Prologo: Ciao Jace sono io, Riele

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RIELE
Cerco, cerco e cerco di chiamarlo; tento, tento e tento fino all'esaurimento di inviargli dei messaggi. Ma lui come sempre non mi risponde mai. È da sei mesi, dopo il mese della 'rinascita' che provo a comunicargli la verità che merita di sapere, tuttavia ricevo il nulla assoluto.

In questo lasso di tempo ho prodotto e cancellato un centinaio di audio e messaggi, risultate privi di senso. Voglio che si capisca direttamente che cosa io voglia dire, ma succede sempre che mi blocco oppure non mi escono le parole adatte. Infatti quando glielo inviavo, subito me ne pentivo e li eliminavo.

«Andiamo Jace, rispondimi. Ti supplico» pronuncio andando avanti e indietro per la mia stanza, con la fronte calda dalle mie innumerevoli chiamate.

Riaggancio la linea e apro la chat di Instagram, dove gli ultimi messaggi che ci eravamo mandati erano stati due cuori rossi, risalenti al primo gennaio...

Sospiro silenziosamente, facendo un vocale:

«Jace so che non mi vorrai prestare attenzione e ti comprendo, ma ho bisogno di dirti una cosa importante» annullo la registrazione.

Devo andare dritto al dunque e non devo incartarmi.

«Devi sapere la reale ragione per cui ti ho lasciato» interrompo il messaggio, annullandolo.

Non va bene! Lo rifaccio.

«Jace, per favore, dammi la possibilità di spiegarti come stanno realmente le cose. Sulla vera ragione per cui ti ho lasciato. Perché quello che ti avevo profanato era una menzogna» rivelo e la mia voce si incrina verso la fine.

Lo invio, tuttavia senza che me l'aspettassi, nel vocale spunta una croce con aggiunta di una scritta:

"L'utente ha bloccato la chat."

In linea successiva la casella per scrivere i testi diventa pallida e anche se lo premo non mi fa scrivere.

"Servizio messaggistica di Instagram non disponibile."

Esalo più aria che posso dalle mie narici e apro Telegram cancellando i messaggi che avevo precedentemente inviato, e riscrivo sulla tastiera attraverso le mie dita consumate.

«Almeno questo messaggio ti deve arrivare» supplico all'app, oppure a chiunque potesse far magicamente cessare il blocco attivato.

Ma come sempre nulla di nulla. Non funziona.

Impreco tenendomi la testa tra le mani e poso il cellulare sul pavimento, scivolando contro le porte dell'armadio. È inutile che io mi tartassi senza fine; non gli arriveranno mai le mie notifiche.

Mi ha disattivata, bloccando ogni mio contatto nei suoi confronti; come se avesse costruito una sorta di barriera invalicabile. E come non dargli torto, dopo il pesante inganno e l'illusione che gli ho rivolto.

Che in realtà era solo una fottutissima menzogna.
Ma lui giustamente, non può saperlo.

Mugugno, dandomi dei colpi al capo ripetendomi di essere un'ingrata e una stupita per avergli fatto una cosa del genere. Non se lo meritava assolutamente.

«Diamine Riele, come hai potuto farlo?» mi dico incredula delle mie stesse azioni.

Lui mi amava realmente con tutto sé stesso: era disposto a qualunque cosa per me, mi ha sempre messa in cima in ogni situazione, proteggendomi e sfidando chiunque mi facesse del male restando sempre al mio fianco. E io cosa faccio? L'ho respinto via, sparando quelle cazzate.

«Oh universo mio, sono una grande deficiente» sussurro dischiudendo le palpebre pesanti.

Anzi, sono più di una semplice deficiente: sono una stronza.

«Basta Riele, dacci un taglio. Smettila di autocommiserarti» dico alzandomi e impugnando il dispositivo tra le mie dita.

Mi sento talmente ridicola che mi metto persino a ridere di me stessa. Le risate si spargono per la mia stanza e aumento di intensità, finendo con il perdere il controllo. Mi tengo lo stomaco con la mano, abbassandomi verso le piastrelle. 

Smetto all'improvviso di ridere nel vedere la lettera che mi aveva scritto per Natale, inserito nel mio quaderno personale. Con passo incerto lo prendo e lo rileggo. Tra le ultime righe i miei occhi vorrebbero diventare acquosi, ma sono talmente secchi e rossicci che non riescono neppure ad idratarsi. Copro il viso con entrambe le mani, mordendomi l'interno della guancia non volendo esternare dei singhiozzi.

Con il fargli sapere la verità, non intendevo ricadere nell'angoscia dei tre mesi precedenti. Ho voluto provare a rimediare al mio fatale errore nonostante avessi cercato di scartare l'idea. Eppure mi ero resa conto che non potevo lasciargli credere di aver rotto con lui per quelle stronzate che avevo messo in voce.

Respiro con profondità, risucchiando tutta l'aria possibile dai polmoni per rigettarlo fuori, eliminando la respirazione diventata irregolare. Riprendo il cellulare e colloco la lettera nello scaffale del mio comodino.

Entro nella chat di Jace su un'altra applicazione. Mi schiarisco la voce nel mentre, tirando su con il naso. Sono pronta e decisa per dirgli, in modo completo, le restanti parole:

«Ciao Jace sono io, Riele. So che non mi vorrai ascoltare e so che starai per interrompere il vocale, ma prima di farlo, ti prego di aspettare qualche minuto. Vorrei che tu sapessi che non è vero che non ti ho mai amato; mi dispiace così tanto. Avevo paura di non ricambiare totalmente i tuoi sentimenti, di non essere all'altezza del tuo amore e non volevo illuderti o ferirti. Per questo ti ho lasciato e non per quelle cazzate che ti avevo riferito quel giorno, so che sono un'idiota e che avrei dovuto parlartene. Perdonami per ciò che ti ho fatto, perdonami per averti illuso e spezzato il cuore. So che non merito il tuo perdono dopo tutto quello che ti starò facendo passare e so anche che avrei dovuto dirtelo prima» faccio una piccola pausa, riprendendo poi «Spero un giorno di poterti dire di persona tutta la verità. Se me lo permetterai.»

Lascio che l'audio si carichi, subentrando nella chat. Anche se non lo riceverà lo stesso, mi auguro che almeno questo vocale gli possa in qualche modo arrivare. Sbatto velocemente le palpebre, poggiando il cellulare sotto al mento.

Nel caso non lo ricevesse, dovrei utilizzare un altro mezzo di comunicazione...

Osservo la mia scrivania e mi dirigo ad accendere la lampada. In teoria il suo indirizzo postale dovrebbe essere rimasto invariato. Esco dalla stanza recandomi nel piccolo ufficio di mio padre, per prendere una busta e un foglio di carta. Al mio rientro mi siedo sulla sedia girevole, pronta per scrivere l'indirizzo di Jace a Los Angeles.

Mentre compilo la busta e la lettera, con le parole dell'ultimo audio appena fatto, un pensiero mi domina: e se non fosse più a Los Angeles? Se fosse ritornato a Corrales? Io non ho il recapito della sua abitazione nel New Messico.

Interrompo di scrivere, spingendomi all'indietro. Forse sarebbe meglio arrendersi. Anche se glielo inviassi le probabilità che non lo legga sono molto alte. Inoltre il fattore che mi spaventa maggiormente sono i suoi familiari che riponevano totale fiducia in me; ora come ora mi odieranno. Soprattutto Glory...

Se la lettera cadesse nelle loro mani, probabilmente lo strapperebbero con furia. Sono senza via d'uscita. Letteralmente sbarrata.

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