo la gente scendere.

I miei occhi luccicano insieme ai suoi.

«Siamo a Medellín!!» gridiamo di gioia affrettandoci a scendere, prima che l'Expreso Bolivariano partisse con noi ancora dentro.

«E non è tutto. Ho chiesto mentre dormivi delle informazioni all'autista su che taxi dovessimo prendere per dirigerci a quell'hotel nominato dal Chico Entrometido e mi ha detto che la fermata è a due passi da qui. Forza Riele, affrettiamoci.»

Senza perdere altri minuti preziosi, scendiamo dal mezzo e prendiamo le valigie dirette a questa fermata. Di primo impatto questa città è simile a Bogotà, ma probabilmente mi sto sbagliando e potrebbe darsi essere solo il quartiere che sia così.

«In quale distretto dobbiamo andare?» le chiedo.

«Non lo so. Basterà dire all'autista di portarci lì.»

Troviamo una fila di taxi pronti e disponibili. Saliamo in uno delle decine e partiamo.

Nel Còmodo hotel

«La vostra stanza è il 115. Buona permanenza» ci augura la receptionist appena arriva il nostro turno.

Siamo rimaste esterrefatte dalla dimensione dell'hotel: è enorme con uno stile glamour, sommersa dai lampadari accecanti e dai colori sgargianti. Già dall'esterno mostra essere appariscente; il nome dell'hotel è scritta in corsivo con una luce led bianca. Avevo visto dalla prenotazione come fosse, tuttavia non credevo che rispettasse la realtà.

«Non vedo l'ora di sdraiarmi sul letto» sbadiglio.

Ci è voluto molto per arrivarci, giusto venti minuti.

«Sono talmente esausta che potrei dormire qui in piedi» sbadiglia lei per tutto il tempo in cui camminiamo.

Giro le chiavi e quando i nostri occhi adocchiano il letto, ci fissiamo a vicenda.

«Uno» sussurro sorridendole a pena per la stanchezza.

«Due» continua con un mezzo sogghigno.

«E tre» terminiamo, lasciando che la gravità ci affondi nel materasso.

Dopo nove ore di viaggio una bella dormita ci vuole.

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Angolo Autrice:
Ciao gente!! Come sempre spero che stiate tutti in buona salute e in sicurezza. Scusatemi per il piccolo ritardo nell'aggiornamento, la scuola è appena iniziata e già mi stanno bombardando di verifiche e compiti.

Non mi tratterò molto in questo spazio autrice, ma ci tengo, anzi, mi sta a cuore dirvi questo: non perdetevi per favore il prossimo capitolo. Fidatevi di me che ne varrà assolutamente la pena. So che in questi ultimi capitoli sono stata noiosa nel raccontare gli avvenimenti, ma vi assicuro che il capitolo 13 sarà piuttosto sorprendente ^^.
Quanto vorrei anticiparvelo...

Al prossimo capitolo con:

13. Il Local de Sorpresas - "Il divertimento è assicurato."

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